PICCOLA MA VELOCE RASSEGNA
IN 2 PARTI DEI DIPINTI PIU' BELLI
SUL TEMA DELLA MATERNITA'
LA MAMMA NELL'ARTE
a cura di Tony Kospan
Come si può facilmente immaginare
è davvero immenso il numero di opere
che hanno per tema la maternità
ed è quindi impossibile affrontarlo in modo totale.
Pertanto in questa prima parte vedremo i dipinti,
4 per ciascuno di 4 grandi artisti
che hanno voluto dedicar diverse loro opere
al tema della maternità… mentre nella II Parte
ci sarà un'ampia antologia di opere
che a mio parere sono molto significative.
I PARTE
Iniziamo con la pittrice impressionista statunitense
Mary Cassatt
che ha creato un grandissimo numero di dipinti sul tema.
Mary Cassatt
Quello che stupisce, e che desta grande ammirazione,
è che lei non fu mai… m a d r e . . . nella realtà
ma penso che sia stata una grande madre nel cuore.
Sono certo che riconoscerete per averle già viste
diverse sue opere tra le seguenti…
dato che vanno per la maggiore nel web…
Mary Cassatt
Mary Cassatt
Mary Cassatt
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Passiamo ora ad Auguste Toulmouche,
pittore francese dell'800,
accademico ma davvero elegante
definito anche il pittore della felicità…
Auguste Toulmouche
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Auguste Toulmouche

Auguste Toulmouche
Ed ora ecco i dipinti
di uno dei più grandi impressionisti
Pierre-Auguste Renoir
che ha dedicato numerose opere alla maternità.
Per i soggetti, i colori ed il calore dei suoi dipinti,
è definito il pittore della gioia di vivere
ed il cantore della vivacità della Parigi di fine '800.
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Renoir
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Renoir
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Renoir
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Renoir
Ed infine terminiamo questa prima parte con
Pablo Picasso
tra i più grandi artisti del XX secolo.
Il pittore spagnolo nei suoi variegati trascorsi
della sua lunga e complessa vita artistica
ha spesso trattato questo tema universale.

Picasso

Picasso

Picasso

Picasso
FINE I PARTE
IL GRUPPO IN CUI VIVER L'ARTE…
INSIEME
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Quasi tutti conosciamo l’espressione “andare in brodo di giuggiole”.
E’ un’esclamazione che talvolta sentiamo pronunciare e pronunciamo per sottolineare un momento vissuto con grande soddisfazione.
Il “brodo di giuggiole” non è però uno strano modo di dire bensì un antico e prelibato distillato oggi però difficilmente reperibile nei grandi mercati.

Il fiore
IL GIUGGIOLO… QUESTO SCONOSCIUTO
DESCRIZIONE – STORIA – RICETTA – MODI DI DIRE E…
a cura di Tony Kospan
LA PIANTA

Il giuggiolo (Zizyphus vulgaris) è una pianta alta dai 5 a i 12 metri originaria dell’Africa settentrionale e della Siria che in tempi antichissimi si diffuse in Cina e in India, dove viene coltivato da oltre 4000 anni.
E’ per questo che viene anche chiamato “dattero cinese”.
Presenta un aspetto piuttosto contorto, con rami irregolari e spinosi.
Le foglie di piccole dimensioni, sono d’un verde brillante con margini seghettati mentre i piccoli fiori sono gialli.
LA GIUGGIOLA (IL FRUTTO)

La giuggiola… il frutto… assomiglia ad una grossa oliva dal colore prima verdastro e poi rosso marrone scuro quand’è matura.
La polpa di colore verde è soda e compatta ma farinosa ed ha un leggero sapore dolce.
Spesso il giuggiolo viene innestato nel melo per cui si ha un frutto… la giuggiola-mela… di dimensioni cospicue e dalla polpa zuccherina e soda.
LA STORIA DEL GIUGGIOLO

Già per Erodoto, che definì le giuggiole simili ai datteri, esse potevano essere usate per produrre un vino liquoroso ed inebriante.
Però i Greci le mangiavano anche come frutta.
Narra Omero nell’Odissea che Ulisse e i suoi uomini a causa di una tempesta, si ritrovarono sull’isola dei Lotofagi e che i suoi uomini, si lasciarono tentare dal frutto del loto un frutto che magicamente fece loro dimenticare mogli, famiglie e la nostalgia di casa.
Si ritiene che il loto di cui parla sia lo “Zizyphus lotus”, un giuggiolo selvatico.
Una specie affine, lo “Zizypus spinachristi”, è ritenuto dalla leggenda una delle due piante che servirono a preparare la corona di spine di Gesù.
Dopo un periodo in cui era diventato solo una pianta di nicchia sembra che ora stia tornando di moda.
IL GIUGGIOLO IN ITALIA

I romani per primi lo importarono in Italia chiamandolo”Zyzyphum” e per essi era simbolo del silenzio ed adornava i Templi della Prudenza.
Il termine latino è rimasto nel dialetto veneto “zizoea“.
In Romagna in molte case coloniche era coltivato adiacente alla casa nella zona più riparata ed esposta al sole.
Si riteneva che fosse una pianta portafortuna.
In Veneto ed in particolare a d Arquà Petrarca i giuggioli sono ancora piantati nei giardini di molte abitazioni e le giuggiole sono variamente utilizzate in cucina ed in… cantina.
Oltre all’espressione di cui parlavo all’inizio una volta era diffuso anche chiamare affettuosamente “giuggiolino” i bambini simpatici e grassottelli.
Nella medicina popolare è considerata uno dei quattro frutti “pettorali” con fichi, datteri e uvetta.
Viene usata in infuso o in decotto per prevenire e curare i sintomi da raffreddamento e le infiammazioni alle vie respiratorie.
L’USO ODIERNO

Le giuggiole si consumano sia fresche, appena colte dall’albero, sia quando sono un po’ secche.
C’è un solo nocciolo all’interno simile a quello delle olive.
Si possono trasformare anche in marmellate oppure conservate sotto grappe.
Si fanno anche tisane e sciroppi dolcissimi utilizzati contro la tosse ed anche il famoso… brodo liquoroso.
I frutti sono diuretici, emollienti e lassativi.

IL BRODO DI GIUGGIOLE
LA RICETTA
INGREDIENTI:
– 1 kg di giuggiole
– 1 kg di zucchero
– 2 mele cotogne
– 1 limone non trattato
– 1 litro di vino bianco
– 200 gr di uva isabella o vespolina sgranata
ESECUZIONE:
Prediligete delle giuggiole mature e raggrinzite, che sono poi quelle più dolci, eliminatene il nocciolo.
Mettetele in acqua unitamente alle mele cotogne tagliate a fettine, la scorza di limone, l’uva e lo zucchero, cuocete e dopo un’oretta di cottura a temperatura dolce aggiungete un po’ alla volta il vino di modo che questo possa sostituire l’acqua.
Passate tutto al setaccio.
Il risultato finale deve essere quello di una “marmellatina” tenera e saporita.

IL DETTO:
ANDARE IN BRODO DI GIUGGIOLE
L’espressione nasce a seguito della ricetta con questo nome usata nei paesi intorno al Lago di Garda e considerata una vera e propria prelibatezza.
Viene riportata già nel 1612 nel Vocabolario degli accademici della Crusca e le viene dato il significato di “godere di molto di chicchessia”.
Poi essa si diffuse in tutta Italia e resiste bene ancor oggi… nel senso di “gran godimento“.

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NEL CREPUSCOLO SOAVE
– James Joyce –
Nel crepuscolo soave,
ascolta il canto del tuo amante,
ascolta la chitarra.
Bella, bella signora,
raccogli in fretta il tuo mantello,
perché il tuo amante possa gustare
la dolcezza dei tuoi capelli…
da Orso Tony
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