Buona serata in poesia “Bisogna mettere in ordine” Yanez – arte Monet – canzone “Sei nell’anima” G. Nannini   Leave a comment

 
Monet


 
 
 


angiol 126

Il vero amore non implica la perfezione, 
anzi fiorisce sulle imperfezioni. 
Il dialogo è il collante fondamentale 
di qualsiasi rapporto affettivo. 
– John Gray – 
angiol 126



 

Monet 

 

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BISOGNA METTERE IN ORDINE LE COSE
~ Carmen Yanez ~ 

L’albero del susino,
laggiù le gardenie a sinistra,
più in là il blù.
Il mare.
Dove, amore,
metteremo il mare?
Gli anni in quaderni gialli
e la risata dorata quando badiamo ai gatti.
In quale cofanetto dell’inverno
metteremo il temporale?
In solaio le ore della tua assenza.
Gli allori, i gerani,
la menta ai piedi
di questa promessa.
Vedrai
com’è imprevedibile la terra, amore,
se solo esisti.

 
 
fre bia pouce   musical notes

Monet 

  

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 Monet 

 

Funiculì funiculà.. la simpaticissima antica canzone nelle versioni di Sergio Bruni e Bocelli e la sua strana storia   Leave a comment


 
 
Conosceremo ed ascolteremo un’antica canzone che, 
nata all’epoca solo per… u n a  p u b b l i c i t à (!!!)
spiccò poi il volo verso alte vette di successo e di allegria
diventando famosa in tutto il mondo.

 
 
 
 
 
 
 
 
 
  
FUNICULI’ FUNICULA’
LA STORIA… L’ATMOSFERA E LA CANZONE
a cura di Tony Kospan
 

 
 

 
 

LA STORIA

 

La canzone fu scritta nel 1880 in occasione dell’inaugurazione della prima funicolare di Napoli ed ebbe una gestazione velocissima… solo di poche ore… nascendo quindi quasi d’impeto dalla penna del giornalista Peppino Turco e dal musicista Luigi Denza.

 

 

Gli industriali brindano all’inaugurazione della funicolare

 

 

Essa doveva avere solo la funzione di pubblicizzare la Funicolare e di invogliare i cittadini ad utilizzarla… dato che era un mezzo di trasporto nuovo… ma riscosse un successo immediato sia per la musica, galoppante ed allegra, che per il simpatico testo.

 

 

 

 

Fu la canzone più cantata nella Piedigrotta (antica festa popolare che si teneva nel mese di settembre) di quell’anno ed il suo successo, travolgente come le sue note, travalicò monti ed oceani per diventare una delle canzoni più famose al mondo di tutti i tempi.



  

La festa di Piedigrotta

 
Essa infatti è stata cantata dai più grandi cantanti…. di ogni epoca.

Interessante poi, dal punto di vista storico, è il fatto che questa è stata la prima canzone classica napoletana di cui sono noti sia l’autore del testo che quello della musica.

Le canzoni precedenti erano in pratica solo dei  canti popolari… ma gli anni di fine ‘800 furono davvero rivoluzionari in tutti i campi dalla scienza all’arte… dalla musica alla poesia… etc. 
 
 
 
 

 

 

LA CANZONE

 
 
L’ascolteremo ora prima in una versione cantata da Sergio Bruni 
potendone leggere il testo in originale.
 
 
fre bia pouce    musical notes

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e poi in quest’altro video possiamo ascoltarla

nell’interpretazione, anch’essa molto bella,

di Andrea Bocelli all’Arena di Verona. 


 

fre bia pouce    musical notes

 

  

Ciao da Orso Tony
 
 
 
 

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Frecce2039





 
 
 

Il racconto del naufrago – Una favola di 4.000 anni fa che ci giunge dall’Antico Egitto   Leave a comment

 

 

 

 
 

Questa favola è stata trovata in un unico manoscritto
il papiro 1115, dell’Ermitage di Leningrado, in scrittura ieratica,
risalente alla XII dinastia (ca. 2000 a.C.)
 
 
I suoi significati sono di vario tipo
ma il racconto riesce soprattutto a donarci l’atmosfera
di quell’antichissima epoca.

Leggiamola.
 

 

  

 

 


IL RACCONTO DEL NAUFRAGO

 

 

Disse allora l’ottimo cortigiano:
“Gioisci, o principe, vedi, abbiamo raggiunto la patria, afferrato il martello, il paletto è stato fissato.
La cima di prua è stata gettata in terra, si levano inni di lode, si ringrazia Dio, ognuno abbraccia il suo compagno.
Poichè il nostro equipaggio è tornato sano e salvo, non ci sono state perdite fra la nostra truppa.
 Abbiamo raggiunto il confine della Nubia, abbiamo passato l’isola Bigga.
Vedi, siam tornati felicemente, la nostra terra, l’abbiamo raggiunta.
Ma ascoltami, o principe,  non esagero: lavati, versa acqua sulle tue dita, rispondi a ciò che ti si chiede, parla al re con cuore raccolto, rispondi senza balbettio, perchè la bocca dell’uomo è in grado di salvarlo. Il suo discorso gli guadagna indulgenza.
Ma agisci come vuoi, è stancante consigliarti.

 
 
 

 
 
 

Piuttosto ti racconto qualcosa di simile, una cosa a me stesso accaduta: ero partito per le miniere del re, ero uscito in mare con una nave.
Era lunga centoventi cubiti e larga quaranta, imbarcava centoventi mariani,l’élite d’Egitto.
Osservavano il cielo, osservavano la terra e il loro cuore era impavido più di quello dei leoni.
Allora annunciarono una tempesta, prima ancora che giungesse, e un temporale, prima che scoppiasse.
La tempesta ci colse che eravamo ancora in mare prima che potessimo raggiungere la terraferma.
Ancora veleggiavamo, quando il vento raddoppiò e sospinse un’onda di otto cubiti.
Mi scagliò addosso un pezzo di legno, la nave affondò.
Non si salvò nessuno dell’equipaggio, io solo fui gettato su un’isola da un’onda.
Vi trascorsi tre giorni in solitudine, col mio cuore unico compagno.
Dormii nell’incavo di un albero e (di giorno) cercavo l’ombra.
Mi accinsi poi a cercare qualcosa da poter mettere in bocca.
Trovai lì dei fichi e dell’uva e ogni sorta di porri, sicomori, maturi e acerbi e cetrioli, come fossero stati piantati.
C’erano anche pesci e uccelli, in breve: nulla vi mancava.
Mangiai a sazietà e qualcosa la gettai via, perchè avevo troppo sulle mie braccia.
Feci poi un bastoncino per il fuoco, ne accesi uno e bruciai un olocausto agli dèi.
Udii poi il rimbombo di un tuono e pensai:” E’ un’onda del mare”.
Alberi si schiantavano, la terrra tremò.
Mi scoprii il volto e lo riconobbi: era un serpente (un dio serpente), che si avvicinava.
Era lungo trenta cubiti la sua barba era lunga più di due cubiti.
Il suo corpo era rivestito d’oro le sue ciglia di vero lapislazzuli… 
Spalancò la sua bocca su di me mentre io ero sdraiato sulla pancia dinnanzi a lui.
Mi disse:”Chi ti ha portato, chi ti ha portato bricconcello, chi ti ha portato (qui)?
Se esiti a dirmi chi ti ha portato in quest’isola, farò in modo che ti  trovi incenerito, diventato un qualcosa che non si può guardare”.
(Io risposi:) “E’ a me che parli, ma non riesco a sentirti. Sono davanti a te, ma non mi riconosco più”.
Allora mi afferrò con la bocca, mi trascinò nella sua tana. 
Lì mi posò, illeso, ero sano e salvo, non mi aveva staccato nulla. Spalancò la sua bocca verso di me, mentro io ero prostrato davanti a lui.
Poi mi parlò: “Chi ti ha portato, chi ti ha portato? Bricconcello, chi ti ha portato su quest’isola del mare che sta in mezzo alle acque?”.
Allora gli risposi, le mie mani rispettosamente piegate. Gli dissi:” Andò così: ero uscito per raggiungere le miniere su incarico del re
(ero in mare con una nave).
Era lunga centoventi cubiti e larga quaranta, imbarcava centoventi marinai, l’élite d’Egitto. Osservavano il cielo, osservavano la terra e il loro cuore era impavido più di quello dei leoni. Allora preannunciarono una tempesta, prima ancora che giungesse, e un temporale prima che si formasse.
Ognuno di loro era più coraggioso e forte del proprio camerata. Fra di loro non c’era un balordo. La tempesta arrivò che eravamo ancora in mare prima che potessimo raggiungere la costa.
Quando ancora navigavamo, il vento raddoppiò e formò un’onda di otto cubiti che mi rovesciò addosso un pezzo di legno.
La nave affondò. Nessuno dell’equipaggio si salvò, a parte me, ed eccomi da te.
Fui portato su quest’isola da un’onda del mare”.
Allora mi disse: “Non temere, non temere, bricconcello, il tuo viso non deve impallidire, perchè è da me che tu sei giunto. Vedi, è stato un dio che ti ha fatto sopravvivere e che ti ha portato su quest’isola paradisiaca. Non c’è nulla che vi manchi, è piena di buone cose. Ebbene: vi trascorrerai un mese dopo l’altro fin quando non ne saranno trascorsi quattro. Allora verrà una nave dalla tua patria, con marinai che tu conosci.
Con loro navigherai verso casa, e potrai morire nella tua città.
Com’è felice chi può raccontare quello che ha passato, una volta superato il pericolo!
Adesso ti voglio raccontare qualcosa di simile accaduto su quell’isola.

 
 
 

 
 
 

Ero su di essa con la mia stirpe, fra di loro dei bambini; tutti insieme eravamo settantacinque serpenti, i miei bambini e la mia schiatta.
Nulla ti dirò di una figlioletta, donatami in seguito a una preghiera. Allora una stella cadde (dal cielo) e tutti perirono tra le fiammme!
Ma accadde che io non fossi tra quelli bruciati, perchè in quel momento non ero con loro:
Quando perciò li vidi tutti morti, su un unico mucchio, fu come se fossi morto anche’io.
Se saprai essere forte e vincerai il tuo cuore, allora riabbraccerai i tuoi bambini… bacerai  tua moglie e rivedrai la tua casa.
E’ la cosa più bella di tutte, ritornare nella tua patria; raggiungere la tua stirpe”.
Allora mi prosternai e toccai la terra dinnanzi a lui.
Gli dissi: “Parlerò della tua gloria al mio signore e gli racconterò della tua grandezza.
Ti farò portare ladano, oli di Hekenu, profumo, balsamo, incenso per il tempio, con i quali ogni dio si fa benigno.
Racconterò quello che mi è succeso e quello che ho visto del tuo potere.
Sì (il re) loderà dio per te nella sua residenza, davanti ai funzionari di tutto il paese.
Sacriferò dei tori in tuo onore e li brucerò, tirerò  il collo alle oche. Ti invierò delle navi, cariche di tutti i tesori d’Egitto, come si fa per un dio che ama gli uomini in un paese straniero, sconosciuto agli uomini”.
Allora egli rise per colpa mia, (più precisamente) per ciò che avevo detto e che per lui era così stolto.
Mi disse:” Non sei affatto ricco di mirra o di altri tipi di incenso.
Io sono il signore di Punt e la mirra mi appartiene.
Quell’olio di Hekenu che promettevi di portarmi è proprio il tesoro di quest’isola.
Inoltre, quando lascerai questo posto non lo rivedrai mai più, perchè diverrà acqua.

 
 
 

 
 
 
 
 
 
Poi venne quella nave, come egli aveva predetto. mi incamminai verso un grande albero e riconobbi quelli che erano a bordo.
Tornai indietro per informarlo, ma vidi che già sapeva.
Allora mi disse:”Ritorna sano e salvo a casa, bricconcello, per rivedere i tuoi bambini.
Parla bene di me nella tua città: vedi, questo è ciò che desidero da te”.
Allora mi prosternai dinnanzi a lui, con le braccia rispettosamente piegate.
Mi diede un carico di mirra, oli di Hekenu, profumo e balsamo; erbe di Tischepse, essenze e ombretto, code di giraffa, grandi pezzi d’incenso e zanne d’elefante, levrieri, cercopitechi, babbuini e ogni sorta di oggetti preziosi.
Caricai tutto sulla nave e mi prosternai per ringraziarlo.
Allora mi disse:”Vedi, fra due mesi raggiungerai la tua patria, abbraccerai i tuoi bambini e potri ringiovanire nella tua bara”.
A quel punto scesi verso la riva, vicino alla nave e parlai all’equipaggio.
Lungo la riva intonai poi un inno di ringraziamento al signore dell’isola e quelli che erano sulla nave fecero la stessa cosa.
Navigammo dunque verso nord, verso la residenza del signore che raggiungemmo dopo due mesi, proprio come lui aveva predetto.
Entrai poi (nel palazzo), mi presentai al cospetto del signore e gli diedi i doni che avevo portato dall’isola.
Allora di fronte a tutti i funzionari egli mi ringraziò, mi promosse suo cortigiano e mi diede duecento schiavi.
Pensa a come stavo dopo aver raggiunto la terra, quando mi voltavo a guardare ciò che avevo passato.
Ascoltami! E’ bene che gli uomini ascoltino.

 
 
 
 

 

 

 

Lui però (il principe) rispose soltanto: ” Non ti sforzare troppo amico mio.
Chi dà da mangiare a un’oca prima dell’alba, quando il mattino stesso le tireranno il collo?”.
 
 
 
 
 
 
 
 
 

TESTO DAL WEB – IMPAGINAZIONE T.K.
 
 
 

Ciao da Tony Kospan





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CORRADO – Breve ricordo anche con video di un mito della radio e della tv dagli anni ’50 ai ’90 –   Leave a comment

 
 
 
 
 
 
 (Roma 2 agosto 1924 – Roma 8 giugno 1999)
 
 
 
 
Oggi se diciamo Corrado (Corrado Mantoni) 
molti, e certamente tutti i giovani d’oggi,
non capiranno nemmeno di chi parlo.






Eppure è stato un notissimo conduttore televisivo

considerato anche uno dei padri fondatori
(con Mike Bongiorno ed altri)
della radio e della televisione italiana.

 
 
 
 
 
 
 
Gli inizi della sua carriera furono radiofonici
e non poteva essere diversamente in quanto
all’epoca, nel 1946, la TV in Italia non esisteva.






Ma già all’epoca era quotatissimo come presentatore
ed infatti a lui veniva affidata
la comunicazione dei più importanti eventi dell’epoca.
 
 
 
 
 
 
 
 
Rimase alla radio, nonostante molte partecipazioni televisive,
per oltre 40 anni ed il suo programma “cult” fu…
 LA CORRIDAprima radiofonico e poi televisivo
ma sempre di grande successo.
 
 
 
 
Qui è con il maestro Pregadio e le altre protagoniste della Corrida
 
 
 
 
Ha avuto quindi una lunghissima carriera
ed è sempre stato amatissimo dal pubblico
oltre che per le sue grandi capacità professionali (e vocali)
anche per il garbo, l’eleganza e la naturale simpatia che emanava…
 
 
 
 
Qui è con Mike e Vianello
 
 
 
 
Ricordiamolo con questo bel video…omaggio…
che ci consente di rivederlo e riapprezzarlo
 
 
 
 
fre bia pouce

 
 
 
 Grazie Corrado per averci fatto bella compagnia per tanti anni… 
 
 
Tony Kospan 
 
 
 

stel etoile060stel etoile060stel etoile060

ARTE POESIA MUSICA ETC
I N S I E M E
Frecce2039


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Buona serata in poesia “Sinfonia azzurra” Ada Negri – arte E. C. Tarbell – canzone “L’istrione” Aznavour   Leave a comment

 

 

 

Edmund C. Tarbell

 

 

 

 

 

  stella rosa divisore1

Dentro ogni donna dorme un angelo, 

una principessa ed un demone. 

Quella che svegli, sarà quella che avrai.

– A. Hopkins –

stella rosa divisore1

 

 
 

Edmund C. Tarbell – Eleanor Hyde Phillips

 

 

SINFONIA AZZURRA 
Ada Negri
 
Venne in cerca di te
nella calda notte,
lungo le strade dai fanali azzurri.
Tutte le strade, allora,
la notte erano azzurre
…come le vie dei cieli,
e il volto amato
non si vedeva si sentiva in cuore
E ti trovò, o dolcezza, nell’ombra
casta, velata d’un vapor di stelle.
Fra quel tremolìo d’astri
discesi in terra,
in quell’azzurro di due firmamenti
l’uno a specchio dell’altro, ella
ella pure rispecchiò in te l’anima sua notturna.
E ti seguì con passo di bambina
senza sapere, senza vedere, tacita e fluida.
E allor che il giorno apparve
con fresco riso roseo su l’immenso turchino,
non trovò più se stessa
per ritornare.


 
 
 

 Edmund C. Tarbell – Brezza estiva



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fre bia pouce  (L’istrione – Aznavour)  musicAnimata
 

Edmund C. Tarbell

 

 
 

La reale storia d’amore tra Paolo e Francesca, i versi di Dante ed una mia poesia.   Leave a comment





Dante Gabriel Rossetti



LA VERA STORIA DI PAOLO E FRANCESCA


Giovanni Malatesta, chiamato Gianciotto (ma anche Giovanni lo zoppo) era notoriamente poco attraente, oltre che zoppo. Proprio per questo, i Signori di Rimini e Ravenna che avevano deciso il matrimonio, organizzarono l’inganno.

Quindi, volendo eliminare le resistenze di Francesca, a chiedere la sua mano fu mandato a Ravenna suo fratello Paolo, detto il bello.

Francesca convinta di sposare Paolo accettò ma poi scoprì l’amara verità.

Non solo non era bello Gianciotto ma anche rozzo, cattivo e volgare a differenza di Paolo che era pure colto e gentile.

Non era dunque imprevedibile il tradimento che puntualmente avvenne e Gianciotto, secondo le regole del tempo, lavò l’onta con l’uccisione degli amanti.

Questa non è una storia di fantasia ma avvenne davvero e si verificò nel Castello di Gradara a Rimini.

Dante quasi certamente conobbe Paolo dato che per un periodo era stato Capitano del Popolo a Firenze tra il 1282 e il 1283.



Ary Scheffer



DANTE E L’INCONTRO CON GLI AMANTI NEL V CANTO


La vicenda dei due amanti è ormai, anche grazie ai versi del Sommo, divenuta simbolo mondiale e poetico dell’amore passionale.

Le parole di Dante, perplesso, turbato e dubbioso, per la gravità della  pena data agli innamorati, mi hanno da sempre colpito.

Leggiamo ora l’intero “cuore” del mitico passo.

….

Amor, ch’al cor gentil ratto s’apprende,

prese costui de la bella persona

che mi fu tolta; e ’l modo ancor m’offende.

Amor, ch’a nullo amato amar perdona,

mi prese del costui piacer sì forte,


che, come vedi, ancor non m’abbandona.

Amor condusse noi ad una morte.

Caina attende chi a vita ci spense”.


Queste parole da lor ci fuor porte.

Quand’io intesi quell’anime offense,

china’ il viso e tanto il tenni basso,


fin che ’l poeta mi disse: “Che pense?”.

Quando rispuosi, cominciai: “Oh lasso,

quanti dolci pensier, quanto disio


menù costoro al doloroso passo!”.

Poi mi rivolsi a loro e parla’ io,

e cominciai: “Francesca, i tuoi martiri


a lagrimar mi fanno tristo e pio.

Ma dimmi: al tempo d’i dolci sospiri,

a che e come concedette amore


che conosceste i dubbiosi disiri?”.

E quella a me: “Nessun maggior dolore

che ricordarsi del tempo felice


ne la miseria; e ciò sa ’l tuo dottore.

Ma s’a conoscer la prima radice

del nostro amor tu hai cotanto affetto,


dirò come colui che piange e dice.

Noi leggiavamo un giorno per diletto

di Lancialotto come amor lo strinse;


soli eravamo e sanza alcun sospetto.

Per più fiate li occhi ci sospinse

quella lettura, e scolorocci il viso;


ma solo un punto fu quel che ci vinse.

Quando leggemmo il disiato riso

esser basciato da cotanto amante,


questi, che mai da me non fia diviso,

la bocca mi basciò tutto tremante.

Galeotto fu ’l libro e chi lo scrisse:


quel giorno più non vi leggemmo avante”.

Mentre che l’uno spirto questo disse,

l’altro piangëa; sì che di pietade


io venni men così com’io morisse.
E caddi come corpo morto cade.




Amos Cassioli



Dante, certo collega la pena al mancato rispetto delle regole ma poi di fronte alla forza del vero amore, come mai più gli accadrà nella Commedia, non se ne capacita e prova grande compassione per gli amanti di fronte ad una pena così dura per un peccato d’amore ed in pratica… sviene perfino.



io venni men così com’io morisse.

E caddi come corpo morto cade.




Gabriele Dell’otto



Ebbene la lettura dei mitici ed amatissimi versi danteschi mi portarono un giorno a scrivere la poesia che segue e che un addetto ad un noto sito di poesie, che non nomino per carità di patria, non voleva pubblicarla perché c’erano (ohibò) i nomi propri di persone e solo dopo una corrispondenza si rese conto che erano quelli dei personaggi della Divina Commedia.



Sir Joseph Noel Paton



LA MIA POESIA – PAOLO E FRANCESCA

 
Quale arcana forza
Paolo spinse 
tra l’amorevoli braccia
della dolce Francesca
così rompendo 
d’umane leggi il muro?
 Qual’irresisitibil forza
Francesca spinse
tra le calde braccia
dell’amato Paolo
così rompendo
d’antico dogma il vincolo?
 Questa forza così grande
così vigorosa
così esplosiva
così intensa
così travolgente
così entusiasmante
così magica
così invincibile
caro grande Dante 
che sconvolto
“cadesti come corpo morto cade”
mossa non fu 
da terrena passione
ma da divina
nulla contr’essa potendo
le inermi difese
degl’infelici amanti.
 Sull’altare 
di tal sovrumano richiamo,
sensuali purezze immortali
incarnando,
all’amaro destino 
s’immolarono
poetico simbolo eterno
diventando
dell’infinito… assoluto
AMORE.
– Tony Kospan –






Tony Kospan


F I N E


Paul Gauguin – Indipendenza.. purismo.. sogno ed esotismo – Biografia e opere d’arte – II PARTE    Leave a comment



L’arte è un’astrazione,
spremetela dalla natura sognando di fronte ad essa
e preoccupatevi più della creazione che del risultato.
Paul Gauguin







PAUL GAUGUIN
INDIPENDENZA SOGNO
E RICERCA DELLA PUREZZA “PRIMITIVA”
II PARTE




Visione dopo il sermone – 1888




LE OPERE POLINESIANE
LE SCULTURE  E LA CONCLUSIONE




Autoritratto





Tra le opere eseguite in Polinesia, come “Fatata te mouà” o “Ai piedi della montagna” del 1892, tutto il mistero si concentra nella corsa sfrenata di un cavaliere sulla sinistra del quadro e la minaccia che incombe con le nuvole sullo sfondo.




Fatata te mouà o ai piedi della montagna 




Le opere polinesiane di Gauguin sembrano intrattenere un rapporto con la composizione dell’arte occidentale.





Gauguin – La donna dei manghi – 1896




Ricordiamo poi la “Conversazione“ del 1892




Conversazione



Tra le opere che incantano ecco anche il “Povero pescatore” del 1896.




Il povero pescatore




Quest’ultimo dipinto propone uno straordinario momento di riflessione presupponendo la silenziosa contemplazione di un’età dell’oro ritrovata.




Parau api – 1892




L’interesse di Paul Gauguin per la cultura polinesiana si delinea attraverso la sua immensa produzione pittorica, grafica e scultorea nella quale ha affrontato temi del quotidiano, rituali religiosi, la bellezza e il costume locale.




Testa con le corna




Tra le sculture segnaliamo la dolcissima “Maschera di Tehamana“ e la “Testa con le corna“ del 1897 che sorprende per la sua incredibile modernità.

Le sculture di Gauguin preannunciano l’africanismo del primo Novecento che portò agli sviluppi del cubismo.




Notte di Natale




Le opere polinesiane, dipinti e sculture, esprimono la sua visione di questa terra nuova e selvaggia e lo portano, pur nella stilizzazione delle figure, a d esaltare i soggetti rappresentati come i veri protagonisti di una terra “di mito e di sogno“.


fre bia pouce Per legger la storia dell’amicizia con Van Gogh e dell’orecchio tagliato
Ritratto di Van Gogh che dipinge girasoli ad Arles




La stessa agognata terra dove Gauguin troverà però una solitaria morte, debilitato nel corpo e fiaccato nello spirito. 

Infine ecco un bel video che ci parla di lui e delle sue opere soprattutto del periodo tahitiano…








Termino questo post su Gauguin, autore fortemente ed intimamente combattuto, celebrandone la grandissima arte e l’indubbio e riconosciuto amore per la libertà di espressione, l’esotismo ed il sogno.




Ararea no varua




FONTI: VARI SITI WEB…
– RICERCHE, LIBERO ADATTAMENTO, COORDINAM. ED IMPAGINAZ. T.K. –



F I N E




Per chi desiderasse legger la
I PARTE
fre bia pouce




3
IL GRUPPO DI CHI AMA L’ARTE
Frecce (174)




Paul Gauguin – L’oro dei loro corpi – 1901



Cecco Angiolieri e “S’i fosse foco” – Un poeta.. una poesia – Ricordo.. breve analisi e la canzone di De André   Leave a comment

 
 
 
 
 
 
 

Nel vasto mondo della poesia un posto non secondario
ce l’ha la poesia dissacrante, controcorrente, originale, sorprendente
ed uno degli antesignani è l’autore di cui vado a parlarvi
soprattutto in relazione alla sua poesia più nota
per il suo sorridente anticonformismo.

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

SCRIVER-Penna-che-scrive.gifUN POETA – UNA POESIASCRIVER-Penna-che-scrive.gif



CECCO ANGIOLIERI


a cura di Tony Kospan







 
 
 

Ecco la sua… autopresentazione
 
 
“Tre cose solamente m’énno in grado
[…] cioè, la donna, la taverna e ‘l dado”…
 
 
Certo come presentazione non è delle più tranquille,
eppure così Cecco Angiolieri (1260-1311)
si descrive in uno dei suoi sonetti:

“tre cose soltanto mi piacciono: le donne, la taverna
(cioè, il vino) e il dado (cioè, il gioco)”.

 
 
 
 
John William Waterhouse – Decamerone
 
 
 
 

Nasce a Siena intorno al 1260.
 
Si conosce poco della sua vita, ma, da testimonianze dell’epoca, si sa di una vita sregolata e dissipata.


Nel 1281, ad esempio, fu multato tre volte per disturbo della quiete pubblica e nel 1291 fu implicato nel ferimento di un uomo.
 
Nel 1296 venne allontanato da Siena, per cause politiche. Nel 1302, per bisogno di soldi, fu costretto a vendere un suo podere.
 
Alla sua morte, avvenuta forse nel 1312, i cinque figli rinunciarono all’eredità perché gravata da troppi debiti.
 
I sonetti dell’Angiolieri sono circa 150 e sono eseguiti nella tipica tradizione goliardica della poesia giocosa.
 
E’ da considerare uno dei primi poeti in volgare ed è, sicuramente, uno tra i più amati dai giovani (ancora oggi) proprio per il suo il suo modo di vedere la vita in maniera così gaia e priva di alcun freno
 
Certo la sua vita fu del tutto fuori dagli schemi dell’epoca… e la sua poesia nella sua massima originalità e vivacità è appunto espressione di ciò… anche se forse si divertiva anche ad esagerare un pochettino… e per questo è amata ancor oggi da coloro che desiderano visioni inconsuete della realtà.
 
 


 
 
 

 
 
 
 
 

Ma ora eccola… questa poesia che l’ha reso immortale… e che in molti abbiamo amato fin dai tempi scolastici per l’interno spirito ribelle e controcorrente, ma anche simpaticamente guascone, che aleggia in essa.
 
 
 
 
 
 

 
 
 
 

S’i’ fosse foco, arderei ‘l mondo
 
S’i’ fosse foco, arderei’ il mondo;
s’i’ fosse vento, lo tempestarei;
s’i’ fosse acqua, i’ l’annegherei;
s’i’ fosse Dio, mandereil en profondo;
s’i’ fosse papa, serei allor giocondo,
ché tutti ‘ cristiani embrigarei;
s’i’ fosse ‘mperator, sa’ che farei?
a tutti mozzarei lo capo a tondo.
S’i’ fosse morte, andarei da mio padre;
s’i’ fosse vita, fuggirei da lui:
similemente faria da mi’ madre.
S’i’ fosse Cecco com’i’ sono e fui,
torrei le donne giovani e leggiadre:
le vecchie e laide lasserei altrui.
 
 
 
 


 

 

 

Per chi avesse difficoltà a comprendere il testo
ecco una traduzione in italiano moderno
 
 
 
 
Se fossi fuoco, brucerei il mondo;
se fossi vento, lo sconvolgerei con tempeste;
se fossi acqua, lo annegherei;
se fossi Dio, lo farei sprofondare.
Se fossi papa, allora sarei allegro,
perché potrei mettere nei guai tutti i cristiani;
se fossi imperatore, lo saprei fare proprio bene;
taglierei la testa di netto a tutti quanti.
Se fossi morte, andrei da mio padre;
se fossi vita, non rimarrei con lui;
lo stesso farei con mia madre.
Se fossi Cecco, come sono e sono sempre stato,
terrei le donne giovani e belle,
e lascerei quelle sporche e vecchie agli altri
.
 
 
 
 
 


 
 
 
 
 

Ma ora, se vogliamo, possiamo anche ascoltarla,
in una splendida e musicale interpretazione del grande De André
grazie a questo video.


 
 
fre bia pouce    musical notes




 
 
 
 
Tony Kospan
 
 
 
 
 
 
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STORIA.. RICORDI E ATMOSFERE DI UN TEMPO
Frecce2039









 
 
 
 

Fabrizio Clerici.. visionario.. enigmatico ed elegante pittore del ‘900 – Ricordo ed alcune suggestive opere   Leave a comment


  


Un istante dopo

 

 

 

Fabrizio Clerici, pittore di archeologie fantastiche,

è considerato il più visionario artista italiano del Novecento

anche se è poco noto alle masse. 





I suoi dipinti però sono molto amati dalla popstar Madonna e non solo.

 

 


 


 

(Milano 15.5.1913 – Roma 7.6.1993) 

 

 

BREVE BIOGRAFIA


 

Nato nel 1913 a Milano nel 1920 si trasferisce a Roma dove si laurea presso la Scuola Superiore di Architettura nel 1937.

Roma con i suoi monumenti, la sua architettura e la spettacolarità delle manifestazioni religiose è fondamentale per la formazione della sua visione artistica si guardi giù in tal senso “Sonno Romano” del 1955.

Notevole influenza ebbero poi gli incontri con i più grandi artisti della sua epoca ed i suoi viaggi. 

 

 

Qui con Moravia

 

 

Oltre alla pittura, a partire dagli anni 50, si dedicò con passione anche alla creazione di scene per il teatro collaborando con vari registi tra cui Strehler ed ad una grande vetrata per la Basilica di San Domenico di Siena nel ’57.


La sua attività artistica si svolse fin quasi alla fine della sua vita. 


Dopo la sua morte, avvenuta nel 1993, è stato creato un archivio delle sue opere in suo onore e secondo i suoi desideri.


 

 

 
 
 
 

ENIGMA FABRIZIO CLERICI

LAURA LARCAN


 

 

 

 


Accadde un giorno del 1990 che Jean Paul Gaultier, quello che stava per diventare uno degli stilisti più eccentrici e geniali del fashion system, visitando il Museum of Modern Art di New York s’imbatté nel “Duo per arp“, quadro d’una sontuosa suggestione mitica del 1944 di Fabrizio Clerici.
Gaultier si fermò a contemplarlo a lungo, gli ricordava molta fotografia surrealista parigina degli anni Sessanta.
Ne rimase folgorato.
Chiese subito informazioni, voleva assaporare questo Clerici che lo gustava molto!
Quel 1990, stava per essere l’anno esplosivo del designer francese anche perché la popstar Madonna gli aveva affidato il disegno e i costumi del suo Blond Ambition Tour.
 
 
 
 


 
 
 



E quel Clerici, quelle tracce di genio romantico e apocalittico, facevano al caso suo. Accadde, allora, che Gaultier regalò alla Material Girl, per una scena del concerto, la più segreta reinterpretazione di arte italiana, nella storia del costume e della moda, di “Solo per Arpa”, citando un’opera del 1946.
Galeotto fu Gaultier.
Perché anche Madonna impazzì per quell’italiano che dipinge pastiche di fantasia e fantascienza infarciti di decadenze antiquarie, tra grandiosità di un’archeologia romana e orientalismi esuberanti che evocano universi paralleli. E quattro anni dopo, quando scrive la sceneggiatura del videoclip “Bedtime story” invoca l’occhio di Horus, proprio come fa Fabrizio Clerici nelle sue opere. Quella di Madonna è stata la celebrazione più sensazionale che il pop abbia mai offerto all’arte “fantastico visionaria italiana”, con un tributo all’iconografia di Fabrizio Clerici. E mentre la sua bocca comincia a scandire “Today is the last day that I’m using words”, la sua faccia somiglia a quelle che Clerici ha disegnato nei “Testimoni oculari” del 1943 e nei “Testimoni oculari” del 1946. 
 
 
 
 


 
 

 
 
 

E questo maestro del Novecento (1913-1993), ma allo stesso tempo così avulso dai canoni delle avanguardie storiche, così profondamente colto ma anche inattuale, così permeato di una componente visionaria di derivazione onirica, ma sempre così razionale nell’articolazione delle immagini, così “stendhaliano” nelle sue suggestive scenografie evocatrici di archeologie fantastiche, ma anche così attento alla letteratura fantascientifica che a sua volta diventa nutrimento per i film di fantascienza, dal Pianeta delle scimmie a 2001 Odissea nello Spazio, questo maestro della pittura calligrafica e dell’indeterminatezza temporale, di architetture fossili, di ruderi e rovine di civiltà antiche che rimandano a scoperte temerarie ma anche a viaggi della mente, di miraggi sospesi in paesaggi fantastici, dove l’enigma sembra essere il Dna di un’iconografia germogliata dalla fascinazione per Böcklin e per De Chirico, per Ernst e per Tanguy, per Kircher, ma anche per Signorelli, questo maestro di utopie e catastrofi figurative, di cui Alberto Savinio scrisse in “Ascolto il tuo cuore città” (1944) “Fabrizio del resto è così naturalmente stendhaliano, nell’animo, nel carattere, nel costume, che per una volta mi è consentito credere che la natura ha fatto le cose a dovere”…
 
 
 
 
 

 
 
 
 
 
 

La sua è una produzione “visionaria”, bizzarra, affabulatoria e ossessiva. Fabrizio Clerici esordì nel ’49 come pittore relativamente tardivo, quando aveva trentasei anni e un passato già da disegnatore e scenografo, ma con in mente un’opera che fondeva con assoluta audacia le suggestioni del Piranesi, l’autorevolezza negli studi sull’antichità classica del gesuita ed erudito tedesco del XVII secolo Athanasius Kircher, le romantiche e struggenti evocazioni del sublime di Caspar David Friedrich e le simbologie decadenti e misteriose di Arnold Böcklin, trasferendone i codici figurativi e di ricerca nel suo paesaggio contemporaneo, inevitabilmente intriso di inquietudini ed introspezioni.
Un’opera che ha ottenuto prestigiosi riconoscimenti nazionali e internazionali per la sua opera. Dal MoMA al Guggenheim di New York, dal Centre Pompidou di Parigi al Puskin di Mosca, dai musei Vaticani a prestigiose collezioni private e pubbliche, le sue opere sono parte importante e significativa dell’arte italiana del Novecento.
E questa componente di spettacolarizzazione sul baratro di una teatralità effimera e magniloquente, rimasta forte, quasi incandescente, nelle sue opere sempre pregne di un carisma ambizioso, costante nella sua grandeur surrealista, che non cederà il passo a nessun’altra ricerca di impronta neoavanguardista, conservando sempre la sua aulica e algida poetica, estranea, intenzionalmente sorda a qualsiasi dibattito del secondo dopoguerra.


 
 
 
 
 

Recupero del Cavallo di Troia


 

Forse un suo limite? Forse una sua spasmodica ancora di salvezza nel tourbillon di prove d’autore che hanno imperversato nel secondo Novecento. Sicuramente una cifra stilistica che ne ha segnato, nel bene e nel male, tra successi e critiche, il peso di un’identità nella storia dell’arte contemporanea. Una carriera, quasi quarantacinque anni di arte complessa e colta, densa di raffinati riferimenti culturali, fitta di virtuosismi surreal-metafisici, alimentata di umane inquietudini che hanno tormentato il secolo scorso, documentata da un percorso di oltre cento opere, fra dipinti, disegni e bozzetti di scena provenienti da importanti collezioni pubbliche e private, a ricostruire l’evoluzione visionaria di Fabrizio Clerici, dai famosi labirinti alle composizioni fantastiche di immaginari paesaggi archeologici, dagli interni di matrice onirica, le cosiddette “stanze”, alla serie dedicata alle figure e ai simboli dell’antico Egitto, fino alle opere ispirate a Friedrich, Böcklin e Signorelli.
 
 
 
 
 
 


Sonno Romano – 1955

 
 
 

Roma sarà decisiva per la sua maturità immaginifica. Arriva da Milano all’età di sette anni, si laurea in architettura a ventiquattro, e si innamora dei suoi monumenti antichi, della pittura e dell’architettura rinascimentale e barocca che lo influenzarono fortemente. E’ tutto l’apparato teatrale, folclorico e mistico della città che lo seduce.

Sempre a Roma, negli anni della guerra, si appassiona agli studi scientifici di Athanasius Kircher, agli anamorfici di Erhard Schön e a quelle teorie ottico-prospettiche del Padre Jean-Francois Niceron dell’ordine dei Minimi.
In piena Roma città aperta incontra Leonor Fini, che gli regala il senso tangibile dell’atmosfera di magia infusa nelle sue opere. Ma gli anni Quaranta sono anche gli anni in cui frequentava Alberto Moravia, Elsa Morante, Renato Guttuso, che lo ritrarrà negli anni settanta con de Chirico e Savinio nel dipinto “Caffè Greco“.
L’incontro con Tristan Tzara, la collaborazione con Lucio Fontana, l’amicizia con Salvador Dalì, sono tutti eventi che ne accentuano la creatività eccentrica.
 
 
 
 
 
 
 




 
 
 

Poi arrivano i viaggi, le sue peregrinazioni nel Medio Oriente, negli anni Cinquanta, l’Egitto e successivamente la Siria, Giordania, Libia, Cirenaica e Turchia, che gli regaleranno i temi che gli saranno sempre cari, i Miraggi e i Templi dell’uovo, cicli di costruzioni utopistiche nei deserti, che si sviluppano a spirale partendo da un nucleo centrale dove ha sede un ipotetico uovo primigenio.
Viaggi che gli infonderanno la dimensione mitologica, quel senso di fatalità quanto mai vivo nelle sue tele.
Alla pittura, che si evolve secondo l’indirizzo sempre più fantastico e magico, si dedica al teatro.
Al ritorno dall’Egitto, Giorgio Strehler lo invita a creare le scene per La Vedova scaltra di Carlo Goldoni. Non è il primo, e non sarà l’ultimo.
Anche Federico Felllini non riuscì a resistere all’eloquente ambiguità dell’immaginario fantastico di Clerici, come raccontano i bozzetti per “Tre passi nel delirio“, del 1968.
 
 
 
 

 

 

  

 
 
 
Testo di Laura Larcan leggermente adattato al post da T.K.
Diverse immagini dal sito ARCHIVIO FABRIZIO CLERICI
Impaginaz. T.K.
 
 
 
 
 

CIAO DA TONY KOSPAN
 
 
 
  


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Paul Gauguin – Indipendenza.. purismo.. sogno ed esotismo – Biografia e opere d’arte – I PARTE   Leave a comment





Io dipingo ciò che sento
e non ciò che vedo.






Divertimento dello spirito maligno
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PAUL GAUGUIN 
INDIPENDENZA.. ESOTISMO E SOGNO 
a cura di Tony Kospan 
per il blog 
IL MONDO DI ORSOSOGNANTE


I PARTE



Autoritratto




Singolare artista, inizialmente impressionista
e poi animatore del gruppo Simbolista di Pont Aven,
precursore del Fauvismo… ma in realtà
lontano dalla rigidità di schemi prefissati
e con il sogno della purezza e della semplicità…
“primitive“.






Dopo il sermone – 1888




La sua vita… è davvero una sorprendente miscela.

Nascita in Francia, infanzia in Perù, e poi periodi parigini e periodi tahitiani ed ancora il tentativo di stabilirsi (e stabilizzarsi) in Bretagna… infine la morte nelle isole Marchesi.





Paul Gauguin
Parigi 7.6.1848 – Hiva Oa 8.5.1903




Paul Gauguin: ancorato, e avvinghiato, al classicismo – alienazione sedativa contro un presente insoddisfacente – sogno costante, che resiste a tutte le maree dell’esistenza, e riemerge ogni volta più roccioso.

Paul Gauguin: simbolista folgorato dalla poetica di Cézanne e Pissarro, dominato dall’idea di una pittura pura e “sauvage”, e nella ricerca della fusione arte-vita.





Nudo di donna che cuce





Paul Gauguin: rifiutato dalla Francia e considerato sovversivo, parla con macchie di colore e contorni netti in atmosfere rarefatte, e fa abitare i suoi personaggi, primitivi e mitici, in un Eden letterario ed insulare, forse nella continua ossessiva ricerca del Perù dell’infanzia.











Le opere di Paul Gauguin offrono sempre allo spettatore contemporaneo un’esperienza affascinante.


A fare presa sarà lo stereotipo dell’artista anticonformista, oppure l’idea di fuga dalla città alla ricerca di primitività e selvatichezza in una civiltà pura.

Oppure, più semplicemente, la bellezza delle opere: lo stile personalissimo, la ricerca cromatica, la composizione innovativa, i soggetti esotici.







Davvero un artista di mito e sogno a partire dalle prime opere, in cui emerge il debito con Pissarro e soprattutto con Cézanne, l’ispirazione delle terre Bretoni e la complicata esperienza ad Arles con Van Gogh, la fuga a Tahiti.

Guardiamolo e comprendiamolo attraverso la sua poetica che risente anche delle vicende vissute.

Come per esempio in Bonjour Monsieur Gauguin, una vicina di Pouldu ricambia il saluto dell’artista con un freddo Bonjour rimanendo al di là della staccionata che li separa: lui, artista parigino, non apparterrà mai a quel luogo di sogno.






Bonjour Monsieur Gauguin




Eppure proprio in Bretagna Gauguin, dedicandosi pienamente all’arte, trova la giusta ispirazione ed elabora la sua particolare tecnica pittorica: linee che definiscono le figure – da qui la definizione di “cloisonnisme” per la ripresa dell’antica lavorazione dello smalto e delle vetrate medievali – a pennellate brevi, l’una vicino all’altra, con effetto zebrato, con uno studiatissimo uso dei colori, distribuiti sulla tela in modo da riproporne sempre la complementarietà, soprattutto tra i rossi e i verdi.

E’ principalmente l’uso del colore che fa la differenza con l’Impressionismo:
Gauguin non cerca l’intensità luminosa ma l’armonia generale dell’opera, compositiva e cromatica.






Da dove veniamo? Chi siamo? Dove andiamo?




E, via via con lo scorrere delle opere, scorre anche il percorso verso l’utopia. è a Tahiti che la ricerca di Gauguin trova finalmente posa – anche se momentanea.

Sotto la luce dei Tropici, la tavolozza si accende e contemporaneamente si semplifica; gli spazi sono definiti da ampie campiture e le linee più marcate;
i soggetti sono quelli più noti: donne, fanciulli, piccoli animali domestici, natura lussureggiante.





Arearea




Mirabili sono alcuni ritratti come Te Avea No Maria o il mese di Maria e Le Parau Parau o la Conversazione in cui emerge a pieno l’eclettico primitivismo della fase più matura:
le donne taitiane, evidentemente esotiche per colori e costumi, vengono occidentalizzate nell’atteggiamento.





La siesta





FONTI: VARI SITI WEB
RICERCHE COORDINAM. LIBERE RIELABORAZ. ED IMPAGINAZIONE: T.K.




FINE I PARTE – CONTINUA…


CIAO DA TONY KOSPAN





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IL GRUPPO DI CHI AMA L’ARTE
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