L’opera, molto nota, ma forse meno di altre dell’artista, appare come un grande abbraccio all’Umanità nonostante essa mostri le tante differenze esistenti nella realtà sociale.
Possiamo dire, con altre parole, che con forza e intensità, essa ci mostra, come se fosse uno specchio, la verità della vita umana con i suoi contrasti infiniti tra ricchi e poveri, sani e malati, sazi e affamati etc.
Ci mostra infatti persone molto dolenti e bisognose ma aiutate e/o assistite da altre di nobile cuore.
Tutto questo il Caravaggio riesce a farlo in un’unica scena!
LA STORIA DEL DIPINTO
Siamo nel 1606 a Napoli.
Sette gentiluomini, uno per ogni opera di carità, decidono di creare un’associazione, il Pio Monte della Misericordia, per aiutare i bisognosi.
Chiedono allora al Caravaggio, che è in città, di dipingere nella sede dell’associazione un’opera che rappresenti significato e temi delle loro attività assistenziali, le 7 Opere di Carità appunto.
Caravaggio non si spaventa minimamente anzi, prendendo spunto dalla realtà delle strade di Napoli, in cui sono mescolati nobili e mendicanti, persone benestanti e tanta varia umanità sofferente rovescia in breve tempo il tutto nel dipinto, con la consueta genialità, la forza, l’intensità e le suggestioni senza fronzoli o tabù secondo il suo inconfondibile stile.
Infatti consegna il dipinto il 9 gennaio 1607.
ESAME DELLE 7 OPERE DI MISERICORDIA
Nel dipinto poi il Caravaggio aggiunge anche riferimenti classici e religiosi, secondo lo stile dell’epoca, come possiamo ora notare esaminando, una per una le 7 opere:
– Cimone e Pero*: La donna che allatta il vecchio attraverso la grata del carcere.*
1 (Dar da mangiare agli affamati) e 2 (Visitare i carcerati)
– San Martino: Un gentiluomo con la spada divide il mantello per donarlo al mendicante
3 (Vestire gli ignudi)
– Lo stesso cavaliere opera nei confronti dello storpio raffigurato a sinistra in basso.
4 (Curare gli infermi)
– Sansone: l’assetato si serve della mascella d’asino.
5 (Dar da bere agli assetati)
A questi classici riferimenti il nostro aggiunge riferimenti reali.
– A sinistra, un uomo indica un riparo ad un pellegrino.
6 (Ospitare i pellegrini)
– A destra alcune persone trasportano un cadavere di cui si vedono solo i piedi.
7 (Seppellire i morti)
*(La virtuosa Pero, poiché il padre Cimone è in carcere e condannato a morire per fame, va di nascosto nella prigione per nutrirlo con l’unico mezzo possibile, il latte del proprio seno.
La storia ha un lieto fine. Un carceriere li scopre e lo comunica al comandante che, commosso, rilascia il vecchio.
– dal racconto dello storico Valerio Massimo “De Factis Dictisque Memorabilibus – Libro IX”)
BREVE ANALISI DEL DIPINTO
A prima vista notiamo subito l’intreccio di scene e personaggi, il forte contrasto tra luci ed ombre, una evidente esaltazione simbolica delle azioni dei personaggi ed un estremo realismo dei tanti particolari.
L’intento dell’artista è quello di evidenziare il reale contesto umano in cui si mescolano agiatezza e miseria, malattia e cure, peccato e perdono, etc.
Su questo coacervo contrastante la Madonna apre il suo mantello per non lasciar nessuno fuori dalla sua protezione… e dal suo amore.
Anche questo suo dipinto è assolutamente sorprendente in quanto presenta in primo piano la realtà umana e solo come complemento appare la religione, benché posta in alto.
IL DIPINTO E L’ISTITUTO
Benché il dipinto apparisse all’epoca inaudito se ne comprese ben presto la geniale bellezza e dopo 50 anni si decise di costruirgli intorno una chiesa, cosa questa di evidente ed assoluta rarità.
L’opera e l’istituzione erano, e sono ancor oggi, un unicum vivo e funzionante con le stesse modalità di allora.
L’opera infine, con decreto dei reggenti del Pio Monte del 1621, non si potrà mai spostare o essere toccata “avendo riguardo più al pubblico decoro che al privato comodo” dimostrando quindi un grande amore per il bene pubblico, cosa ahimè oggi, purtroppo, quasi impensabile.
Stavolta parleremo di un’opera stupenda ma che purtroppo non si sa né se esista ancora, né dove sia, ma che affascina e sorprende comunque come vedremo più giù.
Infatti è stata trafugata nel 1969 dall’oratorio di San Lorenzo a Palermo ed è oggi nella lista dei dieci capolavori più ricercati dalle polizie di tutto il mondo.
E’ incerta la data della sua creazione che per alcuni è nel 1609 a Palermo ma per la maggior parte dei critici è stata invece dipinta nel 1600 a Roma commissionata dal commerciante Fabio Nuti.
Per il clamore della sua scomparsa ma anche per la sua originalità (nello stile dell’autore) appare una delle Natività più intriganti di sempre.
IL DIPINTO
L’opera infatti affascina per la nota narrazione stilistica caravaggesca che rende veri e naturali i personaggi dipinti ed infatti, come sempre, i suoi modelli appaiono tutti prelevati da ambienti poveri o tra emarginati.
Dunque anche questo dipinto è considerato “controcorrente” in quanto si possono notare i seguenti inconsueti aspetti:
– Lo sguardo malinconico della Madonna;
– Il Bambino, a differenza dei dipinti degli artisti dell’epoca non appare luminoso o in atteggiamento di preghiera, ma quasi anonimo (volendo l’autore accennare alla sua universalità);
– San Giuseppe appare di spalle e con uno strano mantello verde;
– L’impossibile presenza di San Francesco che prega in ginocchio guardando il Bambino;
– La Divinità è rappresentata solo dall’Angelo in alto;
– Tutta la scena infine appare realistica e senza alcunché di folgorante o trionfante ma anzi ci dona un’atmosfera modesta e quasi mesta.
LA STORIA RECENTE E LA SUA RICOSTRUZIONE
ll dipinto trafugato, che. come dicevo su, si ignora se esista ancora da qualche parte, è stato comunque di recente perfettamente ricostruito.
Ora ne esistono 2 copie di cui una è stata restituita a Palermo.
Ciò è stato possibile con l’ausilio delle nuove tecnologie e tuttavia con molte difficoltà dato che esisteva solo una foto a colori.
L’opera, molto nota, ma forse meno di altre dell’artista, appare come un grande abbraccio all’Umanità nonostante essa mostri le tante differenze esistenti nella realtà sociale.
Possiamo dire, con altre parole, che con forza e intensità, essa ci mostra, come se fosse uno specchio, la verità della vita umana con i suoi contrasti infiniti tra ricchi e poveri, sani e malati, sazi e affamati etc.
Ci mostra infatti persone molto dolenti e bisognose ma aiutate e/o assistite da altre di nobile cuore.
Tutto questo il Caravaggio riesce a farlo in un’unica scena!
LA STORIA DEL DIPINTO
Siamo nel 1606 a Napoli.
Sette gentiluomini, uno per ogni opera di carità, decidono di creare un’associazione, il Pio Monte della Misericordia, per aiutare i bisognosi.
Chiedono allora al Caravaggio, che è in città, di dipingere nella sede dell’associazione un’opera che rappresenti significato e temi delle loro attività assistenziali, le 7 Opere di Carità appunto.
Caravaggio non si spaventa minimamente anzi, prendendo spunto dalla realtà delle strade di Napoli, in cui sono mescolati nobili e mendicanti, persone benestanti e tanta varia umanità sofferente rovescia in breve tempo il tutto nel dipinto, con la consueta genialità, la forza, l’intensità e le suggestioni senza fronzoli o tabù secondo il suo inconfondibile stile.
Infatti consegna il dipinto il 9 gennaio 1607.
ESAME DELLE 7 OPERE DI MISERICORDIA
Nel dipinto poi il Caravaggio aggiunge anche riferimenti classici e religiosi, secondo lo stile dell’epoca, come possiamo ora notare esaminando, una per una le 7 opere:
– Cimone e Pero*: La donna che allatta il vecchio attraverso la grata del carcere.*
1 (Dar da mangiare agli affamati) e 2 (Visitare i carcerati)
– San Martino: Un gentiluomo con la spada divide il mantello per donarlo al mendicante
3 (Vestire gli ignudi)
– Lo stesso cavaliere opera nei confronti dello storpio raffigurato a sinistra in basso.
4 (Curare gli infermi)
– Sansone: l’assetato si serve della mascella d’asino.
5 (Dar da bere agli assetati)
A questi classici riferimenti il nostro aggiunge riferimenti reali.
– A sinistra, un uomo indica un riparo ad un pellegrino.
6 (Ospitare i pellegrini)
– A destra alcune persone trasportano un cadavere di cui si vedono solo i piedi.
7 (Seppellire i morti)
*(La virtuosa Pero, poiché il padre Cimone è in carcere e condannato a morire per fame, va di nascosto nella prigione per nutrirlo con l’unico mezzo possibile, il latte del proprio seno.
La storia ha un lieto fine. Un carceriere li scopre e lo comunica al comandante che, commosso, rilascia il vecchio.
– dal racconto dello storico Valerio Massimo “De Factis Dictisque Memorabilibus – Libro IX”)
BREVE ANALISI DEL DIPINTO
A prima vista notiamo subito l’intreccio di scene e personaggi, il forte contrasto tra luci ed ombre, una evidente esaltazione simbolica delle azioni dei personaggi ed un estremo realismo dei tanti particolari.
L’intento dell’artista è quello di evidenziare il reale contesto umano in cui si mescolano agiatezza e miseria, malattia e cure, peccato e perdono, etc.
Su questo coacervo contrastante la Madonna apre il suo mantello per non lasciar nessuno fuori dalla sua protezione… e dal suo amore.
Anche questo suo dipinto è assolutamente sorprendente in quanto presenta in primo piano la realtà umana e solo come complemento appare la religione, benché posta in alto.
IL DIPINTO E L’ISTITUTO
Benché il dipinto apparisse all’epoca inaudito se ne comprese ben presto la geniale bellezza e dopo 50 anni si decise di costruirgli intorno una chiesa, cosa questa di evidente ed assoluta rarità.
L’opera e l’istituzione erano, e sono ancor oggi, un unicum vivo e funzionante con le stesse modalità di allora.
L’opera infine, con decreto dei reggenti del Pio Monte del 1621, non si potrà mai spostare o essere toccata “avendo riguardo più al pubblico decoro che al privato comodo” dimostrando quindi un grande amore per il bene pubblico, cosa ahimè oggi, purtroppo, quasi impensabile.
L’opera, molto nota, ma forse meno di altre dell’artista, appare come un grande abbraccio all’Umanità nonostante essa mostri le tante differenze esistenti nella realtà sociale.
Possiamo dire, con altre parole, che con forza e intensità, essa ci mostra, come se fosse uno specchio, la verità della vita umana con i suoi contrasti infiniti tra ricchi e poveri, sani e malati, sazi e affamati etc.
Ci mostra infatti persone molto dolenti e bisognose ma aiutate e/o assistite da altre di nobile cuore.
Tutto questo il Caravaggio riesce a farlo in un’unica scena!
LA STORIA DEL DIPINTO
Siamo nel 1606 a Napoli.
Sette gentiluomini, uno per ogni opera di carità, decidono di creare un’associazione, il Pio Monte della Misericordia, per aiutare i bisognosi.
Chiedono allora al Caravaggio, che è in città, di dipingere nella sede dell’associazione un’opera che rappresenti significato e temi delle loro attività assistenziali, le 7 Opere di Carità appunto.
Caravaggio non si spaventa minimamente anzi, prendendo spunto dalla realtà delle strade di Napoli, in cui sono mescolati nobili e mendicanti, persone benestanti e tanta varia umanità sofferente rovescia in breve tempo il tutto nel dipinto, con la consueta genialità, la forza, l’intensità e le suggestioni senza fronzoli o tabù secondo il suo inconfondibile stile.
Infatti consegna il dipinto il 9 gennaio 1607.
ESAME DELLE 7 OPERE DI MISERICORDIA
Nel dipinto poi il Caravaggio aggiunge anche riferimenti classici e religiosi, secondo lo stile dell’epoca, come possiamo ora notare esaminando, una per una le 7 opere:
– Cimone e Pero*: La donna che allatta il vecchio attraverso la grata del carcere.*
1 (Dar da mangiare agli affamati) e 2 (Visitare i carcerati)
– San Martino: Un gentiluomo con la spada divide il mantello per donarlo al mendicante
3 (Vestire gli ignudi)
– Lo stesso cavaliere opera nei confronti dello storpio raffigurato a sinistra in basso.
4 (Curare gli infermi)
– Sansone: l’assetato si serve della mascella d’asino.
5 (Dar da bere agli assetati)
A questi classici riferimenti il nostro aggiunge riferimenti reali.
– A sinistra, un uomo indica un riparo ad un pellegrino.
6 (Ospitare i pellegrini)
– A destra alcune persone trasportano un cadavere di cui si vedono solo i piedi.
7 (Seppellire i morti)
*(La virtuosa Pero, poiché il padre Cimone è in carcere e condannato a morire per fame, va di nascosto nella prigione per nutrirlo con l’unico mezzo possibile, il latte del proprio seno.
La storia ha un lieto fine. Un carceriere li scopre e lo comunica al comandante che, commosso, rilascia il vecchio.
– dal racconto dello storico Valerio Massimo “De Factis Dictisque Memorabilibus – Libro IX”)
BREVE ANALISI DEL DIPINTO
A prima vista notiamo subito l’intreccio di scene e personaggi, il forte contrasto tra luci ed ombre, una evidente esaltazione simbolica delle azioni dei personaggi ed un estremo realismo dei tanti particolari.
L’intento dell’artista è quello di evidenziare il reale contesto umano in cui si mescolano agiatezza e miseria, malattia e cure, peccato e perdono, etc.
Su questo coacervo contrastante la Madonna apre il suo mantello per non lasciar nessuno fuori dalla sua protezione… e dal suo amore.
Anche questo suo dipinto è assolutamente sorprendente in quanto presenta in primo piano la realtà umana e solo come complemento appare la religione, benché posta in alto.
IL DIPINTO E L’ISTITUTO
Benché il dipinto apparisse all’epoca inaudito se ne comprese ben presto la geniale bellezza e dopo 50 anni si decise di costruirgli intorno una chiesa, cosa questa di evidente ed assoluta rarità.
L’opera e l’istituzione erano, e sono ancor oggi, un unicum vivo e funzionante con le stesse modalità di allora.
L’opera infine, con decreto dei reggenti del Pio Monte del 1621, non si potrà mai spostare o essere toccata “avendo riguardo più al pubblico decoro che al privato comodo” dimostrando quindi un grande amore per il bene pubblico, cosa ahimè oggi, purtroppo, quasi impensabile.
Stavolta parleremo di un’opera stupenda ma che purtroppo non si sa né se esista ancora, né dove sia, ma che affascina e sorprende comunque come vedremo più giù.
Infatti è stata trafugata nel 1969 dall’oratorio di San Lorenzo a Palermo ed è oggi nella lista dei dieci capolavori più ricercati dalle polizie di tutto il mondo.
E’ incerta la data della sua creazione che per alcuni è nel 1609 a Palermo ma per la maggior parte dei critici è stata invece dipinta nel 1600 a Roma commissionata dal commerciante Fabio Nuti.
Per il clamore della sua scomparsa ma anche per la sua originalità (nello stile dell’autore) appare una delle Natività più intriganti di sempre.
IL DIPINTO
L’opera infatti affascina per la nota narrazione stilistica caravaggesca che rende veri e naturali i personaggi dipinti ed infatti, come sempre, i suoi modelli appaiono tutti prelevati da ambienti poveri o tra emarginati.
Dunque anche questo dipinto è considerato “controcorrente” in quanto si possono notare i seguenti inconsueti aspetti:
– Lo sguardo malinconico della Madonna;
– Il Bambino, a differenza dei dipinti degli artisti dell’epoca non appare luminoso o in atteggiamento di preghiera, ma quasi anonimo (volendo l’autore accennare alla sua universalità);
– San Giuseppe appare di spalle e con uno strano mantello verde;
– L’impossibile presenza di San Francesco che prega in ginocchio guardando il Bambino;
– La Divinità è rappresentata solo dall’Angelo in alto;
– Tutta la scena infine appare realistica e senza alcunché di folgorante o trionfante ma anzi ci dona un’atmosfera modesta e quasi mesta.
LA STORIA RECENTE E LA SUA RICOSTRUZIONE
ll dipinto trafugato, che. come dicevo su, si ignora se esista ancora da qualche parte, è stato comunque di recente perfettamente ricostruito.
Ora ne esistono 2 copie di cui una è stata restituita a Palermo.
Ciò è stato possibile con l’ausilio delle nuove tecnologie e tuttavia con molte difficoltà dato che esisteva solo una foto a colori.
L’opera, molto nota, ma forse meno di altre dell’artista, appare come un grande abbraccio all’Umanità nonostante mostri le tante differenze esistenti nella realtà sociale.
Possiamo dire, con altre parole, che con forza e intensità, essa ci mostra, come se fosse uno specchio, la verità della vita umana con i suoi contrasti infiniti tra ricchi e poveri, sani e malati, sazi e affamati etc.
Ci mostra infatti persone molto dolenti e bisognose aiutate e/o assistite da altre di nobile cuore.
Tutto questo il Caravaggio riesce a farlo in un’unica scena!
LA STORIA DEL DIPINTO
Siamo nel 1606 a Napoli.
Sette gentiluomini, uno per ogni opera di carità, decidono di creare un’associazione, il Pio Monte della Misericordia, per aiutare i bisognosi.
Chiedono allora al Caravaggio, che è in città, di dipingere nella sede dell’associazione un’opera che rappresenti significato e temi delle loro attività assistenziali, le 7 Opere di Carità appunto.
Caravaggio non si spaventa minimamente anzi, prendendo spunto dalla realtà delle strade di Napoli, in cui sono mescolati nobili e mendicanti, persone benestanti e tanta varia umanità sofferente rovescia il tutto nel dipinto con la forza, l’intensità e le suggestioni senza fronzoli o tabù secondo il suo inconfondibile stile e consegna il dipinto il 9 gennaio 1607.
LE 7 OPERE DI MISERICORDIA NEL DIPINTO
A quanto appena detto Caravaggio aggiunge anche riferimenti antichi e religiosi, secondo lo stile dell’epoca, come possiamo notare esaminando, una per una le 7 opere:
– Cimone e Pero*: La donna che allatta il vecchio attraverso la grata del carcere.*
1 (Dar da mangiare agli affamati) e 2 (Visitare i carcerati)
– San Martino: Un gentiluomo con la spada divide il mantello per donarlo al mendicante
3 (Vestire gli ignudi)
– Lo stesso cavaliere opera nei confronti dello storpio raffigurato a sinistra in basso.
4 (Curare gli infermi)
– Sansone: l’assetato si serve della mascella d’asino.
5 (Dar da bere agli assetati)
A questi classici riferimenti il nostro aggiunge riferimenti reali.
– A sinistra, un uomo indica un riparo ad un pellegrino.
6 (Ospitare i pellegrini)
– A destra alcune persone trasportano un cadavere di cui si vedono solo i piedi.
7 (Seppellire i morti)
*(La virtuosa Pero, poiché il padre Cimone è in carcere e condannato a morire per fame, va di nascosto nella prigione per nutrirlo con l’unico mezzo possibile, il latte del proprio seno.
La storia ha un lieto fine. Un carceriere li scopre e lo comunica al comandante che, commosso, rilascia il vecchio.
– dal racconto dello storico Valerio Massimo “De Factis Dictisque Memorabilibus – Libro IX”)
BREVE ANALISI DEL DIPINTO
A prima vista notiamo subito l’intreccio di scene e personaggi, il forte contrasto tra luci ed ombre, una evidente esaltazione simbolica delle azioni dei personaggi ed un estremo realismo dei tanti particolari.
L’intento dell’artista è quello di evidenziare il reale contesto umano in cui si mescolano agiatezza e miseria, malattia e cure, peccato e perdono, etc.
Su questo coacervo contrastante la Madonna apre il suo mantello per non lasciar nessuno fuori dalla sua protezione… e dal suo amore.
Anche questo suo dipinto è assolutamente sorprendente in quanto presenta in primo piano la realtà umana e solo come complemento appare la religione, benché posta in alto.
IL DIPINTO E L’ISTITUTO
Benché il dipinto apparisse all’epoca inaudito se ne comprese ben presto la geniale bellezza e dopo 50 anni si decise di costruirgli intorno una chiesa, cosa questa di evidente ed assoluta rarità.
L’opera e l’istituzione erano, e sono ancor oggi, un unicum vivo e funzionante con le stesse modalità di allora.
L’opera infine, con decreto dei reggenti del Pio Monte del 1621, non si potrà mai spostare o essere toccata “avendo riguardo più al pubblico decoro che al privato comodo” dimostrando quindi un grande amore per il bene pubblico, cosa oggi purtroppo quasi impensabile.
Stavolta parleremo di un’opera stupenda ma che purtroppo non si sa se esista ancora, e dove sia, ma che affascina e sorprende comunque come vedremo più giù.
Infatti è stata trafugata nel 1969 dall’oratorio di San Lorenzo a Palermo… ed è oggi nella lista dei dieci capolavori più ricercati dalle polizie di tutto il mondo.
E’ incerta la data della sua creazione che per alcuni è nel 1609 a Palermo ma per la maggior parte dei critici è stata invece dipinta nel 1600 a Roma commissionata dal commerciante Fabio Nuti.
Per il clamore della sua scomparsa ma anche per la sua originalità (nello stile dell’autore) appare una delle Natività più intriganti di sempre.
IL DIPINTO
L’opera infatti affascina per la nota narrazione stilistica caravaggesca che rende veri e naturali i personaggi dipinti ed infatti, come sempre, i suoi modelli appaiono tutti prelevati da ambienti poveri o tra emarginati.
Dunque anche questo dipinto è considerato “controcorrente” in quanto si possono notare i seguenti inconsueti aspetti:
– Lo sguardo malinconico della Madonna;
– Il Bambino, a differenza dei dipinti degli artisti dell’epoca non appare luminoso o in atteggiamento di preghiera, ma quasi anonimo (volendo l’autore accennare alla sua universalità);
– San Giuseppe appare di spalle e con uno strano mantello verde;
– L’impossibile presenza di San Francesco che prega in ginocchio guardando il Bambino;
– La Divinità è rappresentata dall’Angelo in alto;
– Tutta la scena appare realistica… senza alcunché di folgorante o trionfante… ma anzi ci dona un’atmosfera modesta e quasi mesta.
LA STORIA RECENTE E LA SUA RICOSTRUZIONE
l dipinto trafugato, che si ignora se esista ancora da qualche parte o meno, è stato di recente perfettamente ricostruito.
Ora ne esistono 2 copie di cui una è stata restituita a Palermo.
Ciò è stato possibile con l’ausilio delle nuove tecnologie e tuttavia con molte difficoltà dato che esisteva solo una foto a colori.