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Salvatore di Giacomo (Napoli 13.3.1860 – Napoli 5.4.1934)
Volendo ricordare questo grande poeta in lingua partenopea,
ma anche saggista e scrittore in italiano,
nonché mitico paroliere di alcune canzoni auree
della grande tradizione classica napoletana
penso che non ci sia cosa migliore di leggere una sua poesia,
considerata tra le napoletane più belle di sempre,
ed ascoltare una mitica canzone nata da un’altra sua grande poesia.
La prima poesia, amata anche da Pasolini,
(di cui leggeremo la poetica traduzione in italiano)
è famosa in tutto il mondo…
per l’intrinseca dolcezza ed un tale malinconico trasporto
che va oltre il tempo e lo spazio.
PIANEFFORTE ‘E NOTTE
Leggiamola… prima nella versione originale
Pianefforte ‘e notte
Salvatore di Giacomo
Nu pianefforte ‘e notte
sona luntanamente,
e ‘a museca se sente
pe ll’aria suspirà.
è ll’una: dorme ‘o vico
ncopp’ a nonna nonna
‘e nu mutivo antico
‘e tanto tiempo fa.
Dio, quanta stelle ‘n cielo!
Che luna! e c’aria doce!
Quanto na della voce
vurria sentì cantà!
Ma sulitario e lento
more ‘o mutivo antico;
se fa cchiù cupo ‘o vico
dint’a ll’oscurità..
Ll’anema mia surtanto
rummane a sta fenesta.
Aspetta ancora. E resta,
ncantannese, a pensà.
ed ora, per chi non comprende il napoletano,
eccola nella bella traduzione di
Pier Paolo Pasolini
PIANOFORTE DI NOTTE
Un pianoforte di notte
suona in lontananza,
e la musica si sente
per l’aria sospirare.
è l’una: dorme il vicolo
su questa ninna nanna
di un motivo antico
di tanto tempo fa.
Dio, quante stelle in cielo!
Che luna! e che aria dolce!
Quanto una bella voce
vorrei sentire cantare!
Ma solitario e lento
muore il motivo antico;
si fa più cupo il vicolo
dentro all’oscurità.
L’anima mia soltanto
rimane a questa finestra.
Aspetta ancora, e resta,
incantandosi, a pensare.
MARECHIARE
Ora, se ci va,
ascoltiamo questa canzone napoletana
altrettanto dolcissima e notissima…
nata sempre da una sua poesia.
MARECHIARE
Quanno sponta la luna a Marechiare
pure li pisce nce fann’ a l’ammore,
se revotano l’onne de lu mare,
pe la priezza cagneno culore
quanno sponta la luna a Marechiare.
A Marechiare nce sta na fenesta,
pe’ la passione mia nce tuzzulea,
nu carofano adora int’a na testa,
passa l’acqua pe sotto e murmuléa,
A Marechiare nce sta na fenesta
Ah! Ah!
A Marechiare, a Marechiare,
nce sta na fenesta.
Chi dice ca li stelle so lucente
nun sape l’uocchie ca tu tiene nfronte.
Sti doje stelle li saccio io sulamente.
dint’a lu core ne tengo li ponte.
Chi dice ca li stelle so lucente?
Scetate, Carulì, ca l’aria è doce.
quanno maie tanto tiempo aggio aspettato?
P’accompagnà li suone cu la voce
stasera na chitarra aggio portato.
Scetate, Carulì, ca l’aria è doce.
Ah! Ah!
O scetate, o scetate,
scetate, Carulì, ca l’aria è doce.
Il poeta immaginò che la donna amata si nascondesse
dietro la celebre finestrella di Marechiaro (mai vista da lui).
Di Giacomo in realtà non considerò molto questa sua poesia
ma Paolo Tosti se ne innamorò e creò la famosa melodia
che ebbe successo in tutto il mondo.
Ascoltiamola qui cantata da Tito Schipa

Ciao da Orso Tony
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E… SE… TI PIACE… I S C R I V I T I

.
Mi piace:
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Ecco una delle poesie napoletane classiche
più belle di tutti i tempi…
insieme ad una altrettanto famosa e bellissima canzone,
entrambe sul tema, notte.
La poesia, amata anche da Pasolini,
è tra le più famose in tutto il mondo
per l’intrinseca dolcezza ed un tale malinconico trasporto
che va oltre il tempo e lo spazio.
Pianefforte ‘e notte
Leggiamola…
PIANEFFORTE ‘E NOTTE
Salvatore di Giacomo
Nu pianefforte ‘e notte
sona luntanamente,
e ‘a museca se sente
pe ll’aria suspirà.
è ll’una: dorme ‘o vico
ncopp’ a nonna nonna
‘e nu mutivo antico
‘e tanto tiempo fa.
Dio, quanta stelle ‘n cielo!
Che luna! e c’aria doce!
Quanto na della voce
vurria sentì cantà!
Ma sulitario e lento
more ‘o mutivo antico;
se fa cchiù cupo ‘o vico
dint’a ll’oscurità.
Ll’anema mia surtanto
rummane a sta fenesta.
Aspetta ancora. E resta,
ncantannese, a pensà.
Per chi non comprende il napoletano
ecco una traduzione d’eccezione,
quella di Pier Paolo Pasolini
PIANOFORTE DI NOTTE
Un pianoforte di notte
suona in lontananza,
e la musica si sente
per l’aria sospirare.
è l’una: dorme il vicolo
su questa ninna nanna
di un motivo antico
di tanto tempo fa.
Dio, quante stelle in cielo!
Che luna! e che aria dolce!
Quanto una bella voce
vorrei sentire cantare!
Ma solitario e lento
muore il motivo antico;
si fa più cupo il vicolo
dentro all’oscurità.
L’anima mia soltanto
rimane a questa finestra.
Aspetta ancora, e resta,
incantandosi, a pensare.
Voce ‘e notte
Ora, se ci va,
ascoltiamo questa canzone napoletana antica
altrettanto dolcissima e notissima
prima cantata da Massimo Ranieri
e poi cantata da Peppino di Capri…
(potendo anche leggerne il testo originale)
Ciao da Orso Tony
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Beh definire questa… una canzone poesia…
non è poi così difficile
considerato che l’autore è un grande poeta.
PALOMMA ‘E NOTTE
LA STORIA – LA POESIA – LA CANZONE
a cura di Tony Kospan
Chi ha scritto questa classicissima canzone napoletana
è infatti il grande poeta Salvatore Di Giacomo
e la poesia è dedicata alla sua donna… Elisa.
La storia di questa canzone ce la racconta direttamente
il giornalista e scrittore Raffaele La Capria
che la raccontò sul “Corriere della Sera“
descrivendo però anche la storia del loro complicato amore.
LA STORIA DEL LORO AMORE
CHE ORIGINO’ LA POESIA E POI LA CANZONE
“Quando si conobbero (nel 1905) Salvatore ed Elisa, lui era un uomo di quarantacinque anni, lei una ragazza di 26.
Salvatore era un bell’ uomo, un vero napoletano dagli occhi sognanti, un poeta già celebre, riconosciuto, i suoi versi erano cantati dovunque, e tutto questo creava intorno alla sua persona un’ aura romantica, un fascino che poteva fare innamorare qualsiasi ragazza, soprattutto una ragazza come Elisa.
Elisa era «’ na giovane vestuta / cu ‘ na vesta granata, auta e brunetta» (una giovane vestita / con una veste granata, alta e brunetta ntk).
Studiava per diventare insegnante e ancor più per essere indipendente, per emanciparsi dalla protezione familiare, cosa poco comune a Napoli in quel tempo.
Ardita ed emancipata doveva essere davvero se, dopo qualche incontro con Salvatore Di Giacomo alla Biblioteca Lucchesi Palli – da lui diretta – gli scrisse una lettera talmente intraprendente per una ragazza di quell’ambiente e di quell’ educazione, da lasciare stupiti.
«Mio buono e caro signor Di Giacomo… se non fossimo stati in mezzo alla gente ve lo avrei detto ieri stesso quanto sto per dirvi ora. Io vi amo: ecco la verità, e lo so e lo sapevo da un pezzo, e non volevo confessarlo né a voi né a me. Io vi amo, e ora ve lo dico così com’ è. E’ bene, è male dirvelo? Che cosa ne penserete? Io non so…
Sappiatela tutt’intera questa verità, sappiatela così rudemente, così bruscamente com’è sempre l’ impeto dell’anima mia: sappiatela e fate quel che volete…».
Salvatore non era libero, Elisa aveva una rivale, una tremenda rivale: mammà.”
Per amor di brevità essendo l’articolo lunghetto ne sintetizzo la parte centrale per riprenderne poi il finale.
– Il loro amore fu molto tormentato prima per l’invadenza della madre e poi per le liti in cui il poeta accusava Elisa di civetterie… tradimenti etc…
Si amarono così d’un amore molto tormentato ma tenace per 11 anni e continuarono ad amarsi, sempre in questo modo, anche dopo il matrimonio… fino a quando Salvatore, costretto all’immobilità ed amorevolmente curato da lei, si spense…
Elisa impazzita dal dolore distrusse tutte le lettere che lui le aveva inviato ma per caso dimenticò in un cassetto “quelle che vanno dal luglio del 1906 al dicembre del 1911 e che ci hanno permesso di raccontare la storia di questo strano amore.”
Ecco l’ultima parte dell’articolo di La Capria che qui racconta anche la nascita di questa poesia:
“Voglio chiudere il mio racconto con una delle poesie scritte da Di Giacomo, una di quelle che più amo, e una di quelle certamente dedicate ad Elisa: Palomma ‘e notte.
Il poeta una sera vede una farfallina girare e rigirare intorno a una candela accesa.
E l’ avverte: questa è una fiamma, ti può bruciare le ali, non è una rosa e nemmeno un gelsomino.
Va’ via, torna all’ aria fresca, non vedi che anche io resto abbagliato dalla fiamma e per allontanarti mi brucio?
E’ chiaro che la farfallina è Elisa e chi vorrebbe allontanarla bruciandosi la mano, è Salvatore.”
La poesia, scritta nel 1904, divenne una canzone nel 1907.
La musica fu composta da Francesco Buongiovanni… e direi che si tratta proprio di un’accoppiata sublime.
E’ considerata una delle più belle canzoni della grande tradizione classica napoletana.
LA POESIA (IN ITALIANO)
Guarda questa farfalla,
Come gira, come svolazza,
Come torna un’altra volta
A tentare questa candela!
Farfallina, questo è un lume,
Non è rosa o gelsomino,
E tu per forza qua vicino
Ti vuoi mettere a volare!
Vattene da là!
Vattene, pazza!
Va’, farfallina, e torna,
E torna a quest’aria
Così fresca e bella!
Lo vedi che anch’io
Mi abbaglio piano piano
E che mi brucio la mano
Per volerti cacciare via?
Carolina, per un capriccio,
Tu vuoi fare scontento un altro
E poi, quando l’hai lasciato,
Tu, da un altro, vuoi volare.
Troppi cuori stai stringendo
Con queste tue mani piccole,
Ma finisce che queste ali
Anche tu ti puoi bruciare.
Vattene da là!
Vattene, pazza!
Va’, farfallina, e torna,
E torna a quest’aria
Così fresca e bella!
Lo vedi che anch’io
Mi abbaglio piano piano
E che mi brucio la mano
Per volerti cacciare via?
Torna, va’, farfalla di notte,
Nell’ombra dove sei nata!
Torna a quest’aria imbalsamata
Che ti sa consolare!
Nel buio e solo per me
Questa candela arde e si strugge,
Ma che arda tutti e due,
Non lo posso sopportare!
Vattene da là!
Vattene, pazza!
Va’, farfallina, e torna,
E torna a quest’aria
Così fresca e bella!
Lo vedi che anch’io
Mi abbaglio piano piano
E che mi brucio la mano
Per volerti cacciare via?
tradotto da Natalia Cernega
Qui di seguito possiamo ascoltarla cantata prima da Peppino di Capri.



e poi se lo si desidera… la si può ascoltare anche nella versione più classica di Sergio Bruni…
ed infine anche in quest’altra versione ancora più raffinata e ricercata, benché moderna, di Gianni Lamagna che mi è stata segnalata, nei commenti, da un visitatore del Blog… che ringrazio.
CIAO DA TONY KOSPAN
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Salvatore di Giacomo (Napoli 13.3.1860 – Napoli 5.4.1934)
Volendo ricordare questo grande poeta in lingua partenopea,
ma anche saggista e scrittore in italiano,
nonché mitico paroliere di alcune canzoni auree
della grande tradizione classica napoletana
penso che non ci sia cosa migliore di leggere una sua poesia,
considerata tra le napoletane più belle di sempre,
ed ascoltare una mitica canzone nata da un’altra sua grande poesia.
La prima poesia, amata anche da Pasolini,
(di cui leggeremo la poetica traduzione in italiano)
è famosa in tutto il mondo…
per l’intrinseca dolcezza ed un tale malinconico trasporto
che va oltre il tempo e lo spazio.
PIANEFFORTE ‘E NOTTE
Leggiamola… prima nella versione originale
Pianefforte ‘e notte
Salvatore di Giacomo
Nu pianefforte ‘e notte
sona luntanamente,
e ‘a museca se sente
pe ll’aria suspirà.
è ll’una: dorme ‘o vico
ncopp’ a nonna nonna
‘e nu mutivo antico
‘e tanto tiempo fa.
Dio, quanta stelle ‘n cielo!
Che luna! e c’aria doce!
Quanto na della voce
vurria sentì cantà!
Ma sulitario e lento
more ‘o mutivo antico;
se fa cchiù cupo ‘o vico
dint’a ll’oscurità..
Ll’anema mia surtanto
rummane a sta fenesta.
Aspetta ancora. E resta,
ncantannese, a pensà.
ed ora, per chi non comprende il napoletano,
eccola nella bella traduzione di
Pier Paolo Pasolini
PIANOFORTE DI NOTTE
Un pianoforte di notte
suona in lontananza,
e la musica si sente
per l’aria sospirare.
è l’una: dorme il vicolo
su questa ninna nanna
di un motivo antico
di tanto tempo fa.
Dio, quante stelle in cielo!
Che luna! e che aria dolce!
Quanto una bella voce
vorrei sentire cantare!
Ma solitario e lento
muore il motivo antico;
si fa più cupo il vicolo
dentro all’oscurità.
L’anima mia soltanto
rimane a questa finestra.
Aspetta ancora, e resta,
incantandosi, a pensare.
MARECHIARE
Ora, se ci va,
ascoltiamo questa canzone napoletana
altrettanto dolcissima e notissima…
nata sempre da una sua poesia.
MARECHIARE
Quanno sponta la luna a Marechiare
pure li pisce nce fann’ a l’ammore,
se revotano l’onne de lu mare,
pe la priezza cagneno culore
quanno sponta la luna a Marechiare.
A Marechiare nce sta na fenesta,
pe’ la passione mia nce tuzzulea,
nu carofano adora int’a na testa,
passa l’acqua pe sotto e murmuléa,
A Marechiare nce sta na fenesta
Ah! Ah!
A Marechiare, a Marechiare,
nce sta na fenesta.
Chi dice ca li stelle so lucente
nun sape l’uocchie ca tu tiene nfronte.
Sti doje stelle li saccio io sulamente.
dint’a lu core ne tengo li ponte.
Chi dice ca li stelle so lucente?
Scetate, Carulì, ca l’aria è doce.
quanno maie tanto tiempo aggio aspettato?
P’accompagnà li suone cu la voce
stasera na chitarra aggio portato.
Scetate, Carulì, ca l’aria è doce.
Ah! Ah!
O scetate, o scetate,
scetate, Carulì, ca l’aria è doce.
Il poeta immaginò che la donna amata si nascondesse
dietro la celebre finestrella di Marechiaro (mai vista da lui).
Di Giacomo in realtà non considerò molto questa sua poesia
ma Paolo Tosti se ne innamorò e creò la famosa melodia
che ebbe successo in tutto il mondo.
Ascoltiamola qui cantata da Tito Schipa

Ciao da Orso Tony
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.
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Salvatore di Giacomo (Napoli 13.3.1860 – Napoli 5.4.1934)
Volendo ricordare questo grande poeta in lingua partenopea,
ma anche saggista e scrittore in italiano,
nonché mitico paroliere di alcune canzoni auree
della grande tradizione classica napoletana
penso che non ci sia cosa migliore di leggere una sua poesia,
considerata tra le napoletane più belle di sempre,
ed ascoltare una mitica canzone nata da un’altra sua grande poesia.
La prima poesia, amata anche da Pasolini,
(di cui leggeremo la poetica traduzione in italiano)
è famosa in tutto il mondo…
per l’intrinseca dolcezza ed un tale malinconico trasporto
che va oltre il tempo e lo spazio.
PIANEFFORTE ‘E NOTTE
Leggiamola… prima nella versione originale
Pianefforte ‘e notte
Salvatore di Giacomo
Nu pianefforte ‘e notte
sona luntanamente,
e ‘a museca se sente
pe ll’aria suspirà.
è ll’una: dorme ‘o vico
ncopp’ a nonna nonna
‘e nu mutivo antico
‘e tanto tiempo fa.
Dio, quanta stelle ‘n cielo!
Che luna! e c’aria doce!
Quanto na della voce
vurria sentì cantà!
Ma sulitario e lento
more ‘o mutivo antico;
se fa cchiù cupo ‘o vico
dint’a ll’oscurità..
Ll’anema mia surtanto
rummane a sta fenesta.
Aspetta ancora. E resta,
ncantannese, a pensà.
ed ora, per chi non comprende il napoletano,
eccola nella bella traduzione di
Pier Paolo Pasolini
PIANOFORTE DI NOTTE
Un pianoforte di notte
suona in lontananza,
e la musica si sente
per l’aria sospirare.
è l’una: dorme il vicolo
su questa ninna nanna
di un motivo antico
di tanto tempo fa.
Dio, quante stelle in cielo!
Che luna! e che aria dolce!
Quanto una bella voce
vorrei sentire cantare!
Ma solitario e lento
muore il motivo antico;
si fa più cupo il vicolo
dentro all’oscurità.
L’anima mia soltanto
rimane a questa finestra.
Aspetta ancora, e resta,
incantandosi, a pensare.
MARECHIARE
Ora, se ci va,
ascoltiamo questa canzone napoletana
altrettanto dolcissima e notissima…
nata sempre da una sua poesia.
MARECHIARE
Quanno sponta la luna a Marechiare
pure li pisce nce fann’ a l’ammore,
se revotano l’onne de lu mare,
pe la priezza cagneno culore
quanno sponta la luna a Marechiare.
A Marechiare nce sta na fenesta,
pe’ la passione mia nce tuzzulea,
nu carofano adora int’a na testa,
passa l’acqua pe sotto e murmuléa,
A Marechiare nce sta na fenesta
Ah! Ah!
A Marechiare, a Marechiare,
nce sta na fenesta.
Chi dice ca li stelle so lucente
nun sape l’uocchie ca tu tiene nfronte.
Sti doje stelle li saccio io sulamente.
dint’a lu core ne tengo li ponte.
Chi dice ca li stelle so lucente?
Scetate, Carulì, ca l’aria è doce.
quanno maie tanto tiempo aggio aspettato?
P’accompagnà li suone cu la voce
stasera na chitarra aggio portato.
Scetate, Carulì, ca l’aria è doce.
Ah! Ah!
O scetate, o scetate,
scetate, Carulì, ca l’aria è doce.
Il poeta immaginò che la donna amata si nascondesse
dietro la celebre finestrella di Marechiaro (mai vista da lui).
Di Giacomo in realtà non considerò molto questa sua poesia
ma Paolo Tosti se ne innamorò e creò la famosa melodia
che ebbe successo in tutto il mondo.
Ascoltiamola qui cantata da Tito Schipa

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Ecco una delle poesie napoletane classiche
più belle di tutti i tempi…
insieme ad una altrettanto famosa e bellissima canzone,
entrambe sul tema, notte.
La poesia, amata anche da Pasolini,
è tra le più famose in tutto il mondo
per l’intrinseca dolcezza ed un tale malinconico trasporto
che va oltre il tempo e lo spazio.
Pianefforte ‘e notte
Leggiamola…
PIANEFFORTE ‘E NOTTE
Salvatore di Giacomo
Nu pianefforte ‘e notte
sona luntanamente,
e ‘a museca se sente
pe ll’aria suspirà.
è ll’una: dorme ‘o vico
ncopp’ a nonna nonna
‘e nu mutivo antico
‘e tanto tiempo fa.
Dio, quanta stelle ‘n cielo!
Che luna! e c’aria doce!
Quanto na della voce
vurria sentì cantà!
Ma sulitario e lento
more ‘o mutivo antico;
se fa cchiù cupo ‘o vico
dint’a ll’oscurità.
Ll’anema mia surtanto
rummane a sta fenesta.
Aspetta ancora. E resta,
ncantannese, a pensà.
Per chi non comprende il napoletano
ecco una traduzione d’eccezione,
quella di Pier Paolo Pasolini
PIANOFORTE DI NOTTE
Un pianoforte di notte
suona in lontananza,
e la musica si sente
per l’aria sospirare.
è l’una: dorme il vicolo
su questa ninna nanna
di un motivo antico
di tanto tempo fa.
Dio, quante stelle in cielo!
Che luna! e che aria dolce!
Quanto una bella voce
vorrei sentire cantare!
Ma solitario e lento
muore il motivo antico;
si fa più cupo il vicolo
dentro all’oscurità.
L’anima mia soltanto
rimane a questa finestra.
Aspetta ancora, e resta,
incantandosi, a pensare.
Voce ‘e notte
Ora, se ci va,
ascoltiamo questa canzone napoletana antica
altrettanto dolcissima e notissima
prima cantata da Massimo Ranieri
e poi cantata da Peppino di Capri…
(potendo anche leggerne il testo originale)
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non è poi così difficile
considerato che l’autore è un grande poeta.
PALOMMA ‘E NOTTE
LA STORIA – LA POESIA – LA CANZONE
a cura di Tony Kospan
Chi ha scritto questa classicissima canzone napoletana
è infatti il grande poeta Salvatore Di Giacomo
e la poesia è dedicata alla sua donna… Elisa.
La storia di questa canzone ce la racconta direttamente
il giornalista e scrittore Raffaele La Capria
che la raccontò sul “Corriere della Sera“
descrivendo però anche la storia del loro complicato amore.
LA STORIA DEL LORO AMORE
CHE ORIGINO’ LA POESIA E POI LA CANZONE
“Quando si conobbero (nel 1905) Salvatore ed Elisa, lui era un uomo di quarantacinque anni, lei una ragazza di 26.
Salvatore era un bell’ uomo, un vero napoletano dagli occhi sognanti, un poeta già celebre, riconosciuto, i suoi versi erano cantati dovunque, e tutto questo creava intorno alla sua persona un’ aura romantica, un fascino che poteva fare innamorare qualsiasi ragazza, soprattutto una ragazza come Elisa.
Elisa era «’ na giovane vestuta / cu ‘ na vesta granata, auta e brunetta» (una giovane vestita / con una veste granata, alta e brunetta ntk).
Studiava per diventare insegnante e ancor più per essere indipendente, per emanciparsi dalla protezione familiare, cosa poco comune a Napoli in quel tempo.
Ardita ed emancipata doveva essere davvero se, dopo qualche incontro con Salvatore Di Giacomo alla Biblioteca Lucchesi Palli – da lui diretta – gli scrisse una lettera talmente intraprendente per una ragazza di quell’ambiente e di quell’ educazione, da lasciare stupiti.
«Mio buono e caro signor Di Giacomo… se non fossimo stati in mezzo alla gente ve lo avrei detto ieri stesso quanto sto per dirvi ora. Io vi amo: ecco la verità, e lo so e lo sapevo da un pezzo, e non volevo confessarlo né a voi né a me. Io vi amo, e ora ve lo dico così com’ è. E’ bene, è male dirvelo? Che cosa ne penserete? Io non so…
Sappiatela tutt’intera questa verità, sappiatela così rudemente, così bruscamente com’è sempre l’ impeto dell’anima mia: sappiatela e fate quel che volete…».
Salvatore non era libero, Elisa aveva una rivale, una tremenda rivale: mammà.”
Per amor di brevità essendo l’articolo lunghetto ne sintetizzo la parte centrale per riprenderne poi il finale.
– Il loro amore fu molto tormentato prima per l’invadenza della madre e poi per le liti in cui il poeta accusava Elisa di civetterie… tradimenti etc…
Si amarono così d’un amore molto tormentato ma tenace per 11 anni e continuarono ad amarsi, sempre in questo modo, anche dopo il matrimonio… fino a quando Salvatore, costretto all’immobilità ed amorevolmente curato da lei, si spense…
Elisa impazzita dal dolore distrusse tutte le lettere che lui le aveva inviato ma per caso dimenticò in un cassetto “quelle che vanno dal luglio del 1906 al dicembre del 1911 e che ci hanno permesso di raccontare la storia di questo strano amore.”
Ecco l’ultima parte dell’articolo di La Capria che qui racconta anche la nascita di questa poesia:
“Voglio chiudere il mio racconto con una delle poesie scritte da Di Giacomo, una di quelle che più amo, e una di quelle certamente dedicate ad Elisa: Palomma ‘e notte.
Il poeta una sera vede una farfallina girare e rigirare intorno a una candela accesa.
E l’ avverte: questa è una fiamma, ti può bruciare le ali, non è una rosa e nemmeno un gelsomino.
Va’ via, torna all’ aria fresca, non vedi che anche io resto abbagliato dalla fiamma e per allontanarti mi brucio?
E’ chiaro che la farfallina è Elisa e chi vorrebbe allontanarla bruciandosi la mano, è Salvatore.”
La poesia, scritta nel 1904, divenne una canzone nel 1907.
La musica fu composta da Francesco Buongiovanni… e direi che si tratta proprio di un’accoppiata sublime.
E’ considerata una delle più belle canzoni della grande tradizione classica napoletana.
LA POESIA (IN ITALIANO)
Guarda questa farfalla,
Come gira, come svolazza,
Come torna un’altra volta
A tentare questa candela!
Farfallina, questo è un lume,
Non è rosa o gelsomino,
E tu per forza qua vicino
Ti vuoi mettere a volare!
Vattene da là!
Vattene, pazza!
Va’, farfallina, e torna,
E torna a quest’aria
Così fresca e bella!
Lo vedi che anch’io
Mi abbaglio piano piano
E che mi brucio la mano
Per volerti cacciare via?
Carolina, per un capriccio,
Tu vuoi fare scontento un altro
E poi, quando l’hai lasciato,
Tu, da un altro, vuoi volare.
Troppi cuori stai stringendo
Con queste tue mani piccole,
Ma finisce che queste ali
Anche tu ti puoi bruciare.
Vattene da là!
Vattene, pazza!
Va’, farfallina, e torna,
E torna a quest’aria
Così fresca e bella!
Lo vedi che anch’io
Mi abbaglio piano piano
E che mi brucio la mano
Per volerti cacciare via?
Torna, va’, farfalla di notte,
Nell’ombra dove sei nata!
Torna a quest’aria imbalsamata
Che ti sa consolare!
Nel buio e solo per me
Questa candela arde e si strugge,
Ma che arda tutti e due,
Non lo posso sopportare!
Vattene da là!
Vattene, pazza!
Va’, farfallina, e torna,
E torna a quest’aria
Così fresca e bella!
Lo vedi che anch’io
Mi abbaglio piano piano
E che mi brucio la mano
Per volerti cacciare via?
tradotto da Natalia Cernega
Qui di seguito possiamo ascoltarla cantata prima da Peppino di Capri.



e poi se lo si desidera… la si può ascoltare anche nella versione più classica di Sergio Bruni…
ed infine anche in quest’altra versione ancora più raffinata e ricercata, benché moderna, di Gianni Lamagna che mi è stata segnalata, nei commenti, da un visitatore del Blog… che ringrazio.
CIAO DA TONY KOSPAN
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Salvatore di Giacomo (Napoli 13.3.1860 – Napoli 5.4.1934)
Volendo ricordare questo grande poeta in lingua partenopea,
ma anche saggista e scrittore in italiano,
nonché mitico paroliere di alcune canzoni auree
della grande tradizione classica napoletana
penso che non ci sia cosa migliore di leggere una sua poesia,
considerata tra le napoletane più belle di sempre,
ed ascoltare una mitica canzone nata da un’altra sua grande poesia.
La prima poesia, amata anche da Pasolini,
(di cui leggeremo la poetica traduzione in italiano)
è famosa in tutto il mondo…
per l’intrinseca dolcezza ed un tale malinconico trasporto
che va oltre il tempo e lo spazio.
PIANEFFORTE ‘E NOTTE
Leggiamola… prima nella versione originale
Pianefforte ‘e notte
Salvatore di Giacomo
Nu pianefforte ‘e notte
sona luntanamente,
e ‘a museca se sente
pe ll’aria suspirà.
è ll’una: dorme ‘o vico
ncopp’ a nonna nonna
‘e nu mutivo antico
‘e tanto tiempo fa.
Dio, quanta stelle ‘n cielo!
Che luna! e c’aria doce!
Quanto na della voce
vurria sentì cantà!
Ma sulitario e lento
more ‘o mutivo antico;
se fa cchiù cupo ‘o vico
dint’a ll’oscurità..
Ll’anema mia surtanto
rummane a sta fenesta.
Aspetta ancora. E resta,
ncantannese, a pensà.
ed ora, per chi non comprende il napoletano,
eccola nella bella traduzione di…
Pier Paolo Pasolini
PIANOFORTE DI NOTTE
Un pianoforte di notte
suona in lontananza,
e la musica si sente
per l’aria sospirare.
è l’una: dorme il vicolo
su questa ninna nanna
di un motivo antico
di tanto tempo fa.
Dio, quante stelle in cielo!
Che luna! e che aria dolce!
Quanto una bella voce
vorrei sentire cantare!
Ma solitario e lento
muore il motivo antico;
si fa più cupo il vicolo
dentro all’oscurità.
L’anima mia soltanto
rimane a questa finestra.
Aspetta ancora, e resta,
incantandosi, a pensare.
MARECHIARE
Ora, se ci va,
ascoltiamo questa canzone napoletana
altrettanto dolcissima e notissima…
nata sempre da una sua poesia.
MARECHIARE
Quanno sponta la luna a Marechiare
pure li pisce nce fann’ a l’ammore,
se revotano l’onne de lu mare,
pe la priezza cagneno culore
quanno sponta la luna a Marechiare.
A Marechiare nce sta na fenesta,
pe’ la passione mia nce tuzzulea,
nu carofano adora int’a na testa,
passa l’acqua pe sotto e murmuléa,
A Marechiare nce sta na fenesta
Ah! Ah!
A Marechiare, a Marechiare,
nce sta na fenesta.
Chi dice ca li stelle so lucente
nun sape l’uocchie ca tu tiene nfronte.
Sti doje stelle li saccio io sulamente.
dint’a lu core ne tengo li ponte.
Chi dice ca li stelle so lucente?
Scetate, Carulì, ca l’aria è doce.
quanno maie tanto tiempo aggio aspettato?
P’accompagnà li suone cu la voce
stasera na chitarra aggio portato.
Scetate, Carulì, ca l’aria è doce.
Ah! Ah!
O scetate, o scetate,
scetate, Carulì, ca l’aria è doce.
Il poeta immaginò che la donna amata si nascondesse
dietro la celebre finestrella di Marechiaro (mai vista da lui).
Di Giacomo in realtà non considerò molto questa sua poesia
ma Paolo Tosti se ne innamorò e creò la famosa melodia
che ebbe successo in tutto il mondo.
Ascoltiamola qui cantata da Tito Schipa

Ciao da Orso Tony
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Ecco una delle poesie napoletane classiche
più belle di tutti i tempi…
insieme ad una altrettanto famosa e bellissima canzone,
entrambe sul tema, notte.
La poesia, amata anche da Pasolini,
è tra le più famose in tutto il mondo
per l’intrinseca dolcezza ed un tale malinconico trasporto
che va oltre il tempo e lo spazio.
Pianefforte ‘e notte
Leggiamola…
PIANEFFORTE ‘E NOTTE
Salvatore di Giacomo
Nu pianefforte ‘e notte
sona luntanamente,
e ‘a museca se sente
pe ll’aria suspirà.
è ll’una: dorme ‘o vico
ncopp’ a nonna nonna
‘e nu mutivo antico
‘e tanto tiempo fa.
Dio, quanta stelle ‘n cielo!
Che luna! e c’aria doce!
Quanto na della voce
vurria sentì cantà!
Ma sulitario e lento
more ‘o mutivo antico;
se fa cchiù cupo ‘o vico
dint’a ll’oscurità.
Ll’anema mia surtanto
rummane a sta fenesta.
Aspetta ancora. E resta,
ncantannese, a pensà.
Per chi non comprende il napoletano
ecco una traduzione d’eccezione,
quella di Pier Paolo Pasolini
PIANOFORTE DI NOTTE
Un pianoforte di notte
suona in lontananza,
e la musica si sente
per l’aria sospirare.
è l’una: dorme il vicolo
su questa ninna nanna
di un motivo antico
di tanto tempo fa.
Dio, quante stelle in cielo!
Che luna! e che aria dolce!
Quanto una bella voce
vorrei sentire cantare!
Ma solitario e lento
muore il motivo antico;
si fa più cupo il vicolo
dentro all’oscurità.
L’anima mia soltanto
rimane a questa finestra.
Aspetta ancora, e resta,
incantandosi, a pensare.
Voce ‘e notte
Ora, se ci va,
ascoltiamo questa canzone napoletana antica
altrettanto dolcissima e notissima
prima cantata da Massimo Ranieri
e poi cantata da Peppino di Capri…
(potendo anche leggerne il testo originale)
Ciao da Orso Tony
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Bè definire questa… una canzone poesia…
non è poi così difficile
considerato che l’autore è un grande poeta.
PALOMMA ‘E NOTTE
LA STORIA – LA POESIA – LA CANZONE
a cura di Tony Kospan
Chi ha scritto questa classicissima canzone napoletana
è infatti il grande poeta Salvatore Di Giacomo
e la poesia è dedicata alla sua donna… Elisa.
La storia di questa canzone ce la racconta direttamente
il giornalista e scrittore Raffaele La Capria
che la raccontò sul “Corriere della Sera“
descrivendo però anche la storia del loro complicato amore.
LA STORIA DEL LORO AMORE
CHE ORIGINO’ LA POESIA E POI LA CANZONE
“Quando si conobbero (nel 1905) Salvatore ed Elisa, lui era un uomo di quarantacinque anni, lei una ragazza di 26.
Salvatore era un bell’ uomo, un vero napoletano dagli occhi sognanti, un poeta già celebre, riconosciuto, i suoi versi erano cantati dovunque, e tutto questo creava intorno alla sua persona un’ aura romantica, un fascino che poteva fare innamorare qualsiasi ragazza, soprattutto una ragazza come Elisa.
Elisa era «’ na giovane vestuta / cu ‘ na vesta granata, auta e brunetta» (una giovane vestita / con una veste granata, alta e brunetta ntk).
Studiava per diventare insegnante e ancor più per essere indipendente, per emanciparsi dalla protezione familiare, cosa poco comune a Napoli in quel tempo.
Ardita ed emancipata doveva essere davvero se, dopo qualche incontro con Salvatore Di Giacomo alla Biblioteca Lucchesi Palli – da lui diretta – gli scrisse una lettera talmente intraprendente per una ragazza di quell’ambiente e di quell’ educazione, da lasciare stupiti.
«Mio buono e caro signor Di Giacomo… se non fossimo stati in mezzo alla gente ve lo avrei detto ieri stesso quanto sto per dirvi ora. Io vi amo: ecco la verità, e lo so e lo sapevo da un pezzo, e non volevo confessarlo né a voi né a me. Io vi amo, e ora ve lo dico così com’ è. E’ bene, è male dirvelo? Che cosa ne penserete? Io non so…
Sappiatela tutt’intera questa verità, sappiatela così rudemente, così bruscamente com’è sempre l’ impeto dell’anima mia: sappiatela e fate quel che volete…».
Salvatore non era libero, Elisa aveva una rivale, una tremenda rivale: mammà.”
Per amor di brevità essendo l’articolo lunghetto ne sintetizzo la parte centrale per riprenderne poi il finale.
– Il loro amore fu molto tormentato prima per l’invadenza della madre e poi per le liti in cui il poeta accusava Elisa di civetterie… tradimenti etc…
Si amarono così d’un amore molto tormentato ma tenace per 11 anni e continuarono ad amarsi, sempre in questo modo, anche dopo il matrimonio… fino a quando Salvatore, costretto all’immobilità ed amorevolmente curato da lei, si spense…
Elisa impazzita dal dolore distrusse tutte le lettere che lui le aveva inviato ma per caso dimenticò in un cassetto “quelle che vanno dal luglio del 1906 al dicembre del 1911 e che ci hanno permesso di raccontare la storia di questo strano amore.”
Ecco l’ultima parte dell’articolo di La Capria che qui racconta anche la nascita di questa poesia:
“Voglio chiudere il mio racconto con una delle poesie scritte da Di Giacomo, una di quelle che più amo, e una di quelle certamente dedicate ad Elisa: Palomma ‘e notte.
Il poeta una sera vede una farfallina girare e rigirare intorno a una candela accesa.
E l’ avverte: questa è una fiamma, ti può bruciare le ali, non è una rosa e nemmeno un gelsomino.
Va’ via, torna all’ aria fresca, non vedi che anche io resto abbagliato dalla fiamma e per allontanarti mi brucio?
E’ chiaro che la farfallina è Elisa e chi vorrebbe allontanarla bruciandosi la mano, è Salvatore.”
La poesia, scritta nel 1904, divenne una canzone nel 1907.
La musica fu composta da Francesco Buongiovanni… e direi che si tratta proprio di un’accoppiata sublime.
E’ considerata una delle più belle canzoni della grande tradizione classica napoletana.
LA POESIA (IN ITALIANO)
Guarda questa farfalla,
Come gira, come svolazza,
Come torna un’altra volta
A tentare questa candela!
Farfallina, questo è un lume,
Non è rosa o gelsomino,
E tu per forza qua vicino
Ti vuoi mettere a volare!
Vattene da là!
Vattene, pazza!
Va’, farfallina, e torna,
E torna a quest’aria
Così fresca e bella!
Lo vedi che anch’io
Mi abbaglio piano piano
E che mi brucio la mano
Per volerti cacciare via?
Carolina, per un capriccio,
Tu vuoi fare scontento un altro
E poi, quando l’hai lasciato,
Tu, da un altro, vuoi volare.
Troppi cuori stai stringendo
Con queste tue mani piccole,
Ma finisce che queste ali
Anche tu ti puoi bruciare.
Vattene da là!
Vattene, pazza!
Va’, farfallina, e torna,
E torna a quest’aria
Così fresca e bella!
Lo vedi che anch’io
Mi abbaglio piano piano
E che mi brucio la mano
Per volerti cacciare via?
Torna, va’, farfalla di notte,
Nell’ombra dove sei nata!
Torna a quest’aria imbalsamata
Che ti sa consolare!
Nel buio e solo per me
Questa candela arde e si strugge,
Ma che arda tutti e due,
Non lo posso sopportare!
Vattene da là!
Vattene, pazza!
Va’, farfallina, e torna,
E torna a quest’aria
Così fresca e bella!
Lo vedi che anch’io
Mi abbaglio piano piano
E che mi brucio la mano
Per volerti cacciare via?
tradotto da Natalia Cernega
Qui di seguito possiamo ascoltarla cantata prima da Peppino di Capri.



e poi se lo si desidera… la si può ascoltare anche nella versione più classica di Sergio Bruni…
ed infine anche in quest’altra versione ancora più raffinata e ricercata, benché moderna, di Gianni Lamagna che mi è stata segnalata, nei commenti, da un visitatore del Blog… che ringrazio.
CIAO DA TONY KOSPAN
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