Archivio per l'etichetta ‘SAGGEZZA PELLEROSSA’
Sorprende sempre, anche chi come me che da tempo
legge ed ammira il pensiero e le poesie degli Indiani d’America,
la loro profonda saggezza.
Direi che questa poesia appare esser proprio emblematica in tal senso
e nel contempo è la chiara manifestazione
della loro intima, profonda ed assoluta unione con la natura.
IO SONO UNA ROCCIA
Penna d’Aquila Danzante
Io sono una roccia, ho visto la vita e la morte,
ho conosciuto la fortuna, la preoccupazione e il dolore.
Io vivo una vita da roccia.
Sono una parte di nostra Madre, La Terra.
Ho sentito battere il suo cuore sul mio,
ho sentito i suoi dolori e la sua gioia.
Io vivo una vita da roccia.
Sono una parte di nostro Padre, il Grande Mistero.
Ho sentito le sue preoccupazioni e la sua saggezza.
Ho visto le sue creature, i miei fratelli,
gli animali, gli uccelli, i fiumi e i venti parlanti, gli alberi,
tutto quello che è sulla Terra
e tutto quello che nell’Universo è.
Io sono parente delle stelle.
Io posso parlare, quando conversi con me
e ti ascolterò, quando parlerai.
Io ti posso aiutare, quando hai bisogno di aiuto.
Ma non mi ferire, perché io posso sentire, come te.
Io ho la forza di guarire, eppure all’inizio tu dovrai cercarla.
Forse tu pensi che io sia solo una roccia,
che giace nel silenzio, sull’umido suolo.
Ma io non sono questo.
Io sono una parte della vita,
io vivo, io aiuto coloro che mi rispettano.

Fonte web
CIAO DA TONY KOSPAN
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Ancora un grande insegnamento ci viene
dalla cultura e dalla saggezza degli Indiani d’America
che conferma altresì la loro profonda spiritualità.
L’uomo di cui parla questo breve brano
non è il maschio
ma in generale l’essere umano.
NASCERE UOMO
– Capo Leon Shenandoah degli Onondaga –
Nascere uomo su questa terra
è un incarico sacro.
Abbiamo una responsabilità sacra,
dovuta a questo dono eccezionale che ci è stato fatto,
ben al di sopra del dono meraviglioso che è la vita delle piante,
dei pesci, dei boschi, degli uccelli
e di tutte le creature che vivono sulla terra.
Noi…
siamo in grado di prenderci cura di loro.
Tony Kospan
F I N E
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MEDITAZIONI PELLEROSSA PER MOLTE LUNE
Ricordi… pensieri… riflessioni e lezioni degli Indiani d’Americani per ogni giorno dell’anno che ci colpiscono per l’armonia di cui è impregnata la tradizione pellerossa.
I tredici mesi lunari, visti all’interno di una cornice chiamata Cerchio Sacro o Ruota di Medicina, rivelano ai nativi americani quali sono le doti e le abilità che possono sviluppare durante il loro cammino sulla Terra.
Queste, che appaiono vere e proprie lezioni, indicano quali doti i Nativi americani dovevano sviluppare per poter vivere in armonia con tutte le altre forme di vita esistenti.
In realtà però anche tutti noi possiamo tranquilamente fare nostri questi insegnamenti.
Il brano che ora possiamo leggere è un piccolo estratto dal libro di cui parlerò alla fine.
LA RUOTA DELLE LUNE
“Il primo calendario posseduto dagli Indiani del Nord America fu la corazza di tartaruga.
I nostri Antenati osservarono il succedersi dei cicli e delle stagioni e notarono che la medesima stagione ritornava ogni tredici lune.
Nonna Luna era la nostra guida.
La corazza della Tartaruga portava impressi i tredici mesi dell’anno all’interno di una cornice che costituiva il Cerchio, da noi chiamato Cerchio Sacro, o Ruota di Medicina.
Questo circolo unificante rappresenta la sacra relazione che intercorre tra tutte le specie viventi.
I tredici cicli lunari diedero origine alle leggende delle Tredici Madri Originali dei Clan che rappresentano le doti e le abilità che l’Umanità può sviluppare durante il proprio Cammino sulla Terra.
Queste lezioni sullo sviluppo del potenziale umano contengono le capacità che ogni Bipede (essere Umano) deve apprendere per poter vivere in armonia con tutte le forme di vita.
Quando scopriamo i nostri potenziali e sviluppiamo l’abilità di avere relazioni appropriate, allora possiamo offrirci di condividere tali doni con il resto della Tribù Umana.
La Generosità è la chiave che permette di operare per il bene di ogni Essere vivente.
Se doniamo noi stessi e i nostri talenti, le benedizioni che riceviamo vengono condivise.
Possiamo allora espandere i confini e le possibilità dell’intero potenziale umano.
Quando questi concetti vengono onorati, i propositi di vivere in armonia nell’ambito di una comunità diventano facilmente realizzabili.
Le lezioni riguardanti il rispetto degli altri e del loro Sacro Spazio possono essere applicate ad ogni cultura e promuovono uno stile di vita armonioso.
(da “La Ruota delle Lune” di Jamie Sams — Ed. Il Punto D’Incontro)
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Ancora una volta la genuina semplicità e profondità
del pensiero degli Indiani d’America
si manifesta in questo canto che possiamo anche definire…
secondo i nostri criteri… poesia.

IO NON SO…
Io non so
se la voce degli uomini
può raggiungere il cielo,
io non so
se il Divino
sentirà la mia preghiera,
io non so
se ciò che chiedo
potrà essere esaudito,
io non so
se si può udire
la voce degli Antichi,
io non so
cosa ci porterà il futuro.
Spero soltanto che bene
e solo bene
possa venire a noi.

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.dal web – impaginazione tony kospan
CIAO DA TONY KOSPAN
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Una favola (o racconto mitico) semplice… semplice
ma davvero forte ed inconsueta che ci racconta come
per apprezzare la luce… la gioia… etc.
sia necessario che esista anche il buio… il dolore… etc.
E’ certo un profondo concetto comune a molte civiltà
ma è interessante il modo in cui gli Indiani
facevano sì che il popolo lo capisse e lo facesse proprio.
Questo ci conferma la grande saggezza
degli Indiani d’America.
T.K.

LE QUATTRO STREGHE
Racconto Navajo
Il Distruttore, figlio del dio Sole, si mise in cerca un giorno di quattro streghe, perché voleva ucciderle.
La prima che incontrò tremava e si torceva al suo cospetto, però non di paura.
Freddo era il suo nome. “Se tu mi uccidi” disse “il caldo regnerà e il grano non potrà crescere senz’acqua che lo bagni.”
Il Distruttore disse: “Vecchia hai ragione, io non ti ucciderò”.
Fame era la seconda, ella così parlò: “Se tu mi uccidi il cibo verrà a noia alla tua gente”.
Ed egli disse: “E vero, la gioia di ogni festa sparirebbe con te. Io non ti ucciderò”.
La terza era Povertà. “Uccidimi” ella disse sono così infelice! Però sappi che morta io mai più i vestiti potranno consumarsi e la tua gente non avrà più il sapore delle cose nuove.
Ed egli disse: “è vero, la mia gente gode degli abiti nuovi. Non ti ucciderò”.
L’ultima strega, la più vecchia e curva, disse: “Se tu mi uccidi, la Gente non morirà mai più, né nuovi bambini nasceranno, al mondo sarà un popolo di vecchi.
Lasciami andare e la Gente crescerà, giovani forti prenderanno il posto dei vecchi che prenderò per mano. Sono la Morte, amica non compresa della Gente.”
“Nemmeno te posso uccidere” concluse il Distruttore.
E’ così che Morte, Miseria, Fame e Freddo, vivono tra di noi.
Il figlio del Sole, tornato dal suo viaggio, spiegò a tutti quanti queste cose.
Tratto da: “49 canti degli Indiani d’America” – Ed. Mondadori
LE QUATTRO STREGHE racconto Navajo
Testo rinvenuto nel web




– Impaginazione T. K. –
CIAO DA TONY KOSPAN

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Davvero suggestiva questa storia della nascita
di uno dei fenomeni più affascinanti della natura
diffusa tra le tribù degli Indiani d’America
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COME NACQUE L’ARCOBALENO…
LEGGENDA DEGLI INDIANI D’AMERICA
Un giorno, madre Terra e padre Sole vennero a fare visita a un ragazzo solitario che si chiamava Atsosi Bagani. “Devi prendere moglie” disse la Terra. “Andrai a cercare moglie per un cammino ignoto agli uomini” aggiunse il Sole “Sposerai la maggiore delle sorelle Dobedeklad, Quelle-che-il-sole-non-illumina. Abitano in un pueblo. Gli uccelli le hanno imprigionate nelle tenebre, invidiosi della loro bellezza; tu solo puoi liberarle.
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Per aiutarti, costruirò un passaggio tra la tua capanna e il pueblo e trasformerò le ragazze e te, affinché gli uccelli non vi riconoscano e vi uccidano a beccate. Così, emerse dalla terra un arco gigantesco formato da strisce di colori brillanti; saliva molto in alto nel cielo e scendeva in lontananza sulla terra. Quando Atsosi Bagani si incamminò su questo ponte, fu trasformato in una farfalla, i cui colori si conf ondevano con quelli dell’arcobaleno. Gli uccelli non lo notarono e l’uomo farfalla arrivò sul tetto di una grande casa e scese attraverso un’apertura scura; nella penombra, vide le due sorelle occupate a tessere un magnifico tappeto dai colori dell’arcobaleno, i cui motivi ricordavano i fiumi e le montagne. “Guarda, sorellina – disse la maggiore – una farfalla si è posata in cima alla scala”. La sorella minore, molto eccitata, si precipitò verso la scala e un raggio di sole la sfiorò; la maggiore cercò di trattenerla ma entrambe furono attratte dal potere magico dei raggi solari. Sul tetto, la farfalla si trasformò nel giovane uomo. “Il Sole mi ha mandato a cercarvi, sarete mia moglie e mia sorella”.
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Gli uccelli li videro e si precipitarono su di loro con gridi stridenti; ma il Sole vegliava e trasformava i giovani in delicate farfalle, gli uccelli non riuscirono a trovare i fuggitivi. Atsosi Bagani ritornò alla sua capanna e il Sole e la Terra assistettero al matrimonio. Il giovane continuò a cacciare, mentre le due sorelle tessevano meravigliosi tappeti. Nella piccola capanna illuminata dal sole, però, le due ragazze avevano nostalgia della loro vecchia casa buia. Vedendole tristi, il Sole disse loro: “Se lo desiderate tanto, potrete rivedere la vostra cupa dimora; ma adesso gli uccelli sono diventati diffidenti e dovete difendervi”. Così prima di trasformarle in farfalle, diede a ciascuna due grossi chicchi di grandine.
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Quando gli uccelli le attaccarono, la sorella maggiore scagliò contro di loro il primo chicco, che si tramutò in una grossa nube nera che avvolse gli uccelli. Le ragazze-farfalle proseguirono il volo, ma presto gli uccelli le raggiunsero; dovettero lanciare il secondo chicco di grandine, che si trasformò in una pioggia scrosciante, poi il terzo, che si ruppe in migliaia di piccoli chicchi. Ma la grandine finì e gli uccelli ripresero l’inseguimento; il pueblo era in vista, ma le farfalle non erano abbastanza veloci. Dovettero quindi lanciare l’ultimo chicco, che infiammò il cielo di lampi e tuoni.
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Gli uccelli scapparono spaventati e le ragazze furono salve.
Le sorelle tornarono da Atsosi Bagani, ma ogni volta che sentivano nostalgia visitavano la loro vecchia casa.
Così, dopo ogni temporale, si forma un arcobaleno tra il pueblo e la capanna del giovane, che riconcilia il mondo delle tenebre con il regno del Sole.
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Ciao da Orso Tony della tribù
degli Orsi… Sognanti…
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IL MONDO DI ORSOSOGNANTE LA TUA PAGINA FB!
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GLI OCCHI DI UN GUERRIERO
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UN CENNO SULLA POESIA DEI PELLEROSSA
La poesia degli Indiani d’America
ha una nascita… una storia ed un’identità diversa
rispetto alla poesia che conosciamo in occidente.
Essa, in origine, è più vicina ai canti ed alle preghiere
che i componenti delle tribù cantavano o recitavano insieme
la sera accanto al fuoco.
Solo in tempi recenti la loro poesia,
pur con le particolari connotazioni culturali di quel popolo,
ha assunto caratteristiche simili alle nostre.
Quello che unisce la poesia pellerossa antica
a quella moderna è soprattutto la presenza
di un alto valore morale nei versi.
Si tratta infatti quasi sempre di poesie – riflessioni,
che mostrano una profonda conoscenza ed ad un profondo rispetto
della natura e della vita.
Attenzione, Il temine ”guerriero” non va inteso
come
amante della guerra
bensì come difensore della storia,
della cultura e della libertà di un popolo.
Ma ora leggiamola.
Tony Kospan

GLI OCCHI DI UN GUERRIERO
(Canto dei nativi americani)
Gli occhi,
la porta dell’anima
il recipiente della verità
l’essenza dell’uomo.
Io guardo negli occhi di un guerriero e
vedo la gloria della nazione.
Un uomo, stà ritto, spalle larghe
sostenendo la storia e l’insita dignità
del suo popolo.
Io guardo negli occhi di un guerriero
e capisco l’onore della nazione
la moralità
l’umiltà
la spiritualità
di questo popolo.
Io guardo negli occhi di un guerriero
e vedo il protettore della nazione
la prima e l’ultima linea di difesa
per i bambini e per gli anziani
per le donne e i deboli.
Io guardo negli occhi di un guerriero
e vedo la fragilità dell’uomo
vacillare sotto il peso della sua responsabilità
e pur vacillante,
ancora fermo in piedi senza vergogna.
Io guardo negli occhi di un guerriero
e vedo la visione di un uomo
i suoi sogni corrono più veloci
può misurare la sua impaziente andatura.
Io guardo negli occhi di un guerriero
e vedo l’uomo.




Ciao da Tony Kospan

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Ignoro se davvero questa poesia-riflessione
sia davvero opera dei nativi americani
ma così è presentata nel web
ed in ogni caso ritengo che meriti proprio esser letta.
Ecco un’altra antica poesia o canto
segno di saggezza degli Indiani d’America.
In realtà, come è normale nella loro cultura,
si tratta di un mix di poesia… canto e preghiera.
I DONI DI DIO
(antica poesia indiana)
Gli ho chiesto la forza
e Dio mi ha dato difficoltà per rendermi forte.
Gli ho chiesto la saggezza
e Dio mi ha dato problemi da risolvere.
Gli ho chiesto la prosperità
e Dio mi ha dato muscoli e cervello per lavorare.
Gli ho chiesto il coraggio
e Dio mi ha dato pericoli da superare.
Gli ho chiesto l’Amore
e Dio mi ha affidato persone bisognose da aiutare.
Gli ho chiesto favori
e Dio mi ha dato opportunità.
Non ho ricevuto nulla di ciò che volevo
ma tutto quello di cui avevo bisogno.
Cosa ne pensate?




CIAO DA TONY KOSPAN

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Gli autori sono capi che combatterono
per difendere la loro cultura e le loro terre.
SAGGI AFORISMI
DI GRANDI CAPI INDIANI
a cura di Tony Kospanper il blog…
Non perseguitare mai un tuo simile, per la sua religione.
Rispetta invece ciò in cui egli crede
se vuoi che lui, in cambio, rispetti te.
Tecumseh (Stella Cadente)
Il Grande Spirito Supremo ha creato il mondo
e ci ha fatto parte di esso affinché vivessimo in esso.
Non riesco a capire perchè Voi ci dovete dire
che non dobbiamo vivere dove ci ha messo Lui.
Capo Giuseppe (Tuono che rimbomba sui monti)
Voi ci rendete la vita difficile prendendoci la terra
e uccidendo la nostra cacciagione.
Dite che dovremmo civilizzarci,
ma noi non vogliamo la vostra civilizzazione.
Noi non interferiamo con le vostre faccende.
Vorremmo solamente vivere come i nostri padri
e come i loro padri prima di loro.
Cavallo Pazzo (Tashunka Witko)
Quand’ero giovane e percorrevo questo paese,
vedevo solo gli Apache
e nessun’altra persona.
Molti anni dopo attraversai ancora il paese
e vidi che altri uomini erano venuti per entrarne in possesso.
Perché ?
Cochise Apache Chiricahua
Non esiste clima o suolo che eguagli la terra
che Dio onnipotente creò per gli Apache.
E’ la mia terra, la terra dei miei padri,
dove ora chiedo di poter tornare.
E’ là che voglio passare i miei ultimi giorni
ed e là che voglio essere seppellito.
Se si potesse avverare tutto questo,
solo allora penso che potrei dimenticare tutti i torti ricevuti.
Geronimo
Fratelli, vogliono la nostra terra, la nostra madre,
per renderla irriconoscibile con i loro recinti,
le loro costruzioni e i loro rifiuti.
La loro nazione è come l’acqua che straripa
e travolge tutto quello che trova al suo passaggio.
Noi non possiamo vivere al loro fianco,
perciò, fratelli miei, o ci sottomettiamo o gli diremo:
“Prima uccideteci,
poi potrete prendere possesso della nostra Madre…”.
Toro Seduto
Non ci interessa la ricchezza, essa non è utile
e non la si può portare con sè da morti.
Vogliamo allevare i nostri figli.
Della ricchezza che voi inseguite,
non sappiamo che farcene;
vogliamo solamente amore e pace.
Nuvola Rossa
Non è come nasci, ma come muori,
che rivela a quale popolo appartieni.
Alce Nera
Solo dopo che l’ultimo albero sarà stato abbattuto.
Solo dopo che l’ultimo fiume sarà stato avvelenato.
Solo dopo che l’ultimo pesce sarà stato catturato.
Soltanto allora scoprirai che il denaro non si mangia.
Profezia degli Indiani Cree
DAL WEB – IMPAGINAZIONE A CURA T.K.
CIAO DA TONY KOSPAN
IL MONDO DI ORSOSOGNANTE ORA E’ ANCHE SU FB!
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Davvero molto bello
ed anche, per certi aspetti, sorprendente…
è questo canto…
che testimonia ancora una volta
la grande saggezza degli Indiani d’America
CANTO DI BELLEZZA DEI NAVAJO
Con il cuore colmo di vita e di amore
camminerò.
Felice
seguirò la mia strada.
Felice
invocherò le nuvole cariche d’acqua.
Felice
invocherò la pioggia che placa la sete.
Felice
invocherò i germogli sulle piante.
Felice
invocherò polline in abbondanza.
Felice
invocherò una coperta di rugiada.
Voglio muovermi nella bellezza e
nell’armonia.
La bellezza e l’armonia
siano davanti a me.
La bellezza e l’armonia
siano dietro di me.
La bellezza e l’armonia
siano sotto di me.
La bellezza e l’armonia
siano sopra di me.
Che la bellezza e l’armonia siano ovunque,
sul mio cammino.
Nella bellezza e
nell’armonia tutto si compie.
Tratto dal “CANTO DELLA NOTTE” dei Navajo
CIAO DA TONY KOSPAN
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