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Le quattro candele – Bel racconto morale di Paulo Coelho   Leave a comment







Un breve racconto davvero bello di un grande scrittore che merita, a parer mio, d'esser senz'altro letto.

Contiene anche un bel messaggio di speranza che non può che farci bene.








LE QUATTRO CANDELE
Paulo Coelho


In una stanza, quattro candele, bruciando, si consumavano lentamente.
Il luogo era talmente silenzioso che si poteva ascoltare la loro conversazione.
La prima diceva:
“Io sono la pace, ma gli uomini non riescono a mantenermi; penso proprio che non mi resti altro da fare che spegnermi!”
E a poco a poco, la candela si lasciò spegnere.
La seconda candela disse:
“Io sono la fede, ma purtroppo non servo a nulla.
Gli uomini non ne vogliono sapere di me, e per questo motivo non ha senso che resti accesa.”
Appena ebbe terminato di parlare, una leggera brezza soffiò su di lei e la spense.
Triste triste, la terza candela, a sua volta disse:
“Io sono l’amore, e non ho la forza per continuare a rimanere accesa.
Gli uomini non mi considerano e non comprendono la mia importanza.”
E senza attendere oltre, la candela si lasciò spegnere.
In quel momento, un bambino entrò nella stanza, vide le tre candele spente ed impaurito per la semioscurità, disse:
“Ma cosa fate? Voi dovete rimanere accese, io ho paura del buio!”
E così dicendo scoppiò in lacrime.
Allora la quarta candela, impietosita, disse:
“Non piangere; finché io sarò accesa, potremo sempre riaccendere le altre tre candele: io sono la speranza.”
Con gli occhi lucidi di lacrime, il bimbo prese la candela della speranza e accese tutte le altre.
Che non si spenga mai la speranza dentro il nostro cuore …
E che ciascuno di noi possa essere lo strumento, come quel bimbo capace in ogni momento di riaccendere, con la sua speranza, la fede, la pace e l’amore.






* L'attribuzione a Coelho non è del tutto certa ma è la più diffusa.
Il racconto è presente (anche in forme leggermente differenti) in molti siti.






Cosa pensate del racconto?

Ciao da Orso Tony



DIALOGO DI UN VENDITORE DI ALMANACCHI E DI UN PASSEGGERE – Il famoso brano del Leopardi sul tema degli auguri per il nuovo anno ed un’analisi   2 comments






Penso che in prossimità di un nuovo anno non possa mancare la lettura o la rilettura di questo classico delle opere leopardiane del 1832 che si trova nelle “Operette Morali”.

La lettura del testo non riserva alcuna difficoltà grazie allo stile semplice e colloquiale.

La conversazione tra i 2 personaggi avviene per strada tra un venditore di almanacchi (calendari dell'epoca con oroscopi ma anche con proverbi, ricette e consigli vari) ed un cittadino: 
“Almanacchi, almanacchi nuovi; lunari nuovi”.

Il passeggero (un semplice passante) viene avvicinato dal venditore che gli propone l'acquisto di un almanacco: 
“Bisognano, signore, almanacchi?”.

Ma leggiamo ora il brano leopardiano ed alla fine dirò un mio pensiero chiedendovi anche di esprimere il vostro.







DIALOGO DI UN VENDITORE DI ALMANACCHI E DI UN PASSEGGERE






Venditore. Almanacchi, almanacchi nuovi; lunari nuovi. Bisognano, signore, almanacchi?
Passeggero. Almanacchi per l’anno nuovo?
Venditore. Si signore.
Passeggero. Credete che sarà felice quest’anno nuovo?
Venditore. Oh illustrissimo si, certo.
Passeggero. Come quest’anno passato?
Venditore. Più più assai.
Passeggero. Come quello di là?
Venditore. Più più, illustrissimo.
Passeggero. Ma come qual altro? Non vi piacerebb’egli che l’anno nuovo fosse come qualcuno di questi anni ultimi?
Venditore. Signor no, non mi piacerebbe.
Passeggero. Quanti anni nuovi sono passati da che voi vendete almanacchi?
Venditore. Saranno vent’anni, illustrissimo.
Passeggero. A quale di cotesti vent’anni vorreste che somigliasse l’anno venturo?
Venditore. Io? non saprei.
Passeggero. Non vi ricordate di nessun anno in particolare, che vi paresse felice?
Venditore. No in verità, illustrissimo.
Passeggero. E pure la vita è una cosa bella. Non è vero?
Venditore. Cotesto si sa.
Passeggero. Non tornereste voi a vivere cotesti vent’anni, e anche tutto il tempo passato, cominciando da che nasceste?
Venditore. Eh, caro signore, piacesse a Dio che si potesse.
Passeggere. Ma se aveste a rifare la vita che avete fatta né più né meno, con tutti i piaceri e i dispiaceri che avete passati?
Venditore. Cotesto non vorrei.
Passeggero. Oh che altra vita vorreste rifare? la vita ch’ho fatta io, o quella del principe, o di chi altro? O non credete che io, e che il principe, e che chiunque altro, risponderebbe come voi per l’appunto; e che avendo a rifare la stessa vita che avesse fatta, nessuno vorrebbe tornare indietro?
Venditore. Lo credo cotesto.
Passeggero. Né anche voi tornereste indietro con questo patto, non potendo in altro modo?
Venditore. Signor no davvero, non tornerei.
Passeggero. Oh che vita vorreste voi dunque?
Venditore. Vorrei una vita così, come Dio me la mandasse, senz’altri patti.
Passeggero. Una vita a caso, e non saperne altro avanti, come non si sa dell’anno nuovo?
Venditore. Appunto.
Passeggero. Così vorrei ancor io se avessi a rivivere, e così tutti. Ma questo è segno che il caso, fino a tutto quest’anno, ha trattato tutti male. E si vede chiaro che ciascuno è d’opinione che sia stato più o di più peso il male che gli e toccato, che il bene; se a patto di riavere la vita di prima, con tutto il suo bene e il suo male, nessuno vorrebbe rinascere. Quella vita ch’è una cosa bella, non è la vita che si conosce, ma quella che non si conosce; non la vita passata, ma la futura. Coll’anno nuovo, il caso incomincerà a trattar bene voi e me e tutti gli altri, e si principierà la vita felice. Non è vero?
Venditore. Speriamo.
Passeggero. Dunque mostratemi l’almanacco più bello che avete.
Venditore. Ecco, illustrissimo. Cotesto vale trenta soldi.
Passeggero. Ecco trenta soldi.
Venditore. Grazie, illustrissimo: a rivederla. Almanacchi, almanacchi nuovi; lunari nuovi.







Come hanno osservato alcuni critici qui Leopardi si sdoppia. 

Egli è tutti e 2 i personaggi.

Crede (o credeva o vuol credere) nella speranza ma poi cede alla ragione, per lui ahimè vincente, che lo porta a pensieri amari della qual cosa in verità parla altrove lo stesso Leopardi.

Inoltre il brano sembra anche affermare l'idea che la felicità sia più nascosta nella speranza che nella realtà.






Infatti alla fine, se è pur vero che il venditore stesso diventa incerto sulla bontà delle previsioni dei suoi almanacchi speriamo” 
il passeggero però alla fine l'acquista: “Dunque mostratemi l’almanacco più bello che avete”.

Come sempre mi piacerebbe leggere le Vs riflessioni.

Tony Kospan






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