Archivio per l'etichetta ‘annibale carracci’
Fin dalla sua creazione il dipinto colpì molto coloro che l’osservavano e il Malvasia, nel suo libro “Felsina Pittrice” del 1678, attribuendolo al Carracci lo descriveva così:
«Monsignor Agucchi che in zimarra tenendo una lettera con ambe le mani guarda a noi spettatori»
In effetti l’Agucchi, che appare vestito con una comoda vestaglia mentre legge una lettera seduto al suo scrittoio, alza lo sguardo dalla lettera e fissa attentamente qualcuno entrato nella stanza all’improvviso.
Annibale Carracci (Bologna, 3.11.1560 – Roma, 15.7.1609) – Autoritratto
Questo sguardo attento ed intenso in verità appare rivolto allo spettatore cioè a noi ed è quel che maggiormente colpisce.
Il dipinto è considerato una delle pietre miliari della ritrattistica barocca.
Infatti il personaggio ritratto entra in diretta relazione con lo spettatore al quale quasi sembra stia per parlare, a dirla con le parole dello storico dell’arte Tomaso Montanari.
Il quadro, che sembra “vivo“, è altresì definito una delle più brillanti opere ritrattistiche del ‘600.
CHI E’ L’AGUCCHI
Il personaggio rappresentato non è affatto un tipo qualunque.
Infatti Giovanni Battista Agucchi (Bologna 1570 – San Salvatore 1.1.1632) è stato un diplomatico della Santa Sede, arcivescovo, scrittore ed esperto d’arte.
Si interessò di studi astronomici ed ebbe rapporti con Galileo.
Carracci – Venere dormiente con amorini
Scrisse un “Trattato della pittura” ed una celebre descrizione della “Venere dormiente con amorini” proprio del Carracci.
Fu anche amico sia del Carracci che del suo allievo Domenichino.
BREVE STORIA DELL’ATTRIBUZIONE DEL DIPINTO
Esempio di ritratto del Domenichino
Il dipinto inizialmente attribuito al Carracci in seguito per alcuni secoli è stato invece sempre attribuito al Domenichino ma nel 1994 una studiosa, Silvia Ginzburg, esaminando stilisticamente la tela e ripartendo dalle parole del Malvasia, giunge alla conclusione che il ritratto dell’Agucchi è frutto del pennello di Annibale.
Questa è la tesi prevalente in quanto i dipinti del Domenichino appaiono privi di quel “contatto con lo spettatore” di cui ho parlato su, e mostrano invece una, seppur elegante, separazione.
A ciò si aggiunge la considerazione della grande amicizia tra Annibale Carracci e l’Agucchi.
In verità la duplice attribuzione forse è stata generata dalla presenza di una copia d’epoca per cui le documentazioni archivistiche sul dipinto possono essere state da ciò deviate.
Tony Kospan
Copyright Tony Kospan
Annibale Carracci – Autoritratto sul cavalletto
IL GRUPPO DI FB IN CUI VIVER L’ARTE
INSIEME
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Il paesaggio pittorico nasce, come genere autonomo, solo nel Seicento,
si afferma poi nel Settecento, soprattutto in Italia,
per esplodere infine nell’Ottocento nell’ambito delle correnti del tempo
come la naturalista, la romantica ed infine quella impressionista.

Annibale Carracci – Paesaggio con fiume
Dato il notevole arco di tempo in cui si svolge l’affermazione
della pittura del paesaggio e volendo evidenziarne,
con analisi ed esempi, l’evoluzione di stile e di contenuti
il post viene suddiviso in 2 parti.
Claude Lorrain – 1682
L’EVOLUZIONE DEL PAESAGGIO NELLA PITTURA
I PARTE
.
.
.
In questo percorso seguiremo le linee indicate
in una interessante mostra tenutasi a Verona qualche anno fa.
Tiziano – Sacro e profano (Esempio di paesaggio prima del ‘600)
– Il Seicento, il vero e il falso della natura;
– Il Settecento, l’età della veduta;
– Romanticismi e Realismi;
– L’Impressionismo ed il paesaggio;
– Monet e la natura nuova.
1° – Il Seicento, il vero e il falso della natura
Claude Lorrain – Porto al tramonto *
E’ proprio in questo secolo che inizia l’interesse degli artisti verso il tema del paesaggio che precedentemente era sullo sfondo quasi come un contorno… talvolta certo anche bellissimo… di dipinti che avevano però temi… oggetti e soggetti diversi .
Significative di questo nuovo modo d’intender il paesaggio sono le opere di Annibale Carracci, Claude Lorrain, Salvator Rosa, Domenichino ed altri che ritraggono la natura del paesaggio con un misto di fedeltà e fantasia.

Annibale Carracci – Fuga in Egitto

Annibale Carracci – La pesca

Nicolas Poussin – Paesaggio con le ceneri di Focione – 1648

Domenico Zampieri detto il Domenichino – Barche e fiume

Salvator Rosa – Baia con rovine






2° – Il Settecento, l’età della veduta
Canaletto – Ponte di Rialto
E’ il secolo in cui il paesaggio è ritratto con assoluta fedeltà ed amore e principi di questo stile vedutistico sono soprattutto artisti veneziani come i mitici Canaletto, Bellotto e Guardi ma anche altri come Gaspar van Wittel.

Canaletto – Bacino di S. Marco

Canaletto – Canal Grande

Canaletto – Ponte di Rialto con gondole

Canaletto – Il ritorno del Bucintoro al molo nel giorno dell’Ascensione

Bellotto – Veduta di Verona e dell’Adige dal Ponte Nuovo

Bellotto – Castello di Hof in Austria

Gaspar van Wittel – Veduta del bacino di San Marco






FINE PRIMA PARTE
C O N T I N U A . . .
IL GRUPPO DI CHI AMA
VIVER L’ARTE…
INSIEME
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Ci sono opere che rappresentano una vera e proprio cesura rispetto a quelle del passato e che rappresentano una vera “rivoluzione stilistica e/o di contenuti…
come ad esempio le opere del Masaccio che danno inizio al Rinascimento con la prospettiva (e non solo) rispetto a quelle, piene di eccessi decorativi e artificiali, dello stile precedente.
LA RIVOLUZIONARIA “SANTA MARGHERITA”
DI ANNIBALE CARRACCI
NASCOSTA IN UNA CHIESETTA ROMANA
Quella di cui parlerò ora in verità è davvero poco nota… ma che sia stata molto significativa nel senso suindicato ce lo dice non un critico o uno storico ma un pittore mitico… ed addirittura contemporaneo dell’autore.
L’opera di Annibale Carracci non si trova in un famoso museo ma in una chiesetta dove fu collocata nel 1599, Santa Caterina dei Funari, che fu ricostruita nel ‘500 in un piccolo rione romano e che spesso ora è pure chiusa.
Non appena il dipinto fu esposto accorsero molti romani, artisti e non, per vederla in quanto appariva come una vera grande novità rispetto all’ormai tramontante manierismo romano.
Alle forme stentoree, rigide ma coperte da broccati e stoffe dai colori sgargianti qui si opponeva un corpo… vero, vitale e reale… che sembrava essere in connessione diretta con lo spettatore.
Santa Margherita, pur con il diadema, la palma del martirio, il libro in mano e col piede sinistro che schiaccia il demonio raffigurato nella forma di un drago e dunque con tutti i crismi dell’iconografia classica, appare tuttavia come una giovane donna del cinquecento che se ne sta morbidamente appoggiata ad un antico e sbreccato piedistallo nello splendido paesaggio agreste romano che appare essere molto di più di una semplice cornice della scena.
Tutto quel che vediamo in Santa Margherita e nell’ambiente intorno a lei non appare astratto ma ci riporta al mondo reale di quell’epoca.
Dunque l’eucaristico motto inciso sull’antico piedistallo “Sursum corda” ovvero “In alto i cuori” non sembra solo diretto alla cura delle anime ma anche a tirar su i nostri cuori reali e palpitanti.
Come ho accennato su questa “rivoluzione” fu intuita subito dai contemporanei come ci riferisce qualche decennio dopo Giovan Pietro Bellori:
– Collocato il quadro sull’altare per la novità vi concorsero li pittori, e tra li vari discorsi loro, Michel Angelo da Caravaggio dopo essersi fermato lungamente a riguardarlo, si rivolse, e disse: “mi rallegro che al mio tempo veggo pure un pittore” – .
Dunque il grande Caravaggio, che da poco era arrivato a Roma e lì non aveva ancora dipinto alcuna opera pubblica, era rimasto entusiasta del dipinto ed in fondo, conoscendo il realismo dei suoi personaggi ed i suoi chiaroscuri, egli non poteva non rilevare ed apprezzare la sorprendente novità.
Narrava un allievo del Carracci che, ancora molti anni dopo, Caravaggio, parlando di questa opera “ci moriva sopra”.
Ecco quindi come nell’arte spesso nascono opere che sono rivelatrici un’avvenuta evoluzione stilistica e di contenuti e talvolta ciò accade in modo assolutamente evidente e documentato come in questo caso.
Tony Kospan
IL GRUPPO DI CHI AMA L’ARTE
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Ci sono opere che rappresentano una vera e proprio cesura rispetto a quelle del passato e che rappresentano una vera “rivoluzione stilistica e/o di contenuti…
come ad esempio le opere del Masaccio che danno inizio al Rinascimento con la prospettiva (e non solo) rispetto a quelle, piene di eccessi decorativi e artificiali, dello stile precedente.
LA RIVOLUZIONARIA “SANTA MARGHERITA”
DI ANNIBALE CARRACCI
NASCOSTA IN UNA CHIESETTA ROMANA
Quella di cui parlerò ora in verità è davvero poco nota… ma che sia stata molto significativa nel senso suindicato ce lo dice non un critico o uno storico ma un pittore mitico… ed addirittura contemporaneo dell’autore.
L’opera di Annibale Carracci non si trova in un famoso museo ma in una chiesetta dove fu collocata nel 1599, Santa Caterina dei Funari, che fu ricostruita nel ‘500 in un piccolo rione romano e che spesso ora è pure chiusa.
Non appena il dipinto fu esposto accorsero molti romani, artisti e non, per vederla in quanto appariva come una vera grande novità rispetto all’ormai tramontante manierismo romano.
Alle forme stentoree, rigide ma coperte da broccati e stoffe dai colori sgargianti qui si opponeva un corpo… vero, vitale e reale… che sembrava essere in connessione diretta con lo spettatore.
Santa Margherita, pur con il diadema, la palma del martirio, il libro in mano e col piede sinistro che schiaccia il demonio raffigurato nella forma di un drago e dunque con tutti i crismi dell’iconografia classica, appare tuttavia come una giovane donna del cinquecento che se ne sta morbidamente appoggiata ad un antico e sbreccato piedistallo nello splendido paesaggio agreste romano che appare essere molto di più di una semplice cornice della scena.
Tutto quel che vediamo in Santa Margherita e nell’ambiente intorno a lei non appare astratto ma ci riporta al mondo reale di quell’epoca.
Dunque l’eucaristico motto inciso sull’antico piedistallo “Sursum corda” ovvero “In alto i cuori” non sembra solo diretto alla cura delle anime ma anche a tirar su i nostri cuori reali e palpitanti.
Come ho accennato su questa “rivoluzione” fu intuita subito dai contemporanei come ci riferisce qualche decennio dopo Giovan Pietro Bellori:
– Collocato il quadro sull’altare per la novità vi concorsero li pittori, e tra li vari discorsi loro, Michel Angelo da Caravaggio dopo essersi fermato lungamente a riguardarlo, si rivolse, e disse: “mi rallegro che al mio tempo veggo pure un pittore” – .
Dunque il grande Caravaggio, che da poco era arrivato a Roma e lì non aveva ancora dipinto alcuna opera pubblica, era rimasto entusiasta del dipinto ed in fondo, conoscendo il realismo dei suoi personaggi ed i suoi chiaroscuri, egli non poteva non rilevare ed apprezzare la sorprendente novità.
Narrava un allievo del Carracci che, ancora molti anni dopo, Caravaggio, parlando di questa opera “ci moriva sopra”.
Ecco quindi come nell’arte spesso nascono opere che sono rivelatrici un’avvenuta evoluzione stilistica e di contenuti e talvolta ciò accade in modo assolutamente evidente e documentato come in questo caso.
Tony Kospan
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Fin dalla sua creazione il dipinto colpì molto coloro che l’osservavano e il Malvasia, nel suo libro “Felsina Pittrice” del 1678, attribuendolo al Carracci lo descriveva così:
«Monsignor Agucchi che in zimarra tenendo una lettera con ambe le mani guarda a noi spettatori»
In effetti l’Agucchi, che appare vestito con una comoda vestaglia mentre legge una lettera seduto al suo scrittoio, alza lo sguardo dalla lettera e fissa attentamente qualcuno entrato nella stanza all’improvviso.
Annibale Carracci (Bologna, 3.11.1560 – Roma, 15.7.1609) – Autoritratto
Questo sguardo attento ed intenso in verità appare rivolto allo spettatore cioè a noi ed è quel che maggiormente colpisce.
Il dipinto è considerato una delle pietre miliari della ritrattistica barocca.
Infatti il personaggio ritratto entra in diretta relazione con lo spettatore al quale quasi sembra stia per parlare, a dirla con le parole dello storico dell’arte Tomaso Montanari.
Il quadro, che sembra “vivo“, è altresì definito una delle più brillanti opere ritrattistiche del ‘600.
CHI E’ L’AGUCCHI
Il personaggio rappresentato non è affatto un tipo qualunque.
Infatti Giovanni Battista Agucchi (Bologna 1570 – San Salvatore 1.1.1632) è stato un diplomatico della Santa Sede, arcivescovo, scrittore ed esperto d’arte.
Si interessò di studi astronomici ed ebbe rapporti con Galileo.
Carracci – Venere dormiente con amorini
Scrisse un “Trattato della pittura” ed una celebre descrizione della “Venere dormiente con amorini” proprio del Carracci.
Fu anche amico sia del Carracci che del suo allievo Domenichino.
BREVE STORIA DELL’ATTRIBUZIONE DEL DIPINTO
Esempio di ritratto del Domenichino
Il dipinto inizialmente attribuito al Carracci in seguito per alcuni secoli è stato invece sempre attribuito al Domenichino ma nel 1994 una studiosa, Silvia Ginzburg, esaminando stilisticamente la tela e ripartendo dalle parole del Malvasia, giunge alla conclusione che il ritratto dell’Agucchi è frutto del pennello di Annibale.
Questa è la tesi prevalente in quanto i dipinti del Domenichino appaiono privi di quel “contatto con lo spettatore” di cui ho parlato su, e mostrano invece una, seppur elegante, separazione.
A ciò si aggiunge la considerazione della grande amicizia tra Annibale Carracci e l’Agucchi.
In verità la duplice attribuzione forse è stata generata dalla presenza di una copia d’epoca per cui le documentazioni archivistiche sul dipinto possono essere state da ciò deviate.
Tony Kospan
Copyright Tony Kospan
Annibale Carracci – Autoritratto sul cavalletto
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Il paesaggio pittorico nasce, come genere autonomo, solo nel Seicento,
si afferma poi nel Settecento, soprattutto in Italia,
per esplodere infine nell’Ottocento nell’ambito delle correnti del tempo
come la naturalista, la romantica ed infine quella impressionista.

Annibale Carracci – Paesaggio con fiume
Dato il notevole arco di tempo in cui si svolge l’affermazione
della pittura del paesaggio e volendo evidenziarne,
con analisi ed esempi, l’evoluzione di stile e di contenuti
il post viene suddiviso in 2 parti.
Claude Lorrain – 1682
L’EVOLUZIONE DEL PAESAGGIO NELLA PITTURA
I PARTE
.
.
.
In questo percorso seguiremo le linee indicate
in una interessante mostra tenutasi a Verona qualche anno fa.
Tiziano – Sacro e profano (Esempio di paesaggio prima del ‘600)
– Il Seicento, il vero e il falso della natura;
– Il Settecento, l’età della veduta;
– Romanticismi e Realismi;
– L’Impressionismo ed il paesaggio;
– Monet e la natura nuova.
1° – Il Seicento, il vero e il falso della natura
Claude Lorrain – Porto al tramonto *
E’ proprio in questo secolo che inizia l’interesse degli artisti verso il tema del paesaggio che precedentemente era sullo sfondo quasi come un contorno… talvolta certo anche bellissimo… di dipinti che avevano però temi… oggetti e soggetti diversi .
Significative di questo nuovo modo d’intender il paesaggio sono le opere di Annibale Carracci, Claude Lorrain, Salvator Rosa, Domenichino ed altri che ritraggono la natura del paesaggio con un misto di fedeltà e fantasia.

Annibale Carracci – Fuga in Egitto

Annibale Carracci – La pesca

Nicolas Poussin – Paesaggio con le ceneri di Focione – 1648

Domenico Zampieri detto il Domenichino – Barche e fiume

Salvator Rosa – Baia con rovine






2° – Il Settecento, l’età della veduta
Canaletto – Ponte di Rialto
E’ il secolo in cui il paesaggio è ritratto con assoluta fedeltà ed amore e principi di questo stile vedutistico sono soprattutto artisti veneziani come i mitici Canaletto, Bellotto e Guardi ma anche altri come Gaspar van Wittel.

Canaletto – Bacino di S. Marco

Canaletto – Canal Grande

Canaletto – Ponte di Rialto con gondole

Canaletto – Il ritorno del Bucintoro al molo nel giorno dell’Ascensione

Bellotto – Veduta di Verona e dell’Adige dal Ponte Nuovo

Bellotto – Castello di Hof in Austria

Gaspar van Wittel – Veduta del bacino di San Marco






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Ci sono opere che rappresentano una vera e proprio cesura rispetto a quelle del passato e che rappresentano una vera “rivoluzione stilistica e/o di contenuti…
come ad esempio le opere del Masaccio che danno inizio al Rinascimento con la prospettiva (e non solo) rispetto a quelle, piene di eccessi decorativi e artificiali, dello stile precedente.
LA RIVOLUZIONARIA “SANTA MARGHERITA”
DI ANNIBALE CARRACCI
NASCOSTA IN UNA CHIESETTA ROMANA
Quella di cui parlerò ora in verità è davvero poco nota… ma che sia stata molto significativa nel senso suindicato ce lo dice non un critico o uno storico ma un pittore mitico… ed addirittura contemporaneo dell’autore.
L’opera di Annibale Carracci non si trova in un famoso museo ma in una chiesetta dove fu collocata nel 1599, Santa Caterina dei Funari, che fu ricostruita nel ‘500 in un piccolo rione romano e che spesso ora è pure chiusa.
Non appena il dipinto fu esposto accorsero molti romani, artisti e non, per vederla in quanto appariva come una vera grande novità rispetto all’ormai tramontante manierismo romano.
Alle forme stentoree, rigide ma coperte da broccati e stoffe dai colori sgargianti qui si opponeva un corpo… vero, vitale e reale… che sembrava essere in connessione diretta con lo spettatore.
Santa Margherita, pur con il diadema, la palma del martirio, il libro in mano e col piede sinistro che schiaccia il demonio raffigurato nella forma di un drago e dunque con tutti i crismi dell’iconografia classica, appare tuttavia come una giovane donna del cinquecento che se ne sta morbidamente appoggiata ad un antico e sbreccato piedistallo nello splendido paesaggio agreste romano che appare essere molto di più di una semplice cornice della scena.
Tutto quel che vediamo in Santa Margherita e nell’ambiente intorno a lei non appare astratto ma ci riporta al mondo reale di quell’epoca.
Dunque l’eucaristico motto inciso sull’antico piedistallo “Sursum corda” ovvero “In alto i cuori” non sembra solo diretto alla cura delle anime ma anche a tirar su i nostri cuori reali e palpitanti.
Come ho accennato su questa “rivoluzione” fu intuita subito dai contemporanei come ci riferisce qualche decennio dopo Giovan Pietro Bellori:
– Collocato il quadro sull’altare per la novità vi concorsero li pittori, e tra li vari discorsi loro, Michel Angelo da Caravaggio dopo essersi fermato lungamente a riguardarlo, si rivolse, e disse: “mi rallegro che al mio tempo veggo pure un pittore” – .
Dunque il grande Caravaggio, che da poco era arrivato a Roma e lì non aveva ancora dipinto alcuna opera pubblica, era rimasto entusiasta del dipinto ed in fondo, conoscendo il realismo dei suoi personaggi ed i suoi chiaroscuri, egli non poteva non rilevare ed apprezzare la sorprendente novità.
Narrava un allievo del Carracci che, ancora molti anni dopo, Caravaggio, parlando di questa opera “ci moriva sopra”.
Ecco quindi come nell’arte spesso nascono opere che sono rivelatrici un’avvenuta evoluzione stilistica e di contenuti e talvolta ciò accade in modo assolutamente evidente e documentato come in questo caso.
Tony Kospan
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Fin dalla sua creazione il dipinto colpì molto coloro che l'osservavano e il Malvasia, nel suo libro “Felsina Pittrice” del 1678, attribuendolo al Carracci lo descriveva così:
«Monsignor Agucchi che in zimarra tenendo una lettera con ambe le mani guarda a noi spettatori»
In effetti l'Agucchi, che appare vestito con una comoda vestaglia mentre legge una lettera seduto al suo scrittoio, alza lo sguardo dalla lettera e fissa attentamente qualcuno entrato nella stanza all'improvviso.
Annibale Carracci (Bologna, 3.11.1560 – Roma, 15.7.1609) – Autoritratto
Questo sguardo attento ed intenso in verità appare rivolto allo spettatore cioè a noi ed è quel che maggiormente colpisce.
Il dipinto è considerato una delle pietre miliari della ritrattistica barocca.
Infatti il personaggio ritratto entra in diretta relazione con lo spettatore al quale quasi sembra stia per parlare, a dirla con le parole dello storico dell'arte Tomaso Montanari, secondo i canoni di quella corrente.
Il quadro, che sembra “vivo“, è altresi definito una delle più brillanti opere ritrattistiche del '600.
CHI E' L'AGUCCHI
Il personaggio rappresentato non è affatto un tipo qualunque.
Infatti Giovanni Battista Agucchi (Bologna 1570 – San Salvatore 1.1.1632) è stato un diplomatico della Santa Sede, arcivescovo, scrittore ed esperto d'arte.
Si interessò di studi astronomici ed ebbe rapporti con Galileo.
Scrisse un “Trattato della pittura” ed una celebre descrizione della “Venere dormiente con amorini” proprio del Carracci.
Fu anche amico sia del Carracci che del suo allievo Domenichino.
BREVE STORIA DELL'ATTRIBUZIONE DEL DIPINTO
Esempio di ritratto del Domenichino
Il dipinto inizialmente attribuito al Carracci in seguito per alcuni secoli è stato invece sempre attribuito al Domenichino ma nel 1994 una studiosa, Silvia Ginzburg, esaminando stilisticamente la tela e ripartendo dalle parole del Malvasia, giunge alla conclusione che il ritratto dell'Agucchi è frutto del pennello di Annibale.
Questa è la tesi prevalente in quanto i dipinti del Domenichino appaiono privi di quel “contatto con lo spettatore” di cui ho parlato su, e mostrano invece una, seppur elegante, separazione.
A ciò si aggiunge la considerazione della grande amicizia tra Annibale Carracci e l'Agucchi.
In verità la duplice attribuzione forse è stata generata dalla presenza di una copia d'epoca per cui le documentazioni archivistiche sul dipinto possono essere state da ciò deviate.
Tony Kospan
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Annibale Carracci – Autoritratto sul cavalletto
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si afferma poi nel Settecento, soprattutto in Italia,
per esplodere infine nell’Ottocento nell’ambito delle correnti del tempo
come la naturalista, la romantica ed infine quella impressionista.

Annibale Carracci – Paesaggio con fiume
Dato il notevole arco di tempo in cui si svolge l’affermazione
della pittura del paesaggio e volendo evidenziarne,
con analisi ed esempi, l’evoluzione di stile e di contenuti
il post viene suddiviso in 2 parti.
Claude Lorrain – 1682
L’EVOLUZIONE DEL PAESAGGIO NELLA PITTURA
I PARTE
.
.
.
In questo percorso seguiremo le linee indicate
in una interessante mostra tenutasi a Verona qualche anno fa.
Tiziano – Sacro e profano (Esempio di paesaggio prima del ‘600)
– Il Seicento, il vero e il falso della natura;
– Il Settecento, l’età della veduta;
– Romanticismi e Realismi;
– L’Impressionismo ed il paesaggio;
– Monet e la natura nuova.
1° – Il Seicento, il vero e il falso della natura
Claude Lorrain – Porto al tramonto *
E’ proprio in questo secolo che inizia l’interesse degli artisti verso il tema del paesaggio che precedentemente era sullo sfondo quasi come un contorno… talvolta certo anche bellissimo… di dipinti che avevano però temi… oggetti e soggetti diversi .
Significative di questo nuovo modo d’intender il paesaggio sono le opere di Annibale Carracci, Claude Lorrain, Salvator Rosa, Domenichino ed altri che ritraggono la natura del paesaggio con un misto di fedeltà e fantasia.

Annibale Carracci – Fuga in Egitto

Annibale Carracci – La pesca

Nicolas Poussin – Paesaggio con le ceneri di Focione – 1648

Domenico Zampieri detto il Domenichino – Barche e fiume

Salvator Rosa – Baia con rovine






2° – Il Settecento, l’età della veduta
Canaletto – Ponte di Rialto
E’ il secolo in cui il paesaggio è ritratto con assoluta fedeltà ed amore e principi di questo stile vedutistico sono soprattutto artisti veneziani come i mitici Canaletto, Bellotto e Guardi ma anche altri come Gaspar van Wittel.
_-_Bacino_di_San_Marco,_Venice_-_Google_Art_Project.jpg/640px-Canaletto_(Giovanni_Antonio_Canal)_-_Bacino_di_San_Marco,_Venice_-_Google_Art_Project.jpg)
Canaletto – Bacino di S. Marco

Canaletto – Canal Grande

Canaletto – Ponte di Rialto con gondole

Canaletto – Il ritorno del Bucintoro al molo nel giorno dell’Ascensione

Bellotto – Veduta di Verona e dell’Adige dal Ponte Nuovo

Bellotto – Castello di Hof in Austria
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Fin dalla sua creazione il dipinto colpì molto coloro che l'osservavano e il Malvasia, nel suo libro “Felsina Pittrice” del 1678, attribuendolo al Carracci lo descriveva così:
«Monsignor Agucchi che in zimarra tenendo una lettera con ambe le mani guarda a noi spettatori»
In effetti l'Agucchi, che appare vestito con una comoda vestaglia mentre legge una lettera seduto al suo scrittoio, alza lo sguardo dalla lettera e fissa attentamente qualcuno entrato nella stanza all'improvviso.
Annibale Carracci (Bologna, 3.11.1560 – Roma, 15.7.1609) – Autoritratto
Questo sguardo attento ed intenso in verità appare rivolto allo spettatore cioè a noi ed è quel che maggiormente colpisce.
Il dipinto è considerato una delle pietre miliari della ritrattistica barocca.
Infatti il personaggio ritratto entra in diretta relazione con lo spettatore al quale quasi sembra stia per parlare, a dirla con le parole dello storico dell'arte Tomaso Montanari, secondo i canoni di quella corrente.
Il quadro, che sembra “vivo“, è altresi definito una delle più brillanti opere ritrattistiche del '600.
CHI E' L'AGUCCHI
Il personaggio rappresentato non è affatto un tipo qualunque.
Infatti Giovanni Battista Agucchi (Bologna 1570 – San Salvatore 1.1.1632) è stato un diplomatico della Santa Sede, arcivescovo, scrittore ed esperto d'arte.
Si interessò di studi astronomici ed ebbe rapporti con Galileo.
Scrisse un “Trattato della pittura” ed una celebre descrizione della “Venere dormiente con amorini” proprio del Carracci.
Fu anche amico sia del Carracci che del suo allievo Domenichino.
BREVE STORIA DELL'ATTRIBUZIONE DEL DIPINTO
Esempio di ritratto del Domenichino
Il dipinto inizialmente attribuito al Carracci in seguito per alcuni secoli è stato invece sempre attribuito al Domenichino ma nel 1994 una studiosa, Silvia Ginzburg, esaminando stilisticamente la tela e ripartendo dalle parole del Malvasia, giunge alla conclusione che il ritratto dell'Agucchi è frutto del pennello di Annibale.
Questa è la tesi prevalente in quanto i dipinti del Domenichino appaiono privi di quel “contatto con lo spettatore” di cui ho parlato su, e mostrano invece una, seppur elegante, separazione.
A ciò si aggiunge la considerazione della grande amicizia tra Annibale Carracci e l'Agucchi.
In verità la duplice attribuzione forse è stata generata dalla presenza di una copia d'epoca per cui le documentazioni archivistiche sul dipinto possono essere state da ciò deviate.
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