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CESTIA.. LA PIRAMIDE DI ROMA ANTICA – E’ sorprendente sia la storia della costruzione che del recente restauro   2 comments







Questa non enorme piramide situata al centro di Roma
mi stupiva sempre quando, nelle mie “scappate” romane,
mi capitava di vederla.

Sì perché è quasi impossibile non scorgerla
dato che si trova in pieno centro accanto a strade trafficatissime…

Ogni volta però mi stupiva e mi affascinava…
mentre mi disorientava il fatto che per gli altri
fosse come… invisibile.





Me n’ero in verità completamente dimenticato
quando m’è saltata davanti all’improvviso la notizia
dell’originale storia del suo recente restauro
che si affianca all’originale storia della sua origine.

Accennerò quindi in breve prima alla nascita
di questa, ad oggi, unica piramide italiana
e poi a come è potuta tornare alla condizione originaria
insieme ad immagini e dipinti recenti ed antichi






LA NASCITA DELLA PIRAMIDE


La Piramide nasce qualche decennio dopo la conquista dell’Egitto
da parte di Roma.

Il contatto con quella antichissima e grandissima civiltà
conquistò i Romani che se ne innamorarono per cui
i simboli… immagini… e la cultura egizia divennero di gran moda.

La piramide Cestia non è stata, come molti pensano, ricostruita
a Roma con materiale portato dall’Egitto ma fu costruita ex novo
per volere del Pretore Cestio importante uomo politico romano
tra il 18 ed il 12 a. C. come monumento funerario
per conservare le sue ceneri.






La piramide, alta 36 metri e con la base quadrata formata
da lati di 30 metri ciascuno fu costruita con mattoni e marmi di Carrara
in soli 330 giorni dagli eredi di Gaio Cestio Epulone perché,
se non ce l’avessero fatta,
avrebbero perso la sua cospicua eredità.

Questo è confermato anche da una scritta,
che ancora si legge, su entrambi i lati della camera interna
così come la storia della costruzione.






All’interno v’è un’unica camera sepolcrale, di 5,95 × 4,10 ed alta 4,80 metri

La camera sepolcrale che presenta una volta a botte come nelle piramidi egizie
e pareti bianche con alcuni dipinti di tipo decorativo simili a quelli pompeiani.






Lì dove dovevano essere conservate le ceneri ed il ritratto del defunto
ora c’è solo un foro certamente causato da ladri in cerca di tesori.

In origine v’erano 4 colonne ai 4 angoli.






LA PIRAMIDE NEL CORSO DEI SECOLI

Nei secoli successivi la Piramide fu ritenuta la tomba di Remo
così come l’altra Piramide distrutta da Papa Alessandro VI nel 1499
era considerata la tomba di Romolo e fu molto poco considerata.

A partire dal Seicento però iniziò a ricevere attenzioni dalle Autorità Pontificie
e furono così trovate 2 statue di Cestio e scoperta la camera interna.






Nello stesso periodo molti artisti giunti a Roma vollero dipingerla.

Ci fu poi anche un progetto per trasformarla in chiesa ma senza esito.





LA STORIA DEL RESTAURO


Un grande imprenditore giapponese della moda, Yuzo Yagi,
un giorno d’ottobre del 2010 si presenta al Ministero dei Beni Culturali
affermando di voler restaurare la Piramide offrendo un milione di euro.

I funzionari rimasero sorpresi e quasi non ci credevano.

Gli offrirono di pensare ad altri monumenti romani in cattive condizioni…
ma nulla… egli voleva assolutamente ripristinare la Piramide Cestia.






L’imprenditore, di cui si sa molto poco… se non che ama l’Italia,
avendo letto tempo prima di una Piramide a Roma
si era incuriosito e se ne era “innamorato”.

Nel marzo 2012 fu firmato il contratto nel quale
la Soprintendenza ai Beni Culturali
si impegnava a concludere i lavori in un anno.






Quando vuole anche un Ente Pubblico lavora bene ed alacremente
ed infatti il primo lotto dei lavori fu completato presto e bene
ma il milione era ormai stato già speso per sistemare la parte alta.

Fu comunicata la cosa a Yuzo Yagi che non rispose.

Allora gli fu inviata una lettera di ringraziamento comunque
per la sua disponibilità.






Ma ecco che sorprendentemente l’imprenditore comunicò
che avrebbe provveduto a finanziare anche i lavori per il 2° lotto
con un ulteriore milione di euro.

Ora la Piramide è tornata come nuova e
 splende nel suo bianco colore.

L’imprenditore non ha chiesto nè ricevuto nulla in cambio
e ne ricaverà forse solo un ritorno pubblicitario
anche se poi in Italia non ha i suoi principali interessi.







Tony Kospan

.






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La Cista Ficoroni – Questo sorprendente e ed artistico oggetto Etrusco ci parla dell’Italia di 2400 anni fa   Leave a comment







LA CISTA FICORONI

Spesso la conoscenza della vita e delle abitudini dei popoli antichi non ci giunge da documenti scritti ma da oggetti di uso comune e talvolta anche artistici come nel caso di cui ora parlerò. 
Non solo, l’osservazione di questo eccezionale manufatto ci fa anche comprendere quali fossero all’epoca le relazioni tra le città in questa parte d’Italia oltre 23 secoli fa.




Una parte dei fregi esistenti sulla cista




L’OGGETTO… LA CISTA

E’ un cofanetto metallico di forma cilindrica alto 77 cm., cesellato in modo raffinato e con un coperchio sormontato da 3 piccole sculture. 
Rappresenta un contenitore molto in uso presso gli Etruschi e quasi certamente utilizzato per la conservazione di gioielli, ornamenti e/o cosmetici.








E’ uno dei reperti etruschi meglio conservati in quanto non ha subito, 

se non in modo lieve, l’usura del tempo.

Prese il nome Ficoroni dall’antiquario che nel 1738 ne venne in possesso 
dopo il ritrovamento avvenuto in Prenestina, comune vicino Roma.

Attualmente si trova nel Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia.




Prima scena – 2 uomini tra anfore




LA STORIA E LA… FIRMA!

La Cista, del 4° secolo A.C.,  presenta anche un’iscrizione che ci consente di conoscere da chi, dove e perché fu creata. 
L’iscrizione in latino arcaico “DINDIA MACOLNIA FILEAI DEDIT NOVIOS PLAUTIOS MED ROMAI FECID” (Dindia Macolnia (mi) donò alla figlia / Novio Plauzio mi fece a Roma) ci dice infatti che fu creata a Roma per una ricca matrona prenestina, forse come dote per la figlia, da un artista-artigiano quasi certamente di origini napoletane o campane. 
L’origine greca dell’autore si desume oltre che dal nome, dal complesso delle immagini del mito classico cesellato sulla superficie della Cista. 
Bisogna ricordare che all’epoca Napoli, Neapolis, era allora una città della Magna Graecia.








LE SCENE ISTORIATE E QUELLA PIU’ SORPRENDENTE

Le 3 scene presenti sono quasi certamente la riproposizione di una serie di opere pittoriche greche perdute e riguardanti il ciclo del mito degli Argonauti. 
Ma soffermiamoci un attimo sulla scena che appare più sorprendente che non solo è di una raffinatezza unica ma che ci colpisce anche per la sua simpatica ironia. 
Sembra una scena presa pari pari da uno dei classici film in cui la boxe è protagonista. 
Vediamo infatti un uomo dal fisico prestante che dà dei pugni ad un sacco sospeso… mentre gli è accanto un altro basso e grasso che, in modo ridicolo, imita l’altro… lanciando pugni in aria.
Sorprendono, su di un oggetto in fondo non molto grande, la vastità, la complessità e la precisione delle scene istoriate, a cui si debbono poi aggiungere le 3 piccole sculture in alto, i rilievi posti sopra i piedini oltre a vari altri decori.
Tutto questo, unito alla qualità e bellezza del risultato, mostra l’elevata perfezione raggiunta dai disegnatori e cesellatori greci.




La simpaticissima scena




QUALCHE CONSIDERAZIONE SU QUESTO CAPOLAVORO DI 2400 ANNI FA

L’opera, creata a Roma da un artigiano di Neapolis per una famiglia etrusca, ci dice una cosa che spesso non prendiamo in considerazione. 
All’epoca Roma era solo una città in fase di forte espansione, Prenestina, come tutta l’Etruria, era in difficoltà rispetto ai tentativi di annessione operati dalla città capitolina e più giù, sulla costa era ancora viva e vivace la cultura della Magna Graecia. 
Dunque ci troviamo al cospetto di 3 mondi molto diversi (se non in conflitto) ma che, nonostante le difficoltà “politiche”, interagivano tranquillamente nei periodi in cui non c’erano guerre.
Tuttavia, quest’ultimo aspetto non è esclusivo di queste città, anzi.
Si può infatti ritenere con certezza che analoghe relazioni sociali, economiche e culturali avvenivano con tutti gli altri popoli vicini, laziali e non solo.

Tony Kospan 




Rilievo sul piede della cista





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CESTIA.. LA PIRAMIDE DI ROMA ANTICA – Sono sorprendenti le storie sia della sua costruzione che del recente restauro   1 comment







Questa non enorme piramide situata al centro di Roma
mi stupiva sempre quando, nelle mie “scappate” romane,
mi capitava di vederla.

Sì perché è quasi impossibile non scorgerla
dato che si trova in pieno centro accanto a strade trafficatissime…

Ogni volta però mi stupiva e mi affascinava…
mentre mi disorientava il fatto che per gli altri
fosse come… invisibile.





Me n’ero in verità completamente dimenticato
quando m’è saltata davanti all’improvviso la notizia
dell’originale storia del suo recente restauro
che si affianca all’originale storia della sua origine.

Accennerò quindi in breve prima alla nascita
di questa, ad oggi, unica piramide italiana
e poi a come è potuta tornare alla condizione originaria
insieme ad immagini e dipinti recenti ed antichi






LA NASCITA DELLA PIRAMIDE


La Piramide nasce qualche decennio dopo la conquista dell’Egitto
da parte di Roma.

Il contatto con quella antichissima e grandissima civiltà
conquistò i Romani che se ne innamorarono per cui
i simboli… immagini… e la cultura egizia divennero di gran moda.

La piramide Cestia non è stata, come molti pensano, ricostruita
a Roma con materiale portato dall’Egitto ma fu costruita ex novo
per volere del Pretore Cestio importante uomo politico romano
tra il 18 ed il 12 a. C. come monumento funerario
per conservare le sue ceneri.






La piramide, alta 36 metri e con la base quadrata formata
da lati di 30 metri ciascuno fu costruita con mattoni e marmi di Carrara
in soli 330 giorni dagli eredi di Gaio Cestio Epulone perché,
se non ce l’avessero fatta,
avrebbero perso la sua cospicua eredità.

Questo è confermato anche da una scritta,
che ancora si legge, su entrambi i lati della camera interna
così come la storia della costruzione.






All’interno v’è un’unica camera sepolcrale, di 5,95 × 4,10 ed alta 4,80 metri

La camera sepolcrale che presenta una volta a botte come nelle piramidi egizie
e pareti bianche con alcuni dipinti di tipo decorativo simili a quelli pompeiani.






Lì dove dovevano essere conservate le ceneri ed il ritratto del defunto
ora c’è solo un foro certamente causato da ladri in cerca di tesori.

In origine v’erano 4 colonne ai 4 angoli.






LA PIRAMIDE NEL CORSO DEI SECOLI

Nei secoli successivi la Piramide fu ritenuta la tomba di Remo
così come l’altra Piramide distrutta da Papa Alessandro VI nel 1499
era considerata la tomba di Romolo e fu molto poco considerata.

A partire dal Seicento però iniziò a ricevere attenzioni dalle Autorità Pontificie
e furono così trovate 2 statue di Cestio e scoperta la camera interna.






Nello stesso periodo molti artisti giunti a Roma vollero dipingerla.

Ci fu poi anche un progetto per trasformarla in chiesa ma senza esito.





LA STORIA DEL RESTAURO


Un grande imprenditore giapponese della moda, Yuzo Yagi,
un giorno d’ottobre del 2010 si presenta al Ministero dei Beni Culturali
affermando di voler restaurare la Piramide offrendo un milione di euro.

I funzionari rimasero sorpresi e quasi non ci credevano.

Gli offrirono di pensare ad altri monumenti romani in cattive condizioni…
ma nulla… egli voleva assolutamente ripristinare la Piramide Cestia.






L’imprenditore, di cui si sa molto poco… se non che ama l’Italia,
avendo letto tempo prima di una Piramide a Roma
si era incuriosito e se ne era “innamorato”.

Nel marzo 2012 fu firmato il contratto nel quale
la Soprintendenza ai Beni Culturali
si impegnava a concludere i lavori in un anno.






Quando vuole anche un Ente Pubblico lavora bene ed alacremente
ed infatti il primo lotto dei lavori fu completato presto e bene
ma il milione era ormai stato già speso per sistemare la parte alta.

Fu comunicata la cosa a Yuzo Yagi che non rispose.

Allora gli fu inviata una lettera di ringraziamento comunque
per la sua disponibilità.






Ma ecco che sorprendentemente l’imprenditore comunicò
che avrebbe provveduto a finanziare anche i lavori per il 2° lotto
con un ulteriore milione di euro.

Ora la Piramide è tornata come nuova e
 splende nel suo bianco colore.

L’imprenditore non ha chiesto nè ricevuto nulla in cambio
e ne ricaverà forse solo un ritorno pubblicitario
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LA CISTA FICORONI – ECCEZIONALE ED ARTISTICO OGGETTO ETRUSCO CHE CI PARLA DELL’ITALIA DI 2400 ANNI FA   2 comments







LA CISTA FICORONI

Spesso la conoscenza della vita e delle abitudini dei popoli antichi non ci giunge da documenti scritti ma da oggetti di uso comune e talvolta anche artistici come nel caso di cui ora parlerò. 
Non solo, l’osservazione di questo eccezionale manufatto ci fa anche comprendere quali fossero all’epoca le relazioni tra le città in questa parte d’Italia oltre 23 secoli fa.




Una parte dei fregi esistenti sulla cista




L’OGGETTO… LA CISTA

E’ un cofanetto metallico di forma cilindrica alto 77 cm., cesellato in modo raffinato e con un coperchio sormontato da 3 piccole sculture. 
Rappresenta un contenitore molto in uso presso gli Etruschi e quasi certamente utilizzato per la conservazione di gioielli, ornamenti e/o cosmetici.








E’ uno dei reperti etruschi meglio conservati in quanto non ha subito, 

se non in modo lieve, l’usura del tempo.

Prese il nome Ficoroni dall’antiquario che nel 1738 ne venne in possesso 
dopo il ritrovamento avvenuto in Prenestina, comune vicino Roma.

Attualmente si trova nel Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia.




Prima scena – 2 uomini tra anfore




LA STORIA E LA… FIRMA!

La Cista, del 4° secolo A.C.,  presenta anche un’iscrizione che ci consente di conoscere da chi, dove e perché fu creata. 
L’iscrizione in latino arcaico “DINDIA MACOLNIA FILEAI DEDIT NOVIOS PLAUTIOS MED ROMAI FECID” (Dindia Macolnia (mi) donò alla figlia / Novio Plauzio mi fece a Roma) ci dice infatti che fu creata a Roma per una ricca matrona prenestina, forse come dote per la figlia, da un artista-artigiano quasi certamente di origini napoletane o campane. 
L’origine greca dell’autore si desume oltre che dal nome, dal complesso delle immagini del mito classico cesellato sulla superficie della Cista. 
Bisogna ricordare che all’epoca Napoli, Neapolis, era allora una città della Magna Graecia.








LE SCENE ISTORIATE E QUELLA PIU’ SORPRENDENTE

Le 3 scene presenti sono quasi certamente la riproposizione di una serie di opere pittoriche greche perdute e riguardanti il ciclo del mito degli Argonauti. 
Ma soffermiamoci un attimo sulla scena che appare più sorprendente che non solo è di una raffinatezza unica ma che ci colpisce anche per la sua simpatica ironia. 
Sembra una scena presa pari pari da uno dei classici film in cui la boxe è protagonista. 
Vediamo infatti un uomo dal fisico prestante che dà dei pugni ad un sacco sospeso… mentre gli è accanto un altro basso e grasso che, in modo ridicolo, imita l’altro… lanciando pugni in aria.
Sorprendono, su di un oggetto in fondo non molto grande, la vastità, la complessità e la precisione delle scene istoriate, a cui si debbono poi aggiungere le 3 piccole sculture in alto, i rilievi posti sopra i piedini oltre a vari altri decori.
Tutto questo, unito alla qualità e bellezza del risultato, mostra l’elevata perfezione raggiunta dai disegnatori e cesellatori greci.




La simpaticissima scena




QUALCHE CONSIDERAZIONE SU QUESTO CAPOLAVORO DI 2400 ANNI FA

L’opera, creata a Roma da un artigiano di Neapolis per una famiglia etrusca, ci dice una cosa che spesso non prendiamo in considerazione. 
All’epoca Roma era solo una città in fase di forte espansione, Prenestina, come tutta l’Etruria, era in difficoltà rispetto ai tentativi di annessione operati dalla città capitolina e più giù, sulla costa era ancora viva e vivace la cultura della Magna Graecia. 
Dunque ci troviamo al cospetto di 3 mondi molto diversi (se non in conflitto) ma che, nonostante le difficoltà “politiche”, interagivano tranquillamente nei periodi in cui non c’erano guerre.
Tuttavia, quest’ultimo aspetto non è esclusivo di queste città, anzi.
Si può infatti ritenere con certezza che analoghe relazioni sociali, economiche e culturali avvenivano con tutti gli altri popoli vicini, laziali e non solo.

Tony Kospan 




Rilievo sul piede della cista





ARANCIO divfar

Frecce2039











CESTIA.. LA PIRAMIDE DI ROMA ANTICA – Le sorprendenti storie della sua costruzione e del suo recente restauro   Leave a comment







Questa non enorme piramide situata al centro di Roma
mi stupiva sempre quando, nelle mie “scappate” romane,
mi capitava di vederla.

Sì perché è quasi impossibile non scorgerla
dato che si trova in pieno centro accanto a strade trafficatissime…

Ogni volta però mi stupiva e mi affascinava…
mentre mi disorientava il fatto che per gli altri
fosse come… invisibile.





Me n’ero in verità completamente dimenticato
quando m’è saltata davanti all’improvviso la notizia
dell’originale storia del suo recente restauro
che si affianca all’originale storia della sua origine.

Accennerò quindi in breve prima alla nascita
di questa, ad oggi, unica piramide italiana
e poi a come è potuta tornare alla condizione originaria
insieme ad immagini e dipinti recenti ed antichi






LA NASCITA DELLA PIRAMIDE


La Piramide nasce qualche decennio dopo la conquista dell’Egitto
da parte di Roma.

Il contatto con quella antichissima e grandissima civiltà
conquistò i Romani che se ne innamorarono per cui
i simboli… immagini… e la cultura egizia divennero di gran moda.

La piramide Cestia non è stata, come molti pensano, ricostruita
a Roma con materiale portato dall’Egitto ma fu costruita ex novo
per volere del Pretore Cestio importante uomo politico romano
tra il 18 ed il 12 a. C. come monumento funerario
per conservare le sue ceneri.






La piramide, alta 36 metri e con la base quadrata formata
da lati di 30 metri ciascuno fu costruita con mattoni e marmi di Carrara
in soli 330 giorni dagli eredi di Gaio Cestio Epulone perché,
se non ce l’avessero fatta,
avrebbero perso la sua cospicua eredità.

Questo è confermato anche da una scritta,
che ancora si legge, su entrambi i lati della camera interna
così come la storia della costruzione.






All’interno v’è un’unica camera sepolcrale, di 5,95 × 4,10 ed alta 4,80 metri

La camera sepolcrale che presenta una volta a botte come nelle piramidi egizie
e pareti bianche con alcuni dipinti di tipo decorativo simili a quelli pompeiani.






Lì dove dovevano essere conservate le ceneri ed il ritratto del defunto
ora c’è solo un foro certamente causato da ladri in cerca di tesori.

In origine v’erano 4 colonne ai 4 angoli.






LA PIRAMIDE NEL CORSO DEI SECOLI

Nei secoli successivi la Piramide fu ritenuta la tomba di Remo
così come l’altra Piramide distrutta da Papa Alessandro VI nel 1499
era considerata la tomba di Romolo e fu molto poco considerata.

A partire dal Seicento però iniziò a ricevere attenzioni dalle Autorità Pontificie
e furono così trovate 2 statue di Cestio e scoperta la camera interna.






Nello stesso periodo molti artisti giunti a Roma vollero dipingerla.

Ci fu poi anche un progetto per trasformarla in chiesa ma senza esito.





LA STORIA DEL RESTAURO


Un grande imprenditore giapponese della moda, Yuzo Yagi,
un giorno d’ottobre del 2010 si presenta al Ministero dei Beni Culturali
affermando di voler restaurare la Piramide offrendo un milione di euro.

I funzionari rimasero sorpresi e quasi non ci credevano.

Gli offrirono di pensare ad altri monumenti romani in cattive condizioni…
ma nulla… egli voleva assolutamente ripristinare la Piramide Cestia.






L’imprenditore, di cui si sa molto poco… se non che ama l’Italia,
avendo letto tempo prima di una Piramide a Roma
si era incuriosito e se ne era “innamorato”.

Nel marzo 2012 fu firmato il contratto nel quale
la Soprintendenza ai Beni Culturali
si impegnava a concludere i lavori in un anno.






Quando vuole anche un Ente Pubblico lavora bene ed alacremente
ed infatti il primo lotto dei lavori fu completato presto e bene
ma il milione era ormai stato già speso per sistemare la parte alta.

Fu comunicata la cosa a Yuzo Yagi che non rispose.

Allora gli fu inviata una lettera di ringraziamento comunque
per la sua disponibilità.






Ma ecco che sorprendentemente l’imprenditore comunicò
che avrebbe provveduto a finanziare anche i lavori per il 2° lotto
con un ulteriore milione di euro.

Ora la Piramide è tornata come nuova e
 splende nel suo bianco colore.

L’imprenditore non ha chiesto nè ricevuto nulla in cambio
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LA CISTA FICORONI – GIOIELLO ARTISTICO ED ARCHEOLOGICO DELL’ITALIA DI 2400 ANNI FA   Leave a comment







LA CISTA FICORONI

Spesso la conoscenza della vita e delle abitudini dei popoli antichi non ci giunge da documenti scritti ma da oggetti di uso comune e talvolta anche artistici come nel caso di cui ora parlerò.
Non solo, l'osservazione di questo eccezionale manufatto ci fa anche comprendere quali fossero all'epoca le relazioni tra le città in questa parte d'Italia oltre 23 secoli fa.




Una parte dei fregi esistenti sulla cista




L'OGGETTO… LA CISTA

E' un cofanetto metallico di forma cilindrica alto 77 cm., cesellato in modo raffinato e con un coperchio sormontato da 3 piccole sculture.
Rappresenta un contenitore molto in uso presso gli Etruschi e quasi certamente utilizzato per la conservazione di gioielli, ornamenti e/o cosmetici.








E' uno dei reperti etruschi meglio conservati in quanto non ha subito, 

se non in modo lieve, l'usura del tempo.

Prese il nome Ficoroni dall'antiquario che nel 1738 ne venne in possesso 
dopo il ritrovamento avvenuto in Prenestina, comune vicino Roma.

Attualmente si trova nel Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia.




Prima scena – 2 uomini tra anfore




LA STORIA E LA… FIRMA!

La Cista, del 4° secolo A.C.,  presenta anche un'iscrizione che ci consente di conoscere da chi, dove e perché fu creata.
L'iscrizione in latino arcaico “DINDIA MACOLNIA FILEAI DEDIT NOVIOS PLAUTIOS MED ROMAI FECID” (Dindia Macolnia (mi) donò alla figlia / Novio Plauzio mi fece a Roma) ci dice infatti che fu creata a Roma per una ricca matrona prenestina, forse come dote per la figlia, da un artista-artigiano quasi certamente di origini napoletane o campane.
L'origine greca dell'autore si desume oltre che dal nome, dal complesso delle immagini del mito classico cesellato sulla superficie della Cista.
Bisogna ricordare che all'epoca Napoli, Neapolis, era allora una città della Magna Graecia.








LE SCENE ISTORIATE E QUELLA PIU' SORPRENDENTE

Le 3 scene presenti sono quasi certamente la riproposizione di una serie di opere pittoriche greche perdute e riguardanti il ciclo del mito degli Argonauti.
Ma soffermiamoci un attimo sulla scena che appare più sorprendente che non solo è di una raffinatezza unica ma che ci colpisce anche per la sua simpatica ironia.
Sembra una scena presa pari pari da uno dei classici film in cui la boxe è protagonista.
Vediamo infatti un uomo dal fisico prestante che dà dei pugni ad un sacco sospeso… mentre gli è accanto un altro basso e grasso che, in modo ridicolo, imita l'altro… lanciando pugni in aria.
Sorprendono, su di un oggetto in fondo non molto grande, la vastità, la complessità e la precisione delle scene istoriate, a cui si debbono poi aggiungere le 3 piccole sculture in alto, i rilievi posti sopra i piedini oltre a vari altri decori.
Tutto questo, unito alla qualità e bellezza del risultato,  mostra l'elevata perfezione raggiunta dai disegnatori e cesellatori greci.




La simpaticissima scena




QUALCHE CONSIDERAZIONE SU QUESTO CAPOLAVORO DI 2400 ANNI FA

L'opera, creata a Roma da un artigiano di Neapolis per una famiglia etrusca, ci dice una cosa che spesso non prendiamo in considerazione.
All'epoca Roma era solo una città in fase di forte espansione, Prenestina, come tutta l'Etruria, era in difficoltà rispetto ai tentativi di annessione operati dalla città capitolina e più giù, sulla costa era ancora viva e vivace la cultura della Magna Graecia.
Dunque ci troviamo al cospetto di 3 mondi molto diversi (se non in conflitto) ma che, nonostante le difficoltà “politiche”, interagivano tranquillamente… nei periodi in cui non c'erano guerre.
Tuttavia, quest'ultimo aspetto non è esclusivo anzi.
Si può infatti ritenere con certezza che analoghe relazioni sociali, economiche e culturali avvenivano con tutti gli altri popoli vicini, laziali e non solo.

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