Archivio per 29 novembre 2023

Mercoledì sera in poesia “Rimuovo” di A. Merini – arte di A. Hughes – canzone “Non è detto” di L. Pausini   Leave a comment

 

 

Arthur Hughes


 
 
 


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Vivere 
rimane un’arte che ognuno deve imparare, 
ma che nessuno può insegnare.
Havelock Ellis

 

 

fre bia pouce  musical notes
Arthur Hughes

 
 
 
RIMUOVO 
Alda Merini
 
 
Rimuovo
le antiche muraglie
per trovare
le praterie del sogno
e incontrare te,
pane incontaminato
che prendo con le labbra.
Sentire la tua lingua di bosco
e l’ansia salina del tuo respiro,
il cuore che si ferma
è il battito di ali di un’anima
che forse se ne va
per morire d’amore.

 

 

Arthur Hughes


 

 
stella rosa divisore1


 

 
 
 



2

IL GRUPPO DEGLI ARTISTI E DI CHI AMA L'ARTE

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 Arthur Hughes
 
 
 

Dire addio all’umore nero? Sì si può con la luce.. tanta luce! Leggiamo questo studio   Leave a comment

 


Questo studio afferma che se il nostro l’umore è… nero

la migliore cura è soprattutto la… luce.





 
 

UMORE NERO?

CON LA LUCE RITROVI L’OTTIMISMO




  
 
 



Giornate più corte, uggiose, buio e umore ai minimi storici. 


Riecco l’approssimarsi dell’inverno con il suo fastidioso carico di malesseri e disturbi: mancanza di energia, basso desiderio sessuale, sonnolenza, difficoltà di risveglio mattutino, aumento dell’appetito e predilezione per dolciumi o pasta, riduzione della produttività e tendenza al ritiro sociale.


In una parola SAD, dalla definizione medica statunitense, ovvero Seasonal Affective Disorder  (disturbo dell’umore ad andamento stagionale).


 
 



  



La causa principale?
Mancanza o drastica riduzione della luce solare.


Il tono dell’umore sembra diminuire quanto più ci si allontana dall’equatore per cui possiamo trovare un maggior numero di persone più tristi nelle regioni nordiche che nelle regioni meridionali e parimenti un maggior buonumore d’estate che d’inverno. Inoltre vari esperimenti hanno evidenziato pure variazioni dell’umore e dell’efficienza personale in persone che vivono per gran parte della giornata in ambienti illuminati artificialmente, dove per lo più le lampade convenzionali riproducendo solo una parte delle lunghezze d’onda della luce naturale, possono costituire uno stimolo stressante per l’organismo. 


Per poter parlare di SAD, tuttavia la National Mental Health Association ha stabilito che i sintomi devono essersi presentati negli ultimi due anni in assenza di episodi di depressione dovuti ad altri motivi, oppure devono essere notevolmente più evidenti. Il malessere deve presentarsi inoltre nella stagione invernale o con l’accorciarsi delle giornate. Pronunciarsi sulla diagnosi, comunque, può essere solo compito del medico o dello psicologo. I sintomi lamentati possono essere, infatti, collegati a diversi altri malesseri e malattie. Saranno i medici a decidere riguardo alla assunzione di farmaci.


 



 



Per tutti comunque gli esperti consigliano una vera e propria terapia della luce, l’unica cura che può risultare utile in ogni caso.
Se la luce solare non sempre è a disposizione, ci sono lampade specifiche in grado di emettere una luce simile a quella del sole. E’ la light therapy, una cura a base di luce, conosciuta e usata nei paesi nordici, e successivamente negli Stati Uniti, fin dagli anni ‘80, a solo da un paio d’anni approdata in Italia. Dove però sono ancora pochissimi i centri che la applicano. Niente a che vedere naturalmente con le lampade abbronzanti a raggi Uva.
 
La lampada del buonumore è un apparecchio con uno schermo rettangolare, circa 40 centimetri per 30, che emette una luce bianchissima e brillante, come il riflesso del sole sulla neve, a 10.000 lux (il lux è l’unità di misura dell’intensità luminosa: per avere un termine di paragone, la luce di una giornata di sole estiva è 200.000 lux, 15.500 lux quella di un giorno di maggio, 3.000 lux la luce serale). Basta sedersi davanti alla lampada, a un metro di distanza, ogni mattina per mezz’ora, per una decina di giorni consecutivi, per ritrovare l’energia e l’allegria dell’estate. Non importa guardarla fissa, è necessario però non avere schermi davanti agli occhi, per esempio occhiali da sole.


 
  


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In mancanza di una lampada, il cui costo è elevatissimo, ecco invece qualche consiglio per rendere la giornata più “luminosa”: se si lavora in ufficio, è utile lasciare le tende aperte e sedersi, quando possibile, nelle vicinanze della finestra, in modo da poter guardare fuori ogni tanto e lasciare che la luce solare raggiunga gli occhi. 
Uno studio ha provato che un’ora di luce solare di inverno ha l’efficacia di due ore e mezza di luce artificiale. 
Se fa troppo freddo all’esterno, scegliere, per la pausa, un posto dove la luce solare può entrare e rimanerci per un po’. 


Il nostro organismo riceve infatti l’intera gamma delle onde luminose attraverso la pelle e attraverso gli occhi. 
Le radiazioni che penetrano attraverso gli occhi vengono trasformate in impulsi elettrici e trasmessi tramite il nervo ottico al cervello. 
Quando gli impulsi raggiungono l’ipotalamo si assiste ad un incremento della serotonina, neurotrasmettitore deputato, tra l’altro, al controllo del tono dell’umore, mentre a livello dell’epifisi inibiscono la produzione di melatonina, un ormone sensibile al ciclo luce-buio. 
Pur riconoscendo che il meccanismo dell’azione della luce sul cervello è scientificamente ancora poco conosciuto, l’evidenza clinica riscontra una significativa alterazione del tono dell’umore in presenza della variazione della quantità di luce a cui la persona è esposta.”



   
 
 
 
 
 
DA TG COM – IMPAGIN. T.K.
 
 
 
In verità penso che, pur condividendo l’assunto, non serva affatto un apparecchio ma semmai dobbiamo star di più all’aria aperta… soprattutto in autunno ed in inverno… rubando più luce possibile.
Pertanto sono assolutamente per la cura della.. luce naturalenaturalissima.
Lo sanno bene i popoli scandinavi che, quando c’è il sole (da loro molto raramente), vanno tutti all’aperto e si lasciano “baciare” per ore ed ore dalla luce.







Ciao da Tony Kospan




Frecce (51)

 
 
 
 





 


 

Pierino e la maestra – Super esilarante barzelletta e mitica esplosione di doppi sensi   Leave a comment

 

 
 
 
 
 



LA SFIDA DI PIERINO
AL DIRETTORE ED ALLA MAESTRA
 
(OVVERO LA FIERA DEI DOPPI SENSI)
 

STORIELLA SUPER COMICA

 
 
 
PENSIERI SORRIDENTI
 
 
 
 

Nella scuola elementare una maestra della prima elementare ha dei problemi con uno dei suoi allievi.
La maestra domanda: Pierino, qual è il problema?
Pierino risponde:
– Sono troppo intelligente per stare in prima. Mia sorella fa la terza ed io sono più intelligente di lei! Credo che dovrei andare anche io in terza!

La maestra ne ha abbastanza. Porta Pierino nell’ufficio del direttore.
Mentre Pierino aspetta nel corridoio la maestra spiega la situazione al direttore.

Il direttore dice alla maestra che metterà il ragazzo alla prova: gli farà una serie di domande, se lui sbaglia una qualsiasi delle risposte dovrà tornare in prima e comportarsi bene. La maestra è d’accordo.

 

Pierino viene fatto entrare, gli vengono spiegate le condizioni e lui accetta di sottoporsi alla prova.
Il direttore esordisce:
– Quanto fa 3 x 3?
Pierino:
– Nove!
– Quanto fa 6 x 6?
– Trentasei!
E così via con ogni domanda che il direttore presuppone che un allievo della terza debba conoscere. Il direttore guarda la maestra e le dice:
– Credo che Pierino possa andare in terza…

 
-La maestra dice al direttore:
– Posso fargli io qualche domanda?
Il direttore e Pierino acconsentono. Allora la maestra:
– Una mucca ne ha quattro ma io ne ho solo due, che cosa sono?
– Le gambe!
 

– Cosa c’è nei tuoi pantaloni ma non c’è nei miei?
Il direttore si domanda come mai la maestra faccia una simile domanda, ma Pierino risponde prontamente:
– Le tasche!
– Che cos’è che inizia per “C”, finisce per “O”, è peloso, saporito e contiene un liquido biancastro?
Gli occhi del direttore si spalancano prima che lui possa fermare la risposta…ma Pierino con tranquillità:
– Il cocco!

La maestra non demorde:
-Che cos’è che entra duro e rosato ed esce molle ed appiccicoso?
– La gomma da masticare!
– Che cos’è che un uomo fa in piedi, una donna da seduta ed un cane su tre zampe?
Gli occhi del direttore si spalancano ancora di più, ma Pierino candidamente:
– Stringere la mano!
 

La maestra sempre più presa dalla sfida:
– Ora ti farò alcune domande del tipo “Chi sono io”, d’accordo?
– D’accordo!
– Infili dei paletti dentro di me. Mi leghi a terra prima di montarmi.

Sono bagnata prima che tu abbia finito.
– La tenda, signora Maestra!
 
 
– Un dito entra dentro di me. Giochi con me quando ti annoi.

Rimango con te per tutta la vita.
Il direttore guarda irrequieto e teso ma… Pierino:
– L’anello nuziale!
La maestra si sforza per pensare a delle domande difficilissime:
– Esisto in diverse misure. Quando non sto bene sgocciolo. Quando mi togli il liquido ti senti bene.
Pierino:
– Il naso!
– Ho un corpo affusolato e rigido. La mia punta è penetrante. Sto spesso in una custodia.
– La freccia!
 

Quale verbo inizia con “SC”, finisce con “ARE” e significa un sacco di divertimento?
Pierino:
– Scherzare!!!

Il direttore tira un sospiro di sollievo e dice alla maestra:

 – Sbattilo in quinta: le ultime dieci risposte le avrei sbagliate persino io!

 
 
 
 



PENSIERI SORRIDENTI




CIAO DA TONY KOSPAN





PENSIERI SORRIDENTI

SE DEVI AMARMI – Elizabeth Browning con questa sublime poesia ci spiega com’è il vero amore   Leave a comment



Nell’ambito della personale antologia delle poesie sublimi
non può mancare questa che forse, ad una lettura frettolosa,
può nascondere il tesoro insito nei suoi versi.




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SE DEVI AMARMI
ELIZABETH BROWNING
POESIA SUBLIME



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La poesia non è che un inno sublime della poetessa inglese al suo amore per Robert Browning di cui si innamorò a 32 anni, nonostante una grave malattia, e con il quale si trasferì a Firenze a causa dell'opposizione della famiglia.

Lì poi, oltre a sostenere il Risorgimento italiano, Elizabeth a 42 anni migliorando la malattia  divenne  anche madre di un bimbo.
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Robert Browning



Essa come sempre accade quando una poesia è sublime, con parole semplici ma precise e suggestive, ci inoltra in questo mondo assoluto e celeste in cui far viver il sentimento più bello che c’è…

Il Vero Amore, ci dice Elizabeth, non può esser legato a fattori esterni o concreti o a nostre comodità… o interessi… ma si nutre di assoluta interiorità… al di là di ogni contingenza… ed in tal modo esso potrà non aver mai fine…






E’ a parer mio una poesia che… fa davvero volare…

Ma ora leggiamola… e, se vi va,
mi farebbe piacere conoscere il vostro parere

Tony Kospan








SE DEVI AMARMI

Elizabeth Barrett Browning


Se devi amarmi,

per null’altro sia che per amore.

Mai non dire:

“L’amo per il sorriso, per lo sguardo,

la gentilezza del parlare,

il modo di pensare così conforme al mio,

che mi rese sereno un giorno”.

Queste son tutte cose che posson mutare.

Amore mio, in sé stesso o per te,

un amore così nato potrebbe poi morire.

E non amarmi per pietà di lacrime

che bagnino il mio volto.

Può scordare il pianto

chi ebbe a lungo il tuo conforto,

e perderti.

Soltanto per amore amami

per sempre e per l’eternità.




John William Waterhouse

 

 

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Elizabeth Barrett Browning (Durham, 6.3.1806 – Firenze, 29.06.1861)
 

G. Puccini grande compositore – L’uomo… gli amori e le famose liriche – II PARTE (Le donne ed altre immortali musiche)   Leave a comment


 
 





In questa seconda parte conosceremo
soprattutto i suoi amori
insieme ad altre sue immortali musiche.


 
 
 
 
 
 
 

GIACOMO PUCCINI
UNO DEI MASSIMI COMPOSITORI MUSICALI DI SEMPRE
 

 
 

II PARTE
 
 
 
 
 
Nel 1884 Puccini conobbe Elvira Bonturi, moglie di Narciso Gemignani, un droghiere di Lucca, dal quale ebbe due figli, Fosca e Renato. I due s’innamorarono perdutamente.
 
Elvira decise di lasciare il marito per andare a vivere con Puccini; portò con sé solo Fosca, l’altro figlio, Renato, rimase con il padre.
 
Puccini si affezionò alla piccola come fosse figlia sua.
 
Nel 1886 dall’ unione con Elvira nacque l’unico figlio di Puccini, Antonio.
 
Dopo tanti anni di convivenza Puccini regolarizzò l’unione con Elvira, sposandola nel 1904.
 
 
 
 
La tempestosa moglie Elvira Bonturi
 
 
 


Elvira era una donna estremamente gelosa, irascibile e anche violenta, capace di compiere gesti estremi pur di non perdere il proprio compagno (l’affare Doria Manfredi accaduto nel 1909 è un esempio di quanto Elvira non riuscisse a dominare e la gelosia nei confronti di Giacomo).
 
Doria era una domestica di casa Puccini, una ragazza dolce, umile che non avrebbe mai pensato di sedurre Giacomo, figuriamoci poi davanti agli occhi dell’infuriata moglie; fatto sta che l’Elvira a forza di accusarla pubblicamente di essere l’amante del Maestro, portò la ragazza, anima fragile e sensibile, al suicidio.
 
 
 
 

 
 
 
 
Questa nefasta vicenda incise notevolmente sullo stato d’animo e fisico del compositore, incrinando anche i rapporti con la moglie.
 
Varie circostanze però scoraggiarono Puccini dal chiedere il divorzio, rimanendo così al fianco di Elvira, sebbene il loro rapporto si fosse molto raffreddato dopo quel triste episodio.

 

 

Rose Ader
 
 
 


Puccini ebbe anche varie storie extraconiugali, alcune importanti come quella con Corinna, studentessa di Torino, conosciuta nei primi del 900, che gli fece completamente perdere la testa.

 

 

 

Josephine von Stengel


 

 

La vera passione la conobbe con lei, mentre la storia con Josephine, baronessa austriaca, fu un sentimento più profondo, languido e romantico.

Puccini aveva bisogno di innamorarsi per poter comporre, per potersi sentire ispirato doveva provare quel sentimento forte, passionale, dolce e struggente che è l’amore.


 

 

Sybil Seligman

 

 

D’altronde, come lui, molti compositori si prendevano queste libertà e piccole trasgressioni; Giacomo li chiamava i “piccoli giardini”, delle evasioni innocenti, per poter avere sempre uno spirito ringiovanito e regalare sempre così al pubblico della musica viva ed appassionata.

 

 

  fre bia pouce    music+121   (La Bohème – Che gelida manina)  (Pavarotti)
 
 
 
 

Con il passare degli anni Puccini si sentiva sempre meno motivato, più svuotato dagli avvenimenti, sia personali che generali.

C’era stata la guerra del 1915-18, tante cose erano cambiate, anche nei teatri, nel modo di comporre un’opera, ormai lo stile musicale stava mutando, il pubblico desiderava storie e musiche meno appassionate e Giacomo si sentiva molto lontano da questo nuovo modo di intendere la musica.


 

 

 
 
 



Con Turandot finalmente egli compì un notevole passo in avanti: c’è infatti in quest’opera un Puccini diverso, più all’avanguardia, più innovativo.

Ecco che quest’opera riuscì a dargli una carica che gli mancava da tempo, sentiva che la storia della gelida principessa che si trasforma per amore avrebbe mostrato al mondo un Puccini diverso, nuovo, sorprendente!

 

 

  fre bia pouce    music+121 E lucevan le stelle 

 

 


Purtroppo il periodo della composizione di Turandot coincide anche con un aggravamento delle condizioni fisiche del Maestro; l’essere un fumatore incallito e l’infortunio di un osso d’oca inghiottito ed estratto con un piccolo intervento furono causa di un peggioramento delle sue condizioni di salute.

Gli avevano trovato un papilloma letale sotto l’epiglottide: nonostante l’intervento, durato più di tre ore e mezza, avvenuto a Bruxelles presso la clinica del dottor Ledoux, i medici non riuscirono a salvarlo.

Puccini così moriva il 29 novembre del 1924, a 66 anni, lasciando il mondo e il suo pubblico senza parole…


 

 

 
 
 
 


Se n’era andato un grande nel pieno della sua arte creativa, con un’ opera incompiuta…..

Tutto il mondo pianse il cantore di Mimì, Manon, Tosca, Butterfly, Turandot, il creatore di musica celestiale, accorata e sofferta.

La notizia lasciò tutti increduli e sbigottiti, ma la sua musica non si sarebbe mai spenta con lui, essa sarebbe sopravvissuta al tempo che fugge, Puccini avrebbe continuato a vivere con la sua musica, con le sue eroine, trionfando in tutto il mondo, commovendo il pubblico con il suo stile unico ed inconfondibile.

Daniela di Raimondo


 

 

 

 

Al termine di questa breve biografia
ascoltiamo il brano finale 
della sua mitica… incompiuta…
Turandot
 
 
 
 

  fre bia pouce    music+121 (Turandot – La scena finale)  

 
 
 
 
 
CON LA VISIONE E L'ASCOLTO DI QUESTO MITICO BRANO 
VI SALUTO RINGRAZIANDO ANCORA L'AUTRICE DEL TESTO 
DANIELA DI RAIMONDO
DI CUI MI ONORO ESSER AMICO IN FB E VOI PER L'ATTENZIONE.
 

 
 
 
 
TONY KOSPAN

 
 
 

Chi volesse legger la I Parte
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DONNE IN RINASCITA – Breve ma sentito omaggio letterario d’autore al mondo femminile – Testo e video   Leave a comment

 

 

 

 

 

Un racconto, questo, di Jack Folla (Diego Cugia),
che è un vero e proprio omaggio al mondo femminile…
ed alla sua forza d'animo nei momenti difficili…
e non solo…
 
 
Questo brano è un vero e proprio “cult
che non ci si stanca mai di leggere ed ascoltare
o di rileggere e riascoltare.
 
 
Possiamo dunque ora leggerlo con calma
ed anche ascoltarlo poi, se vogliamo, in un magnifico video.
 
 
Tony Kospan








 

 


DONNE IN RINASCITA

 Jack Folla


 

 

 


 

 

 

Più dei tramonti, più del volo di un uccello, la cosa meravigliosa in assoluto è una donna in rinascita.
Quando si rimette in piedi dopo la catastrofe, dopo la caduta.
Che uno dice: è finita.
No, finita mai, per una donna.
Una donna si rialza sempre, anche quando non ci crede, anche se non vuole. Non parlo solo dei dolori immensi, di quelle ferite da mina anti-uomo che ti fa la morte o la malattia.
Parlo di te, che questo periodo non finisce più, che ti stai giocando l'esistenza in un lavoro difficile, che ogni mattina è un esame, peggio che a scuola.
Te, implacabile arbitro di te stessa, che da come il tuo capo ti guarderà deciderai se sei all'altezza o se ti devi condannare.
Così ogni giorno, e questo noviziato non finisce mai.
E sei tu che lo fai durare.
Oppure parlo di te, che hai paura anche solo di dormirci, con un uomo; che sei terrorizzata che una storia ti tolga l'aria, che non flirti con nessuno perché hai il terrore che qualcuno s'infiltri nella tua vita.
Peggio: se ci rimani presa in mezzo tu, poi soffri come un cane.
Sei stanca: c'è sempre qualcuno con cui ti devi giustificare, che ti vuole cambiare, o che devi cambiare tu per tenertelo stretto.
Così ti stai coltivando la solitudine dentro casa.
Eppure te la racconti, te lo dici anche quando parli con le altre:
“Io sto bene così. Sto bene così, sto meglio così”.
E il cielo si abbassa di un altro palmo.
Oppure con quel ragazzo ci sei andata a vivere, ci hai abitato Natali e Pasqua.
In quell'uomo ci hai buttato dentro l'anima; ed è passato tanto tempo, e ne hai buttata talmente tanta di anima, che un giorno cominci a cercarti dentro lo specchio perché non sai più chi sei diventata.
Comunque sia andata, ora sei qui e so che c'è stato un momento che hai guardato già e avevi i piedi nel cemento.
Dovunque fossi, ci stavi stretta: nella tua storia, nel tuo lavoro, nella tua solitudine. Ed è stata crisi.
E hai pianto.
Dio quanto piangete!
Avete una sorgente d'acqua nello stomaco.
Hai pianto mentre camminavi in una strada affollata, alla fermata della metro, sul motorino. Così, improvvisamente. Non potevi trattenerlo.
E quella notte che hai preso la macchina e hai guidato per ore, perché l'aria buia ti asciugasse le guance?
E poi hai scavato, hai parlato. Quanto parlate, ragazze!
Lacrime e parole.
Per capire, per tirare fuori una radice lunga sei metri che dia un senso al tuo dolore.
Perché faccio così? Com'è che ripeto sempre lo stesso schema? Sono forse pazza?”
Se lo sono chiesto tutte.
E allora vai giù con la ruspa dentro alla tua storia, a due, a quattro mani, e saltano fuori migliaia di tasselli.
Un puzzle inestricabile.
Ecco, è qui che inizia tutto. Non lo sapevi?
E' da quel grande fegato che ti ci vuole per guardarti così, scomposta in mille coriandoli, che ricomincerai.
Perché una donna ricomincia comunque, ha dentro un istinto che la trascinerà sempre avanti. Ti servirà una strategia, dovrai inventarti una nuova forma per la tua nuova te.
Perché ti è toccato di conoscerti di nuovo, di presentarti a te stessa.
Non puoi più essere quella di prima.
Prima della ruspa.
Non ti entusiasma? Ti avvincerà lentamente.
Innamorarsi di nuovo di se stessi, o farlo per la prima volta, è come un diesel.
Parte piano, bisogna insistere.
Ma quando va, va in corsa.
E' un'avventura, ricostruire se stesse. La più grande.
Non importa da dove cominci, se dalla casa, dal colore delle tende o dal taglio di capelli.
Vi ho sempre adorato, donne in rinascita, per questo meraviglioso modo di gridare al mondo “sono nuova” con una gonna a fiori o con un fresco ricciolo biondo.
Perché tutti devono capire e vedere:
“Attenti: il cantiere è aperto. Stiamo lavorando anche per voi. Ma soprattutto per noi stesse”.
Più delle albe, più del sole, una donna in rinascita è la più grande meraviglia.
Per chi la incontra e per se stessa.
E' primavera a novembre. Quando meno te l'aspetti.
 
 
 
 
 
 
 

 
Qui giù infine.. il video con voce ed immagini fantastiche!
 
 
 
 
POST VARI ARTE E NON CLASSIFIC,
 
 
 
  

 

Ciao da Tony Kospan







 



Giacomo Puccini.. grande compositore – L’uomo… gli amori e le stupende musiche classiche – I PARTE   Leave a comment

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GIACOMO PUCCINI  
 
UNO DEI MASSIMI COMPOSITORI MUSICALI
DI SEMPRE
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Lucca 22.12.1858 – Bruxelles 29.11.1924
 
 

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I PARTE

 
 
   
 
 
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LA SUA VITA –  LA SUA MUSICA – IL SUO MONDO
 
 
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 Omaggio filatelico…
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Intanto iniziamo con un “assaggio” della sua arte musicale….
con uno dei brani che l’hanno reso famoso nel mondo…
tratto… dalla  “Madame Butterfly” cantato dalla Callas
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 fre bia pouce   music+121

 
 
 

Ho scelto, tra le tante, questa biografia trovata nel web… perché, a mio parere, è la più completa in quanto tratteggia del nostro non solo i momenti della sua vita… da un punto di vista cronologico… ma anche e soprattuttto dal punto di vista umano ed in tal modo ci consente quasi di vederlo… di essere accanto a lui…
 
Mi complimento pertanto con l’autrice… appassionata ammiratrice e studiosa di Puccini… Daniela Di Raimondo. (Tony Kospan)
 
 
 
 
 
 
 
 
PUCCINI – LA BIOGRAFIA
Daniela Di Raimondo
 
 
 
 
 
 
 

“Ho sempre portato con me un gran sacco di malinconia,
non ne ho ragione, ma così son fatto”
Puccini

 
 
 
Questo pensiero così profondo ed intenso giunge dall’anima del più grande compositore d’opera del ventesimo secolo, Giacomo Puccini.
Un simile stato d’animo probabilmente lo ha accompagnato nei momenti più significativi della sua vita, come la creazione dei suoi personaggi femminili più acclamati al mondo: la dolce Mimì, la passionale Tosca e la fragile Butterfly, in un costante stato di angoscia, sofferenza e mestizia, Puccini ha composto delle opere indimenticabili che racchiudono tutto il dolore e la passione che ognuno di noi porta con sé nell’arco della sua esistenza.
Giacomo Puccini nacque il 22 dicembre 1858 a Lucca. Il padre, Michele, era un musicista, organista. La famiglia Puccini contava già altri compositori, a cominciare da Jacopo, il primo genio della famiglia, nato nel 1712. 
Il padre indirizzò  Giacomo allo studio della musica quando aveva solo cinque anni, cercando di fargli toccare i tasti dell’organo in modo alquanto curioso (appoggiava sui tasti delle monetine di rame e il piccolo Giacomo correva subito a raccoglierle).
Ma il papà morì troppo giovane, a soli 52 anni, e non poté proseguire i suoi insegnamenti al caro figlioletto, così lo zio Fortunato Magi si incaricò di ciò. 
Puccini cominciò poi a frequentare l’Istituto musicale di Lucca nel 1864 sotto la guida di Carlo Angeloni. 
La decisione di dedicarsi all’opera arrivò nel 1876, quando Puccini assistette al teatro di Pisa a uno spettacolo di Aida: fu un vero colpo di fulmine per lui. 
Purtroppo gli studi operistici potevano  essere approfonditi solo a Milano, presso il Conservatorio; poiché la famiglia Puccini, dopo la morte del padre, si ritrovava con gravi problemi economici,  la mamma di Giacomo, Albina Magi, donna forte e volitiva, decise di chiedere un sussidio alla regina Margherita, per permettere al figlio di proseguire gli studi.  
La regina fece così ottenere a Giacomo una borsa di studio di cento lire mensili, fiduciosa che il suo talento si sarebbe affermato molto presto.

 
 
 
 
Puccini Giovane

 
 
 
 
Puccini poté così diplomarsi in composizione al Conservatorio nel 1883.
Partecipò poi ad un concorso indetto da Sonzogno, presentando il suo Capriccio Sinfonico come saggio finale, ma non lo vinse. 
Nel maggio del 1884 andò in scena al teatro Dal Verme di Milano la sua prima opera Le Villi: fu un grande successo, di pubblico e di critica. 
La seconda opera però non ebbe altrettanto successo; infatti l’Edgar, rappresentato nell’aprile del 1889 alla Scala di Milano, fu accolto tiepidamente. 
Non piacque tanto quanto l’opera  precedente e questo ovviamente avvilì notevolmente Puccini e ancor di più il suo fedele amico e protettore, l’editore Giulio Ricordi, che credeva ciecamente nel suo immenso talento e che volle dargli un’altra occasione per potersi affermare nel mondo. “Puccini è il successore di Verdi”  soleva ripetere il caro Ricordi.

 
 
 
 
 
 
 
 
Infatti il suo fiuto infallibile ebbe poi conferma nell’opera Manon Lescaut, rappresentata al teatro Regio di Torino il primo febbraio del 1893; da allora Puccini riuscì a conquistare la gloria in tutto il mondo, le sue opere furono acclamate nei teatri più prestigiosi d’Europa e  d’oltreoceano, un crescendo che decretò Giacomo Puccini il più grande compositore del Novecento.
Così vediamo nascere nel 1896 la Bohème rappresentata sempre al Regio di Torino e la Tosca nel 1900 al Costanzi di Roma, la Madama Butterfly nel 1904 alla Scala di Milano(qui l’opera fu fischiata e derisa, forse per una congiura ai danni del Maestro, ormai affermato, ricco, e invidiato ovunque per il suo genio, ma anche per il fascino e l’ eleganza, elementi inconsueti per un compositore di quei tempi…..)

 
 
 
 
 
 
 
 
 
A differenza di altri compositori un po’ trasandati, spettinati, poco curati nel vestire e nei modi, Giacomo Puccini appariva come un uomo estremamente intrigante, raffinato, elegante; amava vestire come un Lord inglese,  soprattutto dopo aver ottenuto successi e ammirazione internazionale…. 
Le donne erano catturate dalla sua musica, inebriate dal suo sguardo così magnetico e sensuale, travolte dai suoi lineamenti così forti, da  vero maschio latino; voluttuoso ed invitante, ecco come risultava Puccini agli sguardi del gentil sesso.
Puccini amava le donne, ne era incantato, ammaliato, “innamorato perdutamente dell’amore”, ecco come amava descriversi. 
Era anche un uomo schivo, evitava di partecipare a banchetti organizzati appositamente per lui; non amava la folla e il dover parlare davanti a tanta gente gli incuteva ansia ed imbarazzo.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Fondamentalmente timido, dolce, affettuoso, anche un po’ scontroso, era comunque se stesso solo insieme agli  amici più cari, gente modesta e semplice come piaceva tanto a lui, gente di campagna, buona, leale, schietta ed onesta. Non amava vantarsi o atteggiarsi a genio;
 
Giacomo preferiva l’amicizia vera, le risate, le sane bevute  insieme ai suoi amici di Torre del Lago, ( piccolo paesino sul lago di Massaciuccoli vicino Lucca, divenuta poi residenza del Maestro). 

Lì riusciva a comporre, ad estraniarsi da tutto e da tutti, a sognare, meditare e godere di quei lussuriosi tramonti sul lago: lì nascevano tutte le opere più commoventi del Maestro perché lì c’era la sua anima, il suo spirito, il suo vero Io.  (CONTINUA)
 
 

Ascoltiamo ora, se vogliamo,
questo famoso brano da “Manon Lescaut”

 
 
 
 fre bia pouce   music+121

 
 
 
 
 
C O N T I N U A…
CON LE STORIE DEI SUOI TANTI AMORI…
 

 
 
TESTO DAL WEB – IMPAGIN. E COORDIN.  T.K.

 
 
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