


In previsione di dover cambiare casa e quindi il percorso per andare e tornare dal lavoro,
la famiglia di N. Wiener, uno dei padri della cibernetica,
preoccupata per la sua estrema distrazione
lo prepara facendogli provare più volte il percorso dalla nuova fermata dell’autobus.
Ma, com’era prevedibile, il primo giorno Wiener scende alla solita fermata.
Appena si rende conto dell’errore prova a ritrovare la strada per la nuova casa ma si perde.
A un certo punto vede una ragazza che gli viene incontro e le chiede:
– Scusi, sai se oggi da queste parti c’è stato un trasloco di un professore del MIT?
– Sì, papà, mamma mi ha mandato a cercarti, vieni che ti accompagno a casa.
Gabriele Lolli
Dino Buzzati
(San Pellegrino di Belluno 16.10.1906 – Milano 28.1.1972)
Insieme, senza saperlo, di là forse guardammo entrambi verso la vita misteriosa, che ci aspettava.
Ivi palpitarono in noi per la prima volta pazzi e teneri desideri. “Ti ricordi?” ci diremo l’un l’altro, stringendoci dolcemente, nella calda stanza, e tu mi sorriderai fiduciosa mentre fuori daran tetro suono le lamiere scosse dal vento.
Claudio Tesser – Viandante nella nebbia
Ma tu – ora mi ricordo – non conosci le favole antiche dei re senza nome, degli orchi e dei giardini stregati.
Mai passasti, rapita, sotto gli alberi magici che parlano con voce umana, né battesti mai alla porta del castello deserto, né camminasti nella notte verso il lume lontano lontano, né ti addormentasti sotto le stelle d’Oriente, cullata da piroga sacra.
Dietro i vetri, nella sera d’inverno, probabilmente noi rimarremo muti, io perdendomi nelle favole morte, tu in altre cure a me ignote. Io chiederei “Ti ricordi?”, ma tu non ricorderesti.
Vorrei con te passeggiare, un giorno di primavera, col cielo di color grigio e ancora qualche vecchia foglia dell’anno prima trascinata per le strade dal vento, nei quartieri della periferia; e che fosse domenica. In tali contrade sorgono spesso pensieri malinconici e grandi, e in date ore vaga la poesia congiungendo i cuori di quelli che si vogliono bene.
Ma tu – adesso mi ricordo – mai mi dicesti cose insensate, stupide e care.
Né puoi quindi amare quelle domeniche che dico, né l’anima tua sa parlare alla mia in silenzio, né riconosci all’ora giusta l’incantesimo delle città, né le speranze che scendono dal settentrione.
Tu preferisci le luci, la folla, gli uomini che ti guardano, le vie dove dicono si possa incontrar la fortuna.
Tu sei diversa da me e se venissi quel giorno a passeggiare, ti lamenteresti di essere stanca; solo questo e nient’altro.
Vorrei anche andare con te d’estate in una valle solitaria, continuamente ridendo per le cose più semplici, ad esplorare i segreti dei boschi, delle strade bianche, di certe case abbandonate.
Fermarci sul ponte di legno a guardare l’acqua che passa, ascoltare nei pali del telegrafo quella lunga storia senza fine che viene da un capo del mondo e chissà dove andrà mai.
E strappare i fiori dei prati e qui, distesi sull’erba, nel silenzio del sole, contemplare gli abissi del cielo e le bianche nuvolette che passano e le cime delle montagne.
Claude Theberge
Tu diresti “Che bello!”.
Niente altro diresti perché noi saremmo felici; avendo il nostro corpo perduto il peso degli anni, le anime divenute fresche, come se fossero nate allora.
Ma tu – ora che ci penso – tu ti guarderesti attorno senza capire, ho paura, e ti fermeresti preoccupata a esaminare una calza, mi chiederesti un’altra sigaretta, impaziente di fare ritorno.
E non diresti “Che bello! “, ma altre povere cose che a me non importano.
Perché purtroppo sei fatta così.
E non saremmo neppure per un istante felici.
Vorrei pure – lasciami dire – vorrei con te sottobraccio attraversare le grandi vie della città in un tramonto di novembre, quando il cielo è di puro cristallo.
Quando i fantasmi della vita corrono sopra le cupole e sfiorano la gente nera, in fondo alla fossa delle strade, già colme di inquietudini.
Quando memorie di età beate e nuovi presagi passano sopra la terra, lasciando dietro di sé una specie di musica.
Paul Cornoyer
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Con la candida superbia dei bambini guarderemo le facce degli altri, migliaia e migliaia, che a fiumi ci trascorrono accanto.
Noi manderemo senza saperlo luce di gioia e tutti saran costretti a guardarci, non per invidia e malanimo; bensì sorridendo un poco, con sentimento di bontà, per via della sera che guarisce le debolezze dell’uomo.
Ma tu – lo capisco bene – invece di guardare il cielo di cristallo e gli aerei colonnati battuti dall’estremo sole, vorrai fermarti a guardare le vetrine, gli ori, le ricchezze, le sete, quelle cose meschine.
E non ti accorgerai quindi dei fantasmi, né dei presentimenti che passano, né ti sentirai, come me, chiamata a sorte orgogliosa.
Né udresti quella specie di musica, né capiresti perché la gente ci guardi con occhi buoni.
Tu penseresti al tuo povero domani e inutilmente sopra di te le statue d’oro sulle guglie alzeranno le spade agli ultimi raggi.
Ed io sarei solo. è inutile.
Forse tutte queste sono sciocchezze, e tu migliore di me, non presumendo tanto dalla vita.
Forse hai ragione tu e sarebbe stupido tentare. Ma almeno, questo sì almeno, vorrei rivederti.
Sia quel che sia, noi staremo insieme in qualche modo, e troveremo la gioia.
Non importa se di giorno o di notte, d’estate o d’autunno, in un paese sconosciuto, in una casa disadorna, in una squallida locanda.
Mi basterà averti vicina. Io non starò qui ad ascoltare – ti prometto – gli scricchiolii misteriosi del tetto, né guarderò le nubi, né darò retta alle musiche o al vento.
Rinuncerò a queste cose inutili, che pure io amo.
Avrò pazienza se non capirai ciò che ti dico, se parlerai di fatti a me strani, se ti lamenterai dei vestiti vecchi e dei soldi.
Non ci saranno la cosiddetta poesia, le comuni speranze, le mestizie così amiche all’amore.
Ma io ti avrò vicina.
E riusciremo, vedrai, a essere abbastanza felici, con molta semplicità, uomo con donna solamente, come suole accadere in ogni parte del mondo.
Ma tu – adesso ci penso – sei troppo lontana, centinaia e centinaia di chilometri difficili a valicare.
Tu sei dentro a una vita che ignoro, e gli altri uomini ti sono accanto, a cui probabilmente sorridi, come a me nei tempi passati.
Ed è bastato poco tempo perché ti dimenticassi di me.
Probabilmente non riesci più a ricordare il mio nome. Io sono ormai uscito da te, confuso fra le innumerevoli ombre.
Eppure non so pensare che a te, e mi piace dirti queste cose.
Richard Macneil
Sì certo è un racconto…
ma come non accostarlo alle poesie sublimi?
Alessandro Bon
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Non sono moltissimi i libri che hanno influenzato la storia umana…
ma il… SIDDHARTA è uno di questi.
Ne parlerò ora prima brevemente
e poi pubblicherò alcuni brevi
ma significativi brani tratti dal libro.
IL ROMANZO
(Calw 2.7.1877 – Montagnola 9.8.1962)
CHI E’ DUNQUE SIDDHARTA?
E’ uno che cerca, e cerca soprattutto di vivere intera la propria vita.
Passa di esperienza in esperienza, dal misticismo alla sensualità, dalla meditazione filosofica alla vita degli affari, e non si ferma presso nessun maestro, non considera definitiva nessuna acquisizione, perché ciò che va cercato è il tutto, il misterioso tutto che si veste di mille volti cangianti.
STORIA E DIFFUSIONE DELL’OPERA
Siddharta è senz′altro l′opera di Hesse più universalmente nota.
Questo breve romanzo di ambiente indiano, pubblicato per la prima volta nel 1922, ha avuto infatti in questi ultimi anni una strepitosa fortuna.
Prima in America, poi in ogni parte del mondo, i giovani lo hanno riscoperto come un loro testo, dove non trovavano solo un grande scrittore moderno ma un sottile e delicato saggio, capace di dare, attraverso questa parabola romanzesca, un insegnamento sulla vita che evidentemente i suoi lettori non incontravano altrove.
Che possa piacere o no… che possa essere condiviso o no… il pensiero di Hesse che si esprime attraverso il libro è certamente un geniale e sublime tentativo di vedere oltre l’apparenza materiale delle cose… e può rappresentare una grande lezione di vita.
ALCUNI SIGNIFICATIVI ESTRATTI
Se vuoi conoscere il tuo passato, sapere che cosa ti ha causato, allora osservati nel presente, che è l’effetto del passato. Se vuoi conoscere il tuo futuro, sapere che cosa ti porterà, allora osservati nel presente, che è la causa del futuro.
“L’amore, mi sembra di tutte la cosa principale.
Penetrare il mondo, spiegarlo, disprezzarlo, può essere l’opera dei grandi filosofi.
Ma a me importa solo di poter amare il mondo, non disprezzarlo, non odiare il mondo e me;
a me importa solo di poter considerare il mondo, e me, e tutti gli esseri, con amore, ammirazione e rispetto”
E tutto insieme, tutte le voci, tutte le mete, tutti i desideri, tutti i dolori, tutta la gioia,
tutto il bene e il male, tutto insieme era il mondo.
Tutto insieme era il fiume del divenire, era la musica della vita.
TONY KOSPAN
(ESTRATTI DA VARI SITI WEB – IMPAGINAZ. E COORDINAM. T.K.)
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Ciao da Tony Kospan
I
II
III
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Un piccolo, ma nello stesso tempo grande,
pensiero sul senso della vita… di Paulo Coelho…
che condivido.
Dopo averlo letto mi farebbe piacere conoscere
il vostro pensiero.
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ISTANTI
Paulo Coelho (L’Aleph)
La nostra vita è un viaggio ininterrotto
dalla nascita fino alla morte.
Il paesaggio muta, le persone cambiano,
i bisogni si trasformano, ma il treno prosegue.
La vita è il treno, non la stazione ferroviaria.
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