Sembra proprio che gli psicologi americani più in voga, i super esperti delle felicità altrui, i massmediologi dal consiglio facile, e perfino i divulgatori di filosofie orientali, (tutti pagati profumatamente) hanno scoperto, nientepopodimeno, che i classici latini li hanno preceduti… alla grande!
INCREDIBILE!!!
E’ STATO RISCOPERTO SENECA
ED IL SUO “DE VITA BEATA”
a cura di Tony Kospan
Anche Lui però ai suoi tempi fu attaccato duramente dai critici e dunque leggeremo prima le sue difese e poi… il primo capitolo del suo “DE VITA BEATA”… che appare emblematico dei motivi di questa (ri)scoperta… americana… e che consiglio vivamente di leggere perché a mio parere ci può donare diversi spunti di riflessione.
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DE VITA BEATA – IL LIBRO E LE CRITICHE DELL’EPOCA
Seneca era stato accusato… dai critici dell’epoca… di predicare bene e razzolare male… e questo libro, che ha la forma di un dialogo apologetico, lo scrisse proprio per difendersi dalle accuse di incoerenza che gli erano state rivolte.
Aliter loqueris, aliter vivis”, lo apostrofa l’interlocutore immaginato nel dialogo: “dici una cosa, ne fai un’altra”.
Seneca non nega le sue colpe, ma controbatte che nei suoi scritti parla in generale della virtù, non della propria vita personale.
Lui si definisce infatti un semplice aspirante alla saggezza (adsectator sapientiae): “non sum sapiens […] nec ero“, cioè “non sono un saggio, né lo sarò”; .
Non ritiene quindi di appartenere alla categoria dei “sapientes“, gli unici che hanno raggiunto la virtù.
Afferma inoltre che la ricerca ed il conseguimento della virtù è uno dei mezzi per giungere alla felicità.
La virtù è dunque soprattutto un valore da ricercare ed esercitare.
Corduba 21 maggio da 1 a 4 a.C. – Roma aprile 65 d.C.
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DE VITA BEATA
Seneca
I CAPITOLO
1 – Tutti, o fratello Gallione, vogliono vivere felici, ma quando poi si tratta di riconoscere cos’è che rende felice la vita, ecco che ti vanno a tentoni; a tal punto è così poco facile nella vita raggiungere la felicità, che uno, quanto più affannosamente la cerca, tanto più se ne allontana, per poco che esca di strada; che se poi si va in senso opposto, allora più si corre veloci e più aumenta la distanza.
Perciò dobbiamo prima chiederci che cosa desideriamo; poi considerare per quale strada possiamo pervenirvi nel tempo più breve, e renderci conto, durante il cammino, sempre che sia quello giusto, di quanto ogni giorno ne abbiamo compiuto e di quanto ci stiamo sempre più avvicinando a ciò verso cui il nostro naturale istinto ci spinge.
Finché vaghiamo a caso, senza seguire una guida ma solo lo strepito e il clamore discorde di chi ci chiama da tutte le parti, la nostra vita si consumerà in un continuo andirivieni e sarà breve anche se noi ci daremo giorno e notte da fare con le migliori intenzioni.
Si stabilisca dunque dove vogliamo arrivare e per quale strada, non senza una guida cui sia noto il cammino che abbiamo intrapreso, perché qui non si tratta delle solite circostanze cui si va incontro in tutti gli altri viaggi; in quelli, per non sbagliare, basta seguire la strada o chiedere alla gente del luogo, qui, invece, sono proprio le strade più frequentate e più conosciute a trarre maggiormente in inganno.
Da nulla, quindi, bisogna guardarsi meglio che dal seguire, come fanno le pecore, il gregge che ci cammina davanti, dirigendoci non dove si deve andare, ma dove tutti vanno.
E niente ci tira addosso i mali peggiori come l’andar dietro alle chiacchiere della gente, convinti che le cose accettate per generale consenso siano le migliori e che, dal momento che gli esempi che abbiamo sono molti, sia meglio vivere non secondo ragione, ma per imitazione.
Di qui tutta questa caterva di uomini che crollano gli unì sugli altri.
Quello che accade in una gran folla di persone, quando la gente si schiaccia a vicenda (nessuno cade, infatti, senza trascinare con sé qualche altro, e i primi provocano la caduta di quelli che stan dietro), capita nella vita: nessuno sbaglia solo per sé, ma è la causa e l’origine degli errori degli altri; infatti è uno sbaglio attaccarsi a quelli che ci precedono, e poiché ognuno preferisce credere, piuttosto che giudicare, mai si esprime un giudizio sulla vita, ma ci si limita a credere: così l’errore, passato di mano in mano, ci travolge e ci fa precipitare.
Gli esempi altrui sono quelli che ci rovinano; noi invece staremo bene appena ci staccheremo dalla folla.
Ora, in verità, il popolo, contro la ragione, si fa difensore del proprio male.
E succede come nei comizi quando, mutato che sia il volubile favore popolare, a meravigliarsi dell’elezione dei pretori sono proprio quelli che li hanno eletti: approviamo e nello stesso tempo disapproviamo le medesime cose; è questo il risultato di ogni giudizio che si dà secondo quel che dicono i più.
Ho letto questo articolo e m’è piaciuto in quanto fotografa,
a mio parere, il nostro modo convulso di vivere
e ci dà qualche dritta per riassaporare
la bellezza del fare e del gustare le cose con calma.
Infatti corriamo, corriamo, tutto il giorno
per poi però domandarci a fine giornata
“Ma in fondo cosa ho fatto di importante?
Ho vissuto una giornata davvero piena?”
Ma ora leggiamolo.
“Quanta fretta, ma dove corri, dove vai…”
Edoardo Bennato, Il Gatto e la Volpe
L’ELOGIO DELLA… LENTEZZA
Giovanni Annunziata
Il tempo sembra davvero non bastare mai.
Per quanti sforzi facciamo, siamo sempre in ritardo con quella scadenza, con quel progetto, con quel lavoro…
Siamo perennemente in ritardo con i nostri appuntamenti, eppure corriamo, corriamo sempre più veloci, da una parte all’altra.
Corriamo in auto, e già col clacson se qualcuno davanti a noi procede lentamente: abbiamo fretta noi!!
Corriamo a piedi, che fastidio le persone che si attardano a chiacchierare o ad osservare le vetrine, noi siamo in ritardo, abbiamo un impegno urgente mica abbiamo tempo da perdere!
Mangiamo velocemente, magari, per far prima, andiamo in un fast food, dobbiamo lavorare, non abbiamo tempo di sederci a tavola con calma!
Eppure, per quanti sforzi facciamo, sembra sempre che il tempo corra più forte di noi.
Lo stress nelle nostre giornate ha ormai raggiunto livelli di guardia.
Non è un caso se sempre più persone ricorrono (purtroppo) a farmaci per riuscire a prendere sonno o per riuscire a rilassarsi un po’.
Qualche giorno fa ero alle terme ed ho notato, osservando le persone, quanto sia difficile per molti riuscire a fermarsi qualche ora senza sentirsi in colpa.
Alcuni sembravano letteralmente dei leoni in gabbia. Si alzavano dai lettini spesso, andando avanti e indietro, in preda al panico perché il cellulare non prendeva.
E’ triste. Abbiamo davvero perso il controllo. Siamo diventati totalmente schiavi dei nostri impegni.
Siamo entrati in un vortice pericoloso dal quale facciamo fatica a venir fuori.
E la cosa più importante è che non ne siamo ancora del tutto consapevoli.
Scambiamo per senso del dovere quella frenesia che ci attanaglia.
Ignoriamo ormai quasi del tutto il significato dell’ozio.
Non riusciamo a stare senza far nulla. Non riusciamo a stare in silenzio. Ad ascoltare un po’ noi stessi, il nostro corpo, non ci fermiamo ad ammirare la natura; troppo spesso non ci fermiamo ad ascoltare e comprendere, veramente, le persone che incontriamo, o le situazioni che affrontiamo.
Iniziamo a riflettere un po’ su noi stessi. Iniziamo riscoprire quegli aspetti importanti che da troppo tempo trascuriamo.
Abituiamoci ad assaporare a pieno ogni momento della giornata, si tratti di una pizza, un dolce, un tramonto, della voce della persona amata o del sorriso di un bambino. Prendiamoci tutto il tempo necessario. Ne vale davvero la pena. La vita è troppo breve per essere vissuta di fretta.
“Non è necessario fermare il mondo e cercare di scendere: rallentare e riappropriarci del nostro tempo è possibile partendo da gesti anche piccolissimi del quotidiano.
Riprendiamoci la nostra vita. Non lasciamoci travolgere dalla società dei consumi, del profitto, del tutto e subito. Sta a noi scegliere. Possiamo e dobbiamo farlo. Con piccoli gesti quotidiani. C’è un modo migliore di vivere!!!
Ed ora la canzone simbolo dell’elogio della lentezza…
Pochi giorni fa a Lisbona, alla fine di una conferenza su “sesso e amore”, mi si è avvicinata una signora italiana che, con aria di rimprovero, mi ha detto: “Ma perché lei cerca sempre gli aspetti vitali e non guarda la miseria del mondo?”. io le ho risposto con durezza:
“E’ perché vedo la miseria del mondo che cerco le fonti della vita, della forza e della speranza”.
Noi restiamo sani perché il sistema immunitario, non appena un germe arriva nel nostro corpo, lo distrugge.
Ma quando ci colpisce un grande dolore, quando veniamo accusati ingiustamente, quando veniamo traditi, quando ci ripieghiamo vinti, quando perdiamo la speranza, il nostro sistema immunitario si indebolisce e ci ammaliamo.
Perfino per sopravvivere dobbiamo essere positivi, ottimisti, capaci di resistere alle più terribili avversità ..
E se i dolori, le frustrazioni, i cedimenti del morale sono tanto dannosi sul piano fisico, lo sono ancora di più sul piano professionale, umano, delle relazioni sociali.
Quale studente si mette a studiare se non ha la speranza di laurearsi? Chi incomincia una impresa se è convinto di non riuscire? Chi ha il coraggio di innamorarsi se è sicuro che nessuno potrà riamarlo?
La vita è nella sua essenza incertezza, rischio, pericolo, ciascuno di noi potrebbe morire oggi stesso.
Ma per fortuna non ci facciamo paralizzare da queste paure.
Amiamo, ridiamo, viaggiamo, lavoriamo, facciamo progetti, come se fossimo eterni e ci battiamo anche quando sappiamo che il compito è difficile ..
E’ la nostra fede, il nostro amore della vita che ci fa vivere!!!!
Questo non vuoi dire ignorare il pericolo, non vuoi dire non essere vigilanti.
Ma anche per vedere il pericolo, anche per essere vigilanti occorre aver fiducia nei propri occhi e nella propria capacità di reagire prontamente.
Ed è la stessa fiducia, lo stesso slancio vitale che ci consente di agire nella vita sociale, di lavorare, di costruire.
Noi non facciamo nulla da soli, abbiamo sempre bisogno degli altri. ma per avere il loro aiuto, la loro collaborazione dobbiamo dimostrarci all’altezza, non aver paura, essere generosi, saper valorizzare le loro qualità migliori, trasmettere energia ed ottimismo.
Sì, è meglio sbagliare tentando una grande impresa che restare inerti.
E’ meglio soffrire per amore che non aver mai amato.
E’ meglio accettare di morire piuttosto che non essere nati.
Francesco Alberoni
Inutile dire che condivido in pieno questa riflessione.
Non è che piangendo sulle miserie umane che esse, per miracolo, scompaiono… ma anzi… è solo agendo in modo attivo e positivo che si può contribuire a risolverle.
Dai tanti principi religiosi e filosofici esistenti
nelle religioni e nelle filosofie di tutto il mondo
(che possiamo legger ora qui giù)
sembra emerger con chiarezza questa enunciazione.
“NON FARE AGLI ALTRI CIO’ CHE NON VORRESTI FOSSE FATTO A TE”
Con queste, o con altre parole, essa
si ritrova infatti nelle scritture di molte religioni
e nel pensiero di grandissimi uomini di cultura
di tutte le epoche.
Ecco allora un elenco, tratto dal web,
che propongo alla vostra lettura
e mi farebbe piacere conoscere il Vs pensiero.
“Ama il prossimo tuo come te stesso”, della Bibbia ebraica (Levitico 19.18) è il principio che diverrà fondamentale nella predicazione di Gesù;
Nei Vangeli è scritto infatti… “Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro”
Ma ora ecco come si presenta questo fondamentale principio, definito REGOLA D’ORO… nelle religioni e nelle varie culture del mondo.
«Ecco la somma della vera onestà: tratta gli altri come vorresti essere trattato tu stesso. Non fare al tuo vicino ciò che non vorresti che egli poi rifacesse a te». (Induismo, Mahabarata).
«Non ci si dovrebbe comportare con gli altri in un modo che sarebbe sgradevole a noi stessi; questa è l’essenza della morale».
(Induismo, Mahabharata 13, 148.8).
«Non fare a nessuno ciò che non piace a te».
(Bibbia ebraica, Tobia, 4,15).
«Ama il prossimo tuo come te stesso».
(Legge ebraica in Levitico, 19,18; cfr anche 19,34).
«La Via non è lontana dall’uomo. Se l’uomo segue una via lontana dalla natura umana, questa non può dirsi la Via. (…) Chi ha il senso della lealtà e della reciprocità non è lontano dal giungere alla Via: ciò che non vuole sia fatto a sé non fa agli altri». (Confucio, Chung-Yung, L’invariabile mezzo, n.13).
«Dominare se stessi quanto è necessario per onorare gli altri come se stessi e comportarsi con loro come vogliamo che gli altri si comportino con noi: ecco quel che si può chiamare dottrina della virtù dell’umanità. Non c’è nulla di più elevato».
(Confucio, cit. in Tolstoj, op. cit., p.167).
«Ching-Kung interrogò sulla carità. Confucio rispose: “(…) Nel comandare al popolo comportati come se offrissi il grande sacrificio; ciò che non vuoi sia fatto a te non fare agli altri”».
(Confucio, Lun-yü, I Dialoghi, 12,2).
«Tzu-kung domandò: “Vi è una parola su cui si possa basare la condotta di tutta la vita?”. “Essa è shu, reciprocità – rispose Confucio. – Ciò che non vuoi sia fatto a te non fare agli altri”».
(Confucio, Lun-yü, I Dialoghi, 15,23).
«Il principe non tratta gli inferiori nel modo che gli dispiace nei superiori». (Commento di Tseng-Tzu al Grande studio di Confucio, n. 10).
«Sicuramente questo è il massimo della bontà: non fare agli altri ciò che non vorresti che essi facessero a te». (Confucianesimo, Analetti 15,23).
«L’uomo buono deve compatire le cattive tendenze degli altri; rallegrarsi della loro eccellenza; aiutarli se sono in distretta; considerare i loro successi come i suoi propri e così i loro insuccessi».
(Taoismo, Thai-Shang, 3).
«L’uomo dovrebbe comportarsi con indifferenza nei confronti di tutte le realtà mondane e trattare tutte le creature del mondo come egli stesso vorrebbe essere trattato». (Giainismo, Sutrakritanga I.11.33).
«Uno stato che non è gradevole o piacevole per me, non deve esserlo neppure per lui; e uno stato che non è gradevole o piacevole per me, come posso io pretenderlo per un altro?».
(Buddhismo, Samyutta Nikaya 5, 353.35-354.2).
«Tutti tremano al castigo, tutti temono la morte, tutti hanno cara la vita: mettendoti al posto degli altri, non uccidere, né fa uccidere».
(Buddha, Dhammapada, I versi della legge, 10, 129-130).
«Non ferire gli altri in modi dai quali anche tu ti sentiresti ferito». (Buddhismo, Udana-Varga 5,18).
«Buona è soltanto quella natura che non fa agli altri ciò che non è buono per lei». (Zoroastrismo, Dadistan-i-Dinik 94,5).
«Tratta l’inferiore come vorresti essere trattato dal tuo superiore».
(Seneca, Lettere a Lucillo, lettera 47, sul trattamento umano degli schiavi).
«Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro. Questa è la legge e i profeti».
(Gesù di Nazareth, Vangelo secondo Matteo 7,12; 22, 39 e Vangelo secondo Luca 6,31).
«Il bene maggiore è operare secondo la legge della propria ragione. Ma questa legge ti comanda incessantemente di fare il bene degli altri, come il massimo bene per te stesso». (Marco Aurelio, cit. in Tolstoj, Pensieri per ogni giorno, op. cit, p. 79).
«La legge trova la sua pienezza in una sola parola: amerai il tuo prossimo come te stesso». (Lettere di Paolo ai Galati 5,14 e ai Romani 13,9).
«Quanto vuoi che non sia fatto a te, anche tu non fare ad altri». (Didachè, insegnamento cristiano della fine del primo secolo, 1,3).
«Una volta un pagano (…) disse: “Convertimi, a condizione di imparare tutta la Torah nel tempo in cui si può stare ritti su di un solo piede”. (…). Hillel lo convertì dicendogli: “Ciò che a te non piace non farlo al tuo prossimo! Questa è tutta la Torah, il resto è commento; và e studia”».
(Ebraismo, Shabbat 31a, cit. in R. Pacifici, Midrashim, Marietti, Genova 1986, p.177-8).
«Nessuno di voi è un credente fino a quando non desidera per il suo fratello quello che desidera per se stesso».
(Islam, dagli hadith (detti) del Profeta Muhammad)
«Mettersi al posto degli altri».
(Voltaire, Lettere inglesi, n.42).
«Agisci in modo che la regola della tua volontà possa valere in ogni tempo come principio di una legislazione universale». Oppure: «Agisci in modo da trattare l’umanità, nella tua come nell’altrui persona, sempre come fine, mai come semplice mezzo». (Immanuel Kant)
«Benedetto chi a sé preferisce il fratello». (Tavole di Bahà’u’llàh, iniziatore della fede baha’i).
«Anche Lei attribuisce al laico virtuoso la persuasione che l’altro sia in noi. Ma non si tratta di una vaga propensione sentimentale, bensì di una condizione fondante». (Umberto Eco, in dialogo con Carlo Maria Martini, Liberal, febbraio 1996).
«Tutti gli uomini dotati di ragione e di coscienza devono assumere responsabilità, in spirito di solidarietà, nei confronti di ciascuno e di tutti: cioè famiglie, comunità, razze, nazioni e religioni. Ciò che tu non vuoi che ti venga fatto non farlo a nessun altro». (Dichiarazione Universale dei Doveri dell’Uomo, art. 4)
«La Regola d’Oro può quindi enunciarsi cosi’:
“Agisci verso gli altri in modo che gli altri possano agire nello stesso modo verso chiunque”.
Ciò implica in primo luogo e anzitutto l’imperativo categorico seguente:
“Non agire verso gli altri in modo tale che se gli altri agissero nello stesso modo la vita sarebbe impossibile”.
E questo esige anzitutto da ciascuno che egli rinunci a esercitare la violenza verso altri.
Così, solo la nonviolenza può fondare l’universalità della legge morale alla quale devono conformarsi gli esseri ragionevoli».
(Jean-Marie Muller, Il principio nonviolenza. Una filosofia della pace)
Testo con modifiche ed elenco principi… dal web – impaginaz. T.K.
delle strane ed incredibili coincidenze di nomi… date… luoghi
o di altro genere…
Il termine che descrive queste coincidenze significative è
Sincronicità.
La sincronicità è un termine introdotto da Carl Jung nel 1950 per descrivere una connessione fra eventi, psichici o oggettivi, che avvengono in modo sincrono, cioè nello stesso tempo, e tra i quali non vi è una relazione di causa-effetto ma una evidente comunanza di significato.
La sincronicità è relativa quindi alle “coincidenze significative” che affascinarono Jung fin da giovane.
Il testo che segue mi appare dunque ampio ed interessante sia per l’ampia documentazione che per le tesi esposte su questo misterioso ma davvero affascinante tema.
Leggetelo… scoprirete storie assolutamente sorprendenti e vere… ed alcune anche di grandi e notissimi personaggi storici come quelle note di Lincoln e Kennedy.
Orso Tony
LE VITE PARALLELE
Giuseppe Cosco
Sono state rilevate analogie incredibili tra vicende umane totalmente estranee tra loro.
Dalla storia delle due donne di nome Edna, come da quella dei due presidenti Lincoln e Kennedy, si ricava la certezza che vi sono coincidenze troppo precise per essere casuali.
Forse ciascuno di noi ha un “sosia”, un altro che vive la nostra stessa vita come la fotocopia di un disegno già tracciato nel grande libro del destino.
Lo studioso J. Goodavage è riuscito a raccogliere, in molti anni di lavoro, numerose vicende degne di essere analizzate a fondo.
Egli ha infatti, in diversi casi, riscontrato un notevole parallelismo tre le vite di persone, anche molto lontane tra loro, o comunque che ignoravano ognuna l’esistenza dell’altra.
Le coincidenze prese in esame sono a volte davvero sorprendenti, non rientrano nel normale ordine delle cose. Goodavage, nel suo libro “Astrology: The Space Age Science“, racconta, ad esempio, di numerosi aspetti in comune tra la vita e la morte di due individui: Donald Chapman e Donald Brazill, entrambi nati il 5 settembre del 1933, il primo, nella cittadina di Eureka e, il secondo, a Ferndale in California.
Una domenica mattina del 10 settembre 1956, esattamente cinque giorni dopo il compleanno di Chapman e di Brazill, i due giovani guidavano la propria auto sulla statale 101 a sud di Eureka e ritornavano alle proprie abitazioni. Avevano riaccompagnato le proprie fidanzate, ciascuna delle quali risiedeva nella città dell’altra, quando, improvvisamente, si scontrarono frontalmente con le proprie auto morendo sul colpo. I certificati di morte indicano che tutti e due morirono per le gravi ferite riportate alla testa.
Un caso altrettanto evidente di parallelismo, narrato sempre da Goodavage, riguarda due donne nate nello stesso giorno e aventi lo stesso nome ma senza alcun rapporto di parentela: Edna Hanna e Edna Osborne.
Nel 1939, nell’ospedale di Hackensack nel New Jersey, tutte e due partorirono, nello stesso istante, due bambine, a cui diedero lo stesso nome: Patricia Edna. Goodavage, interrogate le due donne, scoprì dell’altro.
I loro mariti svolgevano lo stesso lavoro ed erano proprietari di un’automobile della stessa marca e di identico colore. Entrambe le coppie si erano sposate esattamente tre anni e mezzo prima, nello stesso giorno. I due uomini erano nati nello stesso anno, mese e giorno; identica circostanza per le loro mogli. Le due donne avevano i capelli castani e gli occhi azzurri, la stessa altezza e lo stesso peso. Entrambe le coppie avevano comprato nello stesso giorno un cane a cui avevano dato il nome di Spot.
Esistono molti altri casi ancora in cui le vite di alcuni individui presentano somiglianze impressionanti. L’ 8 novembre del 1981 “Il Giornale d’Italia” riportò un fatto incredibile relativo alla morte contemporanea di due fratelli. Ada e Guido P. cessarono di vivere alla stessa ora, in circostanze analoghe e per cause identiche.
I fratelli morirono l’uno distante dall’altro circa 300 chilometri.
Il professore Guido P. docente alla “Normale” di Pisa con la sua “127” nei pressi di Pisa, causa un probabile malore, perde il controllo dell’auto e va a schiantarsi contro un albero.
Soccorso, muore prima di arrivare in ospedale, sono le tredici.
Alla stessa ora, a Milano, sua sorella Ida, pure insegnante, mentre guida la sua auto veniva colta da un malore e andava a sbattere violentemente contro un albero, morendo.
Non meno sconcertante è il caso narrato dal professor T. Bouchard dell’Università del Minnesota sul “Corriere del Medico” del 12 giugno del 1980.
I gemelli Jim Springer e Jim Lewis erano stati adottati da due famiglie dell’Ohio e nessuno dei due sapeva dell’esistenza dell’altro.
Entrambi si laurearono in legge e iniziarono a lavorare part-time come aiuto sceriffo. Tutti e due scelgono la Florida per trascorrere le ferie.
Acquistano un cane che chiamano Toy. Le loro mogli si chiamano, entrambe, Linda.
Divorziati, sposano due ragazze di nome Betty.
I figli si chiamano James Allan. Fumano le stesse sigarette e si intendono tutti e due di falegnameria.
ABRAMO LINCOLN E JOHN KENNEDY
(Questo è il caso davvero più incredibile anche perché è pure il più noto)
Misteri analoghi a quelli finora raccontati costellarono persino la vita e la morte dei presidenti americani Abraham Lincoln (1809-1865) e John Fitzgerald Kennedy (1917-1963).
Si racconta inoltre che Lincoln appaia sempre alla vigilia della morte di un altro presidente e pare, infatti, che sia apparso anche a John Kennedy il giorno prima di partire per Dallas, sua ultima fatale visita.
Tantissime e straordinarie furono le coincidenze, che costellarono la vita e la morte di questi due presidenti.
Troppe, per essere sbrigativamente attribuite al caso.
Innanzitutto, Lincoln venne eletto presidente nel 1860. Kennedy, esattamente 100 anni dopo, nel 1960.
Lincoln fu ucciso di venerdì, alla presenza della moglie.
Anche Kennedy venne assassinato mentre era al fianco di sua moglie, e di venerdì.
Ad entrambi i presidenti spararono, e tutti e due furono colpiti da dietro e alla nuca.
Subito dopo l’attentato, ricevettero i primi soccorsi dalla propria moglie.
Lincoln e Kennedy morirono senza riprendere conoscenza.
Oltre ai particolari della morte in comune, ne esistono altri.
La moglie del presidente Lincoln perse un figlio, mentre risiedeva alla Casa Bianca.
La stessa cosa accadde alla moglie di Kennedy.
Sia Lincoln che Kennedy avevano avuto 4 figli e, al momento della loro uccisione, solo 2 di questi erano vivi.
Il vice di Lincoln si chiamava Johnson ed era nato nel 1808.
Il vice di Kennedy si chiamava, pure, Johnson ed era nato nel 1908, a distanza di 100 anni esatti dall’altro.
L’assassino di Lincoln si chiamava John Wilkes Bootk ed era nato nel 1839.
L’assassino di Kennedy, Lee Harvey Oswald, era nato nel 1939, 100 anni dopo l’altro.
E’, pure, perlomeno curioso osservare che la somma delle lettere che compongono nome e cognome dell’assassino di Lincoln dà 15 come totale e così è anche per l’assassino di Kennedy.
Ma le coincidenze straordinarie non finiscono qui.
John Wilkes Booth e Lee Harvey Oswald erano entrambi sudisti.
Tutti e due i presidenti avevano condotto aspre battaglie per i diritti civili dei neri:
Lincoln con il Proclama di Emancipazione e Kennedy con la legge sui Diritti Civili.
Al momento dell’attentato Lincoln e Kennedy si trovavano assieme, oltre alle proprie mogli, ad una coppia di amici.
Per quanto riguarda le coppie di amici, le donne rimasero illese, gli uomini furono feriti dagli attentatori (il maggiore Rathbone nel 1865 e il governatore Connally nel 1973).
Il segretario di Lincoln si chiamava Kennedy e cercò di dissuadere il presidente dall’andare a teatro quella sera.
La segretaria di Kennedy si chiamava Lincoln e, anche lei, tentò di convincere il presidente a non andare a Dallas.
Un altro fatto abbastanza singolare è che il marito della donna si chiamava Abraham, come Lincoln.
Quando avvenne l’attentato, Kennedy stava attraversando le vie di Dallas su un’auto – guarda caso – di marca Lincoln, prodotta dal gruppo Ford.
Booth assassinò Lincoln in un teatro e si rifugiò in un magazzino.
Oswald sparò a Kennedy da un magazzino e si rifugiò in un teatro.
Booth spirò 11 giorni dopo Abramo Lincoln, entrambi alle 7,20 del mattino.
Oswald morì 48 ore dopo Kennedy, pure, alla stessa ora, le 13.
A Lincoln successe Andrew Johnson e a Kennedy Lindon Johnson.
Durante il loro ultimo anno di presidenza, sia Andrew sia Lindon Johnson furono travolti da uno scandalo politico, che impedì loro di candidarsi per un nuovo mandato.
L’articolo prosegue con altre tesi, a parere mio e di altri, meno convincenti sui numeri e le loro combinazioni nella storia.
Infatti esse appaiono solo casuali in quanto ricercate e ritrovate a posteriori.
Per questo mi fermo qua.
Direi però che ce n’è abbastanza per farci riflettere su queste incredibili coincidenze e lascio ovviamente libero ciascuno di valutarle come crede.
La parola “solitudine” nasce dalla parola latina “solus”.
In questo caso è evidente che gli antichi romani non utilizzarono il termine greco “monos”.
Tuttavia le 2 parole avevano lo stesso significato di “intero”, “completo”.
Solo in un secondo momento la parola ha cambiato il suo significato in esser “staccati o lontani dagli altri” e generalmente con un’accezione negativa.
Henri De Braekeleer
Mentre “monos” ha dato origine a molte parole antiche e moderne come monaco, monogamia, monocratico, monoteismo, monotematico… etc. “solus” ha dato origine a parole come solitario, solipsismo e poche altre.
Dunque per gli antichi greci e latini stare da soli voleva dire esser capaci di vivere appieno, vivere una propria interezza e dunque esseri completi.
Oggi invece la solitudine viene vista come privazione di qualcosa, soprattutto di contatti umani significativi, e per questo molti si disperano se sono costretti a viverla.
Carl Vilhelm Holsøe
Questa diversa concezione dello star soli con noi stessi indica una fragilità della nostra società?
Senza arrivare a situazioni di tipo eremitico tuttavia ritengo che questa parola non debba essere demonizzata.
Diceva genialmente Leopardi:
“La solitudine è come una lente di ingrandimento. Se sei solo e stai bene stai benissimo se sei solo e non stai bene stai malissimo.”
William Vincent Cahill
Personalmente da orso debbo dire di sentirmi un po’ come gli antichi e dunque di non disprezzare affatto lo star da soli ma anzi di sentirmi davvero bene con lei pur senza raggiungere però uno stato antisociale, anzi.
Aggiungo infine che la solitudine oggi può comunque essere vissuta bene rimanendo in contatto virtuale con gli altri, del passato o del presente, grazie ai libri e/o alle nuove tecnologie.
ho aggiornato alcuni oggetti (come le cassette musicali)
ormai scomparsi ma i concetti espressi
restano, a mio parere, comunque validi.
7 MOSSE INFALLIBILI PER REGALARSI
UNA BELLA GIORNATA…
Vittoria Inverni
1°
La regola che dovete avere ben chiara in mente
è che nessuno è felice o infelice in eterno,
a meno che non lo voglia.
L’infelice cronico ha bisogno dell’aiuto di uno psicologo, è chiaro, l’infelice temporaneo, ovvero colui che è appena incappato in una disavventura, dovrebbe rammentare che un momento di sconforto, anche un bel pianto liberatorio, sono perfettamente normali e possono essere costruttivi se durano poco e sono seguiti da nuovi progetti, da nuovi interessi.
2°
Felicità o serenità
non dovrebbero mai essere legati al successo di questa o quella iniziativa,
alla conquista di quel bel tipo o di quella fascinosa figliola.
Felicità o serenità, dovrebbero essere uno stato d’animo personale, una costante fissa perché si sta bene con se stessi, perché ci si vuole bene, perché ci si apprezza.
E rammentate che se non vi volete bene in prima persona, neppure gli altri ve ne vorranno.
3°
Un buon risveglio ha inizio da un dolce addormentarsi.
La sera, prima di addormentarvi e anche se vi sembra di affogare in un mare di guai e di preoccupazioni, nel dormiveglia ripetetevi con calma, magari seguendo un ritmo musicale pacato che “ogni cosa andrà subito di bene in meglio, tutto va di bene in meglio”.
Ripetetevi la frase usando le stesse parole e… lasciatevi prendere dal sonno.
Al mattino, nel dormiveglia, ripetete la frase cercando di essere convinti di quello che dite.
4°
Se appena svegli vi sentite afferrare dall’angoscia
pensando a tutto ciò che vi aspetta,
evitate di lasciarvi andare al panico e alla depressione
pensando che tanto tutto è inutile, che non ce la farete.
Cedendo a questi pensieri, vi regalerete un giorno no. Voi, per essere costruttivi, dovrete dirvi che sì, vi aspetta un giorno faticoso, ma che vi organizzerete e che farete del vostro meglio, il vostro massimo e che, dopotutto, è possibile che qualche compito possa essere rimandato, o più piacevole del previsto, o che il giorno potrebbe regalarvi un momento particolare, qualcosa di stimolante, che vi suona la carica.
5°
Per esorcizzare i momenti NO, per farvi coraggio
se dovete affrontare un momento difficile come un esame,
tenete sempre con voi un talismano personale.
Però per carità, niente di confezionato da “esperti” a caro prezzo.
Basta qualcosa che indossavate in un momento piacevole o quando avete ottenuto un grosso risultato più o meno insperato.
Può essere un oggetto, un capo di abbigliamento, un colore, un sassolino, una conchiglia, un’immagine sacra se siete credenti… insomma, sceglietelo e portate con voi il “vostro” portafortuna.
6°
Non dimenticate i benefici effetti della musica.
Se avete una canzone che vi piace così com’è, portatela con voi e ascoltatela tutte le volte che ne avvertite la necessità.
Se preferite, potete crearvi sul telefonino una raccolta di tutte le musiche che vi rilassano e che vi rasserenano.
Personalmente ho creato varie raccolte di video musicali, ovvero una collezione di quelle che mi calmano, un’altra di quelle che mi danno la carica, ed ancora un’altra di quelle che mi aiutano a sopportare lunghe ore di scrivania o computer, Mozart è l’ingrediente fisso di quest’ultima.
7°
Rammentate i benefici effetti della respirazione.
Durante l’inspirazione, che deve essere pacata e non troppo prolungata, pensate di immettere energia, forza, chiarezza.
Durante l’espirazione, che deve essere lenta e prolungata (immaginate di spegnere lentamente una lunga serie di candele) pensate di soffiare fuori e lontano da voi l’irritazione, il malumore, l’ansia, la fatica, anche la paura.
Un’interessantissima, a mio parere, breve riflessione
sul senso dell’appartenenza alla comune famiglia umana
e sul modo migliore di farne parte.
INDIVIDUAZIONE ED INDIVIDUALISMO
Individuazione non significa individualismo.
Cooperare attivamente con ciò che oggi, in maniera errata e astratta, si definisce società, cooperare con il vicinato, con la comunità e con le organizzazioni di cui facciamo parte, impegnarsi per la salvezza dei propri simili, tutto ciò appartiene all’individuazione.
Ogni singola anima è parte dell’anima collettiva.
I nostri strati più profondi sono collegati all’inconscio collettivo, all’anima collettiva che congiunge tutti gli uomini e tutti i gruppi.
E’ perciò difficile immaginare l’individuazione egoistica, intesa come passatempo privato.
Adolf Guggenbuhl-Craig
TESTO DAL BLOG DI GABRIELE LA PORTA –
La condivido in toto ma mi domando:
“Quanti di noi si rifanno poi in concreto a questi concetti nella vita quotidiana?”
e tramite internet si è diffusa in tutto il mondo.
Molto del suo fascino è però dovuto all’idea
che sia un testo molto antico… ma…
LA DESIDERATA DI BALTIMORA
LA VERA STORIA ED IL TESTO SUBLIME
Questo bellissimo testo viene quasi sempre presentato come
“Manoscritto del 1692 trovato a Baltimora
nell’antica chiesa di San Paolo“
In realtà invece è questa la vera storia del manoscritto!
LA VERA STORIA
Nel 1959 il reverendo Frederick Kates rettore della chiesa di St. Paul, a Baltimore, Maryland, incluse questo pensiero in una raccolta di materiale devozionale.
In cima alla raccolta, c’era l’annotazione “Old St. Paul’s Church, Baltimore, A.C. 1692”, che è l’anno di fondazione della chiesa… da qui l’equivoco.
In realtà, l’autore di questi versi, Max Ehrmann, era un poeta di Terre Haute, Indiana, vissuto dal 1872 al 1945, e scrisse Desiderata intorno al 1927.
Tuttavia ciò che dice… resta senza tempo… ed in essa si percepisce chiaramente un profumo di verità eterna ed è per questo che il testo ha avuto successo in tutto il mondo.
Per questo che lo propongo (o ripropongo) alla mia e vostra attenzione.
Se vogliamo, mentre leggiamo il famosissimo testo,
possiamo ascoltare questa musica new age.
(MUSICA NEW AGE)
IL TESTO
Passa tranquillamente tra il rumore e la fretta,
e ricorda quanta pace può esserci nel silenzio.
Finché è possibile senza doverti abbassare,
sii in buoni rapporti con tutte le persone.
Dì la verità con calma e chiarezza; e ascolta gli altri, anche i noiosi e gli
ignoranti, anche loro hanno una storia da raccontare.
Evita le persone volgari e aggressive; esse opprimono lo spirito.
Se ti paragoni agli altri, corri il rischio di far crescere in te orgoglio e acredine,
perché sempre ci saranno persone più in basso o più in alto di te.
Gioisci dei tuoi risultati così come dei tuoi progetti.
Conserva l’interesse per il tuo lavoro, per quanto umile;
è ciò che realmente possiedi per cambiare le sorti del tempo.
Sii prudente nei tuoi affari, perché il mondo è pieno di tranelli.
Ma ciò non acciechi la tua capacità di dinstinguere la virtù;
molte persone lottano per grandi ideali, e dovunque la vita è piena di eroismo.
Gioisci dei tuoi risultati così come dei tuoi progetti.
Sii te stesso.
Soprattutto non fingere negli affetti, e neppure sii cinico riguardo all’amore;
poiché a dispetto di tutte le aridità e disillusioni esso è perenne come l’erba.
Accetta benevolmente gli ammaestramenti che derivano dall’età,
lasciando con un sorriso sereno le cose della giovinezza.
Coltiva la forza dello spirito per difenderti contro l’improvvisa sfortuna,
ma non tormentarti con l’immaginazione.
Molte paure nascono dalla stanchezza e dalla solitudine. Al di là di una
disciplina morale, sii tranquillo con te stesso.
Tu sei un figlio dell’universo, non meno degli alberi e delle stelle;
Tu hai il diritto di essere qui.
E che ti sia chiaro o no,
non vi è dubbio che l’universo ti stia schiudendo come si dovrebbe.
Perciò sii in pace con Dio, comunque tu lo concepisca,
e qualunque siano le tue lotte e le tue aspirazioni,
conserva la pace con la tua anima pur nella rumorosa confusione della vita.
Con tutti i suoi inganni, i lavori ingrati e i sogni infranti,
è ancora un mondo stupendo.