Archivio per l'etichetta ‘preghiera pellerossa’
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Ancora una volta la genuina semplicità e profondità
del pensiero degli Indiani d’America
si manifesta in questo canto che possiamo anche definire…
secondo i nostri criteri… poesia.

IO NON SO…
Io non so
se la voce degli uomini
può raggiungere il cielo,
io non so
se il Divino
sentirà la mia preghiera,
io non so
se ciò che chiedo
potrà essere esaudito,
io non so
se si può udire
la voce degli Antichi,
io non so
cosa ci porterà il futuro.
Spero soltanto che bene
e solo bene
possa venire a noi.

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.dal web – impaginazione tony kospan
CIAO DA TONY KOSPAN
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Mi piace:
"Mi piace" Caricamento...
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Una favola (o racconto mitico) semplice… semplice
ma davvero forte ed inconsueta che ci racconta come
per apprezzare la luce… la gioia… etc.
sia necessario che esista anche il buio… il dolore… etc.
E’ certo un profondo concetto comune a molte civiltà
ma è interessante il modo in cui gli Indiani
facevano sì che il popolo lo capisse e lo facesse proprio.
Questo ci conferma la grande saggezza
degli Indiani d’America.
T.K.

LE QUATTRO STREGHE
Racconto Navajo
Il Distruttore, figlio del dio Sole, si mise in cerca un giorno di quattro streghe, perché voleva ucciderle.
La prima che incontrò tremava e si torceva al suo cospetto, però non di paura.
Freddo era il suo nome. “Se tu mi uccidi” disse “il caldo regnerà e il grano non potrà crescere senz’acqua che lo bagni.”
Il Distruttore disse: “Vecchia hai ragione, io non ti ucciderò”.
Fame era la seconda, ella così parlò: “Se tu mi uccidi il cibo verrà a noia alla tua gente”.
Ed egli disse: “E vero, la gioia di ogni festa sparirebbe con te. Io non ti ucciderò”.
La terza era Povertà. “Uccidimi” ella disse sono così infelice! Però sappi che morta io mai più i vestiti potranno consumarsi e la tua gente non avrà più il sapore delle cose nuove.
Ed egli disse: “è vero, la mia gente gode degli abiti nuovi. Non ti ucciderò”.
L’ultima strega, la più vecchia e curva, disse: “Se tu mi uccidi, la Gente non morirà mai più, né nuovi bambini nasceranno, al mondo sarà un popolo di vecchi.
Lasciami andare e la Gente crescerà, giovani forti prenderanno il posto dei vecchi che prenderò per mano. Sono la Morte, amica non compresa della Gente.”
“Nemmeno te posso uccidere” concluse il Distruttore.
E’ così che Morte, Miseria, Fame e Freddo, vivono tra di noi.
Il figlio del Sole, tornato dal suo viaggio, spiegò a tutti quanti queste cose.
Tratto da: “49 canti degli Indiani d’America” – Ed. Mondadori
LE QUATTRO STREGHE racconto Navajo
Testo rinvenuto nel web




– Impaginazione T. K. –
CIAO DA TONY KOSPAN

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GLI OCCHI DI UN GUERRIERO
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UN CENNO SULLA POESIA DEI PELLEROSSA
La poesia degli Indiani d’America
ha una nascita… una storia ed un’identità diversa
rispetto alla poesia che conosciamo in occidente.
Essa, in origine, è più vicina ai canti ed alle preghiere
che i componenti delle tribù cantavano o recitavano insieme
la sera accanto al fuoco.
Solo in tempi recenti la loro poesia,
pur con le particolari connotazioni culturali di quel popolo,
ha assunto caratteristiche simili alle nostre.
Quello che unisce la poesia pellerossa antica
a quella moderna è soprattutto la presenza
di un alto valore morale nei versi.
Si tratta infatti quasi sempre di poesie – riflessioni,
che mostrano una profonda conoscenza ed ad un profondo rispetto
della natura e della vita.
Attenzione, Il temine ”guerriero” non va inteso
come
amante della guerra
bensì come difensore della storia,
della cultura e della libertà di un popolo.
Ma ora leggiamola.
Tony Kospan

GLI OCCHI DI UN GUERRIERO
(Canto dei nativi americani)
Gli occhi,
la porta dell’anima
il recipiente della verità
l’essenza dell’uomo.
Io guardo negli occhi di un guerriero e
vedo la gloria della nazione.
Un uomo, stà ritto, spalle larghe
sostenendo la storia e l’insita dignità
del suo popolo.
Io guardo negli occhi di un guerriero
e capisco l’onore della nazione
la moralità
l’umiltà
la spiritualità
di questo popolo.
Io guardo negli occhi di un guerriero
e vedo il protettore della nazione
la prima e l’ultima linea di difesa
per i bambini e per gli anziani
per le donne e i deboli.
Io guardo negli occhi di un guerriero
e vedo la fragilità dell’uomo
vacillare sotto il peso della sua responsabilità
e pur vacillante,
ancora fermo in piedi senza vergogna.
Io guardo negli occhi di un guerriero
e vedo la visione di un uomo
i suoi sogni corrono più veloci
può misurare la sua impaziente andatura.
Io guardo negli occhi di un guerriero
e vedo l’uomo.




Ciao da Tony Kospan

Mi piace:
"Mi piace" Caricamento...
.
.
.
Ignoro se davvero questa poesia-riflessione
sia davvero opera dei nativi americani
ma così è presentata nel web
ed in ogni caso ritengo che meriti proprio esser letta.
Ecco un’altra antica poesia o canto
segno di saggezza degli Indiani d’America.
In realtà, come è normale nella loro cultura,
si tratta di un mix di poesia… canto e preghiera.
I DONI DI DIO
(antica poesia indiana)
Gli ho chiesto la forza
e Dio mi ha dato difficoltà per rendermi forte.
Gli ho chiesto la saggezza
e Dio mi ha dato problemi da risolvere.
Gli ho chiesto la prosperità
e Dio mi ha dato muscoli e cervello per lavorare.
Gli ho chiesto il coraggio
e Dio mi ha dato pericoli da superare.
Gli ho chiesto l’Amore
e Dio mi ha affidato persone bisognose da aiutare.
Gli ho chiesto favori
e Dio mi ha dato opportunità.
Non ho ricevuto nulla di ciò che volevo
ma tutto quello di cui avevo bisogno.
Cosa ne pensate?




CIAO DA TONY KOSPAN

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GLI OCCHI DI UN GUERRIERO
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UN CENNO SULLA POESIA DEI PELLEROSSA
La poesia degli Indiani d’America
ha una nascita… una storia ed un’identità diversa
rispetto alla poesia che conosciamo in occidente.
Essa, in origine, è più vicina ai canti ed alle preghiere
che i componenti delle tribù cantavano o recitavano insieme
la sera accanto al fuoco.
Solo in tempi recenti la loro poesia,
pur con le particolari connotazioni culturali di quel popolo,
ha assunto caratteristiche simili alle nostre.
Quello che unisce la poesia pellerossa antica
a quella moderna è soprattutto la presenza
di un alto valore morale nei versi.
Si tratta infatti quasi sempre di poesie – riflessioni,
che mostrano una profonda conoscenza ed ad un profondo rispetto
della natura e della vita.
Attenzione, Il temine ”guerriero” non va inteso
come
amante della guerra
bensì come difensore della storia,
della cultura e della libertà di un popolo.
Ma ora leggiamola.
Tony Kospan

GLI OCCHI DI UN GUERRIERO
(Canto dei nativi americani)
Gli occhi,
la porta dell’anima
il recipiente della verità
l’essenza dell’uomo.
Io guardo negli occhi di un guerriero e
vedo la gloria della nazione.
Un uomo, stà ritto, spalle larghe
sostenendo la storia e l’insita dignità
del suo popolo.
Io guardo negli occhi di un guerriero
e capisco l’onore della nazione
la moralità
l’umiltà
la spiritualità
di questo popolo.
Io guardo negli occhi di un guerriero
e vedo il protettore della nazione
la prima e l’ultima linea di difesa
per i bambini e per gli anziani
per le donne e i deboli.
Io guardo negli occhi di un guerriero
e vedo la fragilità dell’uomo
vacillare sotto il peso della sua responsabilità
e pur vacillante,
ancora fermo in piedi senza vergogna.
Io guardo negli occhi di un guerriero
e vedo la visione di un uomo
i suoi sogni corrono più veloci
può misurare la sua impaziente andatura.
Io guardo negli occhi di un guerriero
e vedo l’uomo.




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Ignoro se davvero questa poesia-riflessione
sia davvero opera dei nativi americani
ma così è presentata nel web
ed in ogni caso ritengo che meriti proprio esser letta.
Ecco un’altra antica poesia o canto
segno di saggezza degli Indiani d’America.
In realtà, come è normale nella loro cultura,
si tratta di un mix di poesia… canto e preghiera.
I DONI DI DIO
(antica poesia indiana)
Gli ho chiesto la forza
e Dio mi ha dato difficoltà per rendermi forte.
Gli ho chiesto la saggezza
e Dio mi ha dato problemi da risolvere.
Gli ho chiesto la prosperità
e Dio mi ha dato muscoli e cervello per lavorare.
Gli ho chiesto il coraggio
e Dio mi ha dato pericoli da superare.
Gli ho chiesto l’Amore
e Dio mi ha affidato persone bisognose da aiutare.
Gli ho chiesto favori
e Dio mi ha dato opportunità.
Non ho ricevuto nulla di ciò che volevo
ma tutto quello di cui avevo bisogno.
Cosa ne pensate?




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Ancora una volta la genuina semplicità e profondità
del pensiero degli Indiani d’America
si manifesta in questo canto che possiamo anche definire…
secondo i nostri criteri… poesia.

IO NON SO…
Io non so
se la voce degli uomini
può raggiungere il cielo,
io non so
se il Divino
sentirà la mia preghiera,
io non so
se ciò che chiedo
potrà essere esaudito,
io non so
se si può udire
la voce degli Antichi,
io non so
cosa ci porterà il futuro.
Spero soltanto che bene
e solo bene
possa venire a noi.

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.dal web – impaginazione tony kospan
CIAO DA TONY KOSPAN
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Una favola (o racconto mitico) semplice… semplice
ma davvero forte ed inconsueta che ci racconta come
per apprezzare la luce… la gioia… etc.
sia necessario che esista anche il buio… il dolore… etc.
E' certo un profondo concetto comune a molte civiltà
ma è interessante il modo in cui gli Indiani
facevano sì che il popolo lo capisse e lo facesse proprio.
Questo ci conferma la grande saggezza
degli Indiani d’America.
T.K.

LE QUATTRO STREGHE
Racconto Navajo
Il Distruttore, figlio del dio Sole, si mise in cerca un giorno di quattro streghe, perché voleva ucciderle.
La prima che incontrò tremava e si torceva al suo cospetto, però non di paura.
Freddo era il suo nome. “Se tu mi uccidi” disse “il caldo regnerà e il grano non potrà crescere senz’acqua che lo bagni.”
Il Distruttore disse: “Vecchia hai ragione, io non ti ucciderò”.
Fame era la seconda, ella così parlò: “Se tu mi uccidi il cibo verrà a noia alla tua gente”.
Ed egli disse: “E vero, la gioia di ogni festa sparirebbe con te. Io non ti ucciderò”.
La terza era Povertà. “Uccidimi” ella disse sono così infelice! Però sappi che morta io mai più i vestiti potranno consumarsi e la tua gente non avrà più il sapore delle cose nuove.
Ed egli disse: “è vero, la mia gente gode degli abiti nuovi. Non ti ucciderò”.
L’ultima strega, la più vecchia e curva, disse: “Se tu mi uccidi, la Gente non morirà mai più, né nuovi bambini nasceranno, al mondo sarà un popolo di vecchi.
Lasciami andare e la Gente crescerà, giovani forti prenderanno il posto dei vecchi che prenderò per mano. Sono la Morte, amica non compresa della Gente.”
“Nemmeno te posso uccidere” concluse il Distruttore.
E’ così che Morte, Miseria, Fame e Freddo, vivono tra di noi.
Il figlio del Sole, tornato dal suo viaggio, spiegò a tutti quanti queste cose.
Tratto da: “49 canti degli Indiani d’America” – Ed. Mondadori
LE QUATTRO STREGHE racconto Navajo
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UN CENNO SULLA POESIA DEI PELLEROSSA
La poesia degli Indiani d’America
ha una nascita… una storia ed un’identità diversa
rispetto alla poesia che conosciamo in occidente.
Essa, in origine, è più vicina ai canti ed alle preghiere…
che i componenti delle tribù cantavano o recitavano insieme
la sera accanto al fuoco.
Solo in tempi recenti la loro poesia,
pur con le particolari connotazioni culturali di quel popolo,
ha assunto caratteristiche simili alle nostre.
Quello che unisce la poesia pellerossa antica
a quella moderna è soprattutto la presenza
di un alto valore morale nei versi.
Si tratta infatti quasi sempre di poesie – riflessioni,
che mostrano una profonda conoscenza ed ad un profondo rispetto…
della natura e della vita.
Attenzione, Il temine ”guerriero” non va inteso
come
amante della guerra
bensì come difensore della storia,
della cultura e della libertà di un popolo.
Ma ora leggiamola.
Tony Kospan

GLI OCCHI DI UN GUERRIERO
(Canto dei nativi americani)
Gli occhi,
la porta dell’anima
il recipiente della verità
l’essenza dell’uomo.
Io guardo negli occhi di un guerriero e
vedo la gloria della nazione.
Un uomo, stà ritto, spalle larghe
sostenendo la storia e l’insita dignità
del suo popolo.
Io guardo negli occhi di un guerriero
e capisco l’onore della nazione
la moralità
l’umiltà
la spiritualità
di questo popolo.
Io guardo negli occhi di un guerriero
e vedo il protettore della nazione
la prima e l’ultima linea di difesa
per i bambini e per gli anziani
per le donne e i deboli.
Io guardo negli occhi di un guerriero
e vedo la fragilità dell’uomo
vacillare sotto il peso della sua responsabilità
e pur vacillante,
ancora fermo in piedi senza vergogna.
Io guardo negli occhi di un guerriero
e vedo la visione di un uomo
i suoi sogni corrono più veloci
può misurare la sua impaziente andatura.
Io guardo negli occhi di un guerriero
e vedo l’uomo.




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Ignoro se sia davvero una loro poesia-riflessione…
ma così è presentata nel web…
ed in ogni caso ritengo che meriti esser letta…
Ecco un’altra antica poesia…
densa di saggezza degli Indiani d’America.
In realtà, come è normale nella loro cultura,
si tratta di un mix di poesia… canto e preghiera
I DONI DI DIO
(antica poesia indiana)
Gli ho chiesto la forza
e Dio mi ha dato difficoltà per rendermi forte.
Gli ho chiesto la saggezza
e Dio mi ha dato problemi da risolvere.
Gli ho chiesto la prosperità
e Dio mi ha dato muscoli e cervello per lavorare.
Gli ho chiesto il coraggio
e Dio mi ha dato pericoli da superare.
Gli ho chiesto l’Amore
e Dio mi ha affidato persone bisognose da aiutare.
Gli ho chiesto favori
e Dio mi ha dato opportunità.
Non ho ricevuto nulla di ciò che volevo
ma tutto quello di cui avevo bisogno.
Cosa ne pensate?

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