Ci sono canzoni che, forse perché baciate dalle stelle,
raggiungono un successo mondiale
e suscitano in tantissimi la curiosità di conoscerne la storia.
Questa, del 1962, è una di queste ed ebbe un tale successo
che suscitò perfino l’interesse del grande poeta
Eugenio Montale
come potremo ora leggere in questo post.
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Parleremo dunque della storia di questa canzone,
di Vinicius de Moraes,
della ragazza musa ispiratrice del poetico testo…
della mitica spiaggia…
ed infine della poesia che Montale le dedicò.
Inoltre avremo anche la possibilità d’ascoltarla in 3 versioni.
Vinicius de Moraes e… la ragazza di Ipanema
E’ poi, da un punto di vista strettamente musicale,
la canzone che ha fatto conoscere la Bossa Nova al mondo
ed ancor oggi è la Bossa Nova più cantata.
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Ovviamente lui., l’autore, è Vinícius de Moraes
poeta, cantante, compositore, drammaturgo e diplomatico brasiliano.
Vinícius de Moraes
(Rio de Janeiro, 19 ottobre 1913 – Rio de Janeiro, 9 luglio 1980)
IL POETICO TESTO
LA RAGAZZA DI IPANEMA
Vinicius de Moraes
Guarda che cosa mai bella
Così piena di grazia
E’ lei la ragazza che viene e che passa
In un dolce equilibrio camminando verso il mare
Fanciulla dal corpo dorato
Dal sole di Ipanema
Il suo incedere è più che un poema
E’ la cosa più bella che abbia visto passare
Ah! Come mi sento solo…
Ah! Come tutto è così triste…
Ah! La bellezza che esiste
La bellezza che non è solo mia
E che pure passa da sola
Ah! Se lei sapesse che quando passa
Il mondo intero si riempie di grazia
E diventa più bello grazie all’amore
Solo grazie all’amore.
Joao Gilberto e la spiaggia di Ipanema
LA CANZONE IN UNA 1° VERSIONE
Ascoltiamola in una prima versione cantata
dal grande Joao Gilberto
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Joao Gilberto
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in versione originale… portoghese.
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LA STORIA DELLA CANZONE
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La leggenda vuole che i due autori, Vinicius de Moraes e Antônio Carlos Jobim, si incontrassero regolarmente in un bar di Ipanema per scrivere una commedia musicale e che ora, per ricordare che lì nacque la canzone ora porta il suo nome.
Il bar, allora Bar Veloso, era sulla strada che una ragazza percorreva tutti i giorni per recarsi da casa alla scuola.
La ragazza si chiamava Heloisa Pinheiro.
Guardandola tutti i pomeriggi i due musicisti colsero da lei l’ispirazione per la canzone che scrissero sui tavolini del bar.
Oggi il Bar Veloso si chiama “The girl from Ipanema” e il nome della strada è divenuto, da Rua Montenegro, Rua Vinícius de Moraes.
In realtà la storia è diversa (e forse meno romantica).
Eccola.
Nonostante i due abbiano sicuramente frequentato il bar, la melodia di questa canzone venne composta da Jobim al pianoforte della propria abitazione, in Rua Barro da Torre, per una commedia (Blimp) che Moraes aveva in mente ma di cui non aveva ancora scritto nulla.
Vinicius aveva scritto le parole di questa canzone a Petropolis, vicino a Rio de Janeiro.
Anche “Chega de Saudade” era stata scritta qui sei anni prima ma dedicandola proprio a Helô Pinheiro.
Heloisa Eneida Menezes Paes Pinto
Il titolo della canzone doveva essere “Menina que passa “ (La ragazza che passa).
Per quanto riguarda la ragazza, alta, abbronzata, mora con gli occhi verdi, bella e giovane, Jobim e Moraes la videro effettivamente passare molte volte davanti al Bar Veloso nell’inverno del 1962, perché Heloisa Eneida Menezes Paes Pinto, Helo per gli amici, viveva lì vicino in Rua Montenegro ed era cliente dello stesso bar.
Non c’era da stupirsi quindi che molti nel quartiere (e tutti in quel bar) la conoscessero.
LA CANZONE… 2° VERSIONE
Questa è in formato mp3…
L’AMBIENTAZIONE: LA SPIAGGIA DI IPANEMA
Non meno importante, per il fascino della canzone,
è certamente l’ambiente in cui nacque:
la mitica spiaggia di Ipanema
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La strada che attraversa la foresta Tijuca offre continuamente vedute spettacolari della spiaggia e del quartiere di Ipanema, del suo proseguimento Leblon e della Laguna Rodrigo de Freitas, che i carioca Chiamano la Lagoa.
Questa è la zona bella di Rio, sede di benessere e dei carioca neo ricchi.
Ipanema (èun nome indio che significa acque pericolose) si sviluppò come insediamento di frontiera nel 1894, con lunghe piste in terra battuta che correvano parallele alle dune di sabbia, e qualche capanna ai lati della strada.
Considerato un avamposto sperduto ai confini della civiltà, il quartiere fu a lungo ignorato, finché la calca di Copacabana divenne insopportabile per i suoi residenti benestanti, che si spostarono in un’ altra spiaggia più a sud: appunto a Ipanema.
Vinicius de Moraes e Helo Pinheiro qualche anno dopo
LA POESIA DI MONTALE
Infine ecco la sorprendente poesia
dedicata proprio a lei
da un insospettabile Montale.
Leggiadra ti distendi
sullo scoglio lucente di sale
e al sole bruci le membra.
Ricordi la lucertola
ferma sul masso brullo;
te insidia giovinezza,
quella il lacciòlo d’erba del fanciullo.
L’acqua’ è la forza che ti tempra,
nell’acqua ti ritrovi e ti rinnovi:
noi ti pensiamo come un’alga, un ciottolo
come un’equorea creatura
che la salsedine non intacca
ma torna al lito più pura.
Hai ben ragione tu!
Non turbare
di ubbie il sorridente presente.
La tua gaiezza impegna già il futuro
ed un crollar di spalle
dirocca i fortilizî
del tuo domani oscuro.
T’alzi e t’avanzi sul ponticello esiguo,
sopra il gorgo che stride:
il tuo profilo s’incide
contro uno sfondo di perla.
Esiti a sommo del tremulo asse,
poi ridi, e come spiccata da un vento
t’abbatti fra le braccia del tuo divino amico che t’afferra.
Ti guardiamo noi, della razza
di chi rimane a terra.
(Eugenio Montale, Ossi di seppia)
Ragazza di Ipanema
LA CANZONE… 3° VERSIONE
Quest’ultima versione è in italiano
cantata da Bruno Martino.
Il video presenta anche altre immagini
della ragazza, della spiaggia etc…
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Infine concludiamo con 3 recenti immagini
della Ragazza di Ipanema
ormai Nonna… ma sempre molto vivace.
F I N E
Fonti e testi da vari siti web – rielaborazione ed impaginazione Orso Tony
Questa è una delle canzoni più belle e più note di tutti i tempi
nonché la canzone simbolo dell’amore romantico
La “vita in rosa” per noi italiani
ha lo stesso significato che ha per i francesi
soprattutto nell’espressione
“Vedere la vita in rosa”.
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(Parigi 19.12.1915 – Grasse 10.10.1963)
LA VIE EN ROSE…
LA STORIA.. LA POESIA L’ATMOSFERA E… LA CANZONE
La Piaf stessa scrisse il testo con il titolo però
Les choses en rose (Le cose in rosa),
e chiese al maestro Robert Chauvigny di musicarlo.
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Però egli si rifiutò essendo il brano, secondo lui,
senza alcun valore e mai vi fu errore così clamoroso.
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Lei si rivolse allora al pianista Louiguy (Louis Gugliemi)
che la musicò, cambiandole anche il titolo in
La vie en rose
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La canzone divenne ben presto un successo mondiale
e dirò di più… un successo che non è mai tramontato.
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Dove poteva nascere una canzone così… se non a Parigi?
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Siamo nel 1945…
l’anno in cui termina la seconda guerra mondiale…
e Parigi è stata appena liberata dagli anglo-americani.
Ricordiamo per un attimo quei giorni…
1945 – Primavera a Parigi
1945 – Primavera a Parigi
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Torniamo quindi alla nostra canzone ed ecco
il poetico testo… in italiano.
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IL TESTO
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Occhi che fanno abbassare i miei
Un ridere che si perde nella sua bocca
Ecco il ritratto senza ritocchi
Dell’uomo al quale appartengo
Quando mi prende fra le braccia
Mi parla a bassa voce
Vedo la vita tutta rosa
Mi dice parole d’amore
Parole di tutti i giorni,
E sento che qualcosa
E’ entrato nel mio cuore,
Una parte di felicità
Di cui conosco la causa
E’ lui per
Me, io per lui nella vita
Me l’ha detto, l’ha giurato sulla sua vita,
E fin dal momento in cui lo scorgo da lontano
Allora sento in me, il cuore che batte…
Notti d’amore senza fine
Una gran felicità che si fa largo
I fastidi, i dolori si cancellano
Felice, felice da morire
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Ascoltiamola in una prima versione
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e poi in questo video d’epoca, per chi lo preferisce,
possiamo invece ammirarla nella sua interpretazione
Ho scoperto solo qualche anno fa che questa canzone,
scritta e musicata da Domenico Modugno,
e che da ragazzo mi affascinava moltissimo
per la sua poetica ma misteriosa e tragica atmosfera
era stata composta in ricordo del Principe
Raimondo Lanza di Trabia.
Quelle magiche parole della prima strofa
mi colpivano nel profondo:
E’ giunta mezzanotte si spengono i rumori si spegne anche l’insegna di quell’ultimo caffè
le strade son deserte, deserte e silenziose
un’ultima carrozza cigolando se ne va
il fiume scorre lento frusciando sotto i ponti
la luna splende in cielo dorme tutta la città
solo va un vecchio frac
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ECCO CHI ERA IL VERO PRINCIPE DEL
VECCHIO FRACK
E LA SUA STORIA
Raimondo Lanza di Trabia (Palermo 9.9.1915 – Roma 30.11.1954)
Era un principe dalla vita super avventurosa,
super mondana ma dal tragico finale.
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Ce ne parla diffusamente il giornalista-scrittore Marcello Sorgi
nel suo libro “Il grande Dandy”
Si pensi, per comprender la straordinarietà del personaggio,
che nella sua breve incredibile vita è stato:
fidanzato di Susanna Agnelli, l’amante di Joan Crawford,
amico forse più che intimo di Edda Ciano e Rita Hayworth,
amico di Gianni Agnelli, Ranieri di Monaco, Aristotele Onassis
e dello scià Reza Pahlavi, ed inoltre…
Presidente del Palermo Calcio, pilota di auto, animatore della Targa Florio,
spia fascista nella guerra civile spagnola
ed infine mediatore con i partigiani nella Roma del ’43 !!!!
Quest’uomo del jet set quando il patrimonio stava per esaurirsi
e si accorse che anche il suo fisico era allo stremo per le grandi sregolatezze,
ma non fu in grado di fermarsi, riprendersi, rinnovarsi,
e se ne andò in modo teatrale e disperato
secondo il copione del personaggio che egli stesso si era costruito.
Ma riascoltiamo ora questa famosissima canzone…
del mitico Modugno e forse possiamo comprender
l’atmosfera, insieme brillante e drammatica,
in cui si svolge l’ultimo atto del principe
e, se ci va, possiamo farlo leggendo il testo della canzone.
IL TESTO
VECCHIO FRACK
Domenico Modugno
E’ giunta mezzanotte si spengono i rumori
si spegne anche l’insegna di quell’ultimo caffè
le strade son deserte, deserte e silenziose
un’ultima carrozza cigolando se ne va
il fiume scorre lento frusciando sotto i ponti
la luna splende in cielo dorme tutta la città
solo va un vecchio frack
Ha un cilindro per cappello due diamanti per gemelli
un bastone di cristallo la gardenia nell’occhiello
e sul candido gilet un papillon un papillon di seta blu
Si avvicina lentamente con incedere elegante
ha l’aspetto trasognato malinconico ed assente
non si sa da dove viene nè dove va
di chi mai sarà quel vecchio frack?
bonne nuit, bonne nuit bonne nuit
bonne nuit buonanotte
va dicendo ad ogni cosa ai fanali illuminati
ad un gatto innamorato che randagio se ne va
E’ giunta ormai l’aurora si spengono i fanali
si sveglia a poco a poco tutta quanta la città
la luna si è incantata, sorpresa e impallidita
pian piano scolorandosi nel cielo sparirà.
Sbadiglia una finestra sul fiume silenzioso
e nella luce bianca galleggiando se ne van
un cilindro, un fiore, un frack
Ha un cilindro per cappello due diamanti per gemelli
un bastone di cristallo la gardenia nell’occhiello
e sul candido gilet un papillon un papillon di seta blu
Galleggiando dolcemente e lasciandosi cullare
se ne scende lentamente sotto i ponti verso il mare
verso il mare se ne va
di chi sarà, di chi sarà quel vechio frack
adieu adieu adieu adieu vecchio mondo
ai ricordi del passato ad un sogno mai sognato
ad un abito da sposa primo ed ultimo suo amor.
poesia vera, del grande poeta e paroliere Libero Bovio.
Avremo modo di leggerne il testo più giù.
LA POESIA DELLA CANZONE
E’ una canzone davvero struggente che colpì, appena uscì
tantissimi cuori e da allora non ha mai smesso di colpire
soprattutto quelli di coloro che sono lontani dalla terra d’origine.
Personalmente non riesco a non commuovermi
ogni volta che l’ascolto.
LA STORIA DELLA CANZONE
Si racconta che la musica fu scritta in una nottata
e musicata da un Valente arrabbiatissimo
perché aveva perduto molto giocando a carte.
Vincenzo Irolli
L’ATMOSFERA DELL’EPOCA
Vediamo, prima di passare alla canzone,
qualche immagine che ci riporta all’atmosfera del 1931.
Il mitico Tazio Nuvolari il 2 agosto del 1931 prima della partenza della gara
In un primo momento i discografici l’avevano bocciata
perché per loro era “un romanzo… e non una canzone“
ma mai smentita fu più clamorosa…
e dal suo successo nacque anche un film.
Ma veniamo alla canzone e, per meglio gustarla,
leggiamo prima il testo.
SIGNORINELLA
Libero Bovio – Nicola Valente (1931)
Signorinella pallida,
dolce dirimpettaia del quinto piano,
non v’è una notte ch’io non sogni Napoli,
e son vent’anni che ne sto’ lontano!
Al mio paese nevica,
e il campanile della chiesa è bianco,
tutta la legna è diventata cenere,
io ho sempre freddo e sono triste e stanco!
Lenta e lontana,
mentre ti penso suona la campana
della piccola chiesa del Gesù
e nevica, vedessi come nevica ….
ma tu, dove sei tu?
Bei tempi di baldoria,
dolce felicità fatta di niente:
Brindisi coi bicchieri colmi d’acqua
al nostro amore povero e innocente.
Negli occhi tuoi passavano
una speranza, un sogno, una carezza ….
avevi un nome che non si dimentica,
un nome lungo e breve: giovinezza!
Amore mio!
Non ti ricordi che, nel dirmi addio,
mi mettesti all’occhiello una pansè
e mi dicesti, con la voce tremula:
“Non ti scordar di me!”
E gli anni e i giorni passano,
uguali e grigi, con monotonia,
le nostre foglie più non rinverdiscono,
signorinella, che malinconia!
Tu innamorata e pallida
più non ricami innanzi al tuo telaio,
io qui son diventato il buon don Cesare,
porto il mantello a ruota e fo’ il notaio.
Il mio piccino,
sfogliando un vecchio libro di latino,
ha trovato, indovina, una pansè ….
perché negli occhi mi spuntò una lacrima?
Chissà, chissà perché!
Lenta e lontana,
mentre ti penso, suona la campana
della piccola chiesa del Gesù ….
e nevica, vedessi come nevica ….
ma tu …. dove sei tu?
Gabriele D’Annunzio nel suo soggiorno napoletano nel 1892, era insieme all’amico poeta e paroliere Ferdinando Russo ai tavolini del mitico Caffè Gambrinus.
Il Vate, sfidato dall’amico a comporre in breve tempo una canzone napoletana, gli dettò in pochi minuti questi versi.
Rimasti per dieci anni in un cassetto, essi vennero poi mostrati dal Russo al musicista Francesco Paolo Tosti,
Francesco Paolo Tosti (Ortona 9.4.1846 – Roma 2.12.1916)
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altro abruzzese.
Il Tosti, dunque, musicò questi versi.
Per questo, pur con l’intervento del Russo del tutto “laterale”, la canzone napoletana è di paternità tutta abruzzese.
Franz Dvorak
La canzone divenne presto un successo internazionale e fu molto amata anche da Enrico Caruso, che la incise nel 1919.
E’ tuttora, a pieno titolo, tra le classicissime ed amatissime canzoni della tradizione musicale partenopea.
Vediamo ora alcune immagini d’epoca che ci riportano all’atmosfera di quegli anni.
Il giovane… D’Annunzio
Napoli – Villa Comunale
Napoli – Piazza Dante
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IL TESTO
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‘A VUCCHELLA (La boccuccia)
D’Annunzio
Si comm’a nu sciurillo…
tu tiene na vucchella,
nu poco pucurillo,
appassuliatella.
Méh, dammillo, dammillo,
è comm’a na rusella…
dammillo nu vasillo,
dammillo, Cannetella!
Dammillo e pigliatillo
nu vaso… piccerillo
comm’a chesta vucchella
che pare na rusella…
nu poco pucurillo
appassuliatella…
Questa è una non notissima, ma bellissima, canzone
di un monumento della Canzone Italiana
il mitico “Mimmo Modugno” detto anche “Mister volare”.
Polignano a Mare 9.1.1928 – Lampedusa 6.8.1994
UNA BELLA… POETICA… MA DRAMMATICA
STORIA DI MARE… AMORE… E MORTE.
LU PISCI SPADA
STUPENDA CANZONE-POESIA DI MODUGNO
by Tony Kospan
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Sembra che si tratti di una storia vera
raccontata da alcuni pescatori
e riportata su alcuni giornali
quando il Mimmo nazionale era un ragazzo.
Con essa Modugno ci parla del supremo sacrificio per amore.
Racconta infatti la drammatica storia d’amore tra due pesci spada;
la femmina ormai catturata durante la mattanza,
incita il maschio a fuggire,
ma lui si lascia catturare per morire insieme a lei.
Leggiamo prima il poetico testo in italiano.
IL PESCE SPADA
(D. Modugno)
Questa è la storia –
d’un pesce spada –
storia d’amore…
Dai dai è lì, I’ho visto, l’ho visto… –
prendi la fiocina, uccidilo uccidilo uccidilo ahh…
hanno colpito la tua femmina dritto dritto in mezzo al cuore
e piangeva di dolore ahi ahi ahi ahi ahi ahi ahi
e la barca la trascinava ed il sangue si spargeva
ed il maschio piangeva ahi ahi ahi ahi ahi ahi ahi
ed il maschio pareva impazzito
diceva: “bella mia non piangere, –
bella mia non piangere, –
dimmi piuttosto cosa devo fare…?”
Rispondeva la femmina –
con un filo e filo di voce:
“scappa scappa amore mio –
perché altrimenti ti uccidono…”
“Non no no no no amore mio –
se tu muori voglio morire assieme a te
se tu muori amore mio voglio morire…”
Con un salto si trovò abbracciato cuore a cuorevicino ad essa
e così ebbe fine l’amore –
di due pesci sfortunati… –
Dai dai è lì, l’ho visto l’ho visto –
c’è pure il maschio –
prendi la fiocina, uccidilo uccidilo uccidilo ahh…
Questa è la storia – d’un pesce spada –
storia d’amore.
Ed ora nel video possiamo legger, se ci va, anche il testo originale
oltre ad ascoltar la sublime interpretazione del grandissimo Mimmo.
E’ una canzone che, per le parole ed il significato,
è certamente spintarella per l’epoca.
La canzone fu composta da Cesare Andrea Bixio
mentre il testo, come spesso accadeva, era di Cherubini.
In verità fu Parigi a decretare il successo di questo tango
che poi ben presto si estese in vari altri Paesi.
Tarzan 1928
Siamo nel 1928 e le immagini che vedete,
d’arte e non, fanno riferimento,
come sempre, all’atmosfera di quell’anno.
Giacomo Balla – Autocaffè
Rose Rolando – Man Ray
IL TESTO
IL TANGO DELLE CAPINERE
C. A. Bixio – Cherubini
Laggiù nell’Arizona
terra di sogni e di chimere
se una chitarra suona
cantano mille capinere
hanno la chioma bruna
hanno la febbre in cuor
chi va cercar fortuna
li troverà L’amor.
A mezzanotte va
la ronda del piacere
e nell’oscurità
ognuno vuol godere
son baci di passion
L’amor non sa tacere
e questa è la canzon
di mille capinere.
Il bandolero stanco
scende la sierra misteriosa
sul suo cavallo bianco
spicca la vampa di una rosa
quel fior di primavera
vuol dire fedeltà
e alla sua capinera
egli lo porterà.
A mezzanotte va
la ronda del piacere
e chi ritornerà
lasciando le miniere
forse riporterà
dell’oro in un forziere,
ma il cuore lascerà
fra mille capinere!
Eccola dunque prima in una versione classica
cantata da Luciano Virgili.
e poi chi desidera ascoltarla in una versione video più moderna