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“Era una donna semplice” – Racconto breve ma di classe pura dello scrittore Alessandro Baricco   Leave a comment






Fantastica e coinvolgente descrizione di una donna… amata (?) conosciuta (?) da parte di uno scrittore dalla “penna” davvero magica.
Per la leggiadra bellezza del brano non me la sono sentita di non condividerlo con voi…








ERA UNA DONNA SEMPLICE


Era una donna semplice, di quelle che sognano dietro ai libri e alle poesie, e se la vita è carogna non importa, una ragione buona per sorridere la trovi comunque.
Era un tipo così.
Ed era carina, questo bisogna dirlo.
Non del genere vistoso, quelle che ti giri a guardarle.
Più semplice.
Ma aveva qualcosa che ti accalappiava, niente da dire, ce l’aveva.
Come una specie di limpidezza, di trasparenza.
Era quel tipo di donna che quando ce l’hai tra le braccia, sai che lei è lì, proprio tra le tue braccia e da nessuna altra parte.
Non so se avete presente.
Ma è una cosa rara.
E bellissima, nel suo genere.








Alessandro Baricco – Da Barnum 2 (1998)



Ciao da Tony Kospan




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Breve ma suggestivo passo da “Il vecchio e il mare” noto romanzo di Ernest Hemingway   Leave a comment






Il vecchio e il mare” (The Old Man and the Sea) è un breve romanzo,
del grande scrittore americano Ernest Hemingway, scritto nel 1951.


Il libro ebbe immediatamente un enorme successo e, nel 1953,
valse a Hemingway il premio Pulitzer ed in qualche modo
contribuì a fargli vincere nel 1954 il Nobel per la Letteratura.

Leggiamone un breve brano ricordando che nel web
è possibile reperire l’intera opera in varie librerie digitali gratuite.









IL VECCHIO ED IL MARE (ESTRATTO)


“Buona fortuna” disse il vecchio.
Adattò gli stroppi dei remi agli scalmi e sporgendosi avanti a spingere le pale nell’acqua, incominciò a remare al buio per uscire dal porto.
Vi erano altre barche che prendevano il mare da altre spiagge e il vecchio udiva i tuffi e i colpi di remo pur non vedendoli ora che la luna era sotto le colline.
A volte, in una barca, qualcuno parlava.
Ma quasi tutte le barche erano silenziose eccettuato il tuffo dei remi.
Si allontanarono le une dalle altre appena uscite dall’imboccatura del porto e ciascuna si avviò in quella parte di oceano in cui sperava di trovare pesci.
Il vecchio intendeva dirigersi al largo e si lasciò l’odor della terra alle spalle e remò nel fresco odor dell’oceano del primo mattino.
Vide la fosforescenza delle alghe del Golfo nell’acqua mentre remava in quella parte dell’oceano che i pescatori chiamavano il gran pozzo perché vi era un salto improvviso di più di mille metri in cui si adunavano pesci di ogni genere a causa del mulinello creato dalla corrente contro le pareti ripide del fondo dell’oceano.
Si concentravano qui gamberetti e pesci da esca e a volte frotte di calamari nelle buche più profonde, che la notte salivano alla superficie a far da nutrimento a tutti i pesci che passavano.
Nell’oscurità il vecchio sentì giungere il mattino e mentre remava udì il suono tremolante dei pesci volanti che uscivano dall’acqua e il sibilo fatto dalle rigide ali tese mentre si allontanavano librate nel buio.
I pesci volanti gli piacevano molto ed erano i suoi migliori amici, sull’oceano.
Pensò con dolore agli uccelli, specialmente alle piccole, delicate sterne nere, che volavano sempre in cerca di qualcosa senza quasi mai trovar nulla e pensò:
“La vita degli uccelli è più dura della nostra, tranne per gli uccelli da preda, pesanti e forti.
Perché sono stati creati uccelli delicati e fini come queste rondini di mare se l’oceano può essere tanto crudele? 
Ha molta dolcezza e molta bellezza.
Ma può diventare tanto crudele e avviene così d’improvviso e questi uccelli che volano, tuffandosi per la caccia, con quelle vocette tristi, sono troppo delicati per il mare”.
Pensava sempre al mare come a la mar, come lo chiamano in spagnolo quando lo amano.
A volte coloro che l’amano ne parlano male, ma sempre come se parlassero di una donna.
Alcuni fra i pescatori più giovani, di quelli che usavano gavitelli come galleggianti per le lenze e avevano le barche a motore, comprate quando il fegato di pescecane rendeva molto, ne parlavano come di el mar al maschile.
Ne parlavano come di un rivale o di un luogo o perfino di un nemico.
Ma il vecchio lo pensava sempre al femminile e come qualcosa che concedeva o rifiutava grandi favori e se faceva cose strane o malvage era perché non poteva evitarle.
La luna lo fa reagire come una donna, pensò.







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Buon compleanno Alessandro Baricco con un tuo breve ma suggestivo e poetico brano dal libro “Novecento”   Leave a comment


Come fare gli auguri ad uno scrittore 

se non leggendo un suo bel brano?







Il grande scrittore, che ha avuto una difficile malattia, 

merita i nostri migliori auguri insieme ai complimenti

per la fantastica bellezza della sua prosa.






Ecco un brano, breve ma intenso, che conferma le magiche doti

nascoste nella penna del notissimo scrittore.






Potevi pensare che era matto.

Ma non era così semplice.

Quando uno ti racconta con assoluta esattezza che odore c’è in Bertham Street, d’estate, quando ha appena smesso di piovere, non puoi pensare che è matto per la sola stupida ragione che in Bertham Street, lui, non c’è mai stato.

Negli occhi di qualcuno, nelle parole di qualcuno, lui, quell’aria, l’aveva respirata davvero.

Il mondo, magari, non l’aveva visto mai.

Ma erano ventisette anni che il mondo passava su quella nave: ed erano ventisette anni che lui, su quella nave, lo spiava.

E gli rubava l’anima.

In questo era un genio, niente da dire.

Sapeva ascoltare. E sapeva leggere.

Non i libri, quelli son buoni tutti, sapeva leggere la gente.

I segni che la gente si porta addosso: posti, rumori, odori, la loro terra, la loro storia…

Tutta scritta, addosso.

Lui leggeva, e con cura infinita, catalogava, sistemava, ordinava.




Alessandro Baricco – Torino 25.1.1958



Alessandro Baricco (Da Novecento)



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Ciao da Tony Kospan





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“Il gioco degli dei” – Coelho con questo sublime brano ci parla poeticamente di “amore e destino”   2 comments

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Questo brano di Paulo Coelho, 
noto scrittore, poeta e blogger brasiliano 
affronta un tema eterno e mai risolto 
(e forse non risolvibile a livello razionale).

E’ il destino che decide per noi?
O siamo noi a creare il nostro destino?




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IL GIOCO DEGLI DEI


Gli dei lanciano i dadi, ma non domandano se vogliamo partecipare al gioco.
Non vogliono sapere se hai lasciato un uomo, una casa, un lavoro, una carriera, un sogno.
Gli dei non badano al fatto che tu vuoi avere una vita in cui ogni cosa sia al proprio posto, in cui ogni desiderio si possa esaudire con il lavoro e la pertinacia.
Gli dei non tengono conto dei nostri piani e delle nostre speranze.
In qualche luogo dell’universo, loro lanciano i dadi e, casualmente, vieni scelto tu.
Da quel momento in poi, vincere o perdere è solo questione di opportunità.
Gli dei lanciano i dadi e liberano l’amore dalla sua gabbia.
Questa forza può creare o distruggere, a seconda della direzione in cui soffiava il vento nel momento in cui si è liberata dalla prigione.
L’amore può condurci all’inferno o in paradiso, comunque ci porta sempre in qualche luogo.
É necessario accettarlo, perché esso è ciò che alimenta la nostra esistenza.
Se non lo accettiamo, moriremo di fame pur vedendo i rami dell’albero della vita carichi di frutti: non avremo il coraggio di tendere la mano e di coglierli.
É necessario ricercare l’amore la dove si trova, anche se ciò potrebbe significare ore, giorni, settimane di delusione e di tristezza.
Perché nel momento in cui partiamo in cerca dell’amore, anche l’amore muove per venirci incontro.
E ci salva.
E nell’amore non esistono regole.
Possiamo tentare di seguire dei manuali, di controllare il cuore, di avere una strategia di comportamento.
Ma sono tutte cose insignificanti.
Decide il cuore.
E quando decide è ciò che conta.


Paulo Coelho







FORUM

Penso d’interpretar questo brano del grande scrittore come consiglio a tener sempre aperte le porte del cuore tenendo presente però che l’amore potrà presentarsi in un momento o in un luogo non preventivabile, né definibile.
Ma poi sarà solo il caso a farcelo incontrare e soprattutto riconoscere.
Lo stesso concetto però, a parer mio, vale anche per altri aspetti della nostra vita.
E voi cosa ne pensate?

Tony Kospan



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Passi nella neve – Amore e mistero in questo racconto bello e suggestivo   Leave a comment

 

 

Davvero un racconto bello e suggestivo

pieno di fascino… mistero e… amore.

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PASSI NELLA NEVE

Paola Mastrorilli

 

 RACCONTO DEL MISTERO

 
 
 
La neve cadeva soffice, a coprire ogni cosa col suo manto di zucchero a velo ed io camminavo da sola lungo il selciato, seguendo le orme che io stessa avevo lasciato il giorno prima quando, in preda ai capricci di un dolore antico, avevo preso a camminare senza meta lungo i sentieri dei ricordi.
Il freddo era pungente e il dolore sferzante; chiudevo i pensieri in granelli di luce e li cospargevo per terra, come a voler concimare con essi il terreno.
 Infagottata in un cappotto asfittico non smettevo di ricordare noi, i tuoi baci lievi sulle mie labbra turgide, le tue mani sfrenate a cercare nuovi angoli del corpo da far fremere, la tua voglia di danzare e danzare… assieme, io e te, da soli, al centro della foresta incantata, dalla neve sfiorata.

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E la neve cadeva soffice a rivestire gli alberi con pennellate di morbida ovatta.
Ed io passeggiavo da sola, ricalcando con la mente i nostri giorni assieme, schiudendo il lucchetto alla gioia dei sorrisi lanciati a briglia sciolte verso l’orizzonte e raccogliendo i granelli di dolore sparsi per terra per trasformarli in sogni nuovi.
Nutrivo la speranza di un domani diverso, tra le braccia di chi potesse amarmi, con l’assoluta certezza che sarei arrivata alla fine del sentiero, senza nemmeno accorgermene.
E lì, lo sapevo, avrei trovato un nuovo sole, al di là delle fronde, ad aspettarmi per farcire di tepore i pensieri e per cullare via  le mie ore stanche.
Poi la neve smise di cadere e, tramutandosi in una pioggia catartica, si adagiò sui miei capelli bruni bagnandoli di essenza fresca e dolciastra; un tenue soffio di calore mi travolse, facendomi cadere lievemente sul terreno spugnoso e persi i sensi, per un istante solo.
Fu allora che mi voltai indietro e sentii il fiato mancare per un lungo scroscio di tempo.
Una mano eterea aveva sospinto via i pensieri e la mente, svuotata e solitaria, aveva soltanto smesso di correre lontano.









Lottando contro la luce che accecava la vista scorsi ciò che la mia mente non avrebbe mai osato nemmeno immaginare e mi parve di udire il cuore che si frantumava in mille frammenti: accanto alle mie impronte  impresse sulla neve candida ve n’erano altre, eteree e appena tracciate sul manto di malinconica bambagia.
Sensualmente mi avvicinai e le sfiorai con le labbra assetate.
Con gesti antichi affondai il volto dipinto di lacrime sul terreno umido e freddo ed egli, vorace, le bevve via fino all’ultima, asciugando il pianto e riscaldando il cuore.
Poi alzai la testa verso la volta immensa che dominava dall’alto ogni mia singola emozione e ringraziai il cielo grigio, affidandogli preghiere tacite e parole d’amore sommesse.
Guardai per terra e vidi l’impronta delle orme amiche sbiadire piano, come se fosse bastato il mio dolore a colmarne il fondo.
Ma un alito di vento gelido soffiò sui miei pensieri e una voce remota ed impalpabile riecheggiò con forza estrema lungo i corridoi del cuore, svelandomi l’arcano: tu avevi camminato accanto a me per tutto il tempo, fino alla fine del sentiero e accanto a me saresti rimasto, lungo tutto il cammino della vita.

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DAL WEB – IMPAG. T.K.
 









CIAO DA TONY KOSPAN






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“Era una donna semplice” – Brano breve ma di classe pura dello scrittore Alessandro Baricco   Leave a comment






Fantastica e coinvolgente descrizione di una donna… amata (?) conosciuta (?) da parte di uno scrittore dalla “penna” davvero magica.
Per la leggiadra bellezza del brano non me la sono sentita di non condividerlo con voi…








ERA UNA DONNA SEMPLICE


Era una donna semplice, di quelle che sognano dietro ai libri e alle poesie, e se la vita è carogna non importa, una ragione buona per sorridere la trovi comunque.
Era un tipo così.
Ed era carina, questo bisogna dirlo.
Non del genere vistoso, quelle che ti giri a guardarle.
Più semplice.
Ma aveva qualcosa che ti accalappiava, niente da dire, ce l’aveva.
Come una specie di limpidezza, di trasparenza.
Era quel tipo di donna che quando ce l’hai tra le braccia, sai che lei è lì, proprio tra le tue braccia e da nessuna altra parte.
Non so se avete presente.
Ma è una cosa rara.
E bellissima, nel suo genere.








Alessandro Baricco – Da Barnum 2 (1998)



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Breve ma suggestivo estratto da “Il vecchio e il mare” noto romanzo di Ernest Hemingway   Leave a comment






Il vecchio e il mare” (The Old Man and the Sea) è un breve romanzo,
del grande scrittore americano Ernest Hemingway, scritto nel 1951.


Il libro ebbe immediatamente un enorme successo e, nel 1953,
valse a Hemingway il premio Pulitzer ed in qualche modo
contribuì a fargli vincere nel 1954 il Nobel per la Letteratura.

Leggiamone un breve brano ricordando che nel web
è possibile reperire l’intera opera in varie librerie digitali gratuite.









IL VECCHIO ED IL MARE (ESTRATTO)


“Buona fortuna” disse il vecchio.
Adattò gli stroppi dei remi agli scalmi e sporgendosi avanti a spingere le pale nell’acqua, incominciò a remare al buio per uscire dal porto.
Vi erano altre barche che prendevano il mare da altre spiagge e il vecchio udiva i tuffi e i colpi di remo pur non vedendoli ora che la luna era sotto le colline.
A volte, in una barca, qualcuno parlava.
Ma quasi tutte le barche erano silenziose eccettuato il tuffo dei remi.
Si allontanarono le une dalle altre appena uscite dall’imboccatura del porto e ciascuna si avviò in quella parte di oceano in cui sperava di trovare pesci.
Il vecchio intendeva dirigersi al largo e si lasciò l’odor della terra alle spalle e remò nel fresco odor dell’oceano del primo mattino.
Vide la fosforescenza delle alghe del Golfo nell’acqua mentre remava in quella parte dell’oceano che i pescatori chiamavano il gran pozzo perché vi era un salto improvviso di più di mille metri in cui si adunavano pesci di ogni genere a causa del mulinello creato dalla corrente contro le pareti ripide del fondo dell’oceano.
Si concentravano qui gamberetti e pesci da esca e a volte frotte di calamari nelle buche più profonde, che la notte salivano alla superficie a far da nutrimento a tutti i pesci che passavano.
Nell’oscurità il vecchio sentì giungere il mattino e mentre remava udì il suono tremolante dei pesci volanti che uscivano dall’acqua e il sibilo fatto dalle rigide ali tese mentre si allontanavano librate nel buio.
I pesci volanti gli piacevano molto ed erano i suoi migliori amici, sull’oceano.
Pensò con dolore agli uccelli, specialmente alle piccole, delicate sterne nere, che volavano sempre in cerca di qualcosa senza quasi mai trovar nulla e pensò:
“La vita degli uccelli è più dura della nostra, tranne per gli uccelli da preda, pesanti e forti.
Perché sono stati creati uccelli delicati e fini come queste rondini di mare se l’oceano può essere tanto crudele? 
Ha molta dolcezza e molta bellezza.
Ma può diventare tanto crudele e avviene così d’improvviso e questi uccelli che volano, tuffandosi per la caccia, con quelle vocette tristi, sono troppo delicati per il mare”.
Pensava sempre al mare come a la mar, come lo chiamano in spagnolo quando lo amano.
A volte coloro che l’amano ne parlano male, ma sempre come se parlassero di una donna.
Alcuni fra i pescatori più giovani, di quelli che usavano gavitelli come galleggianti per le lenze e avevano le barche a motore, comprate quando il fegato di pescecane rendeva molto, ne parlavano come di el mar al maschile.
Ne parlavano come di un rivale o di un luogo o perfino di un nemico.
Ma il vecchio lo pensava sempre al femminile e come qualcosa che concedeva o rifiutava grandi favori e se faceva cose strane o malvage era perché non poteva evitarle.
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Breve ma suggestivo e poetico brano di Alessandro Baricco dal libro “Novecento”   Leave a comment


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se non leggendo un suo bel brano?







Il grande scrittore, che ha avuto una difficile malattia, 

merita i nostri migliori auguri insieme ai complimenti

per la fantastica bellezza della sua prosa.






Ecco un brano, breve ma intenso, che conferma le magiche doti

nascoste nella penna del notissimo scrittore.






Potevi pensare che era matto.

Ma non era così semplice.

Quando uno ti racconta con assoluta esattezza che odore c’è in Bertham Street, d’estate, quando ha appena smesso di piovere, non puoi pensare che è matto per la sola stupida ragione che in Bertham Street, lui, non c’è mai stato.

Negli occhi di qualcuno, nelle parole di qualcuno, lui, quell’aria, l’aveva respirata davvero.

Il mondo, magari, non l’aveva visto mai.

Ma erano ventisette anni che il mondo passava su quella nave: ed erano ventisette anni che lui, su quella nave, lo spiava.

E gli rubava l’anima.

In questo era un genio, niente da dire.

Sapeva ascoltare. E sapeva leggere.

Non i libri, quelli son buoni tutti, sapeva leggere la gente.

I segni che la gente si porta addosso: posti, rumori, odori, la loro terra, la loro storia…

Tutta scritta, addosso.

Lui leggeva, e con cura infinita, catalogava, sistemava, ordinava.




Alessandro Baricco – Torino 25.1.1958



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Per la leggiadra bellezza del brano non me la sono sentita di non condividerlo con voi…








ERA UNA DONNA SEMPLICE


Era una donna semplice, di quelle che sognano dietro ai libri e alle poesie, e se la vita è carogna non importa, una ragione buona per sorridere la trovi comunque.
Era un tipo così.
Ed era carina, questo bisogna dirlo.
Non del genere vistoso, quelle che ti giri a guardarle.
Più semplice.
Ma aveva qualcosa che ti accalappiava, niente da dire, ce l’aveva.
Come una specie di limpidezza, di trasparenza.
Era quel tipo di donna che quando ce l’hai tra le braccia, sai che lei è lì, proprio tra le tue braccia e da nessuna altra parte.
Non so se avete presente.
Ma è una cosa rara.
E bellissima, nel suo genere.








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Il vecchio e il mare” (The Old Man and the Sea) è un breve romanzo,
del grande scrittore americano Ernest Hemingway, scritto nel 1951.


Il libro ebbe immediatamente un enorme successo e, nel 1953,
valse a Hemingway il premio Pulitzer ed in qualche modo
contribuì a fargli vincere nel 1954 il Nobel per la Letteratura.

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IL VECCHIO ED IL MARE (ESTRATTO)


“Buona fortuna” disse il vecchio.
Adattò gli stroppi dei remi agli scalmi e sporgendosi avanti a spingere le pale nell’acqua, incominciò a remare al buio per uscire dal porto.
Vi erano altre barche che prendevano il mare da altre spiagge e il vecchio udiva i tuffi e i colpi di remo pur non vedendoli ora che la luna era sotto le colline.
A volte, in una barca, qualcuno parlava.
Ma quasi tutte le barche erano silenziose eccettuato il tuffo dei remi.
Si allontanarono le une dalle altre appena uscite dall’imboccatura del porto e ciascuna si avviò in quella parte di oceano in cui sperava di trovare pesci.
Il vecchio intendeva dirigersi al largo e si lasciò l’odor della terra alle spalle e remò nel fresco odor dell’oceano del primo mattino.
Vide la fosforescenza delle alghe del Golfo nell’acqua mentre remava in quella parte dell’oceano che i pescatori chiamavano il gran pozzo perché vi era un salto improvviso di più di mille metri in cui si adunavano pesci di ogni genere a causa del mulinello creato dalla corrente contro le pareti ripide del fondo dell’oceano.
Si concentravano qui gamberetti e pesci da esca e a volte frotte di calamari nelle buche più profonde, che la notte salivano alla superficie a far da nutrimento a tutti i pesci che passavano.
Nell’oscurità il vecchio sentì giungere il mattino e mentre remava udì il suono tremolante dei pesci volanti che uscivano dall’acqua e il sibilo fatto dalle rigide ali tese mentre si allontanavano librate nel buio.
I pesci volanti gli piacevano molto ed erano i suoi migliori amici, sull’oceano.
Pensò con dolore agli uccelli, specialmente alle piccole, delicate sterne nere, che volavano sempre in cerca di qualcosa senza quasi mai trovar nulla e pensò:
“La vita degli uccelli è più dura della nostra, tranne per gli uccelli da preda, pesanti e forti.
Perché sono stati creati uccelli delicati e fini come queste rondini di mare se l’oceano può essere tanto crudele? 
Ha molta dolcezza e molta bellezza.
Ma può diventare tanto crudele e avviene così d’improvviso e questi uccelli che volano, tuffandosi per la caccia, con quelle vocette tristi, sono troppo delicati per il mare”.
Pensava sempre al mare come a la mar, come lo chiamano in spagnolo quando lo amano.
A volte coloro che l’amano ne parlano male, ma sempre come se parlassero di una donna.
Alcuni fra i pescatori più giovani, di quelli che usavano gavitelli come galleggianti per le lenze e avevano le barche a motore, comprate quando il fegato di pescecane rendeva molto, ne parlavano come di el mar al maschile.
Ne parlavano come di un rivale o di un luogo o perfino di un nemico.
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