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AFRODITE… EROS ED IL MARE
– La duplice visione dell’amore nella mitologia greca –
Per gli antichi greci l’amore era rappresentato da 2 divinità pagane, Afrodite ed Eros (Venere e Cupido per i romani).
Afrodite era nata dal mare ma, a parte la truculenta fecondazione marina, sappiamo solo che nacque dalle parti di Citera.
Tutti conosciamo il bellissimo dipinto del Botticelli in cui vediamo Venere sbucare da una conchiglia in mezzo al mare ma sorprende il ritrovamento di un dipinto simile nell’antica Pompei (vedi qui giù).
Il rapporto di Afrodite col mare non è secondario in quanto i marinai greci amavano lei più di Poseidone (Nettuno) dio del mare.
Infatti è noto che si affidavano a lei prima di iniziare una navigazione affinché fosse sicura e tranquilla anche se poi, avendo paura dell’ira del dio del mare, facevano sacrifici a lui.
Nella mitologia le relazioni fra il mare e l’amore sono tante e sono moltissime le storie ed i miti dell’antica Grecia che associano il mare all’amore (Giasone e Medea, Elena di Troia e Paride, Teseo e Arianna etc..).
Non mancano in queste storie situazioni erotiche, parole spinte, allegorie poetiche, bagni sensuali e via dicendo.
Infatti il mito (come tutti i miti pagani anche questo è in sintonia con la realtà) vuol ricordarci che il mare può sorprenderci e nascondere pericoli, ma anche farci scoprire tesori di bellezza e di armonia, proprio come l’amore e viceversa.
Tornando alla duplice visione dell’amore da parte dei Greci antichi veniamo ora ad esaminare Eros.
Eros nasce dal rapporto sessuale tra Poros e Penia (dio dell’abbondanza con la dea della mancanza) avvenuto durante il banchetto per la nascita di Afrodite.
Benché nei testi più antichi Eros sembra rappresentare solo l’amore fisico, pian piano però verrà concepito dai Greci antichi sempre più come amore travolgente e passionale che ti fa sentire con il cuore “pieno” quando si è con l’amata/o e però con una forte sensazione di mancanza quando si è lontani.
Dunque Eros era il dio che ti fa essere sempre un po’ in tensione ora in modo sublime… ora doloroso.
Egli pure era associabile al mare ma in modo diverso… e direi opposto.
Con lui il mare viene visto come fantastico, emozionante ma anche tumultuoso e pericoloso.
Se Afrodite era la dea del mare sereno, del mare accogliente ed amico e dunque potremmo definirlo una eterna, absit iniura verbis, bonaccia, Eros era invece il dio del mare agitato che vola in alto come la spuma dei grandi cavalloni ma che poi si scaglia con violenza sulle rocce o sulla riva.
Da ciò si evince che mentre Afrodite rappresentava l’amore sensuale senza problemi, ma anche senza grandi emozioni, e quindi vissuto solo con gioia e per il piacere, Eros invece rappresentava la passione travolgente che ti fa vedere le stelle ma ti può anche far precipitare in un buco nero (gioia e dolore).
In realtà questo evidente dualismo narrato dalla mitologia greca non ha mai cessato di esistere se ancor oggi viviamo l’amore in queste due diversissime modalità.
Il mare dunque può rappresentare sia l’una che l’altra tipologia.
Chi volesse approfondire l’affascinante argomento può leggere il recente libro “Il mare d’amore” di Giorgio Ieranò editore Laterza
Tony Kospan
Copyright Tony Kospan (Vietata la copia senza far riferimento all’autore del post ed al blog)
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AFRODITE… EROS ED IL MARE
– La duplice visione dell’amore nella mitologia greca –
Per gli antichi greci l’amore era rappresentato da 2 divinità pagane, Afrodite ed Eros (Venere e Cupido per i romani).
Afrodite era nata dal mare ma, a parte la truculenta fecondazione marina, sappiamo solo che nacque dalle parti di Citera.
Tutti conosciamo il bellissimo dipinto del Botticelli in cui vediamo Venere sbucare da una conchiglia in mezzo al mare ma sorprende il ritrovamento di un dipinto simile nell’antica Pompei (vedi qui giù).
Il rapporto di Afrodite col mare non è secondario in quanto i marinai greci amavano lei più di Poseidone (Nettuno) dio del mare.
Infatti è noto che si affidavano a lei prima di iniziare una navigazione affinché fosse sicura e tranquilla anche se poi, avendo paura dell’ira del dio del mare, facevano sacrifici a lui.
Nella mitologia le relazioni fra il mare e l’amore sono tante e sono moltissime le storie ed i miti dell’antica Grecia che associano il mare all’amore (Giasone e Medea, Elena di Troia e Paride, Teseo e Arianna etc..).
Non mancano in queste storie situazioni erotiche, parole spinte, allegorie poetiche, bagni sensuali e via dicendo.
Infatti il mito (come tutti i miti pagani anche questo è in sintonia con la realtà) vuol ricordarci che il mare può sorprenderci e nascondere pericoli, ma anche farci scoprire tesori di bellezza e di armonia, proprio come l’amore e viceversa.
Tornando alla duplice visione dell’amore da parte dei Greci antichi veniamo ora ad esaminare Eros.
Eros nasce dal rapporto sessuale tra Poros e Penia (dio dell’abbondanza con la dea della mancanza) avvenuto durante il banchetto per la nascita di Afrodite.
Benché nei testi più antichi Eros sembra rappresentare solo l’amore fisico, pian piano però verrà concepito dai Greci antichi sempre più come amore travolgente e passionale che ti fa sentire con il cuore “pieno” quando si è con l’amata/o e però con una forte sensazione di mancanza quando si è lontani.
Dunque Eros era il dio che ti fa essere sempre un po’ in tensione ora in modo sublime… ora doloroso.
Egli pure era associabile al mare ma in modo diverso… e direi opposto.
Con lui il mare viene visto come fantastico, emozionante ma anche tumultuoso e pericoloso.
Se Afrodite era la dea del mare sereno, del mare accogliente ed amico e dunque potremmo definirlo una eterna, absit iniura verbis, bonaccia, Eros era invece il dio del mare agitato che vola in alto come la spuma dei grandi cavalloni ma che poi si scaglia con violenza sulle rocce o sulla riva.
Da ciò si evince che mentre Afrodite rappresentava l’amore sensuale senza problemi, ma anche senza grandi emozioni, e quindi vissuto solo con gioia e per il piacere, Eros invece rappresentava la passione travolgente che ti fa vedere le stelle ma ti può anche far precipitare in un buco nero (gioia e dolore).
In realtà questo evidente dualismo narrato dalla mitologia greca non ha mai cessato di esistere se ancor oggi viviamo l’amore in queste due diversissime modalità.
Il mare dunque può rappresentare sia l’una che l’altra tipologia.
Chi volesse approfondire l’affascinante argomento può leggere il recente libro “Il mare d’amore” di Giorgio Ieranò editore Laterza
Tony Kospan
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La storia, che leggeremo e che illustrerò con diversi capolavori, è giunta a noi attraverso “Le Metamorfosi“, opera di Apuleio scrittore latino, ma si pensa che abbia origini molto più antiche.
E’ una storia molto bella che ha affascinato tantissimi artisti nel corso dei secoli che ad essa si sono ispirati per le loro opere… di cui potremo ammirarne ora qui alcune tra le più note.
Conosceremo infine anche il suo più noto ed importante significato.

C. G. Kratzenstein-Stub
LA FAVOLA ANTICA DI AMORE E PSICHE
Psiche era una bellissima principessa, così bella da causare l’invidia di Venere.
La dea inviò suo figlio Eros perché la facesse innamorare dell’uomo più brutto e avaro della terra, in modo che Psiche poteva esser ricoperta dalla vergogna di una simile relazione.
Ma il dio, Eros, si innamorò della bella mortale, e con l’aiuto di Zefiro (il dio del vento), la trasportò al suo palazzo, dove, imponendo che gli incontri avvenissero al buio per non incorrere nelle ire della madre Venere, la fece sua.
Ogni notte dunque Eros andava alla ricerca di Psiche ed ogni notte i due bruciavano la loro passione in un amore che mai nessun mortale aveva conosciuto.

Antoon van Dyck
Psiche era dunque prigioniera nel castello di Eros, legata da una passione che le travolgeva i sensi.
Una notte Psiche, istigata dalle sorelle, decise di vedere il volto del suo amante, pronta a tutto, anche all’uomo più orripilante, pur di conoscerlo.
Fu questa bramosia di conoscenza ad esserle fatale: una goccia cadde dalla lampada e ustionò il suo amante.
Allora Eros volò via e Venere scagliò la sua punizione sottoponendola a diverse prove.
Nella prima, dovette suddividere un mucchio di granaglie con diverse dimensioni in tanti mucchietti uguali e Psiche disperata, non provò nemmeno ad assolvere il compito che le era stato assegnato, ma ricevette un aiuto inaspettato da un gruppo di formiche, che intendevano ingraziarsi il suo innamorato.
L’ultima e più difficile prova consistette nel discendere negli inferi e chiedere alla dea Proserpina (dea del regno dei morti) un po’ della sua bellezza.
Psiche meditò allora addirittura il suicidio arrivando molto vicino a gettarsi dalla cima di una torre. Improvvisamente, però, la torre si animò e le indicò come assolvere la sua missione.
Durante il ritorno, però Psiche mossa dalla solita curiositò a lei tanto cara, aprì l’ampolla (data da Venere) contenente il dono di Proserpina,.
Ma il dono in realtà conteneva il sonno più profondo.

John William Waterhouse
Ancora una volta però venne in suo aiuto Eros (Amore) che la risvegliò dopo aver rimesso a posto la nuvola del sonno che era uscita dall’ampolla.
Solo alla fine, lacerata nel corpo e nella mente,
Psiche ricevette l’aiuto di Giove. Mosso da compassione il padre degli dei fece in modo che gli amanti si riunissero.
Psiche divienne anche lei una dea e sposò Amore.

Burne Jones
La favola termina con un grande banchetto al quale parteciparono tutti gli dei, alcuni anche in funzioni inusuali: per esempio, Bacco fece da coppiere, le tre Grazie suonarono e il dio Vulcano si occupò di cucinare il ricco pranzo.
Al termine del banchetto i due giovani bruciarono per tutta la notte la loro incontenibile passione e da questa unione nacque un figlio, Piacere, identificato dai latini con il termine Voluttà (Voluptas).
Jacques Louis David
IL SIGNIFICATO
Uno dei più importanti significati, che proverò a descrivere secondo il mio vedere, è che il mito ci vuol rivelare che viviamo in un continuo dinamico dualismo.
La luce ed il buio, in particolare.
Psiche è la creatura del giorno, Amore è presente solo di notte.
Eros rappresenta l’amore fisico e Psiche l’amore del cuore.
Entrambi dovranno superare molte prove nel mondo reale per raggiungere l’agognata fusione tra corpo e anima… e solo allora si raggiungerà quello che la favola definisce Piacere o Voluttà ma che potremmo anche definire Estasi o Fusione con l’Infinito.

Lo spagnolo
F I N E
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AFRODITE… EROS ED IL MARE
– La duplice visione dell’amore nella mitologia greca –
Per gli antichi greci l’amore era rappresentato da 2 divinità pagane, Afrodite ed Eros (Venere e Cupido per i romani).
Afrodite era nata dal mare ma, a parte la truculenta fecondazione marina, sappiamo solo che nacque dalle parti di Citera.
Tutti conosciamo il bellissimo dipinto del Botticelli in cui vediamo Venere sbucare da una conchiglia in mezzo al mare ma sorprende il ritrovamento di un dipinto simile nell’antica Pompei (vedi qui giù).
Il rapporto di Afrodite col mare non è secondario in quanto i marinai greci amavano lei più di Poseidone (Nettuno) dio del mare.
Infatti è noto che si affidavano a lei prima di iniziare una navigazione affinché fosse sicura e tranquilla anche se poi, avendo paura dell’ira del dio del mare, facevano sacrifici a lui.
Nella mitologia le relazioni fra il mare l’amore sono tante e sono moltissime le storie ed i miti dell’antica Grecia che associano il mare all’amore (Giasone e Medea, Elena di Troia e Paride, Teseo e Arianna etc..).
Non mancano in queste storie situazioni erotiche, parole spinte, allegorie poetiche, bagni sensuali… e via dicendo.
Infatti il mito (come tutti i miti pagani anche questo è in sintonia con la realtà) vuol ricordarci che il mare può sorprenderci e nascondere pericoli, ma anche farsi scoprire tesori di bellezza e di armonia, proprio come l’amore e viceversa.
Tornando alla duplice visione dell’amore da parte dei greci antichi veniamo ora ad esaminare Eros.
Eros nasce dal rapporto sessuale tra Poros e Penia (dio dell’abbondanza con la dea della mancanza) avvenuto durante il banchetto per la nascita di Afrodite.
Però benché nei testi più antichi egli sembra rappresentare solo l’amore fisico… pian piano verrà concepito dai greci antichi sempre più come amore travolgente e passionale che ti fa sentire con il cuore “pieno” quando si è con l’amata/o e però con una forte sensazione di mancanza quando si è lontani.
Dunque Eros era il dio che ti fa essere sempre un po’ in tensione ora in modo sublime… ora doloroso.
Egli pure era associabile al mare ma in modo diverso… e direi opposto.
Con lui il mare viene visto come fantastico, emozionante ma anche tumultuoso e pericoloso.
Se Afrodite era la dea del mare sereno, del mare accogliente ed amico e dunque potremmo definirlo una eterna, absit iniura verbis, bonaccia, Eros era invece il dio del mare agitato che vola in alto come la spuma dei grandi cavalloni ma che poi si scaglia con violenza sulle rocce o sulla riva.
Da ciò si evince che mentre Afrodite rappresentava l’amore sensuale senza problemi, ma anche senza grandi emozioni, e quindi vissuto solo con gioia e per il piacere, Eros invece rappresentava la passione travolgente che ti fa vedere le stelle ma ti può anche far precipitare in un buco nero (gioia e dolore).
In realtà questo evidente dualismo narrato dalla mitologia greca non ha mai cessato di esistere se ancor oggi viviamo l’amore in queste due diversissime modalità.
Il mare dunque può rappresentare sia l’una che l’altra tipologia.
Chi volesse approfondire l’affascinante argomento può leggere il recente libro “Il mare d’amore” di Giorgio Ieranò editore Laterza
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La storia, che leggeremo e che illustrerò con diversi capolavori, è giunta a noi attraverso “Le Metamorfosi“, opera di Apuleio scrittore latino, ma si pensa che abbia origini molto più antiche.
E' una storia molto bella che ha affascinato tantissimi artisti nel corso dei secoli che ad essa si sono ispirati per le loro opere… di cui potremo ammirarne ora qui alcune tra le più note.
Conosceremo infine anche il suo più noto ed importante significato.

C. G. Kratzenstein-Stub
LA FAVOLA ANTICA DI AMORE E PSICHE
Psiche era una bellissima principessa, così bella da causare l’invidia di Venere.
La dea inviò suo figlio Eros perché la facesse innamorare dell’uomo più brutto e avaro della terra, in modo che Psiche poteva esser ricoperta dalla vergogna di una simile relazione.
Ma il dio, Eros, si innamorò della bella mortale, e con l’aiuto di Zefiro (il dio del vento), la trasportò al suo palazzo, dove, imponendo che gli incontri avvenissero al buio per non incorrere nelle ire della madre Venere, la fece sua.
Ogni notte dunque Eros andava alla ricerca di Psiche ed ogni notte i due bruciavano la loro passione in un amore che mai nessun mortale aveva conosciuto.

Antoon van Dyck
Psiche era dunque prigioniera nel castello di Eros, legata da una passione che le travolgeva i sensi.
Una notte Psiche, istigata dalle sorelle, decise di vedere il volto del suo amante, pronta a tutto, anche all’uomo più orripilante, pur di conoscerlo.
Fu questa bramosia di conoscenza ad esserle fatale: una goccia cadde dalla lampada e ustionò il suo amante.
Allora Eros volò via e Venere scagliò la sua punizione sottoponendola a diverse prove.
Nella prima, dovette suddividere un mucchio di granaglie con diverse dimensioni in tanti mucchietti uguali e Psiche disperata, non provò nemmeno ad assolvere il compito che le era stato assegnato, ma ricevette un aiuto inaspettato da un gruppo di formiche, che intendevano ingraziarsi il suo innamorato.
L’ultima e più difficile prova consistette nel discendere negli inferi e chiedere alla dea Proserpina (dea del regno dei morti) un po’ della sua bellezza.
Psiche meditò allora addirittura il suicidio arrivando molto vicino a gettarsi dalla cima di una torre. Improvvisamente, però, la torre si animò e le indicò come assolvere la sua missione.
Durante il ritorno, però Psiche mossa dalla solita curiositò a lei tanto cara, aprì l’ampolla (data da Venere) contenente il dono di Proserpina,.
Ma il dono in realtà conteneva il sonno più profondo.

John William Waterhouse
Ancora una volta però venne in suo aiuto Eros (Amore) che la risvegliò dopo aver rimesso a posto la nuvola del sonno che era uscita dall’ampolla.
Solo alla fine, lacerata nel corpo e nella mente,
Psiche ricevette l’aiuto di Giove. Mosso da compassione il padre degli dei fece in modo che gli amanti si riunissero.
Psiche divienne anche lei una dea e sposò Amore.

Burne Jones
La favola termina con un grande banchetto al quale parteciparono tutti gli dei, alcuni anche in funzioni inusuali: per esempio, Bacco fece da coppiere, le tre Grazie suonarono e il dio Vulcano si occupò di cucinare il ricco pranzo.
Al termine del banchetto i due giovani bruciarono per tutta la notte la loro incontenibile passione e da questa unione nacque un figlio, Piacere, identificato dai latini con il termine Voluttà (Voluptas).
Jacques Louis David
IL SIGNIFICATO
Uno dei più importanti significati, che proverò a descrivere secondo il mio vedere, è che il mito ci vuol rivelare che viviamo in un continuo dinamico dualismo.
La luce ed il buio, in particolare.
Psiche è la creatura del giorno, Amore è presente solo di notte.
Eros rappresenta l'amore fisico e Psiche l'amore del cuore.
Entrambi dovranno superare molte prove nel mondo reale per raggiungere l'agognata fusione tra corpo e anima… e solo allora si raggiungerà quello che la favola definisce Piacere o Voluttà ma che potremmo anche definire Estasi o Fusione con l'Infinito.

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– La duplice visione dell’amore nella mitologia greca –
Per gli antichi greci l’amore era rappresentato da 2 divinità pagane, Venere ed Eros (Afrodite e Cupido per i romani).
Afrodite era nata dal mare ma, a parte la truculenta fecondazione marina, sappiamo solo che nacque dalle parti di Citera.
Tutti conosciamo il bellissimo dipinto del Botticelli in cui vediamo Venere sbucare da una conchiglia in mezzo al mare ma sorprende il ritrovamento di un dipinto simile nell’antica Pompei (vedi qui giù).
Il rapporto di Afrodite col mare non è secondario in quanto i marinai greci amavano lei più di Poseidone (Nettuno) dio del mare.
Infatti è noto che si affidavano a lei prima di iniziare una navigazione affinché fosse sicura e tranquilla anche se poi, avendo paura dell’ira del dio del mare, facevano sacrifici a lui.
Nella mitologia le relazioni fra il mare l’amore sono tante e sono moltissime le storie ed i miti dell’antica Grecia che associano il mare all’amore (Giasone e Medea, Elena di Troia e Paride, Teseo e Arianna etc..).
Non mancano in queste storie situazioni erotiche, parole spinte, allegorie poetiche, bagni sensuali… e via dicendo.
Infatti il mito (come tutti i miti pagani anche questo è in sintonia con la realtà) vuol ricordarci che il mare può sorprenderci e nascondere pericoli, ma anche farsi scoprire tesori di bellezza e di armonia, proprio come l’amore e viceversa.
Tornando alla duplice visione dell’amore da parte dei greci antichi veniamo ora ad esaminare Eros.
Eros nasce dal rapporto sessuale tra Poros e Penia (dio dell’abbondanza con la dea della mancanza) avvenuto durante il banchetto per la nascita di Afrodite.
Però benché nei testi più antichi egli sembra rappresentare solo l’amore fisico… pian piano verrà concepito dai greci antichi sempre più come amore travolgente e passionale che ti fa sentire con il cuore “pieno” quando si è con l’amata/o e però con una forte sensazione di mancanza quando si è lontani.
Dunque Eros era il dio che ti fa essere sempre un po’ in tensione ora in modo sublime… ora doloroso.
Egli pure era associabile al mare ma in modo diverso… e direi opposto.
Con lui il mare viene visto come fantastico, emozionante ma anche tumultuoso e pericoloso.
Se Afrodite era la dea del mare sereno, del mare accogliente ed amico e dunque potremmo definirlo una eterna, absit iniura verbis, bonaccia, Eros era invece il dio del mare agitato che vola in alto come la spuma dei grandi cavalloni ma che poi si scaglia con violenza sulle rocce o sulla riva.
Da ciò si evince che mentre Afrodite rappresentava l’amore sensuale senza problemi, ma anche senza grandi emozioni, e quindi vissuto solo con gioia e per il piacere, Eros invece rappresentava la passione travolgente che ti fa vedere le stelle ma ti può anche far precipitare in un buco nero (gioia e dolore).
In realtà questo evidente dualismo narrato dalla mitologia greca non ha mai cessato di esistere se ancora oggi viviamo l’amore in queste due diversissime modalità.
Il mare dunque può rappresentare sia l’una che l’altra tipologia.
Chi volesse approfondire l’affascinante argomento può leggere il recente libro “Il mare d’amore” di Giorgio Ieranò editore Laterza
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La storia, che leggeremo e che illustrerò con diversi capolavori, è giunta a noi attraverso “Le Metamorfosi“, opera di Apuleio scrittore latino, ma si pensa che abbia origini molto più antiche.
E' una storia molto bella che ha affascinato tantissimi artisti nel corso dei secoli che ad essa si sono ispirati per le loro opere… di cui potremo ammirarne ora qui alcune tra le più note.
Conosceremo infine anche il suo più noto ed importante significato.

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LA FAVOLA ANTICA DI AMORE E PSICHE
Psiche era una bellissima principessa, così bella da causare l’invidia di Venere.
La dea inviò suo figlio Eros perché la facesse innamorare dell’uomo più brutto e avaro della terra, in modo che Psiche poteva esser ricoperta dalla vergogna di una simile relazione.
Ma il dio, Eros, si innamorò della bella mortale, e con l’aiuto di Zefiro (il dio del vento), la trasportò al suo palazzo, dove, imponendo che gli incontri avvenissero al buio per non incorrere nelle ire della madre Venere, la fece sua.
Ogni notte dunque Eros andava alla ricerca di Psiche ed ogni notte i due bruciavano la loro passione in un amore che mai nessun mortale aveva conosciuto.

Antoon van Dyck
Psiche era dunque prigioniera nel castello di Eros, legata da una passione che le travolgeva i sensi.
Una notte Psiche, istigata dalle sorelle, decise di vedere il volto del suo amante, pronta a tutto, anche all’uomo più orripilante, pur di conoscerlo.
Fu questa bramosia di conoscenza ad esserle fatale: una goccia cadde dalla lampada e ustionò il suo amante.
Allora Eros volò via e Venere scagliò la sua punizione sottoponendola a diverse prove.
Nella prima, dovette suddividere un mucchio di granaglie con diverse dimensioni in tanti mucchietti uguali e Psiche disperata, non provò nemmeno ad assolvere il compito che le era stato assegnato, ma ricevette un aiuto inaspettato da un gruppo di formiche, che intendevano ingraziarsi il suo innamorato.
L’ultima e più difficile prova consistette nel discendere negli inferi e chiedere alla dea Proserpina (dea del regno dei morti) un po’ della sua bellezza.
Psiche meditò allora addirittura il suicidio arrivando molto vicino a gettarsi dalla cima di una torre. Improvvisamente, però, la torre si animò e le indicò come assolvere la sua missione.
Durante il ritorno, però Psiche mossa dalla solita curiositò a lei tanto cara, aprì l’ampolla (data da Venere) contenente il dono di Proserpina,.
Ma il dono in realtà conteneva il sonno più profondo.

John William Waterhouse
Ancora una volta però venne in suo aiuto Eros (Amore) che la risvegliò dopo aver rimesso a posto la nuvola del sonno che era uscita dall’ampolla.
Solo alla fine, lacerata nel corpo e nella mente,
Psiche ricevette l’aiuto di Giove. Mosso da compassione il padre degli dei fece in modo che gli amanti si riunissero.
Psiche divienne anche lei una dea e sposò Amore.

Burne Jones
La favola termina con un grande banchetto al quale parteciparono tutti gli dei, alcuni anche in funzioni inusuali: per esempio, Bacco fece da coppiere, le tre Grazie suonarono e il dio Vulcano si occupò di cucinare il ricco pranzo.
Al termine del banchetto i due giovani bruciarono per tutta la notte la loro incontenibile passione e da questa unione nacque un figlio, Piacere, identificato dai latini con il termine Voluttà (Voluptas).
Jacques Louis David
IL SIGNIFICATO
Uno dei più importanti significati, che proverò a descrivere secondo il mio vedere, è che il mito ci vuol rivelare che viviamo in un continuo dinamico dualismo.
La luce ed il buio, in particolare.
Psiche è la creatura del giorno, Amore è presente solo di notte.
Eros rappresenta l'amore fisico e Psiche l'amore del cuore.
Entrambi dovranno superare molte prove nel mondo reale per raggiungere l'agognata fusione tra corpo e anima… e solo allora si raggiungerà quello che la favola definisce Piacere o Voluttà ma che potremmo anche definire Estasi o Fusione con l'Infinito.

Lo spagnolo
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La storia, che leggeremo e che illustreremo con diversi capolavori, è giunta a noi attraverso “Le Metamorfosi”, opera di Apuleio, scrittore latino, ma si pensa che abbia origini molto più antiche…
E' una storia molto bella che ha affascinato anche tantissimi artisti nel corso dei secoli che ad essa si sono ispirati per le loro opere… di cui potremo ammirarne ora qui alcune tra le più note…
Conosceremo anche uno dei suoi più noti ed importanti significati.

LA FAVOLA ANTICA DI AMORE E PSICHE
Psiche era una bellissima principessa, così bella da causare l’invidia di Venere.
La dea inviò suo figlio Eros perché la facesse innamorare dell’uomo più brutto e avaro della terra, in modo che Psiche poteva esser ricoperta dalla vergogna di una simile relazione.
Ma il dio, Eros, si innamorò della bella mortale, e con l’aiuto di Zefiro (il dio del vento), la trasportò al suo palazzo, dove, imponendo che gli incontri avvenissero al buio per non incorrere nelle ire della madre Venere, la fece sua.
Ogni notte dunque Eros andava alla ricerca di Psiche ed ogni notte i due bruciavano la loro passione in un amore che mai nessun mortale aveva conosciuto.
Anthony van Dyck
Psiche era dunque prigioniera nel castello di Eros, legata da una passione che le travolgeva i sensi.
Una notte Psiche, istigata dalle sorelle, decise di vedere il volto del suo amante, pronta a tutto, anche all’uomo più orripilante, pur di conoscerlo.
Fu questa bramosia di conoscenza ad esserle fatale: una goccia cadde dalla lampada e ustionò il suo amante.
Allora Eros volò via e Venere scagliò la sua punizione sottoponendola a diverse prove.
Nella prima, dovette suddividere un mucchio di granaglie con diverse dimensioni in tanti mucchietti uguali e Psiche disperata, non provò nemmeno ad assolvere il compito che le era stato assegnato, ma ricevette un aiuto inaspettato da un gruppo di formiche, che intendevano ingraziarsi il suo innamorato.
L’ultima e più difficile prova consistette nel discendere negli inferi e chiedere alla dea Proserpina (dea del regno dei morti) un po’ della sua bellezza.
Psiche meditò allora addirittura il suicidio arrivando molto vicino a gettarsi dalla cima di una torre. Improvvisamente, però, la torre si animò e le indicò come assolvere la sua missione.
Durante il ritorno, però Psiche mossa dalla solita curiositò a lei tanto cara, aprì l’ampolla (data da Venere) contenente il dono di Proserpina,.
Ma il dono in realtà conteneva il sonno più profondo.
William Bouguereau – partic. (1895)
Ancora una volta però venne in suo aiuto Eros (Amore) che la risvegliò dopo aver rimesso a posto la nuvola del sonno che era uscita dall’ampolla.
Solo alla fine, lacerata nel corpo e nella mente,
Psiche ricevette l’aiuto di Giove. Mosso da compassione il padre degli dei fece in modo che gli amanti si riunissero.
Psiche divienne anche lei una dea e sposò Amore.

Burne Jones
La favola termina con un grande banchetto al quale parteciparono tutti gli dei, alcuni anche in funzioni inusuali: per esempio, Bacco fece da coppiere, le tre Grazie suonarono e il dio Vulcano si occupò di cucinare il ricco pranzo.
Al termine del banchetto i due giovani bruciarono per tutta la notte la loro incontenibile passione e da questa unione nacque un figlio, Piacere, identificato dai latini con il termine Voluttà (Voluptas).
John William Waterhouse
IL SIGNIFICATO
Uno dei più importanti significati, che proverò a descrivere secondo il mio vedere, è che la favola ci vuol rivelare che viviamo in un continuo dinamico dualismo… .
La luce ed il buio in particolare.
Psiche è la creatura del giorno, Amore è presente solo di notte.
Eros rappresenta l'amore fisico e Psiche l'amore del cuore.
Entrambi dovranno superare molte prove nel mondo reale per raggiungere l'agognata fusione tra corpo e anima… e solo allora si raggiungerà quello che la favola definisce Piacere o Voluttà ma che potremmo anche definire Estasi o Fusione con l'Infinito.

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La storia, che leggeremo e che illustrerò con diversi capolavori, è giunta a noi attraverso “Le Metamorfosi“, opera di Apuleio scrittore latino, ma si pensa che abbia origini molto più antiche.
E’ una storia molto bella che ha affascinato tantissimi artisti nel corso dei secoli che ad essa si sono ispirati per le loro opere… di cui potremo ammirarne ora qui alcune tra le più note.
Conosceremo infine anche il suo più noto ed importante significato.

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LA FAVOLA ANTICA DI AMORE E PSICHE
Psiche era una bellissima principessa, così bella da causare l’invidia di Venere.
La dea inviò suo figlio Eros perché la facesse innamorare dell’uomo più brutto e avaro della terra, in modo che Psiche poteva esser ricoperta dalla vergogna di una simile relazione.
Ma il dio, Eros, si innamorò della bella mortale, e con l’aiuto di Zefiro (il dio del vento), la trasportò al suo palazzo, dove, imponendo che gli incontri avvenissero al buio per non incorrere nelle ire della madre Venere, la fece sua.
Ogni notte dunque Eros andava alla ricerca di Psiche ed ogni notte i due bruciavano la loro passione in un amore che mai nessun mortale aveva conosciuto.

Antoon van Dyck
Psiche era dunque prigioniera nel castello di Eros, legata da una passione che le travolgeva i sensi.
Una notte Psiche, istigata dalle sorelle, decise di vedere il volto del suo amante, pronta a tutto, anche all’uomo più orripilante, pur di conoscerlo.
Fu questa bramosia di conoscenza ad esserle fatale: una goccia cadde dalla lampada e ustionò il suo amante.
Allora Eros volò via e Venere scagliò la sua punizione sottoponendola a diverse prove.
Nella prima, dovette suddividere un mucchio di granaglie con diverse dimensioni in tanti mucchietti uguali e Psiche disperata, non provò nemmeno ad assolvere il compito che le era stato assegnato, ma ricevette un aiuto inaspettato da un gruppo di formiche, che intendevano ingraziarsi il suo innamorato.
L’ultima e più difficile prova consistette nel discendere negli inferi e chiedere alla dea Proserpina (dea del regno dei morti) un po’ della sua bellezza.
Psiche meditò allora addirittura il suicidio arrivando molto vicino a gettarsi dalla cima di una torre. Improvvisamente, però, la torre si animò e le indicò come assolvere la sua missione.
Durante il ritorno, però Psiche mossa dalla solita curiositò a lei tanto cara, aprì l’ampolla (data da Venere) contenente il dono di Proserpina,.
Ma il dono in realtà conteneva il sonno più profondo.

John William Waterhouse
Ancora una volta però venne in suo aiuto Eros (Amore) che la risvegliò dopo aver rimesso a posto la nuvola del sonno che era uscita dall’ampolla.
Solo alla fine, lacerata nel corpo e nella mente,
Psiche ricevette l’aiuto di Giove. Mosso da compassione il padre degli dei fece in modo che gli amanti si riunissero.
Psiche divienne anche lei una dea e sposò Amore.

Burne Jones
La favola termina con un grande banchetto al quale parteciparono tutti gli dei, alcuni anche in funzioni inusuali: per esempio, Bacco fece da coppiere, le tre Grazie suonarono e il dio Vulcano si occupò di cucinare il ricco pranzo.
Al termine del banchetto i due giovani bruciarono per tutta la notte la loro incontenibile passione e da questa unione nacque un figlio, Piacere, identificato dai latini con il termine Voluttà (Voluptas).
Jacques Louis David
IL SIGNIFICATO
Uno dei più importanti significati, che proverò a descrivere secondo il mio vedere, è che il mito ci vuol rivelare che viviamo in un continuo dinamico dualismo.
La luce ed il buio, in particolare.
Psiche è la creatura del giorno, Amore è presente solo di notte.
Eros rappresenta l’amore fisico e Psiche l’amore del cuore.
Entrambi dovranno superare molte prove nel mondo reale per raggiungere l’agognata fusione tra corpo e anima… e solo allora si raggiungerà quello che la favola definisce Piacere o Voluttà ma che potremmo anche definire Estasi o Fusione con l’Infinito.

Lo spagnolo
F I N E
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Ripartiamo, nell’analisi del dipinto,
dalle gambe della dea, dal pomo e dalle maschere
con le parole del Solimano.
L’ALLEGORIA DELL’AMORE E DEL TEMPO
ARTE E SEGRETI
II PARTE
Ma soprattutto si vedono due maschere, una giovane donna ed un uomo anziano che ha l’aria trista (triste+cattiva).
Le maschere, dice Erwin Panofsky, da sempre simboleggiano “la mondanità, l’insincerità e la falsità”.
Un raccordo con la Frode (la fanciulla), ma anche con il Piacere ed il Gioco (il putto).
Tutto continua ad essere chiaro ed ambiguo, duplice.
Nel particolare qui sotto del quadro del Bronzino, si vedono in parte i corpi bellissimi dei due amanti, Venere e Cupido, e continuano a comparire dei simboli, dei sublimi feticci.
Ambiguamente, il voyeurismo si nasconde dietro il significato morale e viceversa.
Proprio nell’angolo in basso si vede una colomba, ma poi se si guarda bene, si vede anche spuntare il becco e la testa di un’altra colomba.
“Tubare come colombi” si dice ancor oggi, ed Erwin Panofsky scrive che era un simbolo usuale di “tenera sollecitudine”, a cui è da aggiungere che le coppie di colombi sono note per la monogamia.
Il contesto non sembra quello, considerando il cuscino evidentemente morbidissimo sotto le ginocchia di Cupido, oggetto piuttosto raro allora.
Ancora oggi parliamo dei cuscini in “piumino d’oca” proprio per intendere che la morbidezza è il primo requisito del cuscino, che è un simbolo di lascivia e di mollezza.
“I Racconti del Cuscino” è il titolo di un film pregevole ed originale di Peter Greenaway, l’autore de “I misteri dei Giardini di Compton House”.
Il tema ricorrente di Greenaway è una acuta indagine sull’erotismo, un po’ quello che fa il Bronzino qui.
Dietro Cupido, si intravedono le foglie di un mirto, simbolo classico dell’amore.
Ma il corpo di Cupido, è maschile o femminile?
Ci tornerò alla fine.
In alto c’è un vecchio assai vigoroso, attento e lucidamente iracondo, la testa pelata ed una strana barba assai folta, dove c’è. I baffi spioventi gli coprono le labbra.
Ancora più in alto si vede un’ala biancastra e, vicino alla testa del vecchio, si intravede parte di una clessidra.
Corrisponde con la colomba nell’angolo opposto, quella di cui si vede solo il becco e la testa – il Bronzino era assai lucido nell’organizzare, nel pesare la rappresentazione, ed in questo caso si tratta musicalmente di due note in minore, ma indispensabili.
Questo vecchio è il simbolo del tempo, lo comprendono tutti, ma è bene porsi due domande, una particolare, ed una generale.
Che cosa sta facendo il tempo, anzi il Tempo?
Il tempo
Sta tirando in alto un drappo, una specie di grande tenda, sta svelando il quadro, con tutti i suoi significati e la loro ambiguità che, per il fatto stesso che ce ne accorgiamo, non c’è più, perché “Veritas filia Temporis”.
Perché il Tempo è vecchio? Una domanda ovvia, ma solo in apparenza.
Parrà strano, ma nella antichità classica il Tempo non era rappresentato come un vecchio, non c’era questa attenzione all’età del Tempo, anzi, spesso era rappresentato come un giovane con le ali ai piedi: Kairòs, l’Opportunità, che passa veloce e la devi cogliere subito, difatti aveva un gran ciuffo davanti e la nuca rasata.
Il Tempo è rappresentato come un vecchio per l’equivoco tardo-antico fra due parole greche che hanno significato diverso: Chronos, il tempo e Kronos, il padre di Zeus, vecchio e cattivissimo, un mangiabambini, alla lettera.
Lascio a voi la riflessione su quanto questa identificazione negativa del Tempo abbia pesato sulla visione di vita di tutto l’Occidente.
Per gli antichi Greci, Chronos era una cosa e Kronos tutta un’altra cosa.
Kronos, il nostro Saturno, si è mangiato pure Chronos… ed è un bel guaio.
Sono rappresentate due donne, nella parte del dipinto in alto a sinistra.
La simbologia di una delle due, la donna che piange ed urla strappandosi i capelli, è stata sempre chiara, dal Vasari ad oggi, anzi ben prima del Vasari e del Bronzino: è il simbolo della Gelosia disperata, altro inconveniente dell’amore, forse quello che più fa soffrire.
Riguardo la donna più in alto ci sono state molte discussioni; Erwin Panofsky credette di essere arrivato nel giusto definendola come Verità che aiuta il Tempo ad alzare il velo: Veritas filia Temporis, appunto.
Quindi ritenne che il titolo più appropriato del quadro era: “La lussuria smascherata“.
Ma ebbe la correttezza di cambiare idea quando osservò che nel quadro c’è una contrapposizione fra questa donna ed il Tempo: si scambiano sguardi irosi e sembra che la donna cerchi più di continuare a coprire col drappo piuttosto che alzarlo.
Oggi l’interpretazione più diffusa ritiene che questa donna rappresenti la Notte, colei che cela gli amanti ed in cui sembra che il tempo si fermi.

Al centro del quadro Cupido e Venere si baciano e si carezzano lascivamente, ma le forme di Cupido hanno ben poco di maschile, sembra un androgino.
Qui c’è tutta la cultura neoplatonica di Firenze che tendeva ad una rappresentazione molto simile dei corpi maschili e femminili, lo si vede benissimo dai disegni di Leonardo, Michelangelo e Raffaello.
L’aspetto più sorprendente è la gestualità dei due amanti: Venere ha in mano una freccia, Cupido tiene una mano sui capelli di Venere, sino ad arrivare al diadema.
Non possono essere gesti vacui, e l’interpretazione è singolare: entrambi stanno perseguendo la stessa finalità, che è quella di sottrarre qualcosa senza che l’altro se ne accorga.
Venere disarma Cupido privandolo della freccia, e Cupido disarma Venere privandola del suo diadema.
Entrambi operano in modo nascosto, difatti i loro gesti non possono essere reciprocamente visti.
Trovo convincente questa interpretazione, perché dopo che la si è sentita la prima volta non si può fare a meno di vedere la specularità dei due gesti, che sono fra di loro in corrispondenza fraudolenta.
Rivediamolo infine un’ultima volta e tutto intero, il quadro,
dopo gli spezzettamenti faticosi della spiegazione.

Un altro titolo dell’opera, forse più vicino alle intenzioni dell’artista, è “L’Allegoria del Trionfo di Venere”.
Il quadro è stato eseguito attorno al 1546 e segna la fine del periodo dei manieristi eroici e furiosi: il Parmigianino, il Rosso fiorentino, il Pontormo, i pittori della crisi politica italiana.
Due poteri politici assoluti, il Vaticano e la Spagna, hanno vinto, e “la lucida intenzionalità con cui il Bronzino dà forma incorrotta alla materia pittorica, fissando le immagini in una statica e aulica preziosità, si pone come superamento delle inquietudini della precedente generazione manieristica”.
E’ “un emblematico riflesso della volontà assolutistica della politica”.
Nel tempo succederà altre volte, ancora con grandi artisti: Guido Reni, dopo la tempesta sublime e terrestre del Caravaggio, e Jean Dominique Ingres, dopo la Rivoluzione francese, in piena Restaurazione.
Ma se seguiamo Erwin Panofsky, ci accorgiamo di quanta duplicità, ambiguità, insicurezza, ci sia dietro questo trionfo allegorico, ed il Bronzino ne era consapevole, solo che i tempi erano quelli.
La scialuppa di salvataggio non è il trionfo, è la consapevolezza, ed il sorriso che ne scaturisce, non ironico né grottesco, è il sorriso di chi ha capito, e va bene così, perché chi se ne accorge già è fuori dal gioco fraudolento della ipocrisia fatta sistema, dei disvalori elevati a valori.
Questo può essere il senso catartico del capolavoro del Bronzino.
F i n e
Testo di Solimano – Impaginazione note e coordinam. di Tony Kospan
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