Un mitico dipinto, molto chiaro, perfino semplice… ma che tuttavia, secondo lo stile dell’epoca, nasconde tanti simboli ed il mistero del suo significato.
“Osserviamolo attentamente e… da… vicino”.
L’ENIGMA DELLA PRIMAVERA DEL BOTTICELLI a cura di Tony Kospan STORIA DEL DIPINTO
Raramente un dipinto che ha un oggetto così chiaro…, come questo…, nasconde invece tanti segreti interpretativi…
Commissionata al pittore fiorentino intorno al 1478, “La Primavera” è il più celebre dipinto mitologico del Quattrocento, ed è anche una delle creazioni più belle e più misteriose del Rinascimento.
Ancor oggi, nonostante i tantissimi studi da parte dei più grandi esperti d’arte, ci sfuggono sia la genesi precisa che tutti i suoi veri significati
Nel 1498, pochi anni dopo la sua realizzazione, adornava il letto del giovane Lorenzo di Piefrancesco de’ Medici, nipote del Magnifico.
Sessant’anni più tardi, avendola vista nella villa medicea di Castello, Giorgio Vasari ce ne parla in un passo del suo celebre “Le Vite” ed in pratica ci consegna il titolo dell’opera “… un’altra Venere, che le Grazie la fioriscono, dinotando la Primavera: le quali da lui (Botticelli) con grazia si veggono espresse“.
AMBIENTAZIONE E PERSONAGGI RAPPRESENTATI
Nell’opera sono rappresentati 9 personaggi posti in un boschetto ombroso, che si presentano allineati su un prato tappezzato da decine di fiori di vario genere.
L’ambientazione ricorda gli arazzi fiamminghi, noti come “millefiori“, all’epoca molto diffusi nelle case aristocratiche fiorentine.
L’identità delle nove figure sembra però ormai definitivamente accertata.
Venere
Al centro della composizione c’è Venere (per altri potrebbe essere invece Giunone per la sua posa serena).
Accanto a lei le tre Grazie: Talia la prosperità, Eufrosine la gioia e Aglaia lo splendore
Sia la dea che le altre figure femminili appaiono chiaramente incinte.
Sulla destra c’è Zefiro, la ninfa Cloris che si trasforma in Flora dalla splendida veste bianca decorata di corolle.
Cupido
In alto poi c’è Cupido
Mercurio
e sull’estrema sinistra Mercurio.
LETTURA DEL DIPINTO
Va fatta, contrariamente al solito, da destra verso sinistra.
Zefiro Cloris e Flora (da dx verso sin)
Zefiro, vento primaverile agguanta la ninfa Cloris che poi si trasforma in Flora… dea della Primavera… e dei fiori.
Flora
Flora, pur non essendo il personaggio centrale, spicca però per la sua bellezza… e dà anche il nome al dipinto.
Accanto a Flora, al centro dipinto, la dea Venere (o Giunone) con un atteggiamento sereno saluta con la mano le tre Grazie che danzano in cerchio un ballo dell’epoca coperte solo di veli trasparenti. . Dall’alto Cupido alato scocca uno strale infuocato, mentre Mercurio, assorto, volgendo le spalle agli altri personaggi, tocca (indica? disperde?) le nuvole col caduceo (bastone con due serpenti attorcigliati intorno a esso).
I DUBBI
L’aver individuato tutti i soggetti presenti non ha tuttavia risolto la spiegazione del senso complessivo del dipinto ed infatti si è molto discusso sui seguenti punti:
– Qual è il vero significato dell’opera e cosa accomuna le nove figure? – Perché la dea e le altre figure femminili sono tutte incinte?
ALCUNE TRA LE SPIEGAZIONI PIU’ ACCREDITATE
Il primo che tentò di risolvere il problema fu lo studioso tedesco Aby Warburg che ipotizzò anche un titolo più preciso per il dipinto “Regno di Venere”. Questo perché appaiono riunite figure mitologiche che generalmente sono associate alla dea, la quale è anche la divinità della primavera.
L’inglese Charles Dempsey, invece, ritenne che il quadro fosse la raffigurazione non solo della stagione primaverile, ma anche dei tre mesi di cui essa è composta: il mese dei venti, marzo, sarebbe simboleggiato da Zefiro-Cloris-Flora; Venere, Cupido e le Grazie alluderebbero ad aprile, il mese dell’amore; mentre Mercurio rappresenterebbe maggio, dato che il nome di tale mese derivò anticamente da quello di Maia, madre di Mercurio.
Altri studiosi hanno cercato figure storiche nascoste sotto i panni mitologici e così sono stati fatti i nomi di dame fiorentine per Flora e le tre Grazie.
Altri ancora hanno ipotizzato spiegazioni di tipo filosofico.
Il critico d’arte tedesco Erwin Panofsky, per esempio, ricordando i diversi tipi di Amore e le relative Veneri del Neoplatonismo, ha contrapposto la Venere celeste raffigurata nella “Nascita di Venere” – altro capolavoro del Botticelli – alla Venere terrena de “La Primavera”.
Lo storico dell’arte austriaco Ernst Gombrich, invece, ha interpretato il quadro come la raffigurazione della Venus-Humanitas, figura che il filosofo Marsilio Ficino raccomandava come guida spirituale in una lettera al giovane Lorenzo di Pierfrancesco de’ Medici, probabile destinatario del quadro.
“La Primavera”, dunque, è la visualizzazione di un dogma filosofico?
E’ la rappresentazione di un ideale paradiso umanistico, immerso nella natura e abitato da un’umanità eternamente giovane e bella?
E’ la raffigurazione di un complesso messaggio simbolico?
Oppure rappresenta semplicemente – secondo un’opinione oggi poco seguita – una mascherata di giovani fiorentini in una festa dell’epoca?
Il mistero intorno a questo straordinario dipinto è ancora fitto.
UNA PERSONALE INTERPRETAZIONE
Botticelli
Riguardandolo ora di nuovo tutto insieme, a mio parere, il dipinto appare in modo evidente un inno al sorgere ed all’affermarsi della Primavera come quella bella stagione che, rompendo le rigidità e le oscurità invernali con il sorgere dei fiori e la rinascita della natura, prepara il trionfo dell’estate.
Nel rappresentar ciò il Botticelli utilizza i simboli della mitologia classica e, a conferma della mia interpretazione, attraverso l’immagine delle donne incinte egli esalta la primavera quale momento di “gestazione della natura” che darà presto tutti i suoi frutti… al sole dell’estate.
TONY KOSPAN
FONTI: VARI SITI WEB
IL GRUPPO DI CHI AMA VIVER L’ARTE…
INSIEME
![]()
.
.
.
|
Archivio per l'etichetta ‘SIMBOLI NELL’ARTE’
La “Primavera” del Botticelli – Ecco chi sono tutti i personaggi ma resta il mistero del suo significato Leave a comment
La “Primavera” del Botticelli – Ecco tutti i personaggi mitologici (e allegorici) ma resta il mistero del dipinto Leave a comment
Un mitico dipinto, molto chiaro, perfino semplice… ma che tuttavia, secondo lo stile dell’epoca, nasconde tanti simboli ed il mistero del suo significato.
“Osserviamolo attentamente e… da… vicino”.
L’ENIGMA DELLA PRIMAVERA DEL BOTTICELLI a cura di Tony Kospan STORIA DEL DIPINTO
Raramente un dipinto che ha un oggetto così chiaro…, come questo…, nasconde invece tanti segreti interpretativi…
Commissionata al pittore fiorentino intorno al 1478, “La Primavera” è il più celebre dipinto mitologico del Quattrocento, ed è anche una delle creazioni più belle e più misteriose del Rinascimento.
Ancor oggi, nonostante i tantissimi studi da parte dei più grandi esperti d’arte, ci sfuggono sia la genesi precisa che tutti i suoi veri significati
Nel 1498, pochi anni dopo la sua realizzazione, adornava il letto del giovane Lorenzo di Piefrancesco de’ Medici, nipote del Magnifico.
Sessant’anni più tardi, avendola vista nella villa medicea di Castello, Giorgio Vasari ce ne parla in un passo del suo celebre “Le Vite” ed in pratica ci consegna il titolo dell’opera “… un’altra Venere, che le Grazie la fioriscono, dinotando la Primavera: le quali da lui (Botticelli) con grazia si veggono espresse“.
AMBIENTAZIONE E PERSONAGGI RAPPRESENTATI
Nell’opera sono rappresentati 9 personaggi posti in un boschetto ombroso, che si presentano allineati su un prato tappezzato da decine di fiori di vario genere.
L’ambientazione ricorda gli arazzi fiamminghi, noti come “millefiori“, all’epoca molto diffusi nelle case aristocratiche fiorentine.
L’identità delle nove figure sembra però ormai definitivamente accertata.
Venere
Al centro della composizione c’è Venere (per altri potrebbe essere invece Giunone per la sua posa serena).
Accanto a lei le tre Grazie: Talia la prosperità, Eufrosine la gioia e Aglaia lo splendore
Sia la dea che le altre figure femminili appaiono chiaramente incinte.
Sulla destra c’è Zefiro, la ninfa Cloris che si trasforma in Flora dalla splendida veste bianca decorata di corolle.
Cupido
In alto poi c’è Cupido
Mercurio
e sull’estrema sinistra Mercurio.
LETTURA DEL DIPINTO
Va fatta, contrariamente al solito, da destra verso sinistra.
Zefiro Cloris e Flora (da dx verso sin)
Zefiro, vento primaverile agguanta la ninfa Cloris che poi si trasforma in Flora… dea della Primavera… e dei fiori.
Flora
Flora, pur non essendo il personaggio centrale, spicca però per la sua bellezza… e dà anche il nome al dipinto.
Accanto a Flora, al centro dipinto, la dea Venere (o Giunone) con un atteggiamento sereno saluta con la mano le tre Grazie che danzano in cerchio un ballo dell’epoca coperte solo di veli trasparenti. . Dall’alto Cupido alato scocca uno strale infuocato, mentre Mercurio, assorto, volgendo le spalle agli altri personaggi, tocca (indica? disperde?) le nuvole col caduceo (bastone con due serpenti attorcigliati intorno a esso).
I DUBBI
L’aver individuato tutti i soggetti presenti non ha tuttavia risolto la spiegazione del senso complessivo del dipinto ed infatti si è molto discusso sui seguenti punti:
– Qual è il vero significato dell’opera e cosa accomuna le nove figure? – Perché la dea e le altre figure femminili sono tutte incinte?
ALCUNE TRA LE SPIEGAZIONI PIU’ ACCREDITATE
Il primo che tentò di risolvere il problema fu lo studioso tedesco Aby Warburg che ipotizzò anche un titolo più preciso per il dipinto “Regno di Venere”. Questo perché appaiono riunite figure mitologiche che generalmente sono associate alla dea, la quale è anche la divinità della primavera.
L’inglese Charles Dempsey, invece, ritenne che il quadro fosse la raffigurazione non solo della stagione primaverile, ma anche dei tre mesi di cui essa è composta: il mese dei venti, marzo, sarebbe simboleggiato da Zefiro-Cloris-Flora; Venere, Cupido e le Grazie alluderebbero ad aprile, il mese dell’amore; mentre Mercurio rappresenterebbe maggio, dato che il nome di tale mese derivò anticamente da quello di Maia, madre di Mercurio.
Altri studiosi hanno cercato figure storiche nascoste sotto i panni mitologici e così sono stati fatti i nomi di dame fiorentine per Flora e le tre Grazie.
Altri ancora hanno ipotizzato spiegazioni di tipo filosofico.
Il critico d’arte tedesco Erwin Panofsky, per esempio, ricordando i diversi tipi di Amore e le relative Veneri del Neoplatonismo, ha contrapposto la Venere celeste raffigurata nella “Nascita di Venere” – altro capolavoro del Botticelli – alla Venere terrena de “La Primavera”.
Lo storico dell’arte austriaco Ernst Gombrich, invece, ha interpretato il quadro come la raffigurazione della Venus-Humanitas, figura che il filosofo Marsilio Ficino raccomandava come guida spirituale in una lettera al giovane Lorenzo di Pierfrancesco de’ Medici, probabile destinatario del quadro.
“La Primavera”, dunque, è la visualizzazione di un dogma filosofico?
E’ la rappresentazione di un ideale paradiso umanistico, immerso nella natura e abitato da un’umanità eternamente giovane e bella?
E’ la raffigurazione di un complesso messaggio simbolico?
Oppure rappresenta semplicemente – secondo un’opinione oggi poco seguita – una mascherata di giovani fiorentini in una festa dell’epoca?
Il mistero intorno a questo straordinario dipinto è ancora fitto.
UNA PERSONALE INTERPRETAZIONE
Botticelli
Riguardandolo ora di nuovo tutto insieme, a mio parere, il dipinto appare in modo evidente un inno al sorgere ed all’affermarsi della Primavera come quella bella stagione che, rompendo le rigidità e le oscurità invernali con il sorgere dei fiori e la rinascita della natura, prepara il trionfo dell’estate.
Nel rappresentar ciò il Botticelli utilizza i simboli della mitologia classica e, a conferma della mia interpretazione, attraverso l’immagine delle donne incinte egli esalta la primavera quale momento di “gestazione della natura” che darà presto tutti i suoi frutti… al sole dell’estate.
TONY KOSPAN
FONTI: VARI SITI WEB
IL GRUPPO DI CHI AMA VIVER L’ARTE…
INSIEME
![]()
.
.
.
|
La Melencolia di Durer del 1514 è una delle più importanti opere d’arte dedicate alla malinconia Leave a comment

LA MELENCOLIA DI DURER
. . .
.
![]() Albrecht Dürer Melencolia I incisione a bulino, 1514
La materia al nero degli alchimisti
è chiamata anche “primo segno” dell’opus
poiché senza annerimento non ci sarà bianchezza.
A. J. Pernety, Dictionnaire Mytho-Hermétique, 1758
.
![]() .
.
Melencolia I, detta anche Melancholia I (1514), è parte di un trittico di incisioni di Albrecht Dürer che comprende le allegorie di tre classi di virtù e tre sfere di attività secondo una classificazione ancora medioevale.
.
.
![]() Il Cavaliere (II)
La seconda opera del trittico, “Il Cavaliere, la morte e il diavolo” rappresenta la sfera morale e la terza “S. Girolamo nella cella” quella della teologia e della meditazione.
.
.
.
![]() San Girolamo nello studio (III)
ESAMINIAMO I SIMBOLI PRESENTI NELL’OPERA
Melencolia I simboleggiava invece la sfera intellettuale dominata dal pianeta Saturno, secondo la tradizione astrologica legato al sentimento della malinconia, ed intendeva istituire una connessione fra il mondo razionale e scientifico e quello immaginativo dell’arte.
Nello sfondo, incorniciata da un arcobaleno “lunare”, brilla una cometa, inquietante simbolo notturno capace di suscitare sentimenti melanconici.
Le chiavi rappresentano la conoscenza che sola può liberare l’uomo dallo stato melancolico della sua ricerca, e infatti in fondo portato da un pipistrello vi è una luce che rischiara le tenebre.
Tutta l’opera è disseminata dei simboli del “sapere” alchemico.
.
.
![]()
.
.
Il personaggio principale della scena è la figura femminile dell’angelo che, seduta su un gradino, con la mano sinistra sorregge il capo mentre nella destra stringe un compasso, strumento indispensabile nella misurazione non solo delle cose e degli spazi terreni, ma anche della distanza tra finito e infinito.
Il volto è in ombra ed emerge, per contrasto, lo sguardo fisso in avanti e perso nel vuoto.
Il lungo abito non lascia intravedere alcuna forma anatomica ed è modellato con una serie di pieghe dal sapore baroccheggiante.
Dal fianco pende un mazzo di chiavi, mezzo e strumento per aprire le porte dell’ignoto ed avere accesso alla conoscenza.
La figura allegorica dell’angelo è simbolo dell’impotenza creativa del genio (quasi certamente lo stesso autore) dominato e, forse, momentaneamente domato dall’umore nero, dall’umore malinconico.
Il titolo dell’opera di Dürer è stampato su un cartello sorretto da un pipistrello da sempre simbolo della morte.
Malinconia, dunque, come morte della creatività, come momento di blocco creativo.
![]() Arcobaleno.. cometa.. clessidra e bilancia
Un arcobaleno dai tratti netti e precisi incornicia un arco di cielo attraversato da una cometa dal nucleo brillante che si orienta da nord–ovest a sud–est e farebbe pensare alla cometa apparsa nei cieli dell’occidente negli anni 1513 – 1514.
Più che a un dato negativo e in correlazione con la bilancia (fine dei tempi), con la clessidra e con la meridiana quali simboli precipitosi degli avvenimenti di un ciclo che finisce, l’arcobaleno è un elemento positivo che, di contro alla negatività del pipistrello, rappresenta la speranza di superare l’attuale stato di abbattimento e dell’impossibilità creativa.
Arcobaleno e stella cometa illuminano un tratto di mare, forse l’Adriatico, e le terre in lontananza, quelle veneziane, da sempre più libere alle sperimentazioni scientifiche e alle meditazioni filosofiche in un rapporto più diretto con il mondo orientale. . . . |

.
.
Alle pareti dell’edificio, quasi in posizione speculare, sono appesi una bilancia ed una clessidra
(vedi su immagine con arcobaleno);
la prima non solo simbolo di giustizia, ma anche strumento presente in tutte le botteghe degli alchimisti,
l’altra porta con sé varie simbologie:
dal lento ed inesorabile fluire del tempo fino alla vanità delle cose terrene.
Il tempo che passa e, quindi, la clessidra, può essere la metafora di una vita regolata che tende a Dio,
al mondo sovrannaturale ed è anche quanto viene suggerito dalla scala
che non è solo uno strumento che serve per innalzare edifici,
ma diventa simbolo dell’ascesa dal mondo delle apparenze al mondo della conoscenza
in perfetta simbiosi sia con il credo cristiano che con la filosofia neoplatonica.
Tutto è immobile, un momento di sospensione suprema e un’atmosfera di silenzio,
è sottolineato dal levriero accucciato ai piedi dell’angelo quale servitore fedele
e quasi sopraffatto dal masso alle sue spalle geometricamente modellato
che sembra delimitare uno spazio protetto in cui potersi accucciare
e non ribellarsi a niente e nessuno, neanche a quella fame che lo ha ormai ridotto
ad una forma scheletrica al limite di una naturale sopravvivenza.
Tutta l’opera, che è conservata al Metropolitan Museum di New York,
è composta con i soli colori bianchi e neri con diverse sfumature e tonalità.




.
.
.

LA FAVOLOSA “PRIMAVERA” DEL BOTTICELLI… I SIMBOLI ALLEGORICI ED IL MISTERO DEL SUO SIGNIFICATO Leave a comment
Un mitico dipinto, molto chiaro, perfino semplice… ma che tuttavia, secondo lo stile dell’epoca, nasconde tanti simboli ed il mistero del suo significato.
“Osserviamolo attentamente e… da… vicino”.
L’ENIGMA DELLA PRIMAVERA DEL BOTTICELLI a cura di Tony Kospan STORIA DEL DIPINTO
Raramente un dipinto che ha un oggetto così chiaro…, come questo…, nasconde invece tanti segreti interpretativi…
Commissionata al pittore fiorentino intorno al 1478, “La Primavera” è il più celebre dipinto mitologico del Quattrocento, ed è anche una delle creazioni più belle e più misteriose del Rinascimento.
Ancor oggi, nonostante i tantissimi studi da parte dei più grandi esperti d’arte, ci sfuggono sia la genesi precisa che tutti i suoi veri significati
Nel 1498, pochi anni dopo la sua realizzazione, adornava il letto del giovane Lorenzo di Piefrancesco de’ Medici, nipote del Magnifico.
Sessant’anni più tardi, avendola vista nella villa medicea di Castello, Giorgio Vasari ce ne parla in un passo del suo celebre “Le Vite” ed in pratica ci consegna il titolo dell’opera “… un’altra Venere, che le Grazie la fioriscono, dinotando la Primavera: le quali da lui (Botticelli) con grazia si veggono espresse“.
AMBIENTAZIONE E PERSONAGGI RAPPRESENTATI
Nell’opera sono rappresentati 9 personaggi posti in un boschetto ombroso, che si presentano allineati su un prato tappezzato da decine di fiori di vario genere.
L’ambientazione ricorda gli arazzi fiamminghi, noti come “millefiori“, all’epoca molto diffusi nelle case aristocratiche fiorentine.
L’identità delle nove figure sembra però ormai definitivamente accertata.
Venere
Al centro della composizione c’è Venere (per altri potrebbe essere invece Giunone per la sua posa serena).
Accanto a lei le tre Grazie: Talia la prosperità, Eufrosine la gioia e Aglaia lo splendore
Sia la dea che le altre figure femminili appaiono chiaramente incinte.
Sulla destra c’è Zefiro, la ninfa Cloris che si trasforma in Flora dalla splendida veste bianca decorata di corolle.
Cupido
In alto poi c’è Cupido
Mercurio
e sull’estrema sinistra Mercurio.
LETTURA DEL DIPINTO
Va fatta, contrariamente al solito, da destra verso sinistra.
Zefiro Cloris e Flora (da dx verso sin)
Zefiro, vento primaverile agguanta la ninfa Cloris che poi si trasforma in Flora… dea della Primavera… e dei fiori.
Flora
Flora, pur non essendo il personaggio centrale, spicca però per la sua bellezza… e dà anche il nome al dipinto.
Accanto a Flora, al centro dipinto, la dea Venere (o Giunone) con un atteggiamento sereno saluta con la mano le tre Grazie che danzano in cerchio un ballo dell’epoca coperte solo di veli trasparenti. . Dall’alto Cupido alato scocca uno strale infuocato, mentre Mercurio, assorto, volgendo le spalle agli altri personaggi, tocca (indica? disperde?) le nuvole col caduceo (bastone con due serpenti attorcigliati intorno a esso).
I DUBBI
L’aver individuato tutti i soggetti presenti non ha tuttavia risolto la spiegazione del senso complessivo del dipinto ed infatti si è molto discusso sui seguenti punti:
– Qual è il vero significato dell’opera e cosa accomuna le nove figure? – Perché la dea e le altre figure femminili sono tutte incinte?
ALCUNE TRA LE SPIEGAZIONI PIU’ ACCREDITATE
Il primo che tentò di risolvere il problema fu lo studioso tedesco Aby Warburg che ipotizzò anche un titolo più preciso per il dipinto “Regno di Venere”. Questo perché appaiono riunite figure mitologiche che generalmente sono associate alla dea, la quale è anche la divinità della primavera.
L’inglese Charles Dempsey, invece, ritenne che il quadro fosse la raffigurazione non solo della stagione primaverile, ma anche dei tre mesi di cui essa è composta: il mese dei venti, marzo, sarebbe simboleggiato da Zefiro-Cloris-Flora; Venere, Cupido e le Grazie alluderebbero ad aprile, il mese dell’amore; mentre Mercurio rappresenterebbe maggio, dato che il nome di tale mese derivò anticamente da quello di Maia, madre di Mercurio.
Altri studiosi hanno cercato figure storiche nascoste sotto i panni mitologici e così sono stati fatti i nomi di dame fiorentine per Flora e le tre Grazie.
Altri ancora hanno ipotizzato spiegazioni di tipo filosofico.
Il critico d’arte tedesco Erwin Panofsky, per esempio, ricordando i diversi tipi di Amore e le relative Veneri del Neoplatonismo, ha contrapposto la Venere celeste raffigurata nella “Nascita di Venere” – altro capolavoro del Botticelli – alla Venere terrena de “La Primavera”.
Lo storico dell’arte austriaco Ernst Gombrich, invece, ha interpretato il quadro come la raffigurazione della Venus-Humanitas, figura che il filosofo Marsilio Ficino raccomandava come guida spirituale in una lettera al giovane Lorenzo di Pierfrancesco de’ Medici, probabile destinatario del quadro.
“La Primavera”, dunque, è la visualizzazione di un dogma filosofico?
E’ la rappresentazione di un ideale paradiso umanistico, immerso nella natura e abitato da un’umanità eternamente giovane e bella?
E’ la raffigurazione di un complesso messaggio simbolico?
Oppure rappresenta semplicemente – secondo un’opinione oggi poco seguita – una mascherata di giovani fiorentini in una festa dell’epoca?
Il mistero intorno a questo straordinario dipinto è ancora fitto.
UNA PERSONALE INTERPRETAZIONE
Botticelli
Riguardandolo ora di nuovo tutto insieme, a mio parere, il dipinto appare in modo evidente un inno al sorgere ed all’affermarsi della Primavera come quella bella stagione che, rompendo le rigidità e le oscurità invernali con il sorgere dei fiori e la rinascita della natura, prepara il trionfo dell’estate.
Nel rappresentar ciò il Botticelli utilizza i simboli della mitologia classica e, a conferma della mia interpretazione, attraverso l’immagine delle donne incinte egli esalta la primavera quale momento di “gestazione della natura” che darà presto tutti i suoi frutti… al sole dell’estate.
TONY KOSPAN
FONTI: VARI SITI WEB
IL GRUPPO DI CHI AMA VIVER L’ARTE…
INSIEME
![]()
.
.
.
|
La Melencolia di Durer (1514) è una delle più grandi opere dedicate alla malinconia. Conosciamola. Leave a comment
tuttavia la mitica opera del '500 tedesco, che andremo ora ad esaminare,
non nasconde quello che è poi il suo vero significato.
ma anche meditativo… (se non troppo prolungato nel tempo)

egli oltre a conoscere e studiare il rinascimento italiano
LA MELENCOLIA DI DURER
. . .
.
![]() Albrecht Dürer Melencolia I incisione a bulino, 1514
La materia al nero degli alchimisti
è chiamata anche “primo segno” dell’opus poichè senza annerimento non ci sarà bianchezza. A.J.Pernety, Dictionnaire Mytho-Hermétique, 1758 .
![]() .
.
Melencolia I, detta anche Melancholia I (1514), è parte di un trittico di incisioni di Albrecht Dürer che comprende le allegorie di tre classi di virtù e tre sfere di attività secondo una classificazione ancora medioevale.
.
.
![]() Il Cavaliere (II)
La seconda opera del trittico, “Il Cavaliere, la morte e il diavolo” rappresenta la sfera morale e la terza “S. Girolamo nella cella” quella della teologia e della meditazione.
.
.
.
![]() San Girolamo nello studio (III)
ESAMINIAMO I SIMBOLI PRESENTI NELL'OPERA
Melencolia I simboleggiava invece la sfera intellettuale dominata dal pianeta Saturno, secondo la tradizione astrologica legato al sentimento della malinconia, ed intendeva istituire una connessione fra il mondo razionale e scientifico e quello immaginativo dell’arte.
Nello sfondo, incorniciata da un arcobaleno “lunare”, brilla una cometa, inquietante simbolo notturno capace di suscitare sentimenti melanconici.
Le chiavi rappresentano la conoscenza che sola può liberare l’uomo dallo stato melancolico della sua ricerca, e infatti in fondo portato da un pipistrello vi è una luce che rischiara le tenebre.
Tutta l’opera è disseminata dei simboli del “sapere” alchemico.
.
.
![]()
.
.
Il personaggio principale della scena è la figura femminile dell’angelo che, seduta su un gradino, con la mano sinistra sorregge il capo mentre nella destra stringe un compasso, strumento indispensabile nella misurazione non solo delle cose e degli spazi terreni, ma anche della distanza tra finito e infinito.
Il volto è in ombra ed emerge, per contrasto, lo sguardo fisso in avanti e perso nel vuoto.
Il lungo abito non lascia intravedere alcuna forma anatomica ed è modellato con una serie di pieghe dal sapore baroccheggiante.
Dal fianco pende un mazzo di chiavi, mezzo e strumento per aprire le porte dell’ignoto ed avere accesso alla conoscenza.
La figura allegorica dell’angelo è simbolo dell’impotenza creativa del genio (quasi certamente lo stesso autore) dominato e, forse, momentaneamente domato dall’umore nero, dall’umore malinconico.
Il titolo dell’opera di Dürer è stampato su un cartello sorretto da un pipistrello da sempre simbolo della morte.
Malinconia, dunque, come morte della creatività, come momento di blocco creativo.
![]() Arcobaleno.. cometa.. clessidra e bilancia
Un arcobaleno dai tratti netti e precisi incornicia un arco di cielo attraversato da una cometa dal nucleo brillante che si orienta da nord–ovest a sud–est e farebbe pensare alla cometa apparsa nei cieli dell’occidente negli anni 1513 – 1514.
Più che a un dato negativo e in correlazione con la bilancia (fine dei tempi), con la clessidra e con la meridiana quali simboli precipitosi degli avvenimenti di un ciclo che finisce, l’arcobaleno è un elemento positivo che, di contro alla negatività del pipistrello, rappresenta la speranza di superare l’attuale stato di abbattimento e dell’impossibilità creativa.
Arcobaleno e stella cometa illuminano un tratto di mare, forse l’Adriatico, e le terre in lontananza, quelle veneziane, da sempre più libere alle sperimentazioni scientifiche e alle meditazioni filosofiche in un rapporto più diretto con il mondo orientale. . . . |

.
.
Alle pareti dell’edificio, quasi in posizione speculare, sono appesi una bilancia ed una clessidra
(vedi su immagine con arcobaleno);
la prima non solo simbolo di giustizia, ma anche strumento presente in tutte le botteghe degli alchimisti,
l’altra porta con sé varie simbologie:
dal lento ed inesorabile fluire del tempo fino alla vanità delle cose terrene.
Il tempo che passa e, quindi, la clessidra, può essere la metafora di una vita regolata che tende a Dio,
al mondo sovrannaturale ed è anche quanto viene suggerito dalla scala
che non è solo uno strumento che serve per innalzare edifici,
ma diventa simbolo dell’ascesa dal mondo delle apparenze al mondo della conoscenza
in perfetta simbiosi sia con il credo cristiano che con la filosofia neoplatonica.
Tutto è immobile, un momento di sospensione suprema e un’atmosfera di silenzio,
è sottolineato dal levriero accucciato ai piedi dell’angelo quale servitore fedele
e quasi sopraffatto dal masso alle sue spalle geometricamente modellato
che sembra delimitare uno spazio protetto in cui potersi accucciare
e non ribellarsi a niente e nessuno, neanche a quella fame che lo ha ormai ridotto
ad una forma scheletrica al limite di una naturale sopravvivenza.
Tutta l'opera, che è conservata al Metropolitan Museum di New York,
è composta con i soli colori bianchi e neri con diverse sfumature e tonalità.







.gif)

.
.
.

LA “PRIMAVERA” DEL BOTTICELLI E L’ENIGMA DEL SUO SIGNIFICATO 2 comments
Un mitico dipinto, molto chiaro, perfino semplice… ma che tuttavia, secondo lo stile dell’epoca, nasconde tanti simboli ed il mistero del suo significato.
“Osserviamolo attentamente e… da… vicino”.
L’ENIGMA DELLA PRIMAVERA DEL BOTTICELLI a cura di Tony Kospan STORIA DEL DIPINTO
Raramente un dipinto che ha un oggetto così chiaro…, come questo…, nasconde invece tanti segreti interpretativi…
Commissionata al pittore fiorentino intorno al 1478, “La Primavera” è il più celebre dipinto mitologico del Quattrocento, ed è anche una delle creazioni più belle e più misteriose del Rinascimento.
Ancor oggi, nonostante i tantissimi studi da parte dei più grandi esperti d’arte, ci sfuggono sia la genesi precisa che tutti i suoi veri significati
Nel 1498, pochi anni dopo la sua realizzazione, adornava il letto del giovane Lorenzo di Piefrancesco de’ Medici, nipote del Magnifico.
Sessant’anni più tardi, avendola vista nella villa medicea di Castello, Giorgio Vasari ce ne parla in un passo del suo celebre “Le Vite” ed in pratica ci consegna il titolo dell’opera “… un’altra Venere, che le Grazie la fioriscono, dinotando la Primavera: le quali da lui (Botticelli) con grazia si veggono espresse“.
AMBIENTAZIONE E PERSONAGGI RAPPRESENTATI
Nell’opera sono rappresentati 9 personaggi posti in un boschetto ombroso, che si presentano allineati su un prato tappezzato da decine di fiori di vario genere.
L’ambientazione ricorda gli arazzi fiamminghi, noti come “millefiori“, all’epoca molto diffusi nelle case aristocratiche fiorentine.
L’identità delle nove figure sembra però ormai definitivamente accertata.
Venere
Al centro della composizione c’è Venere (per altri potrebbe essere invece Giunone per la sua posa serena).
Accanto a lei le tre Grazie: Talia la prosperità, Eufrosine la gioia e Aglaia lo splendore
Sia la dea che le altre figure femminili appaiono chiaramente incinte.
Sulla destra c’è Zefiro, la ninfa Cloris che si trasforma in Flora dalla splendida veste bianca decorata di corolle.
Cupido
In alto poi c’è Cupido
Mercurio
e sull’estrema sinistra Mercurio.
LETTURA DEL DIPINTO
Va fatta, contrariamente al solito, da destra verso sinistra.
Zefiro Cloris e Flora (da dx verso sin)
Zefiro, vento primaverile agguanta la ninfa Cloris che poi si trasforma in Flora… dea della Primavera… e dei fiori.
Flora
Flora, pur non essendo il personaggio centrale, spicca però per la sua bellezza… e dà anche il nome al dipinto.
Accanto a Flora, al centro dipinto, la dea Venere (o Giunone) con un atteggiamento sereno saluta con la mano le tre Grazie che danzano in cerchio un ballo dell’epoca coperte solo di veli trasparenti. . Dall’alto Cupido alato scocca uno strale infuocato, mentre Mercurio, assorto, volgendo le spalle agli altri personaggi, tocca (indica? disperde?) le nuvole col caduceo (bastone con due serpenti attorcigliati intorno a esso).
I DUBBI
L’aver individuato tutti i soggetti presenti non ha tuttavia risolto la spiegazione del senso complessivo del dipinto ed infatti si è molto discusso sui seguenti punti:
– Qual è il vero significato dell’opera e cosa accomuna le nove figure? – Perché la dea e le altre figure femminili sono tutte incinte?
ALCUNE TRA LE SPIEGAZIONI PIU’ ACCREDITATE
Il primo che tentò di risolvere il problema fu lo studioso tedesco Aby Warburg che ipotizzò anche un titolo più preciso per il dipinto “Regno di Venere”. Questo perché appaiono riunite figure mitologiche che generalmente sono associate alla dea, la quale è anche la divinità della primavera.
L’inglese Charles Dempsey, invece, ritenne che il quadro fosse la raffigurazione non solo della stagione primaverile, ma anche dei tre mesi di cui essa è composta: il mese dei venti, marzo, sarebbe simboleggiato da Zefiro-Cloris-Flora; Venere, Cupido e le Grazie alluderebbero ad aprile, il mese dell’amore; mentre Mercurio rappresenterebbe maggio, dato che il nome di tale mese derivò anticamente da quello di Maia, madre di Mercurio.
Altri studiosi hanno cercato figure storiche nascoste sotto i panni mitologici e così sono stati fatti i nomi di dame fiorentine per Flora e le tre Grazie.
Altri ancora hanno ipotizzato spiegazioni di tipo filosofico.
Il critico d’arte tedesco Erwin Panofsky, per esempio, ricordando i diversi tipi di Amore e le relative Veneri del Neoplatonismo, ha contrapposto la Venere celeste raffigurata nella “Nascita di Venere” – altro capolavoro del Botticelli – alla Venere terrena de “La Primavera”.
Lo storico dell’arte austriaco Ernst Gombrich, invece, ha interpretato il quadro come la raffigurazione della Venus-Humanitas, figura che il filosofo Marsilio Ficino raccomandava come guida spirituale in una lettera al giovane Lorenzo di Pierfrancesco de’ Medici, probabile destinatario del quadro.
“La Primavera”, dunque, è la visualizzazione di un dogma filosofico?
E’ la rappresentazione di un ideale paradiso umanistico, immerso nella natura e abitato da un’umanità eternamente giovane e bella?
E’ la raffigurazione di un complesso messaggio simbolico?
Oppure rappresenta semplicemente – secondo un’opinione oggi poco seguita – una mascherata di giovani fiorentini in una festa dell’epoca?
Il mistero intorno a questo straordinario dipinto è ancora fitto.
UNA PERSONALE INTERPRETAZIONE
Botticelli
Riguardandolo ora di nuovo tutto insieme, a mio parere, il dipinto appare in modo evidente un inno al sorgere ed all’affermarsi della Primavera come quella bella stagione che, rompendo le rigidità e le oscurità invernali con il sorgere dei fiori e la rinascita della natura, prepara il trionfo dell’estate.
Nel rappresentar ciò il Botticelli utilizza i simboli della mitologia classica e, a conferma della mia interpretazione, attraverso l’immagine delle donne incinte egli esalta la primavera quale momento di “gestazione della natura” che darà presto tutti i suoi frutti… al sole dell’estate.
TONY KOSPAN
FONTI: VARI SITI WEB
IL GRUPPO DI CHI AMA VIVER L’ARTE…
INSIEME
![]()
.
.
.
|
La Melencolia di Durer (1514) – Ecco una delle più grandi opere dedicate alla malinconia Leave a comment
tuttavia la mitica opera del ‘500 tedesco, che andremo ora ad esaminare,
non nasconde quello che è poi il suo vero significato.
ma anche meditativo… (se non troppo prolungato nel tempo)

è stato un pittore, incisore e matematico tedesco.
egli oltre a conoscere e studiare il rinascimento italiano
. . .
.
![]() Albrecht Dürer Melencolia I incisione a bulino, 1514
La materia al nero degli alchimisti
è chiamata anche “primo segno” dell’opus poichè senza annerimento non ci sarà bianchezza. A.J.Pernety, Dictionnaire Mytho-Hermétique, 1758 .
![]() .
.
Melencolia I, detta anche Melancholia I (1514), è parte di un trittico di incisioni di Albrecht Dürer che comprende le allegorie di tre classi di virtù e tre sfere di attività secondo una classificazione ancora medioevale.
.
.
![]() Il Cavaliere (II)
La seconda opera del trittico, “Il Cavaliere, la morte e il diavolo” rappresenta la sfera morale e la terza “S. Girolamo nella cella” quella della teologia e della meditazione.
.
.
.
![]() San Girolamo nello studio (III)
ESAMINIAMO I SIMBOLI PRESENTI NELL’OPERA
Melencolia I simboleggiava invece la sfera intellettuale dominata dal pianeta Saturno, secondo la tradizione astrologica legato al sentimento della malinconia, ed intendeva istituire una connessione fra il mondo razionale e scientifico e quello immaginativo dell’arte.
Nello sfondo, incorniciata da un arcobaleno “lunare”, brilla una cometa, inquietante simbolo notturno capace di suscitare sentimenti melanconici.
Le chiavi rappresentano la conoscenza che sola può liberare l’uomo dallo stato melancolico della sua ricerca, e infatti in fondo portato da un pipistrello vi è una luce che rischiara le tenebre.
Tutta l’opera è disseminata dei simboli del “sapere” alchemico.
.
.
![]()
.
.
Il personaggio principale della scena è la figura femminile dell’angelo che, seduta su un gradino, con la mano sinistra sorregge il capo mentre nella destra stringe un compasso, strumento indispensabile nella misurazione non solo delle cose e degli spazi terreni, ma anche della distanza tra finito e infinito.
Il volto è in ombra ed emerge, per contrasto, lo sguardo fisso in avanti e perso nel vuoto.
Il lungo abito non lascia intravedere alcuna forma anatomica ed è modellato con una serie di pieghe dal sapore baroccheggiante.
Dal fianco pende un mazzo di chiavi, mezzo e strumento per aprire le porte dell’ignoto ed avere accesso alla conoscenza.
La figura allegorica dell’angelo è simbolo dell’impotenza creativa del genio (quasi certamente lo stesso autore) dominato e, forse, momentaneamente domato dall’umore nero, dall’umore malinconico.
Il titolo dell’opera di Dürer è stampato su un cartello sorretto da un pipistrello da sempre simbolo della morte.
Malinconia, dunque, come morte della creatività, come momento di blocco creativo.
![]() Arcobaleno.. cometa.. clessidra e bilancia
Un arcobaleno dai tratti netti e precisi incornicia un arco di cielo attraversato da una cometa dal nucleo brillante che si orienta da nord–ovest a sud–est e farebbe pensare alla cometa apparsa nei cieli dell’occidente negli anni 1513 – 1514.
Più che a un dato negativo e in correlazione con la bilancia (fine dei tempi), con la clessidra e con la meridiana quali simboli precipitosi degli avvenimenti di un ciclo che finisce, l’arcobaleno è un elemento positivo che, di contro alla negatività del pipistrello, rappresenta la speranza di superare l’attuale stato di abbattimento e dell’impossibilità creativa.
Arcobaleno e stella cometa illuminano un tratto di mare, forse l’Adriatico, e le terre in lontananza, quelle veneziane, da sempre più libere alle sperimentazioni scientifiche e alle meditazioni filosofiche in un rapporto più diretto con il mondo orientale. . . . |

.
.
Alle pareti dell’edificio, quasi in posizione speculare, sono appesi una bilancia ed una clessidra
(vedi su immagine con arcobaleno);
la prima non solo simbolo di giustizia, ma anche strumento presente in tutte le botteghe degli alchimisti,
l’altra porta con sé varie simbologie:
dal lento ed inesorabile fluire del tempo fino alla vanità delle cose terrene.
Il tempo che passa e, quindi, la clessidra, può essere la metafora di una vita regolata che tende a Dio,
al mondo sovrannaturale ed è anche quanto viene suggerito dalla scala
che non è solo uno strumento che serve per innalzare edifici,
ma diventa simbolo dell’ascesa dal mondo delle apparenze al mondo della conoscenza
in perfetta simbiosi sia con il credo cristiano che con la filosofia neoplatonica.
Tutto è immobile, un momento di sospensione suprema e un’atmosfera di silenzio,
è sottolineato dal levriero accucciato ai piedi dell’angelo quale servitore fedele
e quasi sopraffatto dal masso alle sue spalle geometricamente modellato
che sembra delimitare uno spazio protetto in cui potersi accucciare
e non ribellarsi a niente e nessuno, neanche a quella fame che lo ha ormai ridotto
ad una forma scheletrica al limite di una naturale sopravvivenza.
Tutta l’opera, che è conservata al Metropolitan Museum di New York,
è composta con i soli colori bianchi e neri con diverse sfumature e tonalità.







.gif)

.
.
.

La Melencolia di Durer (1514) è una delle più grandi opere dedicate alla malinconia Leave a comment
tuttavia la mitica opera del ‘500 tedesco, che andremo ora ad esaminare,
non nasconde quello che è poi il suo vero significato.
ma anche meditativo… (se non troppo prolungato nel tempo)

è stato un pittore, incisore e matematico tedesco.
egli oltre a conoscere e studiare il rinascimento italiano
. . .
.
![]() Albrecht Dürer Melencolia I incisione a bulino, 1514
La materia al nero degli alchimisti
è chiamata anche “primo segno” dell’opus poichè senza annerimento non ci sarà bianchezza. A.J.Pernety, Dictionnaire Mytho-Hermétique, 1758 .
![]() .
.
Melencolia I, detta anche Melancholia I (1514), è parte di un trittico di incisioni di Albrecht Dürer che comprende le allegorie di tre classi di virtù e tre sfere di attività secondo una classificazione ancora medioevale.
.
.
![]() Il Cavaliere (II)
La seconda opera del trittico, “Il Cavaliere, la morte e il diavolo” rappresenta la sfera morale e la terza “S. Girolamo nella cella” quella della teologia e della meditazione.
.
.
.
![]() San Girolamo nello studio (III)
ESAMINIAMO I SIMBOLI PRESENTI NELL’OPERA
Melencolia I simboleggiava invece la sfera intellettuale dominata dal pianeta Saturno, secondo la tradizione astrologica legato al sentimento della malinconia, ed intendeva istituire una connessione fra il mondo razionale e scientifico e quello immaginativo dell’arte.
Nello sfondo, incorniciata da un arcobaleno “lunare”, brilla una cometa, inquietante simbolo notturno capace di suscitare sentimenti melanconici.
Le chiavi rappresentano la conoscenza che sola può liberare l’uomo dallo stato melancolico della sua ricerca, e infatti in fondo portato da un pipistrello vi è una luce che rischiara le tenebre.
Tutta l’opera è disseminata dei simboli del “sapere” alchemico.
.
.
![]()
.
.
Il personaggio principale della scena è la figura femminile dell’angelo che, seduta su un gradino, con la mano sinistra sorregge il capo mentre nella destra stringe un compasso, strumento indispensabile nella misurazione non solo delle cose e degli spazi terreni, ma anche della distanza tra finito e infinito.
Il volto è in ombra ed emerge, per contrasto, lo sguardo fisso in avanti e perso nel vuoto.
Il lungo abito non lascia intravedere alcuna forma anatomica ed è modellato con una serie di pieghe dal sapore baroccheggiante.
Dal fianco pende un mazzo di chiavi, mezzo e strumento per aprire le porte dell’ignoto ed avere accesso alla conoscenza.
La figura allegorica dell’angelo è simbolo dell’impotenza creativa del genio (quasi certamente lo stesso autore) dominato e, forse, momentaneamente domato dall’umore nero, dall’umore malinconico.
Il titolo dell’opera di Dürer è stampato su un cartello sorretto da un pipistrello da sempre simbolo della morte.
Malinconia, dunque, come morte della creatività, come momento di blocco creativo.
![]() Arcobaleno.. cometa.. clessidra e bilancia
Un arcobaleno dai tratti netti e precisi incornicia un arco di cielo attraversato da una cometa dal nucleo brillante che si orienta da nord–ovest a sud–est e farebbe pensare alla cometa apparsa nei cieli dell’occidente negli anni 1513 – 1514.
Più che a un dato negativo e in correlazione con la bilancia (fine dei tempi), con la clessidra e con la meridiana quali simboli precipitosi degli avvenimenti di un ciclo che finisce, l’arcobaleno è un elemento positivo che, di contro alla negatività del pipistrello, rappresenta la speranza di superare l’attuale stato di abbattimento e dell’impossibilità creativa.
Arcobaleno e stella cometa illuminano un tratto di mare, forse l’Adriatico, e le terre in lontananza, quelle veneziane, da sempre più libere alle sperimentazioni scientifiche e alle meditazioni filosofiche in un rapporto più diretto con il mondo orientale. . . . |

.
.
Alle pareti dell’edificio, quasi in posizione speculare, sono appesi una bilancia ed una clessidra
(vedi su immagine con arcobaleno);
la prima non solo simbolo di giustizia, ma anche strumento presente in tutte le botteghe degli alchimisti,
l’altra porta con sé varie simbologie:
dal lento ed inesorabile fluire del tempo fino alla vanità delle cose terrene.
Il tempo che passa e, quindi, la clessidra, può essere la metafora di una vita regolata che tende a Dio,
al mondo sovrannaturale ed è anche quanto viene suggerito dalla scala
che non è solo uno strumento che serve per innalzare edifici,
ma diventa simbolo dell’ascesa dal mondo delle apparenze al mondo della conoscenza
in perfetta simbiosi sia con il credo cristiano che con la filosofia neoplatonica.
Tutto è immobile, un momento di sospensione suprema e un’atmosfera di silenzio,
è sottolineato dal levriero accucciato ai piedi dell’angelo quale servitore fedele
e quasi sopraffatto dal masso alle sue spalle geometricamente modellato
che sembra delimitare uno spazio protetto in cui potersi accucciare
e non ribellarsi a niente e nessuno, neanche a quella fame che lo ha ormai ridotto
ad una forma scheletrica al limite di una naturale sopravvivenza.
Tutta l’opera, che è conservata al Metropolitan Museum di New York,
è composta con i soli colori bianchi e neri con diverse sfumature e tonalità.







.gif)

.
.
.

Storia… personaggi e segreti della mitica Primavera del Botticelli 2 comments
Un mitico dipinto, molto chiaro, perfino semplice… ma che tuttavia, secondo lo stile dell’epoca, nasconde tanti simboli ed il mistero del suo significato.
“Osserviamolo attentamente e… da… vicino”.
L’ENIGMA DELLA PRIMAVERA DEL BOTTICELLI a cura di Tony Kospan STORIA DEL DIPINTO
Raramente un dipinto che ha un oggetto così chiaro…, come questo…, nasconde invece tanti segreti interpretativi…
Commissionata al pittore fiorentino intorno al 1478, “La Primavera” è il più celebre dipinto mitologico del Quattrocento, ed è anche una delle creazioni più belle e più misteriose del Rinascimento.
Ancor oggi, nonostante i tantissimi studi da parte dei più grandi esperti d’arte, ci sfuggono sia la genesi precisa che tutti i suoi veri significati
Nel 1498, pochi anni dopo la sua realizzazione, adornava il letto del giovane Lorenzo di Piefrancesco de’ Medici, nipote del Magnifico.
Sessant’anni più tardi, avendola vista nella villa medicea di Castello, Giorgio Vasari ce ne parla in un passo del suo celebre “Le Vite” ed in pratica ci consegna il titolo dell’opera “… un’altra Venere, che le Grazie la fioriscono, dinotando la Primavera: le quali da lui (Botticelli) con grazia si veggono espresse“.
AMBIENTAZIONE E PERSONAGGI RAPPRESENTATI
Nell’opera sono rappresentati 9 personaggi posti in un boschetto ombroso, che si presentano allineati su un prato tappezzato da decine di fiori di vario genere.
L’ambientazione ricorda gli arazzi fiamminghi, noti come “millefiori“, all’epoca molto diffusi nelle case aristocratiche fiorentine.
L’identità delle nove figure sembra però ormai definitivamente accertata.
Venere
Al centro della composizione c’è Venere (per altri potrebbe essere invece Giunone per la sua posa serena).
Accanto a lei le tre Grazie: Talia la prosperità, Eufrosine la gioia e Aglaia lo splendore
Sia la dea che le altre figure femminili appaiono chiaramente incinte.
Sulla destra c’è Zefiro, la ninfa Cloris che si trasforma in Flora dalla splendida veste bianca decorata di corolle.
Cupido
In alto poi c’è Cupido
Mercurio
e sull’estrema sinistra Mercurio.
LETTURA DEL DIPINTO
Va fatta, contrariamente al solito, da destra verso sinistra.
Zefiro Cloris e Flora (da dx verso sin)
Zefiro, vento primaverile agguanta la ninfa Cloris che poi si trasforma in Flora… dea della Primavera… e dei fiori.
Flora
Flora, pur non essendo il personaggio centrale, spicca però per la sua bellezza… e dà anche il nome al dipinto.
Accanto a Flora, al centro dipinto, la dea Venere (o Giunone) con un atteggiamento sereno saluta con la mano le tre Grazie che danzano in cerchio un ballo dell’epoca coperte solo di veli trasparenti. . Dall’alto Cupido alato scocca uno strale infuocato, mentre Mercurio, assorto, volgendo le spalle agli altri personaggi, tocca (indica? disperde?) le nuvole col caduceo (bastone con due serpenti attorcigliati intorno a esso).
I DUBBI
L’aver individuato tutti i soggetti presenti non ha tuttavia risolto la spiegazione del senso complessivo del dipinto ed infatti si è molto discusso sui seguenti punti:
– Qual è il vero significato dell’opera e cosa accomuna le nove figure? – Perché la dea e le altre figure femminili sono tutte incinte?
ALCUNE TRA LE SPIEGAZIONI PIU’ ACCREDITATE
Il primo che tentò di risolvere il problema fu lo studioso tedesco Aby Warburg che ipotizzò anche un titolo più preciso per il dipinto “Regno di Venere”. Questo perché appaiono riunite figure mitologiche che generalmente sono associate alla dea, la quale è anche la divinità della primavera.
L’inglese Charles Dempsey, invece, ritenne che il quadro fosse la raffigurazione non solo della stagione primaverile, ma anche dei tre mesi di cui essa è composta: il mese dei venti, marzo, sarebbe simboleggiato da Zefiro-Cloris-Flora; Venere, Cupido e le Grazie alluderebbero ad aprile, il mese dell’amore; mentre Mercurio rappresenterebbe maggio, dato che il nome di tale mese derivò anticamente da quello di Maia, madre di Mercurio.
Altri studiosi hanno cercato figure storiche nascoste sotto i panni mitologici e così sono stati fatti i nomi di dame fiorentine per Flora e le tre Grazie.
Altri ancora hanno ipotizzato spiegazioni di tipo filosofico.
Il critico d’arte tedesco Erwin Panofsky, per esempio, ricordando i diversi tipi di Amore e le relative Veneri del Neoplatonismo, ha contrapposto la Venere celeste raffigurata nella “Nascita di Venere” – altro capolavoro del Botticelli – alla Venere terrena de “La Primavera”.
Lo storico dell’arte austriaco Ernst Gombrich, invece, ha interpretato il quadro come la raffigurazione della Venus-Humanitas, figura che il filosofo Marsilio Ficino raccomandava come guida spirituale in una lettera al giovane Lorenzo di Pierfrancesco de’ Medici, probabile destinatario del quadro.
“La Primavera”, dunque, è la visualizzazione di un dogma filosofico?
E’ la rappresentazione di un ideale paradiso umanistico, immerso nella natura e abitato da un’umanità eternamente giovane e bella?
E’ la raffigurazione di un complesso messaggio simbolico?
Oppure rappresenta semplicemente – secondo un’opinione oggi poco seguita – una mascherata di giovani fiorentini in una festa dell’epoca?
Il mistero intorno a questo straordinario dipinto è ancora fitto.
UNA PERSONALE INTERPRETAZIONE
Botticelli
Riguardandolo ora di nuovo tutto insieme, a mio parere, il dipinto appare in modo evidente un inno al sorgere ed all’affermarsi della Primavera come quella bella stagione che, rompendo le rigidità e le oscurità invernali con il sorgere dei fiori e la rinascita della natura, prepara il trionfo dell’estate.
Nel rappresentar ciò il Botticelli utilizza i simboli della mitologia classica e, a conferma della mia interpretazione, attraverso l’immagine delle donne incinte egli esalta la primavera quale momento di “gestazione della natura” che darà presto tutti i suoi frutti… al sole dell’estate.
TONY KOSPAN
FONTI: VARI SITI WEB
IL GRUPPO DI CHI AMA VIVER L’ARTE…
INSIEME
![]()
.
.
.
|
La Melencolia di Durer – Una delle più grandi opere dedicate alla malinconia 3 comments
tuttavia la mitica opera del ‘500 tedesco, che andremo ora ad esaminare,
non nasconde quello che è poi il suo vero significato.
ma anche meditativo… (se non troppo prolungato nel tempo)

è stato un pittore, incisore e matematico tedesco.
egli oltre a conoscere e studiare il rinascimento italiano
. . .
.
![]() Albrecht Dürer Melencolia I incisione a bulino, 1514
La materia al nero degli alchimisti
è chiamata anche “primo segno” dell’opus poichè senza annerimento non ci sarà bianchezza. A.J.Pernety, Dictionnaire Mytho-Hermétique, 1758 .
![]() .
.
Melencolia I, detta anche Melancholia I (1514), è parte di un trittico di incisioni di Albrecht Dürer che comprende le allegorie di tre classi di virtù e tre sfere di attività secondo una classificazione ancora medioevale.
.
.
![]() Il Cavaliere (II)
La seconda opera del trittico, “Il Cavaliere, la morte e il diavolo” rappresenta la sfera morale e la terza “S. Girolamo nella cella” quella della teologia e della meditazione.
.
.
.
![]() San Girolamo nello studio (III)
ESAMINIAMO I SIMBOLI PRESENTI NELL’OPERA
Melencolia I simboleggiava invece la sfera intellettuale dominata dal pianeta Saturno, secondo la tradizione astrologica legato al sentimento della malinconia, ed intendeva istituire una connessione fra il mondo razionale e scientifico e quello immaginativo dell’arte.
Nello sfondo, incorniciata da un arcobaleno “lunare”, brilla una cometa, inquietante simbolo notturno capace di suscitare sentimenti melanconici.
Le chiavi rappresentano la conoscenza che sola può liberare l’uomo dallo stato melancolico della sua ricerca, e infatti in fondo portato da un pipistrello vi è una luce che rischiara le tenebre.
Tutta l’opera è disseminata dei simboli del “sapere” alchemico.
.
.
![]()
.
.
Il personaggio principale della scena è la figura femminile dell’angelo che, seduta su un gradino, con la mano sinistra sorregge il capo mentre nella destra stringe un compasso, strumento indispensabile nella misurazione non solo delle cose e degli spazi terreni, ma anche della distanza tra finito e infinito.
Il volto è in ombra ed emerge, per contrasto, lo sguardo fisso in avanti e perso nel vuoto.
Il lungo abito non lascia intravedere alcuna forma anatomica ed è modellato con una serie di pieghe dal sapore baroccheggiante.
Dal fianco pende un mazzo di chiavi, mezzo e strumento per aprire le porte dell’ignoto ed avere accesso alla conoscenza.
La figura allegorica dell’angelo è simbolo dell’impotenza creativa del genio (quasi certamente lo stesso autore) dominato e, forse, momentaneamente domato dall’umore nero, dall’umore malinconico.
Il titolo dell’opera di Dürer è stampato su un cartello sorretto da un pipistrello da sempre simbolo della morte.
Malinconia, dunque, come morte della creatività, come momento di blocco creativo.
![]() Arcobaleno.. cometa.. clessidra e bilancia
Un arcobaleno dai tratti netti e precisi incornicia un arco di cielo attraversato da una cometa dal nucleo brillante che si orienta da nord–ovest a sud–est e farebbe pensare alla cometa apparsa nei cieli dell’occidente negli anni 1513 – 1514.
Più che a un dato negativo e in correlazione con la bilancia (fine dei tempi), con la clessidra e con la meridiana quali simboli precipitosi degli avvenimenti di un ciclo che finisce, l’arcobaleno è un elemento positivo che, di contro alla negatività del pipistrello, rappresenta la speranza di superare l’attuale stato di abbattimento e dell’impossibilità creativa.
Arcobaleno e stella cometa illuminano un tratto di mare, forse l’Adriatico, e le terre in lontananza, quelle veneziane, da sempre più libere alle sperimentazioni scientifiche e alle meditazioni filosofiche in un rapporto più diretto con il mondo orientale. . . . |

.
.
Alle pareti dell’edificio, quasi in posizione speculare, sono appesi una bilancia ed una clessidra
(vedi su immagine con arcobaleno);
la prima non solo simbolo di giustizia, ma anche strumento presente in tutte le botteghe degli alchimisti,
l’altra porta con sé varie simbologie:
dal lento ed inesorabile fluire del tempo fino alla vanità delle cose terrene.
Il tempo che passa e, quindi, la clessidra, può essere la metafora di una vita regolata che tende a Dio,
al mondo sovrannaturale ed è anche quanto viene suggerito dalla scala
che non è solo uno strumento che serve per innalzare edifici,
ma diventa simbolo dell’ascesa dal mondo delle apparenze al mondo della conoscenza
in perfetta simbiosi sia con il credo cristiano che con la filosofia neoplatonica.
Tutto è immobile, un momento di sospensione suprema e un’atmosfera di silenzio,
è sottolineato dal levriero accucciato ai piedi dell’angelo quale servitore fedele
e quasi sopraffatto dal masso alle sue spalle geometricamente modellato
che sembra delimitare uno spazio protetto in cui potersi accucciare
e non ribellarsi a niente e nessuno, neanche a quella fame che lo ha ormai ridotto
ad una forma scheletrica al limite di una naturale sopravvivenza.
Tutta l’opera, che è conservata al Metropolitan Museum di New York,
è composta con i soli colori bianchi e neri con diverse sfumature e tonalità.







.gif)

.
.
.
