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Timeline (Linea della vita) – Poesia antichissima ed introspettiva degli Indiani d’America   Leave a comment




La poesia dei nativi americani, nei tempi antecedenti ai contatti con i bianchi, 
non è la poesia così come l’intendiamo noi,
bensì pensieri, riflessioni, canti, preghiere
che i capi e gli anziani delle tribù proponevano al loro popolo.






Più tardi…, in epoca quindi abbastanza recente,
è divenuta anche presso di loro
un fatto letterario secondo i contorni classici della poesia
che conosciamo.

Questa in particolare è molto antica
ed è tra le prime di cui si hanno notizie.






Infatti, come vedremo,
offre notevoli difficoltà per una buona traduzione
ma ci dà una sincera immersione
nel vero mondo dei nativi americani
non ancora contaminato dalla cultura occidentale.










L’ho trovata, ahimé, solo in lingua inglese, 
ma lingua inglese antica e per di più utilizzata da un nativo,
(molte parole infatti non sono nel vocabolario)
per cui chiedo aiuto
a chiunque sia in grado di fornire una migliore traduzione.

Per questo motivo propongo anche la versione originale.








LA LINEA DELLA VITA
Cherokee anonimo – 18° secolo

Adesso, ora!
Ah, ora tu vieni ad ascoltare,
tu alla fin fine capisci d’ essere una persona umana,
tu ora te ne stai fermo, tu capo di esseri umani.
Tu non sarai l’ultimo che si lascia prendere dalla passione.
Tu non sarai, come potresti pensare,
il primo a lasciarsi prendere dalla passione.
Io colpito dalla cataratta, non sono però ancora fuori di me.
Io stenderò la mia mano lì dove tu sei.
La mia anima è venuta a bagnarsi nel tuo stesso corpo.
La schiuma bianca si aggrapperà alla mia testa man mano
che avanzo lungo il percorso della vita,
il bianco bastone entrerà nella mia mano tesa.
Il fuoco del focolare sarà lasciato acceso per me
in modo che bruci senza spegnersi.
L’anima sarà poi innalzata al settimo superiore mondo.








TIMELINE
Chinook (Anonymous) (18th Century)
Now, then!
Ha, now thou hast come to listen, thou Long Human Being,
thou art staying, thou Helper of human beings.
Thou never lettest go thy grasp from the soul.
Thou hast, as if it were, taken a firmer grasp upon the soul.
I originated at the cataract, not so far away.
I will stretch out my hand to where thou art.
My soul has come to bathe itself in thy body.
The white foam will cling to my head as I walk along the path of life,
the white staff will come into my extended hand.
The fire of the hearth will be left burning for me incessantly.
The soul has been lifted up successively to the seventh upper world.








CIAO DA TONY KOSPAN




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frecq8h


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IO NON SO – Semplice ma genuino e poetico canto degli Indiani d’America   Leave a comment

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Ancora una volta la genuina semplicità e profondità

del pensiero degli Indiani d’America

si manifesta in questo canto che possiamo anche definire…

secondo i nostri criteri… poesia.








IO NON SO…


Io non so

se la voce degli uomini

può raggiungere il cielo,


io non so

se il Divino

sentirà la mia preghiera,


io non so

se ciò che chiedo

potrà essere esaudito,


io non so

se si può udire

la voce degli Antichi,


io non so

cosa ci porterà il futuro.


Spero soltanto che bene

e solo bene

possa venire a noi.







.

.dal web – impaginazione tony kospan




CIAO DA TONY KOSPAN



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LE 4 STREGHE – Un breve.. originale.. antico e saggio racconto dei Navajo   2 comments

 
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Una favola (o racconto mitico) semplice… semplice
ma davvero forte ed inconsueta che ci racconta come
per apprezzare la luce… la gioia… etc.
sia necessario che esista anche il buio… il dolore… etc.


E’ certo un profondo concetto comune a molte civiltà
ma è interessante il modo in cui gli Indiani
facevano sì che il popolo lo capisse e lo facesse proprio.


Questo ci conferma la grande saggezza
degli Indiani d’America.

 
T.K.

 

 

 

 

 

LE QUATTRO STREGHE


Racconto Navajo


 

 
 


 

 

LE QUATTRO STREGHE

 

Il Distruttore, figlio del dio Sole, si mise in cerca un giorno di quattro streghe, perché voleva ucciderle. 

La prima che incontrò tremava e si torceva al suo cospetto, però non di paura. 
Freddo era il suo nome. “Se tu mi uccidi” disse “il caldo regnerà e il grano non potrà crescere senz’acqua che lo bagni.” 

Il Distruttore disse: “Vecchia hai ragione, io non ti ucciderò”. 

Fame era la seconda, ella così parlò: “Se tu mi uccidi il cibo verrà a noia alla tua gente”. 
Ed egli disse: “E vero, la gioia di ogni festa sparirebbe con te. Io non ti ucciderò”. 
La terza era Povertà. “Uccidimi” ella disse sono così infelice! Però sappi che morta io mai più i vestiti potranno consumarsi e la tua gente non avrà più il sapore delle cose nuove.

Ed egli disse: “è vero, la mia gente gode degli abiti nuovi. Non ti ucciderò”. 

L’ultima strega, la più vecchia e curva, disse: “Se tu mi uccidi, la Gente non morirà mai più, né nuovi bambini nasceranno, al mondo sarà un popolo di vecchi.
Lasciami andare e la Gente crescerà, giovani forti prenderanno il posto dei vecchi che prenderò per mano. Sono la
Morte, amica non compresa della Gente.”

“Nemmeno te posso uccidere” concluse il Distruttore. 

E’ così che Morte, Miseria, Fame e Freddo, vivono tra di noi. 

Il figlio del Sole, tornato dal suo viaggio, spiegò a tutti quanti queste cose.





 

 

 

Tratto da: “49 canti degli Indiani d’America” – Ed. Mondadori 

LE QUATTRO STREGHE racconto Navajo 

Testo rinvenuto nel web




 

 

 

 – Impaginazione T. K. –



CIAO DA TONY KOSPAN








 

“La nascita dell’arcobaleno” – Una bella leggenda degli Indiani d’America   Leave a comment




Davvero suggestiva questa storia della nascita
di uno dei fenomeni più affascinanti della natura
diffusa tra le tribù degli Indiani d’America
.
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COME NACQUE L’ARCOBALENO…
LEGGENDA DEGLI INDIANI D’AMERICA
 
 
 

Un giorno, madre Terra e padre Sole vennero a fare visita a un ragazzo solitario che si chiamava Atsosi Bagani. “Devi prendere moglie” disse la Terra. “Andrai a cercare moglie per un cammino ignoto agli uomini” aggiunse il Sole “Sposerai la maggiore delle sorelle Dobedeklad, Quelle-che-il-sole-non-illumina. Abitano in un pueblo. Gli uccelli le hanno imprigionate nelle tenebre, invidiosi della loro bellezza; tu solo puoi liberarle.


.





.


Per aiutarti, costruirò un passaggio tra la tua capanna e il pueblo e trasformerò le ragazze e te, affinché gli uccelli non vi riconoscano e vi uccidano a beccate. Così, emerse dalla terra un arco gigantesco formato da strisce di colori brillanti; saliva molto in alto nel cielo e scendeva in lontananza sulla terra. Quando Atsosi Bagani si incamminò su questo ponte, fu trasformato in una farfalla, i cui colori si conf ondevano con quelli dell’arcobaleno. Gli uccelli non lo notarono e l’uomo farfalla arrivò sul tetto di una grande casa e scese attraverso un’apertura scura; nella penombra, vide le due sorelle occupate a tessere un magnifico tappeto dai colori dell’arcobaleno, i cui motivi ricordavano i fiumi e le montagne. “Guarda, sorellina – disse la maggiore – una farfalla si è posata in cima alla scala”. La sorella minore, molto eccitata, si precipitò verso la scala e un raggio di sole la sfiorò; la maggiore cercò di trattenerla ma entrambe furono attratte dal potere magico dei raggi solari. Sul tetto, la farfalla si trasformò nel giovane uomo. “Il Sole mi ha mandato a cercarvi, sarete mia moglie e mia sorella”.


.





.


Gli uccelli li videro e si precipitarono su di loro con gridi stridenti; ma il Sole vegliava e trasformava i giovani in delicate farfalle, gli uccelli non riuscirono a trovare i fuggitivi. Atsosi Bagani ritornò alla sua capanna e il Sole e la Terra assistettero al matrimonio. Il giovane continuò a cacciare, mentre le due sorelle tessevano meravigliosi tappeti. Nella piccola capanna illuminata dal sole, però, le due ragazze avevano nostalgia della loro vecchia casa buia. Vedendole tristi, il Sole disse loro: “Se lo desiderate tanto, potrete rivedere la vostra cupa dimora; ma adesso gli uccelli sono diventati diffidenti e dovete difendervi”. Così prima di trasformarle in farfalle, diede a ciascuna due grossi chicchi di grandine.     



.





Quando gli uccelli le attaccarono, la sorella maggiore scagliò contro di loro il primo chicco, che si tramutò in una grossa nube nera che avvolse gli uccelli. Le ragazze-farfalle proseguirono il volo, ma presto gli uccelli le raggiunsero; dovettero lanciare il secondo chicco di grandine, che si trasformò in una pioggia scrosciante, poi il terzo, che si ruppe in migliaia di piccoli chicchi. Ma la grandine finì e gli uccelli ripresero l’inseguimento; il pueblo era in vista, ma le farfalle non erano abbastanza veloci. Dovettero quindi lanciare l’ultimo chicco, che infiammò il cielo di lampi e tuoni.


.





.


Gli uccelli scapparono spaventati e le ragazze furono salve.             


Le sorelle tornarono da Atsosi Bagani, ma ogni volta che sentivano nostalgia visitavano la loro vecchia casa.   


Così, dopo ogni temporale, si forma un arcobaleno tra il pueblo e la capanna del giovane, che riconcilia il mondo delle tenebre con il regno del Sole.


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Ciao da Orso Tony della tribù


degli Orsi… Sognanti…


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Canto di bellezza – Davvero saggi ed originali i versi di questa poesia Navajo   Leave a comment








Davvero molto bello
ed anche, per certi aspetti, sorprendente…
è questo canto…
che testimonia ancora una volta
la grande saggezza degli Indiani d’America








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CANTO DI BELLEZZA DEI NAVAJO


Con il cuore colmo di vita e di amore
camminerò.


Felice
seguirò la mia strada.


Felice
invocherò le nuvole cariche d’acqua.


Felice
invocherò la pioggia che placa la sete.


Felice
invocherò i germogli sulle piante.


Felice
invocherò polline in abbondanza.


Felice
invocherò una coperta di rugiada.


Voglio muovermi nella bellezza e
nell’armonia.


La bellezza e l’armonia
siano davanti a me.


La bellezza e l’armonia
siano dietro di me.


La bellezza e l’armonia
siano sotto di me.


La bellezza e l’armonia
siano sopra di me.


Che la bellezza e l’armonia siano ovunque,
sul mio cammino.


Nella bellezza e
nell’armonia tutto si compie.








Tratto dal “CANTO DELLA NOTTE” dei Navajo



CIAO DA TONY KOSPAN





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Timeline (Linea della vita) – Poesia antichissima ed introspettiva dei Nativi Americani   Leave a comment




La poesia indiana, nei tempi antecedenti ai contatti con i bianchi, 
non è la poesia così come l’intendiamo noi,
bensì pensieri, riflessioni, canti,preghiere
che i capi e gli anziani delle tribù proponevano al loro popolo.






Più tardi…, in epoca quindi abbastanza recente,
è divenuta anche presso di loro
un fatto letterario secondo i contorni classici della poesia
che conosciamo.

Questa in particolare è molto antica
ed è tra le prime di cui si hanno notizie.






Infatti, come vedremo,
offre notevoli difficoltà per una buona traduzione
ma ci dà una sincera immersione
nel vero mondo dei nativi americani
non ancora contaminato dalla cultura occidentale.









L’ho trovata, ahimé, solo in lingua inglese, 
ma lingua inglese antica e per di più utilizzata da un nativo,
(molte parole infatti non sono nel vocabolario)
per cui chiedo aiuto
a chiunque sia in grado di fornire una migliore traduzione.

Per questo motivo propongo anche la versione originale.








LA LINEA DELLA VITA
Cherokee anonimo – 18° secolo

Adesso, ora!
Ah, ora tu vieni ad ascoltare,
tu alla fin fine capisci d’ essere una persona umana,
tu ora te ne stai fermo, tu capo di esseri umani.
Tu non sarai l’ultimo che si lascia prendere dalla passione.
Tu non sarai, come potresti pensare,
il primo a lasciarsi prendere dalla passione.
Io colpito dalla cataratta, non sono però ancora fuori di me.
Io stenderò la mia mano lì dove tu sei.
La mia anima è venuta a bagnarsi nel tuo stesso corpo.
La schiuma bianca si aggrapperà alla mia testa man mano
che avanzo lungo il percorso della vita,
il bianco bastone entrerà nella mia mano tesa.
Il fuoco del focolare sarà lasciato acceso per me
in modo che bruci senza spegnersi.
L’anima sarà poi innalzata al settimo superiore mondo.








TIMELINE
Chinook (Anonymous) (18th Century)
Now, then!
Ha, now thou hast come to listen, thou Long Human Being,
thou art staying, thou Helper of human beings.
Thou never lettest go thy grasp from the soul.
Thou hast, as if it were, taken a firmer grasp upon the soul.
I originated at the cataract, not so far away.
I will stretch out my hand to where thou art.
My soul has come to bathe itself in thy body.
The white foam will cling to my head as I walk along the path of life,
the white staff will come into my extended hand.
The fire of the hearth will be left burning for me incessantly.
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“La nascita dell’arcobaleno” – Ecco come appare in questa bella leggenda degli Indiani d’America   2 comments




Davvero suggestiva questa storia della nascita
di uno dei fenomeni più affascinanti della natura
diffusa tra le tribù degli Indiani d’America
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COME NACQUE L’ARCOBALENO…
LEGGENDA DEGLI INDIANI D’AMERICA
 
 
 

Un giorno, madre Terra e padre Sole vennero a fare visita a un ragazzo solitario che si chiamava Atsosi Bagani. “Devi prendere moglie” disse la Terra. “Andrai a cercare moglie per un cammino ignoto agli uomini” aggiunse il Sole “Sposerai la maggiore delle sorelle Dobedeklad, Quelle-che-il-sole-non-illumina. Abitano in un pueblo. Gli uccelli le hanno imprigionate nelle tenebre, invidiosi della loro bellezza; tu solo puoi liberarle.


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Per aiutarti, costruirò un passaggio tra la tua capanna e il pueblo e trasformerò le ragazze e te, affinché gli uccelli non vi riconoscano e vi uccidano a beccate. Così, emerse dalla terra un arco gigantesco formato da strisce di colori brillanti; saliva molto in alto nel cielo e scendeva in lontananza sulla terra. Quando Atsosi Bagani si incamminò su questo ponte, fu trasformato in una farfalla, i cui colori si conf ondevano con quelli dell’arcobaleno. Gli uccelli non lo notarono e l’uomo farfalla arrivò sul tetto di una grande casa e scese attraverso un’apertura scura; nella penombra, vide le due sorelle occupate a tessere un magnifico tappeto dai colori dell’arcobaleno, i cui motivi ricordavano i fiumi e le montagne. “Guarda, sorellina – disse la maggiore – una farfalla si è posata in cima alla scala”. La sorella minore, molto eccitata, si precipitò verso la scala e un raggio di sole la sfiorò; la maggiore cercò di trattenerla ma entrambe furono attratte dal potere magico dei raggi solari. Sul tetto, la farfalla si trasformò nel giovane uomo. “Il Sole mi ha mandato a cercarvi, sarete mia moglie e mia sorella”.


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Gli uccelli li videro e si precipitarono su di loro con gridi stridenti; ma il Sole vegliava e trasformava i giovani in delicate farfalle, gli uccelli non riuscirono a trovare i fuggitivi. Atsosi Bagani ritornò alla sua capanna e il Sole e la Terra assistettero al matrimonio. Il giovane continuò a cacciare, mentre le due sorelle tessevano meravigliosi tappeti. Nella piccola capanna illuminata dal sole, però, le due ragazze avevano nostalgia della loro vecchia casa buia. Vedendole tristi, il Sole disse loro: “Se lo desiderate tanto, potrete rivedere la vostra cupa dimora; ma adesso gli uccelli sono diventati diffidenti e dovete difendervi”. Così prima di trasformarle in farfalle, diede a ciascuna due grossi chicchi di grandine.     



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Quando gli uccelli le attaccarono, la sorella maggiore scagliò contro di loro il primo chicco, che si tramutò in una grossa nube nera che avvolse gli uccelli. Le ragazze-farfalle proseguirono il volo, ma presto gli uccelli le raggiunsero; dovettero lanciare il secondo chicco di grandine, che si trasformò in una pioggia scrosciante, poi il terzo, che si ruppe in migliaia di piccoli chicchi. Ma la grandine finì e gli uccelli ripresero l’inseguimento; il pueblo era in vista, ma le farfalle non erano abbastanza veloci. Dovettero quindi lanciare l’ultimo chicco, che infiammò il cielo di lampi e tuoni.


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Gli uccelli scapparono spaventati e le ragazze furono salve.             


Le sorelle tornarono da Atsosi Bagani, ma ogni volta che sentivano nostalgia visitavano la loro vecchia casa.   


Così, dopo ogni temporale, si forma un arcobaleno tra il pueblo e la capanna del giovane, che riconcilia il mondo delle tenebre con il regno del Sole.


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Ciao da Orso Tony della tribù


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IO NON SO – Semplice.. ma poetico e significativo canto degli Indiani d’America   Leave a comment

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Ancora una volta la genuina semplicità e profondità

del pensiero degli Indiani d’America

si manifesta in questo canto che possiamo anche definire…

secondo i nostri criteri… poesia.








IO NON SO…


Io non so

se la voce degli uomini

può raggiungere il cielo,


io non so

se il Divino

sentirà la mia preghiera,


io non so

se ciò che chiedo

potrà essere esaudito,


io non so

se si può udire

la voce degli Antichi,


io non so

cosa ci porterà il futuro.


Spero soltanto che bene

e solo bene

possa venire a noi.







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.dal web – impaginazione tony kospan




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LE 4 STREGHE – Breve ma originale.. antico e saggio racconto Navajo   2 comments

 
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Una favola (o racconto mitico) semplice… semplice
ma davvero forte ed inconsueta che ci racconta come
per apprezzare la luce… la gioia… etc.
sia necessario che esista anche il buio… il dolore… etc.


E' certo un profondo concetto comune a molte civiltà
ma è interessante il modo in cui gli Indiani
facevano sì che il popolo lo capisse e lo facesse proprio.


Questo ci conferma la grande saggezza
degli Indiani d’America.

 
T.K.

 

 

 

 

 

LE QUATTRO STREGHE


Racconto Navajo


 

 
 


 

 

LE QUATTRO STREGHE

 

Il Distruttore, figlio del dio Sole, si mise in cerca un giorno di quattro streghe, perché voleva ucciderle. 

La prima che incontrò tremava e si torceva al suo cospetto, però non di paura. 
Freddo era il suo nome. “Se tu mi uccidi” disse “il caldo regnerà e il grano non potrà crescere senz’acqua che lo bagni.” 

Il Distruttore disse: “Vecchia hai ragione, io non ti ucciderò”. 

Fame era la seconda, ella così parlò: “Se tu mi uccidi il cibo verrà a noia alla tua gente”. 
Ed egli disse: “E vero, la gioia di ogni festa sparirebbe con te. Io non ti ucciderò”. 
La terza era Povertà. “Uccidimi” ella disse sono così infelice! Però sappi che morta io mai più i vestiti potranno consumarsi e la tua gente non avrà più il sapore delle cose nuove.

Ed egli disse: “è vero, la mia gente gode degli abiti nuovi. Non ti ucciderò”. 

L’ultima strega, la più vecchia e curva, disse: “Se tu mi uccidi, la Gente non morirà mai più, né nuovi bambini nasceranno, al mondo sarà un popolo di vecchi.
Lasciami andare e la Gente crescerà, giovani forti prenderanno il posto dei vecchi che prenderò per mano. Sono la
Morte, amica non compresa della Gente.”

“Nemmeno te posso uccidere” concluse il Distruttore. 

E’ così che Morte, Miseria, Fame e Freddo, vivono tra di noi. 

Il figlio del Sole, tornato dal suo viaggio, spiegò a tutti quanti queste cose.





 

 

 

Tratto da: “49 canti degli Indiani d’America” – Ed. Mondadori 

LE QUATTRO STREGHE racconto Navajo 

Testo rinvenuto nel web




 

 

 

 – Impaginazione T. K. –



CIAO DA TONY KOSPAN








 

“La nascita dell’arcobaleno” in una bella leggenda degli Indiani d’America   Leave a comment




Davvero suggestiva questa storia della nascita
di uno dei fenomeni più affascinanti della natura
diffusa tra le tribù degli Indiani d’America
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COME NACQUE L’ARCOBALENO…
LEGGENDA DEGLI INDIANI D’AMERICA
 
 
 

Un giorno, madre Terra e padre Sole vennero a fare visita a un ragazzo solitario che si chiamava Atsosi Bagani. “Devi prendere moglie” disse la Terra. “Andrai a cercare moglie per un cammino ignoto agli uomini” aggiunse il Sole “Sposerai la maggiore delle sorelle Dobedeklad, Quelle-che-il-sole-non-illumina. Abitano in un pueblo. Gli uccelli le hanno imprigionate nelle tenebre, invidiosi della loro bellezza; tu solo puoi liberarle.


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Per aiutarti, costruirò un passaggio tra la tua capanna e il pueblo e trasformerò le ragazze e te, affinché gli uccelli non vi riconoscano e vi uccidano a beccate. Così, emerse dalla terra un arco gigantesco formato da strisce di colori brillanti; saliva molto in alto nel cielo e scendeva in lontananza sulla terra. Quando Atsosi Bagani si incamminò su questo ponte, fu trasformato in una farfalla, i cui colori si conf ondevano con quelli dell’arcobaleno. Gli uccelli non lo notarono e l’uomo farfalla arrivò sul tetto di una grande casa e scese attraverso un’apertura scura; nella penombra, vide le due sorelle occupate a tessere un magnifico tappeto dai colori dell’arcobaleno, i cui motivi ricordavano i fiumi e le montagne. “Guarda, sorellina – disse la maggiore – una farfalla si è posata in cima alla scala”. La sorella minore, molto eccitata, si precipitò verso la scala e un raggio di sole la sfiorò; la maggiore cercò di trattenerla ma entrambe furono attratte dal potere magico dei raggi solari. Sul tetto, la farfalla si trasformò nel giovane uomo. “Il Sole mi ha mandato a cercarvi, sarete mia moglie e mia sorella”.


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Gli uccelli li videro e si precipitarono su di loro con gridi stridenti; ma il Sole vegliava e trasformava i giovani in delicate farfalle, gli uccelli non riuscirono a trovare i fuggitivi. Atsosi Bagani ritornò alla sua capanna e il Sole e la Terra assistettero al matrimonio. Il giovane continuò a cacciare, mentre le due sorelle tessevano meravigliosi tappeti. Nella piccola capanna illuminata dal sole, però, le due ragazze avevano nostalgia della loro vecchia casa buia. Vedendole tristi, il Sole disse loro: “Se lo desiderate tanto, potrete rivedere la vostra cupa dimora; ma adesso gli uccelli sono diventati diffidenti e dovete difendervi”. Così prima di trasformarle in farfalle, diede a ciascuna due grossi chicchi di grandine.     



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Quando gli uccelli le attaccarono, la sorella maggiore scagliò contro di loro il primo chicco, che si tramutò in una grossa nube nera che avvolse gli uccelli. Le ragazze-farfalle proseguirono il volo, ma presto gli uccelli le raggiunsero; dovettero lanciare il secondo chicco di grandine, che si trasformò in una pioggia scrosciante, poi il terzo, che si ruppe in migliaia di piccoli chicchi. Ma la grandine finì e gli uccelli ripresero l’inseguimento; il pueblo era in vista, ma le farfalle non erano abbastanza veloci. Dovettero quindi lanciare l’ultimo chicco, che infiammò il cielo di lampi e tuoni.


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Gli uccelli scapparono spaventati e le ragazze furono salve.             


Le sorelle tornarono da Atsosi Bagani, ma ogni volta che sentivano nostalgia visitavano la loro vecchia casa.   


Così, dopo ogni temporale, si forma un arcobaleno tra il pueblo e la capanna del giovane, che riconcilia il mondo delle tenebre con il regno del Sole.


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