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Antichi riti (spesso stranissimi) e classiche tradizioni del 1° giorno dell’anno   Leave a comment

 


Per salutare l’anno vecchio che se ne va

e per festeggiare l'arrivo dei 12 nuovi mesi,

si tramandano, da chissà quanto tempo, tante tradizioni,

alcune note, altre meno… alcune belle, altre stranissime.

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Foto:


LE TRADIZIONI ED I RITI
DEL CAPODANNO

 

 


Anno nuovo, vita nuova…


Piccoli gesti e riti scaramantici che strizzano l’occhio alla fortuna

alla speranza, all'abbondanza, all'amore etc…

 
.

Qui ecco una breve raccolta… trovata nel web…



A TAVOLA

 

Lenticchie: che cenone è, se non ci sono le lenticchie? Da Nord a Sud della Penisola, su ogni tavola arriva un piatto ricco di piccoli legumi. La lenticchia, già in epoca romana, simboleggiava l'abbondanza, il denaro.

Ogni lenticchia à una moneta, quindi più ne mangeremo e più soldi avremo!

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Foto:

 

 

Zampone e cotechino: la carne di maiale è sicuramente tra le più nutrienti, proprio per questo, lo zampone e il cotechino sono divenute il simbolo dell’abbandonza.

Mangiare queste due pietanze a capodanno promette un anno ricco e fortunato.

 

 


Foto:

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Uva e frutta secca: “chi mangia l’uva per Capodanno conta i quattrini tutto l’anno”, così recita un antico proverbio.
Questo perché cogliere l’uva nel periodo invernale un tempo significava aver avuto un raccolto abbondante.

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RITI SCARAMANTICI

(ALCUNI STRANISSIMI)

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Foto:

 

 


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Giovanni Boldini – Le comte Robert de Montesquiou

 

 

Dopo mezzanotte: fate entrare in casa un prete o un uomo molto alto dai capelli neri.
Porterà fortuna alla vostra abitazione per tutto il nuovo anno.

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Foto:

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Vischio: la notte di capodanno appendere del vischio sulle porte: allontanerà gli spiriti maligni dalla vostra casa.
La tradizione arriva direttamente da antiche credenze tramandate dai Druidi.

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Foto:


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.

Spiriti maligni: allontanate gli spiriti maligni dalla vostra abitazione.
Basterà aprire la finestra di una stanza buia poco prima della mezzanotte.
Non dimenticate di aprirne un’altra, ma questa volta di una stanza illuminata: accoglierete gli spiriti del bene.
Almeno così recita la tradizione.

 

 

 

 


Primo dell’anno: l’anno nuovo è arrivato e se uscite di casa non fatelo mai con le tasche vuote, ma con qualche soldo.
L’usanza afferma che, così facendo, l’anno appena nato non sarà “magro”

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Foto:

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Denaro: mai negare un prestito di denaro chiesto a Capodanno: il denaro prestato torna indietro centuplicato.

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IN OGNI CASO, QUALUNQUE COSA NE PENSIATE,
E QUALI CHE SIANO I VOSTRI RITI
A TUTTI… GIUNGA ANCORA UNA VOLTA… L'AUGURIO…




Foto:

 


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Foto:



 

Antichi riti (spesso davvero strani) e classiche tradizioni del… capodanno   1 comment

 


Per salutare l’anno vecchio che se ne va

e per festeggiare l'arrivo dei 12 nuovi mesi,

si tramandano, da chissà quanto tempo, tante tradizioni,

alcune note, altre meno… alcune belle, altre stranissime.

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LE TRADIZIONI ED I RITI
DEL CAPODANNO

 

 


Anno nuovo, vita nuova…


Piccoli gesti e riti scaramantici che strizzano l’occhio alla fortuna

alla speranza, all'abbondanza, all'amore etc…

 
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Qui ecco una breve raccolta… trovata nel web…



A TAVOLA

 

Lenticchie: che cenone è, se non ci sono le lenticchie? Da Nord a Sud della Penisola, su ogni tavola arriva un piatto ricco di piccoli legumi. La lenticchia, già in epoca romana, simboleggiava l'abbondanza, il denaro.

Ogni lenticchia à una moneta, quindi più ne mangeremo e più soldi avremo!

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Zampone e cotechino: la carne di maiale è sicuramente tra le più nutrienti, proprio per questo, lo zampone e il cotechino sono divenute il simbolo dell’abbandonza.

Mangiare queste due pietanze a capodanno promette un anno ricco e fortunato.

 

 


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Uva e frutta secca: “chi mangia l’uva per Capodanno conta i quattrini tutto l’anno”, così recita un antico proverbio.
Questo perché cogliere l’uva nel periodo invernale un tempo significava aver avuto un raccolto abbondante.

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Porterà fortuna alla vostra abitazione per tutto il nuovo anno.

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La tradizione arriva direttamente da antiche credenze tramandate dai Druidi.

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Basterà aprire la finestra di una stanza buia poco prima della mezzanotte.
Non dimenticate di aprirne un’altra, ma questa volta di una stanza illuminata: accoglierete gli spiriti del bene.
Almeno così recita la tradizione.

 

 

 

 


Primo dell’anno: l’anno nuovo è arrivato e se uscite di casa non fatelo mai con le tasche vuote, ma con qualche soldo.
L’usanza afferma che, così facendo, l’anno appena nato non sarà “magro”

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Denaro: mai negare un prestito di denaro chiesto a Capodanno: il denaro prestato torna indietro centuplicato.

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E QUALI CHE SIANO I VOSTRI RITI,
A TUTTI VOI… GIUNGA ANCORA UNA VOLTA… L'AUGURIO DI…



 


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Lenticchie: che cenone è, se non ci sono le lenticchie? Da Nord a Sud della Penisola, su ogni tavola arriva un piatto ricco di piccoli legumi. La lenticchia, già in epoca romana, simboleggiava l'abbondanza, il denaro.

Ogni lenticchia à una moneta, quindi più ne mangeremo e più soldi avremo!

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Mangiare queste due pietanze a capodanno promette un anno ricco e fortunato.

 

 


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Almeno così recita la tradizione.

 

 

 

 


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Lenticchie: che cenone è, se non ci sono le lenticchie? Da Nord a Sud della Penisola, su ogni tavola arriva un piatto ricco di piccoli legumi. La lenticchia, già in epoca romana, simboleggiava l'abbondanza, il denaro.

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Almeno così recita la tradizione.

 

 

 

 


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Per salutare l’anno vecchio che se ne va

e per festeggiare 12 nuovi mesi che arrivano,

si tramandano da anni più o meno lontani tante tradizioni,

alcune note, altre meno… alcune belle, altre stranissime.

 

 

Speranza, fortuna, abbondanza, amore, serenità…

piccoli gesti e riti scaramantici che strizzano l’occhio alla fortuna.

 

Qui una breve raccolta… trovata nel web…

 

 

A TAVOLA

 

 

Lenticchie: che cenone è, se non ci sono le lenticchie? Da Nord a Sud della Penisola, su ogni tavola arriva un piatto ricco di piccoli legumi. La lenticchia, già  in epoca romana, simboleggiava l'abbondanza,  il denaro.

Ogni lenticchia à una moneta, quindi più ne mangeremo e più soldi avremo!

 

 

 

 

 

Zampone e cotechino: la carne di maiale è sicuramente tra le più nutrienti, proprio per questo, lo zampone e il cotechino sono divenute il simbolo dell’abbandonza.

Mangiare queste due pietanze a capodanno promette un anno ricco e fortunato.

 

 

 
 
 
 
 
 
 
 
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Dopo mezzanotte: fate entrare in casa un prete o un uomo molto alto dai capelli neri.
 
Porterà fortuna alla vostra abitazione per tutto il nuovo anno.
 

 

 

 

 

 

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La tradizione arriva direttamente da antiche credenze tramandate dai Druidi.

 

 

 

 

 

 

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Basterà aprire la finestra di una stanza buia poco prima della mezzanotte.
 
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LA STORIA DELL’EVOLUZIONE DEI SIMBOLI NATALIZI DAL PAGANESIMO AL CRISTIANESIMO   Leave a comment

 

 

 

 

I SIMBOLI DEL NATALE

DAL PAGANESIMO AL CRISTIANESIMO

 

 

 

 

La Storia come la Natura non…

“Facit saltum”…

 

 

 

 

Ecco come si dispiegano dal Paganesimo al Cristianesimo

i simboli del Natale.

 

 

 

 

 

 

L'articolo che riporto di seguito è dell'Avvenire,

giornale cattolico.

 

 

 
 
 
 

Le feste natalizie, sono costellate di cerimonie ed usanze di cui non tutti conoscono il significato profondo, l'origine e l'evoluzione.

Alcune di esse derivano da tradizioni pagane cristianizzate.

Questa commistione di usanze di ispirazione evangelica con altre precristiane, è dovuta alla collocazione calendariale del Natale che, diversamente dalla Pasqua, è errata storicamente.

 

 

 

 

Nel vangelo di Luca, si narra soltanto che nel periodo in cui nacque Gesù, c'erano a Betlemme dei pastori che vegliavano di notte, facendo la guardia al gregge. Siccome sappiamo che i pastori ebrei partivano per i pascoli all'inizio della primavera, in occasione della loro Pasqua, e tornavano in autunno, è evidente che il Cristo nacque tra la fine di marzo e il primo autunno; tant'è vero che fino alla fine del III secolo il Natale, era festeggiato, secondo i luoghi, in date differenti: il 28 marzo, il 18 aprile o il 29 maggio.

 

 

 

 

Nella seconda metà del secolo III si affermò nella Roma pagana il culto del sole, di cui l'astro non era, se non una manifestazione sensibile. In suo onore l'imperatore Aureliano aveva istituito una festa al 25 dicembre, il Natalis Solis Invicti, il Natale del Sole Invitto, durante il quale si celebrava il nuovo sole “rinato” dopo il solstizio invernale. Molti cristiani erano attirati da quelle cerimonie spettacolari; sicché la Chiesa romana, preoccupata per la nuova religione che poteva ostacolare la diffusione del cristianesimo più delle persecuzioni, pensò bene di celebrare nello stesso giorno il Natale di Cristo.

La festa, già documentata a Roma nei primi decenni del IV secolo, si estese a poco a poco al resto della cristianità.

 

 

Sol Invictus

 

 

La coincidenza con il solstizio d'inverno, fece sì che molte usanze solstiziali, non incompatibili con il cristianesimo, venissero recepite nella tradizione popolare.

D'altronde non si trattava di una sovrapposizione infondata, perché fin dall'Antico Testamento, Gesù era preannunciato dai profeti come Luce e Sole. Malachia lo chiamava addirittura “Sole di giustizia”.

 

 

 

 

Per questi motivi, già nei primi secoli, l'accostamento del sole al Cristo, era abituale, come testimonia Tertulliano:

Altri ritengono che il Dio cristiano sia il sole perché è un fatto notorio che noi preghiamo orientati verso il sole che sorge e nel giorno del sole ci diamo alla gioia, a dire il vero per un motivo del tutto diverso dall'adorazione del sole“.

 

 

 

 

Collegata a questo simbolismo di luce, è l'usanza di adornare l'uscio di casa con piantine come il pungitopo o l'agrifoglio dalle bacche rosse, mentre quella del vischio è una tradizione celtica cristianizzata. Si considerava, come una pianta donata dagli dei, poiché non aveva radici e cresceva come parassita sul ramo di un'altra. Si favoleggiava che spuntasse là dov'era caduta una folgore: simbolo di una discesa della divinità, e dunque d’immortalità e di rigenerazione.

La natura celeste del vischio, la sua nascita dal Cielo e il legame con i solstizi, non potevano, non ispirare successivamente ai cristiani, il simbolo di Cristo: come la pianticella è ospite di un albero, così il Cristo, si dice, è ospite dell'umanità, un albero che non fu generato nello stesso modo con cui si generano gli uomini.

 

 

 

 

Alla luce delle antiche feste solstiziali, si seguivano alcune usanze, come ad esempio quella di accendere fuochi e falò, che hanno, si dice, la funzione simbolica di “bruciare” le disgrazie ed i peccati dell'anno morente, di purificare, ma anche di ricevere dal sole, composto di fuoco, nuova energia, fertilità e fecondità: sole che altro non è, se non il simbolo di Cristo, come si è già detto.

 

 

 

 

Ma torniamo alla notte di Natale quando, una volta e ancora adesso in qualche famiglia toscana o emiliana, si accendeva dopo la cena di magro un ceppo, che rappresenta simbolicamente l'Albero della Vita, il Cristo, dicendo: “Si rallegri il ceppo, domani è il giorno del pane; ogni grazia di Dio entri in questa casa, le donne facciano figlioli, le capre capretti, le pecore agnelletti, abbondino il grano e la farina e si riempia la conca di vino” – “Il giorno del pane”, lo chiamavano: per questo motivo si mangiavano, come oggi d'altronde, dolci a base di farina, che hanno nomi diversi secondo le regioni: pangiallo, pane certosino, pandolce, panforte, pampepato e panettone.

 

 

 

 

Perché mai il pan dolce?

L'usanza di consumare quest’alimento nei periodi solstiziali potrebbe risalire agli antichi Romani, perché Plinio il Vecchio, riferisce che alla festa del Natalis Solis Invicti si confezionavano le sacre e antiche frittelle natalizie di farinata.

Con l'avvento del cristianesimo si modificò l'interpretazione riferendosi alle parole di Gesù: “Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà più fame e chi crede in me non avrà più sete; io sono il pane della vita”.

Il Pane della Vita s'incarnò proprio a Betlemme, che nell'ebraico Bet Lehem significava Casa del Pane, nome dovuto probabilmente al fatto, che proprio in quella cittadina vi era un immenso granaio, essendo circondata da campi di frumento.

 

 

 

 

Quanto al ceppo, non è il solo simbolo arboreo natalizio: lo è anche l'abete che fin dall'epoca arcaica tu considerato un albero cosmico, che si erge al centro dell'universo e lo nutre.

Fu facile ai cristiani del nord assumerlo come simbolo del Cristo.

Nei paesi latini l'usanza si diffuse molto tardi, a partire dal 1840, quando la principessa Elena di Maclenburg, che aveva sposato il duca di Orléans, figlio di Luigi Filippo, lo introdusse alle Tuileries, suscitando la sorpresa generale della corte.

Persino i suoi addobbi sono stati interpretati cristianamente: i lumini simboleggiano la Luce che Gesù dispensa all'umanità, i frutti dorati insieme con i regalini e i dolciumi appesi ai suoi rami o raccolti ai suoi piedi, sono rispettivamente il simbolo della Vita spirituale e dell'Amore che Egli ci offre.

 

 

 

 

Anche l'usanza della tombola, nel pomeriggio del Natale, ha una derivazione pagana:

durante i Saturnali, che precedevano il solstizio e sui quali regnava Saturno, il mitico dio dell'Età dell'Oro, si permetteva eccezionalmente il gioco d'azzardo, proibito nel resto dell'anno: esso era in stretta connessione con la funzione rinnovatrice di Saturno, il quale distribuiva le sorti agli uomini per il nuovo anno; sicché la fortuna del giocatore, non era dovuta al caso, ma al volere della divinità.

 

 

 

 

Nella Roma antica, in occasione dell'inizio dell'anno, si usava anche donare delle strenae che arcaicamente erano rametti di una pianta propizia, che si staccavano da un boschetto sulla via Sacra, consacrato a una dea di origine sabina, Strenia, apportatrice di fortuna e felicità. Poi a poco a poco si chiamarono strenae anche doni di vario genere, come succede ancora oggi.
 
 
 

 

 

É invece soltanto cristiana l'usanza del Presepe.

Il primo, vivente, con il bue e l'asino nella mangiatoia, risale al 1223 a Greccio, un paese vicino a Rieti: lo ideò san Francesco d'Assisi ispirandosi a una tradizione liturgica sorta nel secolo IX, quando in molti Paesi europei, si formarono dall'ufficio quotidiano delle ore, i cosiddetti uffici drammatici a rievocare le principali scene evangeliche con brevi dialoghi. Successivamente quei primi esperimenti si ampliarono in strutture più vaste e complesse, sicché il tema della Natività, ispirò nel monastero di Benedikburen un vero e proprio dramma, al cui centro campeggiava quella del presepe.

 

 

 

 

Ispirandosi a quelle sacre rappresentazioni, Francesco volle rievocare la scena della Natività, con un bue e un asino in carne ed ossa. “L'uomo di Dio”, scrisse san Bonaventura da Bagnoregio, “stava davanti alla mangiatoia, ricolmo di pietà, cosparso di lacrime, traboccante di gioia”. Ancora oggi a Greccio, si celebra il presepe vivente da cui sono derivati quelli inanimati. La mangiatoia era vuota ma il cavaliere Giovanni di Greccio, molto legato a Francesco, affermò di avere veduto un bellissimo fanciullino addormentato, che il beato Francesco, stringendolo con entrambe le braccia, sembrava destare dal sonno.

 

Alfredo Cattabiani

 

 

 
Tratto da Avvenire del 2 marzo 2003 – Impaginazione T.K.
 
 
 
 
 

 

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