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Arte e segreti – Scopriamo quelli della mitica opera del Bronzino… L’allegoria dell’amore e del tempo – III PARTE   Leave a comment

 

 

 

 

 

 

 

L'ALLEGORIA DELL'AMORE E DEL TEMPO

ARTE E SEGRETI

 

III  PARTE

 

 

 

 

 

 

Sono rappresentate due donne, nella parte del dipinto in alto a sinistra.

La simbologia di una delle due, la donna che piange ed urla strappandosi i capelli, è stata sempre chiara, dal Vasari ad oggi, anzi ben prima del Vasari e del Bronzino: è il simbolo della Gelosia disperata, altro inconveniente dell’amore, forse quello che più fa soffrire.

Riguardo la donna più in alto ci sono state molte discussioni; Erwin Panofsky credette di essere arrivato nel giusto definendola come Verità che aiuta il Tempo ad alzare il velo: Veritas filia Temporis, appunto. Quindi ritenne che il titolo più appropriato del quadro era: “La lussuria smascherata”. Ma ebbe la correttezza di cambiare idea quando osservò che nel quadro c’è una contrapposizione fra questa donna ed il Tempo: si scambiano sguardi irosi e sembra che la donna cerchi più di continuare a coprire col drappo piuttosto che alzarlo.
 
Oggi l’interpretazione più diffusa ritiene che questa donna rappresenti la Notte, colei che cela gli amanti ed in cui sembra che il tempo si fermi.
 
 
 
 
 

 

 

 

Al centro del quadro Cupido e Venere si baciano e si carezzano lascivamente, ma le forme di Cupido hanno ben poco di maschile, sembra un androgino.
 
Qui c’è tutta la cultura neoplatonica di Firenze che tendeva ad una rappresentazione molto simile dei corpi maschili e femminili, lo si vede benissimo dai disegni di Leonardo, Michelangelo e Raffaello.
 
L’aspetto più sorprendente è la gestualità dei due amanti: Venere ha in mano una freccia, Cupido tiene una mano sui capelli di Venere, sino ad arrivare al diadema.
 
 
 
 
 

 
 
 
 
Non possono essere gesti vacui, e l’interpretazione è singolare: entrambi stanno perseguendo la stessa finalità, che è quella di sottrarre qualcosa senza che l’altro se ne accorga.
 
Venere disarma Cupido privandolo della freccia, e Cupido disarma Venere privandola del suo diadema.
 
Entrambi operano in modo nascosto, difatti i loro gesti non possono essere reciprocamente visti.
 
Trovo convincente questa interpretazione, perché dopo che la si è sentita la prima volta non si può fare a meno di vedere la specularità dei due gesti, che sono fra di loro in corrispondenza fraudolenta.
 
 
 
 
Rivediamolo infine un'ultima volta e tutto intero, il quadro,
dopo gli spezzettamenti faticosi della spiegazione.

 

 

 

 

 

Un altro titolo dell'opera, forse più vicino alle intenzioni dell’artista, è “L’Allegoria del Trionfo di Venere”.
 
 
Il quadro è stato eseguito attorno al 1546 e segna la fine del periodo dei manieristi eroici e furiosi: il Parmigianino, il Rosso fiorentino, il Pontormo, i pittori della crisi politica italiana.
 
Due poteri politici assoluti, il Vaticano e la Spagna, hanno vinto, e “la lucida intenzionalità con cui il Bronzino dà forma incorrotta alla materia pittorica, fissando le immagini in una statica e aulica preziosità, si pone come superamento delle inquietudini della precedente generazione manieristica”.
 
E’ “un emblematico riflesso della volontà assolutistica della politica”.
 
Nel tempo succederà altre volte, ancora con grandi artisti: Guido Reni, dopo la tempesta sublime e terrestre del Caravaggio, e Jean Dominique Ingres, dopo la Rivoluzione francese, in piena Restaurazione.
 
Ma se seguiamo Erwin Panofsky, ci accorgiamo di quanta duplicità, ambiguità, insicurezza, ci sia dietro questo trionfo allegorico, ed il Bronzino ne era consapevole, solo che i tempi erano quelli.
 
La scialuppa di salvataggio non è il trionfo, è la consapevolezza, ed il sorriso che ne scaturisce, non ironico né grottesco, è il sorriso di chi ha capito, e va bene così, perché chi se ne accorge già è fuori dal gioco fraudolento della ipocrisia fatta sistema, dei disvalori elevati a valori.
 
Questo può essere il senso catartico del capolavoro del Bronzino.

 

F i n e

 

Testo di Solimano – Impaginazione note e coordinam. di Tony Kospan

 
 
 
 
PER CHI VOLESSE LEGGER
LA I PARTE

 
 
 

PER CHI VOLESSE LEGGER
LA II PARTE:

 

 

 

 
IL GRUPPO DEGLI ARTISTI
E DI CHI AMA L'ARTE?

 
 
 

Arte e segreti – Scopriamo quelli della mitica opera del Bronzino… L’allegoria dell’amore e del tempo – II PARTE   1 comment

 
 




Ripartiamo, nell’analisi del dipinto,
dalle gambe della dea, dal pomo e dalle maschere
con le parole del Solimano.


 
 
 
 
 
 
 

L’ALLEGORIA DELL’AMORE E DEL TEMPO
ARTE E SEGRETI
II  PARTE

 
 
Ma soprattutto si vedono due maschere, una giovane donna ed un uomo anziano che ha l’aria trista (triste+cattiva).
Le maschere, dice Erwin Panofsky, da sempre simboleggiano “la mondanità, l’insincerità e la falsità”.
Un raccordo con la Frode (la fanciulla), ma anche con il Piacere ed il Gioco (il putto). 
Tutto continua ad essere chiaro ed ambiguo, duplice. 
Nel particolare qui sotto del quadro del Bronzino, si vedono in parte i corpi bellissimi dei due amanti, Venere e Cupido, e continuano a comparire dei simboli, dei sublimi feticci.
Ambiguamente, il voyeurismo si nasconde dietro il significato morale e viceversa.






Proprio nell’angolo in basso si vede una colomba, ma poi se si guarda bene, si vede anche spuntare il becco e la testa di un’altra colomba.
Tubare come colombi” si dice ancor oggi, ed Erwin Panofsky scrive che era un simbolo usuale di “tenera sollecitudine”, a cui è da aggiungere che le coppie di colombi sono note per la monogamia.
Il contesto non sembra quello, considerando il cuscino evidentemente morbidissimo sotto le ginocchia di Cupido, oggetto piuttosto raro allora.
Ancora oggi parliamo dei cuscini in “piumino d’oca” proprio per intendere che la morbidezza è il primo requisito del cuscino, che è un simbolo di lascivia e di mollezza.
“I Racconti del Cuscino” è il titolo di un film pregevole ed originale di Peter Greenaway, l’autore de “I misteri dei Giardini di Compton House”.
Il tema ricorrente di Greenaway è una acuta indagine sull’erotismo, un po’ quello che fa il Bronzino qui.
Dietro Cupido, si intravedono le foglie di un mirto, simbolo classico dell’amore.



 




Ma il corpo di Cupido, è maschile o femminile?
Ci tornerò alla fine. 
In alto c’è un vecchio assai vigoroso, attento e lucidamente iracondo, la testa pelata ed una strana barba assai folta, dove c’è. I baffi spioventi gli coprono le labbra.
Ancora più in alto si vede un’ala biancastra e, vicino alla testa del vecchio, si intravede parte di una clessidra.
Corrisponde con la colomba nell’angolo opposto, quella di cui si vede solo il becco e la testa – il Bronzino era assai lucido nell’organizzare, nel pesare la rappresentazione, ed in questo caso si tratta musicalmente di due note in minore, ma indispensabili.
Questo vecchio è il simbolo del tempo, lo comprendono tutti, ma è bene porsi due domande, una particolare, ed una generale.
Che cosa sta facendo il tempo, anzi il Tempo?



Il tempo 




Sta tirando in alto un drappo, una specie di grande tenda, sta svelando il quadro, con tutti i suoi significati e la loro ambiguità che, per il fatto stesso che ce ne accorgiamo, non c’è più, perché “Veritas filia Temporis”.
 
Perché il Tempo è vecchio? Una domanda ovvia, ma solo in apparenza.
 
Parrà strano, ma nella antichità classica il Tempo non era rappresentato come un vecchio, non c’era questa attenzione all’età del Tempo, anzi, spesso era rappresentato come un giovane con le ali ai piedi: Kairòs, l’Opportunità, che passa veloce e la devi cogliere subito, difatti aveva un gran ciuffo davanti e la nuca rasata.
Il Tempo è rappresentato come un vecchio per l’equivoco tardo-antico fra due parole greche che hanno significato diverso: Chronos, il tempo e Kronos, il padre di Zeus, vecchio e cattivissimo, un mangiabambini, alla lettera.
 
Lascio a voi la riflessione su quanto questa identificazione negativa del Tempo abbia pesato sulla visione di vita di tutto l’Occidente.
 
Per gli antichi Greci, Chronos era una cosa e Kronos tutta un’altra cosa.
 
Kronos, il nostro Saturno, si è mangiato pure Chronos… ed è un bel guaio.









Sono rappresentate due donne, nella parte del dipinto in alto a sinistra.
La simbologia di una delle due, la donna che piange ed urla strappandosi i capelli, è stata sempre chiara, dal Vasari ad oggi, anzi ben prima del Vasari e del Bronzino: è il simbolo della Gelosia disperata, altro inconveniente dell’amore, forse quello che più fa soffrire.

Riguardo la donna più in alto ci sono state molte discussioni; Erwin Panofsky credette di essere arrivato nel giusto definendola come Verità che aiuta il Tempo ad alzare il velo: Veritas filia Temporis, appunto. 
Quindi ritenne che il titolo più appropriato del quadro era: “La lussuria smascherata“. 
Ma ebbe la correttezza di cambiare idea quando osservò che nel quadro c’è una contrapposizione fra questa donna ed il Tempo: si scambiano sguardi irosi e sembra che la donna cerchi più di continuare a coprire col drappo piuttosto che alzarlo. 
Oggi l’interpretazione più diffusa ritiene che questa donna rappresenti la Notte, colei che cela gli amanti ed in cui sembra che il tempo si fermi. 

 
 
 

 

 

Al centro del quadro Cupido e Venere si baciano e si carezzano lascivamente, ma le forme di Cupido hanno ben poco di maschile, sembra un androgino.
 
Qui c’è tutta la cultura neoplatonica di Firenze che tendeva ad una rappresentazione molto simile dei corpi maschili e femminili, lo si vede benissimo dai disegni di Leonardo, Michelangelo e Raffaello.
 
L’aspetto più sorprendente è la gestualità dei due amanti: Venere ha in mano una freccia, Cupido tiene una mano sui capelli di Venere, sino ad arrivare al diadema. 
 
Non possono essere gesti vacui, e l’interpretazione è singolare: entrambi stanno perseguendo la stessa finalità, che è quella di sottrarre qualcosa senza che l’altro se ne accorga.
 
Venere disarma Cupido privandolo della freccia, e Cupido disarma Venere privandola del suo diadema.
 
Entrambi operano in modo nascosto, difatti i loro gesti non possono essere reciprocamente visti.
 
Trovo convincente questa interpretazione, perché dopo che la si è sentita la prima volta non si può fare a meno di vedere la specularità dei due gesti, che sono fra di loro in corrispondenza fraudolenta.



 




Rivediamolo infine un’ultima volta e tutto intero, il quadro,
dopo gli spezzettamenti faticosi della spiegazione.


 

 

 

 


 

Un altro titolo dell’opera, forse più vicino alle intenzioni dell’artista, è “L’Allegoria del Trionfo di Venere”.
 
 
Il quadro è stato eseguito attorno al 1546 e segna la fine del periodo dei manieristi eroici e furiosi: il Parmigianino, il Rosso fiorentino, il Pontormo, i pittori della crisi politica italiana.
 
Due poteri politici assoluti, il Vaticano e la Spagna, hanno vinto, e “la lucida intenzionalità con cui il Bronzino dà forma incorrotta alla materia pittorica, fissando le immagini in una statica e aulica preziosità, si pone come superamento delle inquietudini della precedente generazione manieristica”.
 
E’ “un emblematico riflesso della volontà assolutistica della politica”.
 
Nel tempo succederà altre volte, ancora con grandi artisti: Guido Reni, dopo la tempesta sublime e terrestre del Caravaggio, e Jean Dominique Ingres, dopo la Rivoluzione francese, in piena Restaurazione.
 
Ma se seguiamo Erwin Panofsky, ci accorgiamo di quanta duplicità, ambiguità, insicurezza, ci sia dietro questo trionfo allegorico, ed il Bronzino ne era consapevole, solo che i tempi erano quelli.
 
La scialuppa di salvataggio non è il trionfo, è la consapevolezza, ed il sorriso che ne scaturisce, non ironico né grottesco, è il sorriso di chi ha capito, e va bene così, perché chi se ne accorge già è fuori dal gioco fraudolento della ipocrisia fatta sistema, dei disvalori elevati a valori.
 


Questo può essere il senso catartico del capolavoro del Bronzino.

 

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Testo di Solimano – Impaginazione note e coordinam. di Tony Kospan




PER CHI VOLESSE LEGGER LA I PARTE




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Arte e segreti – Scopriamo quelli della mitica opera del Bronzino… L’allegoria dell’amore e del tempo   Leave a comment






Spesso l’Arte ama nascondere pensieri e/o messaggi segreti
che solo pochi poi riescono a individuare e comprendere in modo completo.

Questo, nella Storia dell’Arte, è proprio uno dei dipinti
più emblematici in tal senso.







In verità ciò, a mio parere, non vuol dire
che bisogna conoscer tutto lo scibile umano
per comprender un’opera d’arte
ma solo che ci sono tante letture
quante sono le nostre capacità di comprensione
dello spirito e delle idee dell’autore
nonché del mondo reale ed artistico in cui l’opera nasce.



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ALLEGORIA DELL’AMORE E DEL TEMPO

– ARTE E SEGRETI

 

I PARTE

 

 

Agnolo Bronzino


 

In questo post analizzeremo questo famoso dipinto “manierista” che nasconde, dietro la fantastica ed abbagliante bellezza molto, ma davvero molto…, molto altro…
 
Ogni immagine che vediamo nel dipinto infatti non è per nulla casuale… ma ci lancia in modo evidente una serie di messaggi, per la verità non tutti, e non del tutto, decifrati… o decifrabili.
 
Iniziamo dunque, grazie a quest’ampia analisi del Solimano, ricca anche di accenni storici e mitologici, ad approfondire quello che il Bronzino ci vuol dire.
 
Tony Kospan
 
 
  
 
L’Allegoria dell’Amore e del Tempo – Il dipinto completo
   

 

 
Il quadro più celebre di Agnolo Bronzino è “L’Allegoria dell’Amore e del Tempo“, attualmente esposto alla National Gallery di Londra.
 
Fu eseguito attorno al 1546, ed immediatamente mandato da Cosimo, duca di Firenze, a Francesco, re di Francia.
 
E’ certamente una allegoria, il titolo che ho riportato è quello più diffuso.
 


Così ne narra il Vasari
“Fece un quadro di singolare bellezza, che fu mandato in Francia al re Francesco, dentro il quale era una Venere ignuda con Cupido che la baciava, ed il Piacere da un lato e il Giuoco con altri Amori, e dall’altro la Fraude, la Gelosia et altre passioni d’amore”.
 

C’è qualche inesattezza, ma è comprensibile, il Vasari scriveva a memoria, il quadro era già in Francia da diverso tempo.
 
Se si dovesse scegliere l’emblema del manierismo maturo non c’è alcun dubbio, sarebbe questo quadro, considerato da molti un’opera di sensualità affascinante, ed il re di Francia lo gradì soprattutto per questo motivo, come ben sapeva quella volpe di Cosimo de’ Medici.

 
Ma è proprio così?

 


O, per meglio dire, è solo così?
 
Nel particolare che inserisco si vede un putto bellissimo che va spargendo petali di rose

è il simbolo del Piacere, su questo sono tutti d’accordo, fin dal Vasari, 

ma chi è la fanciulla assai bella – di una bellezza diversa – il cui volto si vede a fianco del putto?

Il grande Erwin Panofsky ha dedicato alcune delle sue pagine più belle a quest’opera.
 
Racconto quale è la sua interpretazione, oggi quasi* (nota di Tony Kospan) universalmente condivisa.


 
 



Il Piacere (partic. by TK)
 
 

La fanciulla il cui bel volto sbuca dietro il putto, è piuttosto strana, se si cerca di guardarne il corpo, che in parte si nasconde sempre dietro il putto, e non è un caso. 

Perché la bella veste verde che indossa è in parte sollevata, ed appare un corpo squamoso, da pesce o da rettile. 

Più in basso, compariranno delle zampe con artigli ed anche una lunga coda. 

In una mano tiene un favo di miele, nell’altra cerca di nascondere un piccolo animale venefico.

Non solo, a ben guardare le due mani sono scambiate: la destra è una sinistra, e la sinistra una destra.








Qualche critico, fermandosi alla pelle squamosa, ha ritenuto che fosse una Arpia, ma sono le mani, a svelare l’identità: 

la mano cattiva che offre il dono, la mano buona che nasconde il veleno: una duplicità vertiginosa.


E’ la
Frode (anche l’Inganno o l’Ipocrisia, secondo gli iconologi del ’500), la cui caratteristica fondamentale è proprio la duplicità: 

per questo il viso è bellissimo ed il corpo orribile, 

per questo le mani sono scambiate, 

per questo non sta in primo piano, ma si nasconde dietro al putto, che è il simbolo del Piacere e del Gioco.

Proprio negli anni in cui opera il Bronzino si diffonde il gusto dei labirinti: 

grafici, scolpiti, realizzati nei giardini, quasi a significare la perdita di senso, la difficoltà di trovare una risposta univoca: 

la Frode è una moderna Sfinge, più insidiosa di quella che incontrò Edipo.


 


L’inganno – La fanciulla dietro al putto (guardate le mani n.T.K.)

 

 

Se si esamina il particolare in basso a destra del quadro del Bronzino, si scoprono altri aspetti di cui alcuni inattesi.

Non lo è il pomo nella mano (splendida!) di Venere, un dono che la dea intende offrire ad Amore o Cupido (si badi, è suo figlio, in quasi tutti i miti, e quindi c’è pure il coté incestuoso); 

tiene il pomo in modo che Cupido lo veda – però con l’altra mano tiene una freccia, che Cupido non può vedere, ma di ciò poi.

Si intravedono anche parte delle gambe della dea, che è di una bellezza non so dire se divina o diabolica, ed il Bronzino a questo voleva portarci, ad una ammirazione tanto forte quanto turbata.



Pomo, Gambe della dea e maschere (partic.)

 

 

Si vede che il putto ha una cavigliera ornata con campanelli, un motivo dell’antichità ellenistica che rimanda al Piacere ed al Gioco.

Si intravedono anche le zampe con gli artigli della bella fanciulla, la Frode, e la sua lunga coda, simile, diremmo noi, a quella di un enorme serpente a sonagli, che presumibilmente il Bronzino non conosceva (ma che strano, sonagli-campanelli!).


– Continua


   Autore del testo Solimano – Impaginazione e presentazione di Tony Kospan



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Amore e Psiche… l’antica favola… il suo significato e le opere d’arte a lei dedicate   2 comments






La storia, che leggeremo e che illustreremo con diversi capolavori, è giunta a noi attraverso “Le Metamorfosi”, opera di Apuleio, scrittore latino, ma si pensa che abbia origini molto più antiche…
E' una storia molto bella che ha affascinato anche tantissimi artisti nel corso dei secoli che ad essa si sono ispirati per le loro opere… di cui potremo ammirarne ora qui alcune tra le più note…
Conosceremo anche uno dei suoi più noti ed importanti significati.
 


 

 
 

 
LA FAVOLA ANTICA DI AMORE E PSICHE


Psiche era una bellissima principessa, così bella da causare l’invidia di Venere.
La dea inviò suo figlio Eros perché la facesse innamorare dell’uomo più brutto e avaro della terra, in modo che Psiche poteva esser ricoperta dalla vergogna di una simile relazione. 
Ma il dio, Eros, si innamorò della bella mortale, e con l’aiuto di Zefiro (il dio del vento), la trasportò al suo palazzo, dove, imponendo che gli incontri avvenissero al buio per non incorrere nelle ire della madre Venere, la fece sua.
Ogni notte dunque Eros andava alla ricerca di Psiche ed ogni notte i due bruciavano la loro passione in un amore che mai nessun mortale aveva conosciuto.



 Anthony van Dyck



Psiche era dunque prigioniera nel castello di Eros, legata da una passione che le travolgeva i sensi.
Una notte Psiche, istigata dalle sorelle, decise di vedere il volto del suo amante, pronta a tutto, anche all’uomo più orripilante, pur di conoscerlo.
Fu questa bramosia di conoscenza ad esserle fatale: una goccia cadde dalla lampada e ustionò il suo amante.
Allora Eros volò via e Venere scagliò la sua punizione sottoponendola a diverse prove.
Nella prima, dovette suddividere un mucchio di granaglie con diverse dimensioni in tanti mucchietti uguali e Psiche disperata, non provò nemmeno ad assolvere il compito che le era stato assegnato, ma ricevette un aiuto inaspettato da un gruppo di formiche, che intendevano ingraziarsi il suo innamorato.
 L’ultima e più difficile prova consistette nel discendere negli inferi e chiedere alla dea Proserpina (dea del regno dei morti) un po’ della sua bellezza.
Psiche meditò allora addirittura il suicidio arrivando molto vicino a gettarsi dalla cima di una torre. Improvvisamente, però, la torre si animò e le indicò come assolvere la sua missione.
Durante il ritorno, però Psiche mossa dalla solita curiositò a lei tanto cara, aprì l’ampolla (data da Venere) contenente il dono di Proserpina,.
Ma il dono in realtà  conteneva il sonno più profondo.
 
 

 

 William Bouguereau – partic. (1895)
 
 

Ancora una volta però venne in suo aiuto Eros (Amore) che la risvegliò dopo aver rimesso a posto la nuvola del sonno  che era uscita dall’ampolla.
Solo alla fine, lacerata nel corpo e nella mente,
Psiche ricevette l’aiuto di Giove. Mosso da compassione il padre degli dei fece in modo che gli amanti si riunissero.
Psiche divienne anche lei una dea e sposò Amore.



Canova
 
 

La favola termina con un grande banchetto al quale parteciparono tutti gli dei, alcuni anche in funzioni inusuali: per esempio, Bacco fece da coppiere, le tre Grazie suonarono e il dio Vulcano si occupò di cucinare il ricco pranzo.
Al termine del banchetto i due giovani bruciarono per tutta la notte la loro incontenibile passione e da questa unione nacque un figlio, Piacere, identificato dai latini con il termine Voluttà (Voluptas).



John William Waterhouse 



IL SIGNIFICATO

Uno dei più importanti significati, che proverò a descrivere secondo il mio vedere, è che la favola ci vuol rivelare che viviamo in un continuo dinamico dualismo… .
La luce ed il buio in particolare.
Psiche è la creatura del giorno, Amore è presente solo di notte.
Eros rappresenta l'amore fisico e Psiche l'amore del cuore.
Entrambi dovranno superare molte prove nel mondo reale per raggiungere l'agognata fusione tra corpo e anima… e solo allora si raggiungerà quello che la favola definisce Piacere o Voluttà ma che potremmo anche definire Estasi o Fusione con l'Infinito.






Lo spagnolo



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I significati segreti dell’Allegoria dell’Amore e del Tempo… mitica opera del Bronzino – II Parte   Leave a comment

 
 




Ripartiamo, nell’analisi del dipinto,
dalle gambe della dea, dal pomo e dalle maschere
con le parole del Solimano.


 
 
 
 
 
 
 

L’ALLEGORIA DELL’AMORE E DEL TEMPO
ARTE E SEGRETI
II  PARTE

 
 
Ma soprattutto si vedono due maschere, una giovane donna ed un uomo anziano che ha l’aria trista (triste+cattiva).
Le maschere, dice Erwin Panofsky, da sempre simboleggiano “la mondanità, l’insincerità e la falsità”.
Un raccordo con la Frode (la fanciulla), ma anche con il Piacere ed il Gioco (il putto). 
Tutto continua ad essere chiaro ed ambiguo, duplice. 
Nel particolare qui sotto del quadro del Bronzino, si vedono in parte i corpi bellissimi dei due amanti, Venere e Cupido, e continuano a comparire dei simboli, dei sublimi feticci.
Ambiguamente, il voyeurismo si nasconde dietro il significato morale e viceversa.






Proprio nell’angolo in basso si vede una colomba, ma poi se si guarda bene, si vede anche spuntare il becco e la testa di un’altra colomba.
Tubare come colombi” si dice ancor oggi, ed Erwin Panofsky scrive che era un simbolo usuale di “tenera sollecitudine”, a cui è da aggiungere che le coppie di colombi sono note per la monogamia.
Il contesto non sembra quello, considerando il cuscino evidentemente morbidissimo sotto le ginocchia di Cupido, oggetto piuttosto raro allora.
Ancora oggi parliamo dei cuscini in “piumino d’oca” proprio per intendere che la morbidezza è il primo requisito del cuscino, che è un simbolo di lascivia e di mollezza.
“I Racconti del Cuscino” è il titolo di un film pregevole ed originale di Peter Greenaway, l’autore de “I misteri dei Giardini di Compton House”.
Il tema ricorrente di Greenaway è una acuta indagine sull’erotismo, un po’ quello che fa il Bronzino qui.
Dietro Cupido, si intravedono le foglie di un mirto, simbolo classico dell’amore.



 




Ma il corpo di Cupido, è maschile o femminile?
Ci tornerò alla fine. 
In alto c’è un vecchio assai vigoroso, attento e lucidamente iracondo, la testa pelata ed una strana barba assai folta, dove c’è. I baffi spioventi gli coprono le labbra.
Ancora più in alto si vede un’ala biancastra e, vicino alla testa del vecchio, si intravede parte di una clessidra.
Corrisponde con la colomba nell’angolo opposto, quella di cui si vede solo il becco e la testa – il Bronzino era assai lucido nell’organizzare, nel pesare la rappresentazione, ed in questo caso si tratta musicalmente di due note in minore, ma indispensabili.
Questo vecchio è il simbolo del tempo, lo comprendono tutti, ma è bene porsi due domande, una particolare, ed una generale.
Che cosa sta facendo il tempo, anzi il Tempo?



Il tempo 




Sta tirando in alto un drappo, una specie di grande tenda, sta svelando il quadro, con tutti i suoi significati e la loro ambiguità che, per il fatto stesso che ce ne accorgiamo, non c’è più, perché “Veritas filia Temporis”.
 
Perché il Tempo è vecchio? Una domanda ovvia, ma solo in apparenza.
 
Parrà strano, ma nella antichità classica il Tempo non era rappresentato come un vecchio, non c’era questa attenzione all’età del Tempo, anzi, spesso era rappresentato come un giovane con le ali ai piedi: Kairòs, l’Opportunità, che passa veloce e la devi cogliere subito, difatti aveva un gran ciuffo davanti e la nuca rasata.
Il Tempo è rappresentato come un vecchio per l’equivoco tardo-antico fra due parole greche che hanno significato diverso: Chronos, il tempo e Kronos, il padre di Zeus, vecchio e cattivissimo, un mangiabambini, alla lettera.
 
Lascio a voi la riflessione su quanto questa identificazione negativa del Tempo abbia pesato sulla visione di vita di tutto l’Occidente.
 
Per gli antichi Greci, Chronos era una cosa e Kronos tutta un’altra cosa.
 
Kronos, il nostro Saturno, si è mangiato pure Chronos… ed è un bel guaio.









Sono rappresentate due donne, nella parte del dipinto in alto a sinistra.
La simbologia di una delle due, la donna che piange ed urla strappandosi i capelli, è stata sempre chiara, dal Vasari ad oggi, anzi ben prima del Vasari e del Bronzino: è il simbolo della Gelosia disperata, altro inconveniente dell’amore, forse quello che più fa soffrire.

Riguardo la donna più in alto ci sono state molte discussioni; Erwin Panofsky credette di essere arrivato nel giusto definendola come Verità che aiuta il Tempo ad alzare il velo: Veritas filia Temporis, appunto. 
Quindi ritenne che il titolo più appropriato del quadro era: “La lussuria smascherata“. 
Ma ebbe la correttezza di cambiare idea quando osservò che nel quadro c’è una contrapposizione fra questa donna ed il Tempo: si scambiano sguardi irosi e sembra che la donna cerchi più di continuare a coprire col drappo piuttosto che alzarlo. 
Oggi l’interpretazione più diffusa ritiene che questa donna rappresenti la Notte, colei che cela gli amanti ed in cui sembra che il tempo si fermi. 

 
 
 

 

 

Al centro del quadro Cupido e Venere si baciano e si carezzano lascivamente, ma le forme di Cupido hanno ben poco di maschile, sembra un androgino.
 
Qui c’è tutta la cultura neoplatonica di Firenze che tendeva ad una rappresentazione molto simile dei corpi maschili e femminili, lo si vede benissimo dai disegni di Leonardo, Michelangelo e Raffaello.
 
L’aspetto più sorprendente è la gestualità dei due amanti: Venere ha in mano una freccia, Cupido tiene una mano sui capelli di Venere, sino ad arrivare al diadema. 
 
Non possono essere gesti vacui, e l’interpretazione è singolare: entrambi stanno perseguendo la stessa finalità, che è quella di sottrarre qualcosa senza che l’altro se ne accorga.
 
Venere disarma Cupido privandolo della freccia, e Cupido disarma Venere privandola del suo diadema.
 
Entrambi operano in modo nascosto, difatti i loro gesti non possono essere reciprocamente visti.
 
Trovo convincente questa interpretazione, perché dopo che la si è sentita la prima volta non si può fare a meno di vedere la specularità dei due gesti, che sono fra di loro in corrispondenza fraudolenta.



 




Rivediamolo infine un’ultima volta e tutto intero, il quadro,
dopo gli spezzettamenti faticosi della spiegazione.


 

 

 

 


 

Un altro titolo dell’opera, forse più vicino alle intenzioni dell’artista, è “L’Allegoria del Trionfo di Venere”.
 
 
Il quadro è stato eseguito attorno al 1546 e segna la fine del periodo dei manieristi eroici e furiosi: il Parmigianino, il Rosso fiorentino, il Pontormo, i pittori della crisi politica italiana.
 
Due poteri politici assoluti, il Vaticano e la Spagna, hanno vinto, e “la lucida intenzionalità con cui il Bronzino dà forma incorrotta alla materia pittorica, fissando le immagini in una statica e aulica preziosità, si pone come superamento delle inquietudini della precedente generazione manieristica”.
 
E’ “un emblematico riflesso della volontà assolutistica della politica”.
 
Nel tempo succederà altre volte, ancora con grandi artisti: Guido Reni, dopo la tempesta sublime e terrestre del Caravaggio, e Jean Dominique Ingres, dopo la Rivoluzione francese, in piena Restaurazione.
 
Ma se seguiamo Erwin Panofsky, ci accorgiamo di quanta duplicità, ambiguità, insicurezza, ci sia dietro questo trionfo allegorico, ed il Bronzino ne era consapevole, solo che i tempi erano quelli.
 
La scialuppa di salvataggio non è il trionfo, è la consapevolezza, ed il sorriso che ne scaturisce, non ironico né grottesco, è il sorriso di chi ha capito, e va bene così, perché chi se ne accorge già è fuori dal gioco fraudolento della ipocrisia fatta sistema, dei disvalori elevati a valori.
 


Questo può essere il senso catartico del capolavoro del Bronzino.

 

F i n e

 

Testo di Solimano – Impaginazione note e coordinam. di Tony Kospan




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I segreti dell’Allegoria dell’Amore e del Tempo… mitica opera del Bronzino – III Parte   2 comments

 

 

Concludiamo l'analisi del mitico dipinto

svelando i nascosti significati degli altri personaggi

 

 

 

 

 

 

 

L'ALLEGORIA DELL'AMORE E DEL TEMPO

ARTE E SEGRETI

 

III  PARTE

 

 

 

 

 

 

Sono rappresentate due donne, nella parte del dipinto in alto a sinistra.

La simbologia di una delle due, la donna che piange ed urla strappandosi i capelli, è stata sempre chiara, dal Vasari ad oggi, anzi ben prima del Vasari e del Bronzino: è il simbolo della Gelosia disperata, altro inconveniente dell’amore, forse quello che più fa soffrire.

Riguardo la donna più in alto ci sono state molte discussioni; Erwin Panofsky credette di essere arrivato nel giusto definendola come Verità che aiuta il Tempo ad alzare il velo: Veritas filia Temporis, appunto. Quindi ritenne che il titolo più appropriato del quadro era: “La lussuria smascherata”. Ma ebbe la correttezza di cambiare idea quando osservò che nel quadro c’è una contrapposizione fra questa donna ed il Tempo: si scambiano sguardi irosi e sembra che la donna cerchi più di continuare a coprire col drappo piuttosto che alzarlo.
 
Oggi l’interpretazione più diffusa ritiene che questa donna rappresenti la Notte, colei che cela gli amanti ed in cui sembra che il tempo si fermi.
 
 
 
 
 

 

 

 

Al centro del quadro Cupido e Venere si baciano e si carezzano lascivamente, ma le forme di Cupido hanno ben poco di maschile, sembra un androgino.
Qui c’è tutta la cultura neoplatonica di Firenze che tendeva ad una rappresentazione molto simile dei corpi maschili e femminili, lo si vede benissimo dai disegni di Leonardo, Michelangelo e Raffaello.
L’aspetto più sorprendente è la gestualità dei due amanti: Venere ha in mano una freccia, Cupido tiene una mano sui capelli di Venere, sino ad arrivare al diadema.
 
 
 
 
 

 
 
 
 
Non possono essere gesti vacui, e l’interpretazione è singolare: entrambi stanno perseguendo la stessa finalità, che è quella di sottrarre qualcosa senza che l’altro se ne accorga.
Venere disarma Cupido privandolo della freccia, e Cupido disarma Venere privandola del suo diadema.
Entrambi operano in modo nascosto, difatti i loro gesti non possono essere reciprocamente visti.
Trovo convincente questa interpretazione, perché dopo che la si è sentita la prima volta non si può fare a meno di vedere la specularità dei due gesti, che sono fra di loro in corrispondenza fraudolenta.
 
 
 
Rivediamolo infine un'ultima volta e tutto intero, il quadro,
dopo gli spezzettamenti faticosi della spiegazione.

 

 

 

 

Un altro titolo dell'opera, forse vicino alle intenzioni dell’artista, è “L’Allegoria del Trionfo di Venere”.
 
 
Il quadro è stato eseguito attorno al 1546 e segna la fine del periodo dei manieristi eroici e furiosi: il Parmigianino, il Rosso fiorentino, il Pontormo, i pittori della crisi politica italiana.
 
Due poteri politici assoluti, il Vaticano e la Spagna, hanno vinto, e “la lucida intenzionalità con cui il Bronzino dà forma incorrotta alla materia pittorica, fissando le immagini in una statica e aulica preziosità, si pone come superamento delle inquietudini della precedente generazione manieristica”.
E’ “un emblematico riflesso della volontà assolutistica della politica”.
 
Nel tempo succederà altre volte, ancora con grandi artisti: Guido Reni, dopo la tempesta sublime e terrestre del Caravaggio, e Jean Dominique Ingres, dopo la Rivoluzione francese, in piena Restaurazione.
 
Ma se seguiamo Erwin Panofsky, ci accorgiamo di quanta duplicità, ambiguità, insicurezza, ci sia dietro questo trionfo allegorico, ed il Bronzino ne era consapevole, solo che i tempi erano quelli.
 
La scialuppa di salvataggio non è il trionfo, è la consapevolezza, ed il sorriso che ne scaturisce, non ironico né grottesco, è il sorriso di chi ha capito, e va bene così, perché chi se ne accorge già è fuori dal gioco fraudolento della ipocrisia fatta sistema, dei disvalori elevati a valori.
 
Questo può essere il senso catartico del capolavoro del Bronzino.

 

F i n e

 

Testo di Solimano – Impaginazione note e coordinam. di Tony Kospan

 
 
 
 
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LA I PARTE

 
 
 

PER CHI VOLESSE LEGGER
LA II PARTE:

 

 

 

 
IL GRUPPO DEGLI ARTISTI
E DI CHI AMA L'ARTE?

 
 
 

I segreti dell’Allegoria dell’Amore e del Tempo… mitica opera del Bronzino – II Parte   Leave a comment

 
 




Ripartiamo, nell’analisi del dipinto,
dalle gambe della dea, dal pomo e dalle maschere
con le parole del Solimano.


 
 
 
 
 
 
 

L’ALLEGORIA DELL’AMORE E DEL TEMPO
ARTE E SEGRETI
II  PARTE

 
 
Ma soprattutto si vedono due maschere, una giovane donna ed un uomo anziano che ha l’aria trista (triste+cattiva).
Le maschere, dice Erwin Panofsky, da sempre simboleggiano “la mondanità, l’insincerità e la falsità”.
Un raccordo con la Frode (la fanciulla), ma anche con il Piacere ed il Gioco (il putto). 
Tutto continua ad essere chiaro ed ambiguo, duplice. 
Nel particolare qui sotto del quadro del Bronzino, si vedono in parte i corpi bellissimi dei due amanti, Venere e Cupido, e continuano a comparire dei simboli, dei sublimi feticci.
Ambiguamente, il voyeurismo si nasconde dietro il significato morale e viceversa.






Proprio nell’angolo in basso si vede una colomba, ma poi se si guarda bene, si vede anche spuntare il becco e la testa di un’altra colomba.
Tubare come colombi” si dice ancor oggi, ed Erwin Panofsky scrive che era un simbolo usuale di “tenera sollecitudine”, a cui è da aggiungere che le coppie di colombi sono note per la monogamia.
Il contesto non sembra quello, considerando il cuscino evidentemente morbidissimo sotto le ginocchia di Cupido, oggetto piuttosto raro allora.
Ancora oggi parliamo dei cuscini in “piumino d’oca” proprio per intendere che la morbidezza è il primo requisito del cuscino, che è un simbolo di lascivia e di mollezza.
“I Racconti del Cuscino” è il titolo di un film pregevole ed originale di Peter Greenaway, l’autore de “I misteri dei Giardini di Compton House”.
Il tema ricorrente di Greenaway è una acuta indagine sull’erotismo, un po’ quello che fa il Bronzino qui.
Dietro Cupido, si intravedono le foglie di un mirto, simbolo classico dell’amore.



 




Ma il corpo di Cupido, è maschile o femminile?
Ci tornerò alla fine. 
In alto c’è un vecchio assai vigoroso, attento e lucidamente iracondo, la testa pelata ed una strana barba assai folta, dove c’è. I baffi spioventi gli coprono le labbra.
Ancora più in alto si vede un’ala biancastra e, vicino alla testa del vecchio, si intravede parte di una clessidra.
Corrisponde con la colomba nell’angolo opposto, quella di cui si vede solo il becco e la testa – il Bronzino era assai lucido nell’organizzare, nel pesare la rappresentazione, ed in questo caso si tratta musicalmente di due note in minore, ma indispensabili.
Questo vecchio è il simbolo del tempo, lo comprendono tutti, ma è bene porsi due domande, una particolare, ed una generale.
Che cosa sta facendo il tempo, anzi il Tempo?



Il tempo 




Sta tirando in alto un drappo, una specie di grande tenda, sta svelando il quadro, con tutti i suoi significati e la loro ambiguità che, per il fatto stesso che ce ne accorgiamo, non c’è più, perché “Veritas filia Temporis”.
 
Perché il Tempo è vecchio? Una domanda ovvia, ma solo in apparenza.
 
Parrà strano, ma nella antichità classica il Tempo non era rappresentato come un vecchio, non c’era questa attenzione all’età del Tempo, anzi, spesso era rappresentato come un giovane con le ali ai piedi: Kairòs, l’Opportunità, che passa veloce e la devi cogliere subito, difatti aveva un gran ciuffo davanti e la nuca rasata.
Il Tempo è rappresentato come un vecchio per l’equivoco tardo-antico fra due parole greche che hanno significato diverso: Chronos, il tempo e Kronos, il padre di Zeus, vecchio e cattivissimo, un mangiabambini, alla lettera.
 
Lascio a voi la riflessione su quanto questa identificazione negativa del Tempo abbia pesato sulla visione di vita di tutto l’Occidente.
 
Per gli antichi Greci, Chronos era una cosa e Kronos tutta un’altra cosa.
 
Kronos, il nostro Saturno, si è mangiato pure Chronos… ed è un bel guaio.









Sono rappresentate due donne, nella parte del dipinto in alto a sinistra.
La simbologia di una delle due, la donna che piange ed urla strappandosi i capelli, è stata sempre chiara, dal Vasari ad oggi, anzi ben prima del Vasari e del Bronzino: è il simbolo della Gelosia disperata, altro inconveniente dell’amore, forse quello che più fa soffrire.

Riguardo la donna più in alto ci sono state molte discussioni; Erwin Panofsky credette di essere arrivato nel giusto definendola come Verità che aiuta il Tempo ad alzare il velo: Veritas filia Temporis, appunto. 
Quindi ritenne che il titolo più appropriato del quadro era: “La lussuria smascherata“. 
Ma ebbe la correttezza di cambiare idea quando osservò che nel quadro c’è una contrapposizione fra questa donna ed il Tempo: si scambiano sguardi irosi e sembra che la donna cerchi più di continuare a coprire col drappo piuttosto che alzarlo. 
Oggi l’interpretazione più diffusa ritiene che questa donna rappresenti la Notte, colei che cela gli amanti ed in cui sembra che il tempo si fermi. 

 
 
 

 

 

Al centro del quadro Cupido e Venere si baciano e si carezzano lascivamente, ma le forme di Cupido hanno ben poco di maschile, sembra un androgino.
 
Qui c’è tutta la cultura neoplatonica di Firenze che tendeva ad una rappresentazione molto simile dei corpi maschili e femminili, lo si vede benissimo dai disegni di Leonardo, Michelangelo e Raffaello.
 
L’aspetto più sorprendente è la gestualità dei due amanti: Venere ha in mano una freccia, Cupido tiene una mano sui capelli di Venere, sino ad arrivare al diadema. 
 
Non possono essere gesti vacui, e l’interpretazione è singolare: entrambi stanno perseguendo la stessa finalità, che è quella di sottrarre qualcosa senza che l’altro se ne accorga.
 
Venere disarma Cupido privandolo della freccia, e Cupido disarma Venere privandola del suo diadema.
 
Entrambi operano in modo nascosto, difatti i loro gesti non possono essere reciprocamente visti.
 
Trovo convincente questa interpretazione, perché dopo che la si è sentita la prima volta non si può fare a meno di vedere la specularità dei due gesti, che sono fra di loro in corrispondenza fraudolenta.



 




Rivediamolo infine un’ultima volta e tutto intero, il quadro,
dopo gli spezzettamenti faticosi della spiegazione.


 

 

 

 


 

Un altro titolo dell’opera, forse più vicino alle intenzioni dell’artista, è “L’Allegoria del Trionfo di Venere”.
 
 
Il quadro è stato eseguito attorno al 1546 e segna la fine del periodo dei manieristi eroici e furiosi: il Parmigianino, il Rosso fiorentino, il Pontormo, i pittori della crisi politica italiana.
 
Due poteri politici assoluti, il Vaticano e la Spagna, hanno vinto, e “la lucida intenzionalità con cui il Bronzino dà forma incorrotta alla materia pittorica, fissando le immagini in una statica e aulica preziosità, si pone come superamento delle inquietudini della precedente generazione manieristica”.
 
E’ “un emblematico riflesso della volontà assolutistica della politica”.
 
Nel tempo succederà altre volte, ancora con grandi artisti: Guido Reni, dopo la tempesta sublime e terrestre del Caravaggio, e Jean Dominique Ingres, dopo la Rivoluzione francese, in piena Restaurazione.
 
Ma se seguiamo Erwin Panofsky, ci accorgiamo di quanta duplicità, ambiguità, insicurezza, ci sia dietro questo trionfo allegorico, ed il Bronzino ne era consapevole, solo che i tempi erano quelli.
 
La scialuppa di salvataggio non è il trionfo, è la consapevolezza, ed il sorriso che ne scaturisce, non ironico né grottesco, è il sorriso di chi ha capito, e va bene così, perché chi se ne accorge già è fuori dal gioco fraudolento della ipocrisia fatta sistema, dei disvalori elevati a valori.
 


Questo può essere il senso catartico del capolavoro del Bronzino.

 

F i n e

 

Testo di Solimano – Impaginazione note e coordinam. di Tony Kospan




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Il millenario mito di Amore e Psiche… Storia arte e significato   5 comments






La storia, che leggeremo e che illustreremo con diversi capolavori, è giunta a noi attraverso “Le Metamorfosi”, opera di Apuleio, scrittore latino, ma si pensa che abbia origini molto più antiche…
E' una storia molto bella che ha affascinato anche tantissimi artisti nel corso dei secoli che ad essa si sono ispirati per le loro opere… di cui potremo ammirarne ora qui alcune tra le più note…
Conosceremo anche uno dei suoi più noti ed importanti significati.
 


 

 
 

 
LA FAVOLA ANTICA DI AMORE E PSICHE


Psiche era una bellissima principessa, così bella da causare l’invidia di Venere.
La dea inviò suo figlio Eros perché la facesse innamorare dell’uomo più brutto e avaro della terra, in modo che Psiche poteva esser ricoperta dalla vergogna di una simile relazione. 
Ma il dio, Eros, si innamorò della bella mortale, e con l’aiuto di Zefiro (il dio del vento), la trasportò al suo palazzo, dove, imponendo che gli incontri avvenissero al buio per non incorrere nelle ire della madre Venere, la fece sua.
Ogni notte dunque Eros andava alla ricerca di Psiche ed ogni notte i due bruciavano la loro passione in un amore che mai nessun mortale aveva conosciuto.



 Anthony van Dyck



Psiche era dunque prigioniera nel castello di Eros, legata da una passione che le travolgeva i sensi.
Una notte Psiche, istigata dalle sorelle, decise di vedere il volto del suo amante, pronta a tutto, anche all’uomo più orripilante, pur di conoscerlo.
Fu questa bramosia di conoscenza ad esserle fatale: una goccia cadde dalla lampada e ustionò il suo amante.
Allora Eros volò via e Venere scagliò la sua punizione sottoponendola a diverse prove.
Nella prima, dovette suddividere un mucchio di granaglie con diverse dimensioni in tanti mucchietti uguali e Psiche disperata, non provò nemmeno ad assolvere il compito che le era stato assegnato, ma ricevette un aiuto inaspettato da un gruppo di formiche, che intendevano ingraziarsi il suo innamorato.
 L’ultima e più difficile prova consistette nel discendere negli inferi e chiedere alla dea Proserpina (dea del regno dei morti) un po’ della sua bellezza.
Psiche meditò allora addirittura il suicidio arrivando molto vicino a gettarsi dalla cima di una torre. Improvvisamente, però, la torre si animò e le indicò come assolvere la sua missione.
Durante il ritorno, però Psiche mossa dalla solita curiositò a lei tanto cara, aprì l’ampolla (data da Venere) contenente il dono di Proserpina,.
Ma il dono in realtà  conteneva il sonno più profondo.
 
 

 

 William Bouguereau – partic. (1895)
 
 

Ancora una volta però venne in suo aiuto Eros (Amore) che la risvegliò dopo aver rimesso a posto la nuvola del sonno  che era uscita dall’ampolla.
Solo alla fine, lacerata nel corpo e nella mente,
Psiche ricevette l’aiuto di Giove. Mosso da compassione il padre degli dei fece in modo che gli amanti si riunissero.
Psiche divienne anche lei una dea e sposò Amore.



Canova
 
 

La favola termina con un grande banchetto al quale parteciparono tutti gli dei, alcuni anche in funzioni inusuali: per esempio, Bacco fece da coppiere, le tre Grazie suonarono e il dio Vulcano si occupò di cucinare il ricco pranzo.
Al termine del banchetto i due giovani bruciarono per tutta la notte la loro incontenibile passione e da questa unione nacque un figlio, Piacere, identificato dai latini con il termine Voluttà (Voluptas).



John William Waterhouse 



IL SIGNIFICATO

Uno dei più importanti significati, che proverò a descrivere secondo il mio vedere, è che la favola ci vuol rivelare che viviamo in un continuo dinamico dualismo… .
La luce ed il buio in particolare.
Psiche è la creatura del giorno, Amore è presente solo di notte.
Eros rappresenta l'amore fisico e Psiche l'amore del cuore.
Entrambi dovranno superare molte prove nel mondo reale per raggiungere l'agognata fusione tra corpo e anima… e solo allora si raggiungerà quello che la favola definisce Piacere o Voluttà ma che potremmo anche definire Estasi o Fusione con l'Infinito.






Lo spagnolo



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L’ALLEGORIA DELL’AMORE E DEL TEMPO – I SEGRETI DEL MITICO DIPINTO – III PARTE   Leave a comment

 

 

 

 

 

 

 

L'ALLEGORIA DELL'AMORE E DEL TEMPO

ARTE E SEGRETI

 

III  PARTE

 

 

 

 

 

 

Sono rappresentate due donne, nella parte del dipinto in alto a sinistra.

La simbologia di una delle due, la donna che piange ed urla strappandosi i capelli, è stata sempre chiara, dal Vasari ad oggi, anzi ben prima del Vasari e del Bronzino: è il simbolo della Gelosia disperata, altro inconveniente dell’amore, forse quello che più fa soffrire.

Riguardo la donna più in alto ci sono state molte discussioni; Erwin Panofsky credette di essere arrivato nel giusto definendola come Verità che aiuta il Tempo ad alzare il velo: Veritas filia Temporis, appunto. Quindi ritenne che il titolo più appropriato del quadro era: “La lussuria smascherata”. Ma ebbe la correttezza di cambiare idea quando osservò che nel quadro c’è una contrapposizione fra questa donna ed il Tempo: si scambiano sguardi irosi e sembra che la donna cerchi più di continuare a coprire col drappo piuttosto che alzarlo.
 
Oggi l’interpretazione più diffusa ritiene che questa donna rappresenti la Notte, colei che cela gli amanti ed in cui sembra che il tempo si fermi.
 
 
 
 
 

 

 

 

Al centro del quadro Cupido e Venere si baciano e si carezzano lascivamente, ma le forme di Cupido hanno ben poco di maschile, sembra un androgino.
Qui c’è tutta la cultura neoplatonica di Firenze che tendeva ad una rappresentazione molto simile dei corpi maschili e femminili, lo si vede benissimo dai disegni di Leonardo, Michelangelo e Raffaello.
L’aspetto più sorprendente è la gestualità dei due amanti: Venere ha in mano una freccia, Cupido tiene una mano sui capelli di Venere, sino ad arrivare al diadema.
 
 
 
 
 

 
 
 
 
Non possono essere gesti vacui, e l’interpretazione è singolare: entrambi stanno perseguendo la stessa finalità, che è quella di sottrarre qualcosa senza che l’altro se ne accorga.
Venere disarma Cupido privandolo della freccia, e Cupido disarma Venere privandola del suo diadema.
Entrambi operano in modo nascosto, difatti i loro gesti non possono essere reciprocamente visti.
Trovo convincente questa interpretazione, perché dopo che la si è sentita la prima volta non si può fare a meno di vedere la specularità dei due gesti, che sono fra di loro in corrispondenza fraudolenta.
 
 
 
Rivediamolo infine un'ultima volta e tutto intero, il quadro,
dopo gli spezzettamenti faticosi della spiegazione.

 

 

 

 

Un altro titolo dell'opera, forse vicino alle intenzioni dell’artista, è “L’Allegoria del Trionfo di Venere”.
 
 
Il quadro è stato eseguito attorno al 1546 e segna la fine del periodo dei manieristi eroici e furiosi: il Parmigianino, il Rosso fiorentino, il Pontormo, i pittori della crisi politica italiana.
 
Due poteri politici assoluti, il Vaticano e la Spagna, hanno vinto, e “la lucida intenzionalità con cui il Bronzino dà forma incorrotta alla materia pittorica, fissando le immagini in una statica e aulica preziosità, si pone come superamento delle inquietudini della precedente generazione manieristica”.
E’ “un emblematico riflesso della volontà assolutistica della politica”.
 
Nel tempo succederà altre volte, ancora con grandi artisti: Guido Reni, dopo la tempesta sublime e terrestre del Caravaggio, e Jean Dominique Ingres, dopo la Rivoluzione francese, in piena Restaurazione.
 
Ma se seguiamo Erwin Panofsky, ci accorgiamo di quanta duplicità, ambiguità, insicurezza, ci sia dietro questo trionfo allegorico, ed il Bronzino ne era consapevole, solo che i tempi erano quelli.
 
La scialuppa di salvataggio non è il trionfo, è la consapevolezza, ed il sorriso che ne scaturisce, non ironico né grottesco, è il sorriso di chi ha capito, e va bene così, perché chi se ne accorge già è fuori dal gioco fraudolento della ipocrisia fatta sistema, dei disvalori elevati a valori.
 
Questo può essere il senso catartico del capolavoro del Bronzino.

 

F i n e

 

Testo di Solimano – Impaginazione note e coordinam. di Tony Kospan

 
 
 
 
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PER CHI VOLESSE LEGGER
LA II PARTE:

 

 

 

 
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L’ALLEGORIA DELL’AMORE E DEL TEMPO – SCOPRIAMO I SEGRETI DEL MITICO DIPINTO – II PARTE   Leave a comment

 

 

Ripartiamo, nell'analisi del dipinto,

dalle gambe della dea, dal pomo e dalle maschere…

con le parole del Solimano…

 

 

 

 

 

 

L'ALLEGORIA DELL'AMORE E DEL TEMPO

 

ARTE E SEGRETI

 

II  PARTE 

 

 

 

 

Ma soprattutto si vedono due maschere, una giovane donna ed un uomo anziano che ha l’aria trista (triste+cattiva).
Le maschere, dice Erwin Panofsky, da sempre simboleggiano “la mondanità, l’insincerità e la falsità”.
Un raccordo con la Frode (la fanciulla), ma anche con il Piacere ed il Gioco (il putto).

Tutto continua ad essere chiaro ed ambiguo, duplice.
 
 

 

 


Nel particolare qui sotto del quadro del Bronzino, si vedono in parte i corpi bellissimi dei due amanti, Venere e Cupido, e continuano a comparire dei simboli, dei sublimi feticci.

Ambiguamente, il voyerismo si nasconde dietro il significato morale e viceversa.

Proprio nell’angolo in basso si vede una colomba, ma poi se si guarda bene, si vede anche spuntare il becco e la testa di un’altra colomba.

“Tubare come colombi” si dice ancor oggi, ed Erwin Panofsky scrive che era un simbolo usuale di “tenera sollecitudine”, a cui è da aggiungere che le coppie di colombi sono note per la monogamia. Il contesto non sembra quello, considerando il cuscino evidentemente morbidissimo sotto le ginocchia di Cupido, oggetto piuttosto raro allora. Ancora oggi parliamo dei cuscini in “piumino d’oca” proprio per intendere che la morbidezza è il primo requisito del cuscino, che è un simbolo di lascivia e di mollezza. “I Racconti del Cuscino” è il titolo di un film pregevole ed originale di Peter Greenaway, l’autore de “I misteri dei Giardini di Compton House”. Il tema ricorrente di Greenaway è una acuta indagine sull’erotismo, un po’ quello che fa il Bronzino qui.

Dietro Cupido, si intravedono le foglie di un mirto, simbolo classico dell’amore.

Ma il corpo di Cupido, è maschile o femminile?

Ci tornerò alla fine.

 

 

 

 

 

In alto c’è un vecchio assai vigoroso, attento e lucidamente iracondo, la testa pelata ed una strana barba assai folta, dove c’è. I baffi spioventi gli coprono le labbra. Ancora più in alto si vede un’ala biancastra e, vicino alla testa del vecchio, si intravede parte di una clessidra.

Corrisponde con la colomba nell’angolo opposto, quella di cui si vede solo il becco e la testa – il Bronzino era assai lucido nell’organizzare, nel pesare la rappresentazione, ed in questo caso si tratta musicalmente di due note in minore, ma indispensabili.

Questo vecchio è il simbolo del tempo, lo comprendono tutti, ma è bene porsi due domande, una particolare, ed una generale.

 

Che cosa sta facendo il tempo, anzi il Tempo?

 

Sta tirando in alto un drappo, una specie di grande tenda, sta svelando il quadro, con tutti i suoi significati e la loro ambiguità che, per il fatto stesso che ce ne accorgiamo, non c’è più, perché “Veritas filia Temporis”.

 

 

 

 

 

IL TEMPO

 

Perché il Tempo è vecchio? Una domanda ovvia, ma solo in apparenza.

Parrà strano, ma nella antichità classica il Tempo non era rappresentato come un vecchio, non c’era questa attenzione all’età del Tempo, anzi, spesso era rappresentato come un giovane con le ali ai piedi: Kairòs, l’Opportunità, che passa veloce e la devi cogliere subito, difatti aveva un gran ciuffo davanti e la nuca rasata.

Il Tempo è rappresentato come un vecchio per l’equivoco tardo-antico fra due parole greche che hanno significato diverso: Chronos, il tempo e Kronos, il padre di Zeus, vecchio e cattivissimo, un mangiabambini, alla lettera.

Lascio a voi la riflessione su quanto questa identificazione negativa del Tempo abbia pesato sulla visione di vita di tutto l’Occidente.

Per gli antichi Greci, Chronos era una cosa e Kronos tutta un’altra cosa.

Kronos, il nostro Saturno, si è mangiato pure Chronos… ed è un bel guaio.

 

 

C O N T I N U A

 

 

Autore Solimano – Impaginazione di Tony Kospan –

 

 

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