Archivio per la categoria ‘ARTE’
Come accennavamo nel primo post dedicato al
la corrente si estende in tutte le discipline artistiche.
Iniziamo da quella principale… la pittura,
che ebbe anch’essa un suo manifesto,
anzi, più manifesti.
Carrà – Il cavaliere rosso
LA PITTURA FUTURISTA
MANIFESTO E CARATTERISTICHE
Il primo, dell’11 febbraio 1910, fu redatto da Umberto Boccioni, Carlo Carrà, Luigi Russolo, Gino Severini e Giacomo Balla che poi furono tra i più grandi pittori futuristi.
Ecco sulla pittura, certo la regina delle arti futuriste, quanto a numero ed importanza di opere, qual è il programma che i manifesti annunciano:
un assoluto rifiuto del tradizionale modo di dipingere per giungere ad un ampio rinnovamento sia mediante nuove tecniche (come ad esempio il collage molto usato ad es. dal Boccioni), che con l’esaltazione del movimento, delle macchine e della modernità in genere.
Balla – Trasformazione forma spirito
Leggiamo però proprio su questo aspetto un significativo passo del manifesto del 1911:
“Tutto si muove, tutto corre, tutto volge rapido. Una figura non è mai stabile davanti a noi, ma appare e scompare incessantemente. Per la persistenza delle immagini nella retina, le cose in movimento si moltiplicano, si deformano, susseguendosi, come vibrazioni, nello spazio che percorrono.
Così un cavallo da corsa non ha quattro gambe: ne ha venti, e i loro movimenti sono triangolari.”
Il tutto, per la “filosofia” della corrente, deve avvenire nell’ambito di una ricerca che anticipi il futuro.
In verità la nascente pittura futurista risente molto di quella della corrente cubista, anch’essa nata anch’essa Parigi (Mont Martre) solo 2 anni prima (1907).
Luigi Russolo – La rivolta – 1911
Ma mentre Il cubismo scompone un oggetto e poi lo ricompone in una nuova forma o prospetto il futurismo interseca diverse cose tra loro.
Inoltre mentre il tempo nel cubismo è statico nel futurismo è accelerato… veloce.
Per chi pattina sul ghiaccio sottile, la sicurezza è nella velocità.
Ralph Waldo Emerson
Ed è proprio la velocità… simbolo della modernità… il principale carattere che gli artisti vogliono dare alle loro opere.
Come?
Boccioni – La città che sale – (New York – Museum of Modern Art)
“Nei quadri futuristi, la velocità si traduceva in linee di forza rette che davano l’idea della scia che lasciava un oggetto che correva a grande velocità.
Mentre in altri quadri, soprattutto di Balla, la sensazione dinamica era ricercata come moltiplicazione di immagini messe in sequenza tra loro.
Così che le innumerevoli gambe che compaiono su un suo quadro non appartengono a più persone, ma sempre alla stessa bambina vista nell’atto di correre («Bambina che corre sul balcone»).”
Balla – Bambina che corre sul balcone
LA STORIA DELLA PITTURA FUTURISTA
(ed in buona sostanza di tutta la corrente)
La prima mostra si tenne nel 1912 sempre a Parigi… all’epoca capitale mondiale di tutte le avanguardie.
L’attività del gruppo dei pittori futuristi aveva però la sede a Milano.
La mostra evidenziò la necessità di uniformare le diverse tecniche e tematiche dei vari artisti… che decisero di accogliere in parte la tecnica di scomposizione del cubismo per poter meglio rendere il movimento dei corpi e degli oggetti.
Non più, dunque, precisione di prospettiva e di proporzioni del soggetto dipinto ma l’esigenza di giungere a dare, mediante sequenze di parti ripetute e l’accavallamento o la separazione degli spazi, la percezione del movimento.
La pittura futurista così come fu influenzata da altre avanguardie ebbe a sua volta molta influenza sulle altre correnti artistiche contemporanee…
All’estero ebbe molti seguaci soprattutto in Russia.
Natalija Gončarova – Il ciclista
IL SECONDO FUTURISMO
A seguito della morte di Boccioni nel 1916 ed il distacco da parte di Carrà e Severini attratti dal cubismo il gruppo, insieme a nuovi artisti, si trasferì a Roma accanto a Marinetti fondatore del Futurismo.
Nasceva così nel 1918 il secondo futurismo che ebbe 2 fasi… la prima legata al postcubismo ed al costruttivismo e la seconda al surrealismo.
La novità artistica più importante di questa fase è senz’altro l’Aeropittura.

Tullio Crali
Il gruppo all’arrivo del fascismo si divise tra fautori ed oppositori ma la maggior parte aderì (ricevendone favori) anche se poi i gerarchi trattarono sempre il futurismo con sufficienza.
Pian piano il Futurismo declinò… ma pur senza assurgere ai vertici artistici iniziali ha vissuto alterne vicende ed in realtà non è mai davvero scomparso.
Per gli autori che ancor oggi si ispirano al futurismo si parla di Terzo Futurismo.

Enzo Benedetto – Ciclista – 1926
I PIU’ NOTI DIPINTI FUTURISTI
Osserviamo ora alcune tra le opere più importanti dei più famosi pittori della corrente.
GINO SEVERINI
Ballerina blu
Geroglifico dinamico del Bal Tabarin – 1912 – Metropolitan Museum (New York)
Il treno blindato – 1915 – collezione Zeisler, New York
GIACOMO BALLA
Rondini in volo – 1913 – New York – Museum of Modern Art
Dinamismo di unc ane al guinzaglio – 1912 – Albright-Knox Art Gallery (Buffalo)
CARLO CARRA’
Funerali dell’anarchico Galli (1911)
Lo spirito del cavaliere occidentale
UMBERTO BOCCIONI
Pessimismo e ottimismo – 1923
Visioni simultanee

La risata – 1911

I rumori della strada invadono la casa – 1911
FINE II PARTE
Copyright Tony Kospan per il Mondo di Orsosognante
Il post proseguirà affrontando l’esame delle altre espressioni artistiche futuriste.
Chi desiderasse conoscere la I PARTE del post
relativa alla nascita della corrente
ed al manifesto fondante del Futurismo
può cliccare qui giù.
IL MONDO DELL’ARTE E DEGLI ARTISTI
NEL GRUPPO DI FB
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Gino Severini – La ballerina
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Rubens – Autoritratto (partic.)
Breve ricordo del grandissimo Pittore fiammingo del ‘600
soprattutto con un accenno alla sua duplice personalità,
religiosissima in privato ed erotica nell’arte,
e poi ad uno dei temi da lui amati, i Satiri.
Infine una poesia della poetessa Premio Nobel, Wislawa Szymborska,
dedicata alle mitiche e formose donne dei suoi dipinti.
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Rubens – Il giardino dell’amore
RUBENS
I SATIRI… E LA PITTURA SENSUALE
a cura di Tony Kospan
Sir Pieter Paul Rubens
(Siegen 28 giugno 1577 – Anversa 30 maggio 1640)
Rubens è certamente tra i massimi pittori fiamminghi del XVII secolo.
La sua pittura è definita di genere barocco francese e nord europeo.
Desidero però parlare qui soprattutto di un bel contrasto, alquanto eclatante, che si manifestò soprattutto nelle opere della sua maturità.

Rubens – Borea rapisce Orizia
Mi riferisco al contrasto tra
– il personaggio morigerato, compassato, ossequioso verso la religione (andava a messa tutti i giorni) studioso delle opere classiche e dalla vita matrimoniale assolutamente felice e senza intoppi
e
– l’artista che è stato capace di creare opere di una sensualità unica in cui il fuoco dell’erotismo e la tempesta dei sensi sono in modo evidente assolutamente sovrani.

Rubens – Il ratto delle figlie di Leucippo
Molte delle sue opere hanno fatto parlare perfino di Sindrome di Rubens per la loro, presunta per alcuni e certa per altri, capacità di scatenare impulsi erotici in chi le osserva.

Rubens – Venere allo specchio
Ricordiamo che i temi classici e mitologici erano per gli artisti il migliore e però forse anche l’unico modo per superare i limiti espressivi imposti dalle severe leggi censorie del tempo e dar così libero sfogo al loro estro.
In particolare Rubens scelse per far questo soprattutto il tema dei Satiri e Sileni.
Il Satiro è il compagno di Pan e Dioniso abitante dei boschi ed impersonifica la fertilità e la forza vitale della natura mentre i Sileni sono anche loro divinità dei boschi, presenti nella mitologia greca, ma caratterizzate dal carattere selvaggio e lascivo.

Rubens – Ninfe e Satiri 1635
Tuttavia la sensualità delle sue opere non emana solo da dipinti con immagini esplicite ma spesso in modo chiaro e forte anche in quelle in cui non appaiono per quel che esse lasciano invece immaginare.
Si pensi infatti ad esempio a quest’opera che ha molti ammiratori e che fa molto parlar di sé.
Rubens – Il satiro e la fanciulla – Collez. Principe del Liechtenstein
In questo dipinto, anche se non appare nulla di sensuale in modo esplicito, tuttavia appare evidente che per l’ingenua giovinetta il destino pare ormai tracciato, e certo nessun padre gradirebbe un genero di tal fatta.
Infatti se esaminiamo con attenzione notiamo:
– lo sguardo sì simpatico ma davvero inequivocabile del satiro
– il sorriso mefistofelico da brividi
– il suo corpo nudo benché accostato al cesto “caravaggesco” che pur cerca di attutire un po’ la forza di queste impressioni
– la scena poi parla… da sola…
Ci sono poi diverse altre sue opere in cui il tema dei Satiri è affrontato in modo quasi prepotente come ad esempio la seguente.

Rubens – Due Satiri
In realtà le rotondissime forme dei suoi personaggi non riguardavano solo le donne… come ad esempio il dipinto qui giù.

Gesù e Giovanni Battista bambini con 2 angeli
Prima di esporre una mia conclusione mi fa piacere riportare una bella poesia della poetessa Premio Nobel Wislawa Szymborska dedicata proprio alle sue donne…
LE DONNE DI RUBENS
Ercolesse, fauna femminile,
nude come il fragore di botti.
Fanno il nido in letti calpestati,
nel sonno la bocca si apre al chicchirichì.
Le pupille rovesciate all’indietro
Penetrano dentro le ghiandole
da cui i lieviti stillano nel sangue.
Figlie del barocco, l’impasto si gonfia,
vaporano i bagni, s’arrossano i vini,
nel cielo galoppano porcelli di nuvole,
le trombe nitriscono l’allarme carnale.
O cucurbitose, o esorbitanti,
e raddoppiate dal cader dei veli
e triplicate dalla violenza della posa,
grasse pietanze d’amore!
Le loro magre sorelle si alzarono presto,
prima che nel quadro facesse giorno.
E nessuno le vide incamminarsi in fila
dal lato non dipinto della tela.
Esiliate dello stile. Costole contate,
mani e piedi d’uccello.
Provano a volare sulle scapole sporgenti.
Il Duecento gli avrebbe dato un fondo d’oro.
Il Novecento – uno schermo d’argento.
Ma il Seicento non ha nulla per chi è piatto.
Giacché perfino il cielo è convesso
convessi gli angeli e convesso il dio ―
Febo baffuto che su un destriero
sudato irrompe nell’alcova ribollente.
Rubens – Le tre Grazie – 1635
Concludo con un accenno ad un altro aspetto della pittura di Rubens la modernità…
A mio parere non tanto per la tecnica ma per gli atteggiamenti, i movimenti, la plasticità dei corpi, la naturalezza e la forza delle espressioni davvero sorprendenti dei soggetti dipinti, Rubens anticipa movimenti artistici che si affermarono solo nei secoli successivi.

Rubens – Venus frigida
F I N E
Categoria “Arte” del blog IL MONDO DI ORSOSOGNANTE
Copyright Tony Kospan
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Autoritratto al Circolo con gli amici
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Storia ed
Storia ed analisi della
Il levriero
Questa che ora conosceremo
è una mini scultura che possiamo definire… poetica.
E’ opera di Benvenuto Cellini, nata senza commissione alcuna,
ma solo per pura fantasia e con l’unico intento di saggiare,
sia i materiali da utilizzare che il miglior sistema di fusione,
al fine di creare poi la mitica grande scultura del Perseo
di Piazza della Signoria a Firenze.
Perseo
Praticamente era solo una prova…
ed è raro che nelle prove si riesca a creare dei capolavori.
Ma invece il Cellini ci riesce.
Egli si sente, ed è, del tutto libero di creare senza alcun vincolo
se non la propria fantasia, il proprio piacere e la propria arte.
Chi ce lo dice?
Il Cellini stesso nel suo brogliaccio in cui annotava,
come su un diario, le sue cose:
“Lo illustrissimo signor duca Cosimo de’ Medici di Firenze
dé dare a dì 25 agosto scudi 10, sono per fattura e bronzo
di un cane di basso rilievo, di grandezza di mezzo braccio in circa.
Lo quale cane si fece per una pruova per conoscere le terre
per potere gittare il Perseo ed ebbelo Sua Eccellenza.”
La piccola scultura, “Levriero”
è custodita presso il Museo Nazionale del Bargello
a Firenze (cm.19×27,8) ed è del 1545 circa.
Il tipo di scultura, è un genere molto diffuso nel rinascimento.
Si tratta di placchette di metalli di vario tipo,
spesso anche preziosi,
e di varie forme, ma sempre piccole,
che si aggiungevano come ornamenti agli abiti dei nobili.
Esempio di placchetta
ANALISI DELLA PICCOLA OPERA
Vediamo un cane, un levriero,in particolare un Saluki (o Levriero persiano),
molto ricercato dai Signori dell’epoca per la sua bellezza,
velocità e resistenza
di origine antichissima ed originario del Medio Oriente.
Levrieri
Cellini ce lo rende… vero, vivo e sembra quasi che respiri.
Occupa interamente ed imperiosamente lo spazio all’interno della cornice
con la quale appare in perfetta sintonia e con cui sembra dialogare.
E’ nota la cura maniacale dei particolari che il Cellini,
valente orafo
oltre che grande scultore, metteva nelle sue opere
ed essa ci appare evidente anche in questo suo piccolo gioiello.
Perseo – Particolare
Tony Kospan
Fonti: Tomaso Montanari e diversi siti
IL TUO GRUPPO D’ARTE
analisi della
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Diamo uno sguardo nelle pieghe della storia dell’arte.
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Ripercorriamo la storia dell’amicizia
tra 2 dei più grandi pittori di sempre, Van Gogh e Gauguin,
ed esaminiamo le ultime ipotesi su questo giallo della storia dell’arte.

Gauguin e Van Gogh
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IL GIALLO DELL’ORECCHIO TAGLIATO DI VAN GOGH
a cura di Tony Kospan
I 2 AMICI PITTORI AD ARLES
Che cosa furono le nove settimane (novembre – dicembre 1888)
in cui Van Gogh e Gauguin vissero fianco a fianco ad Arles?

Van Gogh (Zundert 30.3.1853 – Auvers-sur-Oise 29.7.1890)
Un disastro!
Eppure un trionfo, la follia a braccetto del genio, la gioia di creare e la nevrosi di fallire.
Si conclusero con il primo che rincorreva il secondo con un rasoio,
con il secondo che saggiamente se ne andava a dormire in albergo,
con l’orecchio di Van Gogh tagliato dalla sua stessa mano e offerto come dono a una prostituta locale.
Questa è la nota e classica interpretazione di questo drammatico episodio.

Gauguin (Parigi 7.6.1848 – Hiva Oa 8.5.1903)
Di lì poi il ricovero in clinica, un mesto saluto, un non più rivedersi.
Vincent morirà due anni dopo, nel 1890, dopo essersi sparato un colpo di pistola al petto,
in quella Provenza che lo aveva così tanto segnato.
Paul gli sopravviverà per un decennio e poco più, e morirà in un’isola delle Marchesi
dove la sua fuga dalla civiltà lo aveva portato.
Trentasette anni aveva l’uno, cinquantacinque l’altro.
La Casa gialla – Van Gogh
Questo loro sodalizio d’amicizia e arte ci viene raccontato ne “La Casa Gialla”
da Martin Gaylord in una biografia parallela tra i 2 grandi artisti.
Questo però è solo l’antefatto storico-artistico.
che ci porta a conoscere una nuova ipotesi sulla mutilazione all’orecchio di Van Gogh.
LA NUOVA IPOTESI SULL’ORECCHIO TAGLIATO DI VAN GOGH

Vincent Van Gogh – Autoritratto con l’orecchio tagliato – (1889)
Un accordo segreto, ma anche la prova tangibile di un’amicizia
al tempo stesso profonda e complicata tra due giganti dell’arte.
Il saggio di Hans Kaufmann e Rita Wildegans
(L’orecchio di Van Gogh, Paul Gauguin e il patto del silenzio)
ora propone un’interpretazione inedita di un fatto notissimo.
Non sarebbe stato Van Gogh a tagliarsi l’orecchio nella notte tra il 23 e il 24 dicembre 1888,
ad Arles, ma sarebbe invece stato Gauguin a ferire l’amico al termine di un litigio,
forse non per motivi artistici, ma piuttosto per colpa di «una certa Rachele».

Il saggio conferma anche il legame tra Vincent e Paul e quella tensione,
mista a gelosia, che accomunava i due.
Una tensione che il critico Flavio Caroli definisce
«ben avvertibile già a partire dall’inverno del 1886, che sembrava nascere
dalla gelosia di Van Gogh per l’amico più ‘forte’
e che vedeva come terzo incomodo il giovane Émile Bernard».
Secondo Caroli l’interpretazione di Kaufmann e Wildegans «è possibile»,
anche perché di quell’evento non ci sono documenti certi:
«Se non quelli ufficiali del sindaco di Arles,
la petizione dei cittadini che non volevano quel pittore così scomodo
e il resoconto della polizia di un Van Gogh che si presenta in un bordello
con il suo orecchio avvolto nella carta di giornale».
I due ricercatori tedeschi sostengono che
«l’automutilazione di Van Gogh non è mai stata provata»
e che, di fatto, «l’unica testimonianza accertata è quella di Gauguin ».

Paul Gauguin – Ritratto di Van Gogh mentre dipinge i girasoli
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Infatti Gauguin ce ne parla ampiamente nel libro Avant et après del 1903 e,
forse non per caso, dopo l’incidente sarebbe precipitosamente ritornato a Parigi per poi fuggire a Tahiti.
Gauguin avrebbe mozzato il lobo dell’orecchio di Van Gogh con una sciabola,
che poi avrebbe gettato nel Rodano, al termine di un litigio «su una prostituta »,
Rachele appunto (e non su problemi d’arte) mentre l’amico
avrebbe taciuto per proteggerlo (più tardi i due si sarebbero anche scritti).
La mattina del 24 la polizia avrebbe poi trovato un uomo con il volto insanguinato
e l’avrebbe fatto ricoverare in ospedale.
Scrivono Kaufmann e Wildegans:
«La versione tradizionale, quella finora accreditata,
è basata solo su affermazioni senza prove e sul racconto di Gauguin pieno di contraddizioni e di punti oscuri.
Non esiste un’inchiesta ufficiale e nemmeno un testimone indipendente. Van Gogh, per parte sua, non ha mai confermato niente».
Questa tesi dunque smentirebbe un’automutilazione
che avrebbe anticipato il suicidio di Van Gogh 2 anni dopo.
Per vedere tutti i girasoli di Van Gogh e conoscere le loro storie
Van Gogh – I girasoli
.
ALCUNE CONSIDERAZIONI
Dunque, nessuna nuova prova.
Eppure questa lettura può essere convincente.
Dice Marco Goldin «Sono stupito, ma può essere una lettura come un’altra.
Certo, il fatto che quel litigio non fosse legato all’arte, ma a una donna, era abbastanza noto».
Vittorio Sgarbi conferma:
«Quella dell’automutilazione è una leggenda, per cui anche quest’altra ipotesi può essere valida».
In ogni caso proprio in quella Casa gialla, che fungeva da casa e da studio per i 2 amici,
furono creati quei capolavori che ammiriamo e che troviamo nei musei di tutto il mondo.
Nonostante la loro difficile amicizia i 2 in quelle intense settimane
cambiarono la Storia dell’Arte con le loro intuizioni e sperimentazioni.
Camera da letto dell’artista – Van Gogh
L’AMICIZIA TRA I 2 GRANDI ARTISTI CANTATA DA VECCHIONI.
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La loro vera e forte amicizia ha fatto nascere questa stupenda mitica poetica canzone scritta da Don McLean e cantata in Italia da Vecchioni col titolo VINCENT.
Consiglio di ascoltarla ammirando nel contempo diversi dipinti dei 2 grandissimi artisti.


TONY KOSPAN







– Post copiatissimo!!!!
– Fonti: immagini e testi da vari siti web
– Impaginazione, libere rielaborazioni e coordinamento.. di Tony Kospan
– Per chi copia tutto il post… è vietato tralasciare il nome del blog e l’autore del post.
IL GRUPPO DI CHI AMA
VIVER L’ARTE… INSIEME
.
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Van Gogh – Giardino ad Auvers – 1890
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Anche i grandi artisti hanno spesso espresso il loro pensiero
sull’arte e non solo.
Per questo mi fa piacere iniziare una serie di post
in cui assocerò un loro pensiero
ad una loro opera d’arte.
Tony Kospan
I SELEZIONE
La luce è una cosa che non può essere riprodotta
ma deve essere rappresentata attraverso un’altra cosa,
attraverso il colore.
Sono stato contento di me,
quando ho scoperto questo.
Paul Cézanne
Cezanne – Il ragazzo dal gilet rosso
Una mattina, siccome uno di noi era senza il nero,
si servì del blu:
era nato l’impressionismo.
Pierre-Auguste Renoir
Renoir – Bal au Moulin de la Galette
Beati coloro che vedono le cose belle in luoghi umili
dove invece le altre persone non vedono nulla
Camille Pissarro
Camille Pissarro – Contadine
Il colore è la mia ossessione giornaliera,
gioia e tormento.
Claude Monet
Monet – La passeggiata
L’unico momento in cui mi sento vivo
è quando dipingo.
Vincent van Gogh
Van Gogh – Caffè all’aperto di notte
Io non credo in un’arte che non nasca da una forza,
spinta dal desiderio di un essere di aprire il suo cuore.
Ogni forma d’arte, di letteratura, di musica,
deve nascere nel sangue del nostro cuore.
L’arte è il sangue del nostro cuore.
Edward Munch
Munch – Donne sul ponte
Il colore è un mezzo per esercitare sull’anima
un’influenza diretta.
Il colore è un tasto,
l’occhio il martelletto che colpisce,
l’anima lo strumento dalle mille corde
V. Kandinsky
Kandinsky
Sono le cose più semplici a darmi delle idee.
Un piatto in cui un contadino mangia la sua minestra,
l’amo molto più dei piatti ridicolmente preziosi dei ricchi.
J. Mirò
Mirò – Il Carnevale di Arlecchino
Nelle nostre vite c’è un solo colore
che dona senso all’arte e alla vita stessa.
Il colore dell’amore.
Marc Chagall
Chagall – Volare
L’arte scuote dall’anima
la polvere accumulata nella vita di tutti i giorni.
Picasso
Picasso – Amanti
FINE I PARTE
PER CHI AMA L’ARTE… IL GRUPPO DI FB
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Questa scala è una gemma d’arte nascosta a San Francisco
ma è nota nel web come…
San Francisco’s Secret Mosaic Staircase
Da lì sopra si possono anche ammirare
alcune fantastiche vedute della città.
Ma è essa stessa bellissima da vedere e da… salire (o scendere)
essendo i suoi 163 scalini tutti ricoperti da splendidi mosaici.
Per la sua coloratissima vivacità è anche definita:
Scala del buonumore.
L’opera si ispira ai famosi passi di Rio de Janeiro.
E’ stata realizzata
dal ceramista Aileen Barr e dal mosaicista Colette Crutcher
con l’ausilio di 300 volontari in 2 anni e mezzo.
L’opera è terminata nel 2005.
Ciao da Tony Kospan




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Simone Martini – Annunciazione (partic.)
Nella storia dell’arte occidentale classica le stoffe a quadretti nei dipinti di Santi, Madonne e di tutti gli altri soggetti ritratti non sono quasi mai presenti.
Le vesti sono in genere sempre di un unico colore.
Ebbene, Isabella Ducrot, pittrice, scrittrice, e studiosa dei tessuti, ha affrontato proprio questo tema.
Lei racconta che l’idea le venne quando rimase sorpresissima nel vedere l’Annunciazione di Simone Martini (vedi su).
Infatti lei notò un dettaglio imprevedibile in quella tavola del 1333.
L’angelo che sta portando la notizia alla Madonna ha il suo mantello, ancora svolazzante, a quadretti.
La studiosa quindi sì poese la domanda “Come mai nei dipinti non appaiono mai stoffe a quadri?”
Isabella Ducrot
Tuttavia ci sono alcune.. poche.. eccezioni.
Eccone alcune.
Nel “Sant’Agostino nello studio” Botticelli dipinge una tovaglia a quadri.
In alcuni interni del Lorenzetti appaiono delle coperte a quadretti.
Tiziano fa indossare la sciarpa a quadri nella sua “Cena in Emmaus” e così pure una stoffa a quadri tiene su i pantaloni del ceffo che sbeffeggia Cristo nella “Incoronazione di spine”.
Nel suo dipinto “Penelope e i proci” il Pinturicchio dipinge una coloratissima stoffa a quadri nella parte superiore dei pantaloni di uno dei Proci.
Come possiamo notare i quadretti appaiono sempre in stoffe che rappresentano persone o oggetti modesti o non importanti.
E’ molto probabile che per il costo delle stoffe i fili usati dai telai per le cose di tutti i giorni fossero di vari colori per cui le stoffe di un unico colore erano destinate alla nobiltà, al clero ed e ai ceti elevati.
Questo aspetto colpì anche lo studioso dei colori Michael Pastoreau, che si interessò però delle stoffe maculate o di colori misti.
Egli sottolineava che queste stoffe erano sempre destinate nei dipinti a buffoni, giocolieri, al diavolo ed alle persone considerate odiose.
Spiegava che le tecniche medievali e rinascimentali per la creazione delle stoffe monocromatiche erano più difficili e quindi per questo più costose.
Nel tempo però, a partire dalla fine del ‘700, cambiò del tutto la moda, soprattutto quella degli uomini col trionfo delle stoffe scozzesi, e contemporaneamente iniziarono a diffondersi dipinti in cui erano presenti stoffe a quadri.
William Mosman
Il dipinto che possiamo ritenere che rappresenti il punto di svolta e definitivo di rivincita della stoffa a quadri è quello di Matisse che dipinge sua figlia (vedi qui giù).
Da quel momento in poi non c’è stata più alcuna sostanziale differenza tra i colori delle stoffe nei dipinti.
Tony Kospan
Per chi desidera approfondire:
Il libro: Isabella Ducrot – La stoffa a quadri
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La nascita di Venere
Sandro Botticelli, ma il suo vero nome era Sandro Filipepi,
è stato uno degli artisti più emblematici del Rinascimento.
Alcune sue opere non è difficile definirle fantastiche,
soprattutto quelle, ancor oggi ammiratissime,
del cd. “Primo Periodo Mediceo“.
La calunnia
BOTTICELLI
ARTISTA GENIALE DEL RINASCIMENTO
LA FAMA.. L’OBLIO E LA RISCOPERTA
a cura di Tony Kospan
Buona parte del fascino delle sue opere
nasce anche dalla constatazione che egli ha inteso,
attraverso l’affascinante bellezza dei suoi dipinti,
anche donarci dei messaggi, culturali e non solo,
grazie ad allegorie più o meno nascoste.
E’ considerato il pittore più vicino
agli ideali neoplatonici molto “sentiti”
negli ambienti intellettuali ed artistici dell’epoca.
Eppure, anche se vi sembrerà incredibile,
le sue opere,
nonostante la loro stupefacente bellezza,
erano quasi completamente sconosciute
fin quasi alla fine dell’ ottocento,
forse (o soprattutto?)
per il giudizio freddino del Vasari.
Poi grazie alla loro riscoperta nell’800
da parte del critico inglese John Ruskin,
e per l’innamoramento dei Preraffaelliti,
il loro successo non è più tramontato
ed ancor oggi i suoi dipinti sono amatissimi nel web.
Firenze 1.3.1445 – Firenze 17.5.1510 (Autoritratto)
BREVE BIOGRAFIA.
.
Fin da piccolo iniziò a frequentare la bottega del Pollaiolo
che gli instillò il senso della pennellata elegante
che sarà una delle sue più belle caratteristiche.
A 25 anni si stacca dal maestro ed inizia la sua carriera
che subito appare di successo dato che riceve incarichi importanti
come quello di realizzare il ritratto di Giuliano de’ Medici.
Giuliano de’ Medici (partic.)
Grazie a questi lavori viene preso a benvolere
dalla grande famiglia fiorentina
che fu, in questo periodo (1478 e segg.),
la grande committente di suoi dipinti
come le mitiche “Primavera” e “Nascita di Venere“.
Nascita di Venere
In entrambe le opere su citate è presente Simonetta Vespucci
la donna più bella del Rinascimento
amata da Giuliano de’ Medici e dipinta più volte dal Botticelli
Simonetta Vespucci
Entrambe vengono chieste al Botticelli per “tirar su” lo spirito
di un rampollo mediceo, Lorenzo di Pierfrancesco, affetto
da disturbi mentali che potremmo definire depressivi ed infatti
entrambe queste opere avranno quale prima sistemazione
Villa del Castello dove questi abitava.
(clicca qui giù se desideri conoscere i segreti della mitica Primavera)
Primavera
Entrambe queste opere rivelano anche lo spirito libero,
curioso, colto ed estroverso
del Botticelli insieme al suo amore per le allegorie.
Botticelli – Madonna dei 6 angeli
Chiamato a Roma, su consiglio di Lorenzo il Magnifico,
è poi incaricato di affrescare 3 episodi biblici
nella Cappella Sistina
“Prove di Mosè”, “Prove di Cristo”
e “La Punizione di Qorah, Dtham e Abiram”.
(clicca qui giù se desideri conoscerne i segreti di Marte e Venere)
Marte e Venere – 1483
Dagli anni ’90 in poi, a seguito della cacciata dei Medici,
cambia il suo stile,
quasi certamente per l’influenza
della severa predicazione del Savonarola
contemporaneamente ad una sua forte crisi spirituale.
Sant’Agostino nello studio
Alla fine del ‘400 dipinge 100 pergamene
sui vari temi della Divina Commedia
commissionategli da Lorenzo di Pierfrancesco de’ Medici
cugino di Lorenzo il Magnifico e suo amico.
Divina Commedia – La voragine infernale
Abbandona allora il tratto elegante e figurativo
per riavvicinarsi con estremo misticismo alla pittura medievale
dipingendo figure più filiformi e chiaroscuri più densi.
Madonna della melagrana
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Tra i più noti dipinti di questo periodo possiamo elencare
“La calunnia”, “Natività mistica”, e “Compianto sul Cristo morto”.
Tondo Raczynski – 1477
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La sua fama però ormai inizia a declinare inesorabilmente
mentre nel cielo dell’arte fiorentina trionfa Leonardo
e si fa largo prepotentemente il genio di Michelangelo.
Muore povero e solo nel 1510, a Firenze, dopo grave malattia.
F I N E
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Un’artista dallo stile unico, raffinato, affascinante ed inconfondibile,
ed una donna dalla vita avventurosa e libera.
Tamara de Lempicka – Autoritratto sulla Bugatti
TAMARA DE LEMPICKA
LA VITA… L’ARTISTA
Tony Kospan
Il vestito rosso
BREVE BIOGRAFIA
Nata in Polonia in una famiglia agiata (ma complicata)
fin da giovanissima mostra un carattere curioso ed intraprendente
con frequenti viaggi per l’Europa e grande interesse per l’arte.
A San Pietroburgo in casa di una zia conobbe
l’avvocato Tadeusz Łempicki che sposò nel 1916.
(Varsavia 16.5.1898 – Cuernavaca 18.3.1980)
Nel corso della rivoluzione russa
grazie al suo impegno ed alle sue conoscenze
riuscì a liberare il marito che era stato arrestato dai bolscevichi.
Vista la situazione russa tutta la famiglia si trasferì
a Parigi dove, nel 1920, nacque sua figlia Kizette.
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Con Dalì
Qui iniziò un corso di pittura vero e proprio
presso l’Académie Ranson.
Ben presto s’innamorò dello stile dell’Art Déco interpretandolo
però in un modo tutto suo e con assoluta originalità.
Nel 1922 ci fu la sua prima mostra e ben presto divenne famosa.
Nel corso dei suoi tanti viaggi fu anche ospite di Gabriele D’Annunzio
ma rifiutò sempre le sue insistenti avances.
Con lo scoppio della II Guerra Mondiale si trasferì negli USA
col 2° marito (il barone Raoul Kuffner de Diószegh).
Tamara de Lempicka – Arlette Boucard
Le opere “americane” tendenti all’astrattismo, a cui si era avvicinata,
però non ebbero lo stesso successo che avevano avuto quelle precedenti
al punto che non volle più mostrarle.
Morì il 18 marzo 1980 in Messico dove si era trasferita da poco
e le sue ceneri furono disperse, secondo il suo desiderio,
sul vulcano Popocatepetl.
Tamara de Lempicka – Ragazza che dorme – 1935
LO STILE
Le sue opere, pur nel solco della corrente dell’Art Déco,
appaiono originalissime ed uniche
per il suo stile pittorico affascinante ed inconfondibile…
Lei percepisce e rielabora nei suoi dipinti
la vita e le mode del suo tempo con fantasia e maestria
ma non senza rigore formale.
Tamara de Lempicka – Ritratto del marchese D’Afflitto – 1925
Numerosi sono poi i ritratti dedicati a personaggi
della sua epoca.
Le sue opere affrontano con chiarezza,
ma senza volgarità,
anche il tema dell’amore tra donne
(si è sempre affermata bisessuale).
I soggetti ritratti da lei si stagliano vivi, vigorosi,
quasi capaci di crear soggezione,
tanto forte e tanto nitida
appare l’immagine, quasi un trompe-l’oeil.
Lei affermava di non voler copiare nessuno
e di voler avere uno stile tutto suo.
Il bacio
Possiamo dire che c’è riuscita in pieno
se le sue opere sono ancor oggi ammirate dappertutto
e vanno per la maggiore anche nel web.
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Nighhawks (Nottambuli)
Parlerò ora di questo grande pittore americano del ‘900
nonché della sua arte “del silenzio” o “dell’incomunicabilità”
e mostrerò le immagini di diversi suoi noti e significativi dipinti.
EDWARD HOPPER
OVVERO
LA POESIA SILENZIOSA NELLA PITTURA
a cura di Tony Kospan
(Nyack 22.7.1882 – New York 15.5.1967)
Edward Hopper è stato un pittore statunitense
divenuto famoso soprattutto per la sua capacità
di ritrarre il senso della solitudine
nella società americana contemporanea.
Il suo mondo artistico è lontano dalle tendenze
astratte o surreali in auge nella prima metà del ‘900.
Il suo stile si forma in modo assolutamente indipendente
ma non senza lo studio dei grandi artisti europei dell’800
ed in particolare degli impressionisti.
Per questa sua lontananza dalle grandi mode artistiche dell’epoca
i suoi dipinti non ebbero, per lungo tempo,
la considerazione che meritavano.
Prima fila
Il vero grande successo gli arrise infatti solo verso i 50 anni
e precisamente dopo il 1933
anno in cui il MoMa di New York gli dedicò una prima retrospettiva.
Chop Suey (1929)
ANALISI DELLA SUA PITTURA
Le opere di Edward Hopper definito “Pittore del silenzio“, con le loro grandi valenze simboliche esplorano ed anticipano le difficili realtà comunicative della moderna società.
La sua è una pittura “semplice” e lontana da ogni virtuosismo o raffinatezza ma trasmette con forza dei messaggi, anche spirituali, grazie all’uso intenso del colore.
Ogni suo dipinto “fissa” un particolare momento emblematico di una situazione ma può anche esser visto da molte diverse angolazioni.
Hopper – Autoritratto
Il tema principale delle sue opere è l’atmosfera di solitudine, soprattutto delle grandi città dei suoi tempi, ma che tuttavia, a ben vedere, è la stessa di oggi nonostante l’esplosione del web e delle nuove tecnologie di comunicazione.
IL SUO MONDO PITTORICO
Nei suoi esordi fu molto vicino alla pittura impressionista soprattutto nel suo soggiorno europeo dei primi anni del secolo scorso ed in quelli successivi.
Poi però, pian piano, la “rarefazione” della sua pennellata, in evidente contrasto con la vivacità dei colori, donando un senso di inquietudine, porta a definire la sua… una pittura metafisica.
La scena dei suoi quadri è sempre silenziosa ed i personaggi dipinti appaiono fermi come se ripresi nell’attimo di un pensiero o di un momento di solitaria riflessione.
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New York Movie 1939
I suoi dipinti rappresentano quello che appariva già evidente nell’America del primo 900 e cioè il senso di vuoto, di alienazione, di grave incomunicabilità soprattutto nelle classi medie delle grandi città americane.
Presento ora altri suoi dipinti per meglio evidenziare quel che dicevo e cioè la sua rappresentazione di un mondo sempre più moderno, sempre più avanzato, sempre più veloce ma che, proprio per questo, gli appare (ed è) moltiplicatore di solitudine ed incomunicabilità.
Quel che è certo è che egli coglieva nel segno.
Oggi i suoi dipinti sono amatissimi e vanno per la maggiore ed anzi dirò di più… molti di essi sono anche diventati mitici ed emblematici del “male di vivere” di montaliana memoria.
Automat
Escursione nella filosofia
Compartment C Car 293
Sole al bar
The long leg – 1935
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Sera blu
Stanza d’albergo
Sera d’estate
Guardare il mare
Tony Kospan
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Autoritratto
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