Le sue originalissime performances come autore ed attore teatrale
fanno sì che è anche considerato l’inventore, con Sandro Luporini,
di questo particolare genere musical-teatrale.
(Milano 25.1.1939 – Montemagno di Camaiore 1.1. 2003)
A Giorgio Gaber è stato dedicato, quale grande artista milanese,
l’auditorium situato al piano terra del Grattacielo Pirelli.
Come ricordarlo al meglio se non con 2 sue mitiche canzoni?
La prima è una canzone-poesia con veri accenti d’originalità
in quel campo sempre più esplorato
ma sempre più misterioso che è l’amore.
La seconda è la fantastica e sempre attuale “Libertà“.
QUANDO SARO’ CAPACE DI AMARE
.
Giorgio Gaber
Quando sarò capace di amare
probabilmente non avrò bisogno
di assassinare in segreto mio padre
e di far l’amore con mia madre in sogno
Quando sarò capace di amare
con la mia donna non avrò nemmeno
la prepotenza e la fragilità
di un uomo bambino
Quando sarò capace di amare
vorrò una donna che ci sia davvero
che non affolli la mia esistenza
ma non mi stia lontana neanche col pensieri
Vorrò una donna che se io accarezzo
una poltrona, un libro o una rosa
lei avrebbe voglia di essere solo
quella cosa
Quando sarò capace di amare
vorrò una donna che non cambi mai
ma dalle grandi alle piccole cose
tutto avrà un senso perché esiste lei
Potrò guardare dentro al suo cuore
e avvicinarmi al suo mistero
non come quando io ragiono
ma come quando respiro
Quando sarò capace di amare
farò l’amore come mi viene
senza la smania di dimostrare
senza chiedere mai se siamo stati bene.
E nel silenzio delle notti
con gli occhi stanchi e l’animo gioioso
percepire che anche il sonno è vita
e non riposo
Quando sarò capace d’amare
mi piacerebbe un amore
che non avesse alcun appuntamento
col dovere
un amore senza sensi di colpa
senza alcun rimorso
egoista e naturale come un fiume
che fa il suo corso
Senza cattive o buone azioni
senza altre strane deviazioni
che se anche il fiume le potesse avere
andrebbe sempre al mare.
Così vorrei amare
Ma ora ascoltiamola
Ed infine il video della sua mitica indimenticabile canzone…
LA LIBERTA’…
Sono e sarò sempre grato a Gaber per le emozioni che ci donava
Quest’anno mi sarà finalmente possibile amiche, colleghe, amici o parenti avvicinarmi a voi per stringervi forte oggi, 21 gennaio, che è la Giornata internazionale dell’abbraccio, anche se però con un po’ di attenzione e senza strafare, dato che la maledetta pandemia sembra abbia un po’ rallentato.
BREVE STORIA DELLA FESTA DELL’ABBRACCIO
Questa festa è nata 30 anni fa negli Stati Uniti, per poi prendere piede anche in Europa e in Australia.
Inizialmente si festeggiava il 3° lunedì di gennaio, “Blue Monday”, su un’idea del reverendo Kevin Zaborney del Michigan.
L’idea nasceva soprattutto in considerazione del fatto che quello sarebbe il giorno in cui le persone sarebbero più malinconiche sia per la necessità di riprendersi dalle faticose feste natalizie che per la consapevolezza che la primavera è ancora lontana e quindi bisognose di un atto affettuoso che le “tirasse su”.
Successivamente è stata fissata la data del 21 gennaio.
Klimt
Che abbracciarsi faccia bene lo dimostrano diversi studi scientifici.
Inoltre l’abbraccio è per tutti un momento di conforto, di rassicurazione, di vicinanza e di consolazione in quanto sarebbe il più forte segnale non solo d’amore ma anche d’affetto perché capace di far cadere ogni barriera e di sentirsi davvero vicini.
Però c’è da dire che se è vero che è impossibile abbracciarsi quando si è lontani tuttavia possiamo farlo ugualmente e senza alcun pericolo in modo virtuale.
Pertanto vi giunga il mio più affettuoso, caldo e forte abbraccio virtuale.
Un’artista dallo stile unico, raffinato, affascinante ed inconfondibile,
ed una donna dalla vita avventurosa e libera.
Tamara de Lempicka – Autoritratto sulla Bugatti
TAMARA DE LEMPICKA
LA VITA… L’ARTISTA
Tony Kospan
Il vestito rosso
BREVE BIOGRAFIA
Nata in Polonia in una famiglia agiata (ma complicata)
fin da giovanissima mostra un carattere curioso ed intraprendente
con frequenti viaggi per l’Europa e grande interesse per l’arte.
A San Pietroburgo in casa di una zia conobbe
l’avvocato Tadeusz Łempicki che sposò nel 1916.
(Varsavia 16.5.1898 – Cuernavaca 18.3.1980)
Nel corso della rivoluzione russa
grazie al suo impegno ed alle sue conoscenze
riuscì a liberare il marito che era stato arrestato dai bolscevichi.
Vista la situazione russa tutta la famiglia si trasferì
a Parigi dove, nel 1920, nacque sua figlia Kizette.
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Con Dalì
Qui iniziò un corso di pittura vero e proprio
presso l’Académie Ranson.
Ben presto s’innamorò dello stile dell’Art Déco interpretandolo
però in un modo tutto suo e con assoluta originalità.
Nel 1922 ci fu la sua prima mostra e ben presto divenne famosa.
Nel corso dei suoi tanti viaggi fu anche ospite di Gabriele D’Annunzio ma rifiutò sempre le sue insistenti avances.
Con lo scoppio della II Guerra Mondiale si trasferì negli USA
col 2° marito (il barone Raoul Kuffner de Diószegh).
Tamara de Lempicka – Arlette Boucard
Le opere “americane” tendenti all’astrattismo, a cui si era avvicinata,
però non ebbero lo stesso successo che avevano avuto quelle precedenti
al punto che non volle più mostrarle.
Morì il 18 marzo 1980 in Messico dove si era trasferita da poco
e le sue ceneri furono disperse, secondo il suo desiderio,
sul vulcano Popocatepetl.
Tamara de Lempicka – Ragazza che dorme – 1935
LO STILE
Le sue opere, pur nel solco della corrente dell’Art Déco,
appaiono originalissime ed uniche
per il suo stile pittorico affascinante ed inconfondibile…
Lei percepisce e rielabora nei suoi dipinti
la vita e le mode del suo tempo con fantasia e maestria
ma non senza rigore formale.
Tamara de Lempicka – Ritratto del marchese D’Afflitto – 1925
Numerosi sono poi i ritratti dedicati a personaggi
della sua epoca.
Le sue opere affrontano con chiarezza,
ma senza volgarità,
anche il tema dell’amore tra donne
(si è sempre affermata bisessuale).
I soggetti ritratti da lei si stagliano vivi, vigorosi,
quasi capaci di crear soggezione,
tanto forte e tanto nitida
appare l’immagine, quasi un trompe-l’oeil.
Lei affermava di non voler copiare nessuno
e di voler avere uno stile tutto suo.
Il bacio
Possiamo dire che c’è riuscita in pieno
se le sue opere sono ancor oggi ammirate dappertutto
chi ci ha donato poesie indimenticabili ed eterne.
L’ARTICOLO DI GIANNI LEONE
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“I suoi versi sono bagnati di ardente “visionarità”,
profondi come solo gli abissi dell’anima sanno essere…
versi a volte inquieti, a volte sommessi,
che raccontano le “ombre e luci della sua mente.”
Alda Merini era una poetessa di un’intensità straordinaria… una che “andava e veniva” dai manicomi, sempre prigioniera dei suoi problemi di salute… eppure quei problemi in un certo senso hanno reso Alda Merini libera… libera di raccontare se stessa, le cose che vedeva, le persone che l’aiutavano o l’amavano…
Nel febbraio del 2004 Alda Merini viene ricoverata all’Ospedale San Paolo di Milano per problemi di salute. Un amico della scrittrice lancia un appello per richiedere aiuto economico.
La Merini, nonostante sia una delle più grandi poetesse del Novecento vive in povertà.
E così accade di morire in semi-povertà, dopo che per un’intera vita si è arricchito il mondo di poesia… la poesia di una donna dal modo scontroso ma straordinariamente dolce di esistere e comporre versi…
Capita che in un paese come l’Italia, una grande artista muoia quasi nel silenzio… semisconosciuta… ci sono “altri artisti” da celebrare… l’Italia è intenta a celebrare i decerebrati dei reality, i protagonisti del pallone miliardario e le tante veline cialtrone della tv… e così in questa domenica d’autunno, sono nel mio studio, con uno dei miei cinque gatti, Gastone, addormentato sulla scrivania accanto alla tasteria del computer.
Guardo Gastone, ascolto musica, rifletto e scrivo questo pezzo… e penso come Alda Merini sia stata capace di accarezzare le parole fino a piegarne il suono, per farne poesia…
La Merini era veramente unica… una di quelle creature capaci di brillare di luce propria, irradiando bellezza, come se fosse una stella appena nata, nello sterminato universo.
Povera e pazza… per lei però questa due parole non sarebbero state offensive ma una condizione da rivendicare…
Quello che la vita le aveva negato, lei lo prendeva a mani nude, folle e incurante, se ne fregava di tutto, posseduta com’era dal suo Daimon poco socratico e molto dionisiaco.
(Da Mondo Raro)
LE 6 POESIE
Amore,
vola da me
con l’aeroplano di carta
della mia fantasia,
con l’ingegno del tuo sentimento.
Vedrai fiorire terre piene di magia
e io sarò la chioma d’albero più alta
per darti frescura e riparo.
Fa’ delle due braccia
due ali d’angelo
e porta anche a me un po’ di pace
e il giocattolo del sogno.
Ma prima di dirmi qualcosa
guarda il genio in fiore
del mio cuore.
I miei poveri versi
non sono belle, millantate parole,
non sono afrodisiaci folli
da ammannire ai potenti
e a chi voglia blandire la sua sete.
I miei poveri versi
sono brandelli di carne
nera disfatta chiusa,
e saltano agli occhi impetuosi;
sono orgogliosa della mia bellezza;
quando l’anima è satura dentro
di amarezza e dolore
diventa
diventa incredibilmente bella
e potente soprattutto.
Di questa potenza io sono orgogliosa
ma non d’altre disfatte;
perciò tu che mi leggi
fermo ad un tavolino di caffè,
tu che passi le giornate sui libri
a cincischiare la noia
e ti senti maestro di critica,
tendi il tuo arco
al cuore di una donna perduta.
Li mi raggiungerai in pieno.
A me piacciono gli anfratti bui
delle osterie dormienti,
dove la gente culmina nell’eccesso del canto,
a me piacciono le cose bestemmiate e leggere,
e i calici di vino profondi,
dove la mente esulta,
livello di magico pensiero.
Troppo sciocco è piangere sopra un amore perduto
malvissuto e scostante,
meglio l’acre vapore del vino
indenne,
meglio l’ubriacatura del genio,
meglio sì meglio
l’indagine sorda delle scorrevolezze di vite;
io amo le osterie
che parlano il linguaggio sottile della lingua di Bacco,
e poi nelle osterie
ci sta il nome di Charles
scritto a caratteri d’oro.
Riottosa a ogni tipo di amore
sei entrato tu a invadere il mio silenzio
e non so dove tu abbia visto le mie carni
per desiderarle tanto.
E non so perché tu abbia avuto il mio corpo
per poi andartene
con il grido dell’ultima morte.
Se mi avessi strappato il cuore
o tolto l’unico arto che mi fa male
o scollato le mie giunture
non avrei sofferto tanto
come quando tu un giorno insperato
mi hai tolto la pelle dell’anima.
Io non ho bisogno di denaro.
Ho bisogno di sentimenti,
di parole, di parole scelte sapientemente,
di fiori detti pensieri,
di rose dette presenze,
di sogni che abitino gli alberi,
di canzoni che facciano danzare le statue,
di stelle che mormorino all’orecchio degli amanti….
Ho bisogno di poesia,
questa magia che brucia la pesantezza delle parole,
che risveglia le emozioni e dà colori nuovi.
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IL VIDEO
Ed infine un video in suo omaggio
Cara Alda…
ancora grazie per tutte le grandi emozioni che ci hai regalato
e continuerai a regalarci ogni volta che leggeremo i tuoi versi…
Un raccontino d’autore fortissimo e sorridente che dimostra come la distrazione non sia un problema solo delle pers… twitter.com/i/web/status/1…1 hour ago
FILIPPO IV A FRAGA - ARTE E STORIA SPAGNOLA
La vetta dell’arte di Velazquez e le vicende della Catalogna.
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