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L’Allegoria dell’Amore e del Tempo – La mitica opera del Bronzino ed i suoi segreti – II Parte    Leave a comment

 
 




Ripartiamo, nell’analisi del dipinto,
dalle gambe della dea, dal pomo e dalle maschere
con le parole del Solimano.


 
 
 
 
 
 
 

L’ALLEGORIA DELL’AMORE E DEL TEMPO
ARTE E SEGRETI
II  PARTE
 
 
Ma soprattutto si vedono due maschere, una giovane donna ed un uomo anziano che ha l’aria trista (triste+cattiva).
Le maschere, dice Erwin Panofsky, da sempre simboleggiano “la mondanità, l’insincerità e la falsità”.
Un raccordo con la Frode (la fanciulla), ma anche con il Piacere ed il Gioco (il putto). 
Tutto continua ad essere chiaro ed ambiguo, duplice. 
Nel particolare qui sotto del quadro del Bronzino, si vedono in parte i corpi bellissimi dei due amanti, Venere e Cupido, e continuano a comparire dei simboli, dei sublimi feticci.
Ambiguamente, il voyeurismo si nasconde dietro il significato morale e viceversa.






Proprio nell’angolo in basso si vede una colomba, ma poi se si guarda bene, si vede anche spuntare il becco e la testa di un’altra colomba.
Tubare come colombi” si dice ancor oggi, ed Erwin Panofsky scrive che era un simbolo usuale di “tenera sollecitudine”, a cui è da aggiungere che le coppie di colombi sono note per la monogamia.
Il contesto non sembra quello, considerando il cuscino evidentemente morbidissimo sotto le ginocchia di Cupido, oggetto piuttosto raro allora.
Ancora oggi parliamo dei cuscini in “piumino d’oca” proprio per intendere che la morbidezza è il primo requisito del cuscino, che è un simbolo di lascivia e di mollezza.
“I Racconti del Cuscino” è il titolo di un film pregevole ed originale di Peter Greenaway, l’autore de “I misteri dei Giardini di Compton House”.
Il tema ricorrente di Greenaway è una acuta indagine sull’erotismo, un po’ quello che fa il Bronzino qui.
Dietro Cupido, si intravedono le foglie di un mirto, simbolo classico dell’amore.



 




Ma il corpo di Cupido, è maschile o femminile?
Ci tornerò alla fine. 
In alto c’è un vecchio assai vigoroso, attento e lucidamente iracondo, la testa pelata ed una strana barba assai folta, dove c’è. I baffi spioventi gli coprono le labbra.
Ancora più in alto si vede un’ala biancastra e, vicino alla testa del vecchio, si intravede parte di una clessidra.
Corrisponde con la colomba nell’angolo opposto, quella di cui si vede solo il becco e la testa – il Bronzino era assai lucido nell’organizzare, nel pesare la rappresentazione, ed in questo caso si tratta musicalmente di due note in minore, ma indispensabili.
Questo vecchio è il simbolo del tempo, lo comprendono tutti, ma è bene porsi due domande, una particolare, ed una generale.
Che cosa sta facendo il tempo, anzi il Tempo?



Il tempo 




Sta tirando in alto un drappo, una specie di grande tenda, sta svelando il quadro, con tutti i suoi significati e la loro ambiguità che, per il fatto stesso che ce ne accorgiamo, non c’è più, perché “Veritas filia Temporis”.
 
Perché il Tempo è vecchio? Una domanda ovvia, ma solo in apparenza.
 
Parrà strano, ma nella antichità classica il Tempo non era rappresentato come un vecchio, non c’era questa attenzione all’età del Tempo, anzi, spesso era rappresentato come un giovane con le ali ai piedi: Kairòs, l’Opportunità, che passa veloce e la devi cogliere subito, difatti aveva un gran ciuffo davanti e la nuca rasata.
Il Tempo è rappresentato come un vecchio per l’equivoco tardo-antico fra due parole greche che hanno significato diverso: Chronos, il tempo e Kronos, il padre di Zeus, vecchio e cattivissimo, un mangiabambini, alla lettera.
 
Lascio a voi la riflessione su quanto questa identificazione negativa del Tempo abbia pesato sulla visione di vita di tutto l’Occidente.
 
Per gli antichi Greci, Chronos era una cosa e Kronos tutta un’altra cosa.
 
Kronos, il nostro Saturno, si è mangiato pure Chronos… ed è un bel guaio.









Sono rappresentate due donne, nella parte del dipinto in alto a sinistra.
La simbologia di una delle due, la donna che piange ed urla strappandosi i capelli, è stata sempre chiara, dal Vasari ad oggi, anzi ben prima del Vasari e del Bronzino: è il simbolo della Gelosia disperata, altro inconveniente dell’amore, forse quello che più fa soffrire.

Riguardo la donna più in alto ci sono state molte discussioni; Erwin Panofsky credette di essere arrivato nel giusto definendola come Verità che aiuta il Tempo ad alzare il velo: Veritas filia Temporis, appunto. 
Quindi ritenne che il titolo più appropriato del quadro era: “La lussuria smascherata“. 
Ma ebbe la correttezza di cambiare idea quando osservò che nel quadro c’è una contrapposizione fra questa donna ed il Tempo: si scambiano sguardi irosi e sembra che la donna cerchi più di continuare a coprire col drappo piuttosto che alzarlo. 
Oggi l’interpretazione più diffusa ritiene che questa donna rappresenti la Notte, colei che cela gli amanti ed in cui sembra che il tempo si fermi. 

 
 
 

 

 

Al centro del quadro Cupido e Venere si baciano e si carezzano lascivamente, ma le forme di Cupido hanno ben poco di maschile, sembra un androgino.
 
Qui c’è tutta la cultura neoplatonica di Firenze che tendeva ad una rappresentazione molto simile dei corpi maschili e femminili, lo si vede benissimo dai disegni di Leonardo, Michelangelo e Raffaello.
 
L’aspetto più sorprendente è la gestualità dei due amanti: Venere ha in mano una freccia, Cupido tiene una mano sui capelli di Venere, sino ad arrivare al diadema. 
 
Non possono essere gesti vacui, e l’interpretazione è singolare: entrambi stanno perseguendo la stessa finalità, che è quella di sottrarre qualcosa senza che l’altro se ne accorga.
 
Venere disarma Cupido privandolo della freccia, e Cupido disarma Venere privandola del suo diadema.
 
Entrambi operano in modo nascosto, difatti i loro gesti non possono essere reciprocamente visti.
 
Trovo convincente questa interpretazione, perché dopo che la si è sentita la prima volta non si può fare a meno di vedere la specularità dei due gesti, che sono fra di loro in corrispondenza fraudolenta.



 




Rivediamolo infine un’ultima volta e tutto intero, il quadro,
dopo gli spezzettamenti faticosi della spiegazione.


 

 

 

 


 

Un altro titolo dell’opera, forse più vicino alle intenzioni dell’artista, è “L’Allegoria del Trionfo di Venere”.
 
 
Il quadro è stato eseguito attorno al 1546 e segna la fine del periodo dei manieristi eroici e furiosi: il Parmigianino, il Rosso fiorentino, il Pontormo, i pittori della crisi politica italiana.
 
Due poteri politici assoluti, il Vaticano e la Spagna, hanno vinto, e “la lucida intenzionalità con cui il Bronzino dà forma incorrotta alla materia pittorica, fissando le immagini in una statica e aulica preziosità, si pone come superamento delle inquietudini della precedente generazione manieristica”.
 
E’ “un emblematico riflesso della volontà assolutistica della politica”.
 
Nel tempo succederà altre volte, ancora con grandi artisti: Guido Reni, dopo la tempesta sublime e terrestre del Caravaggio, e Jean Dominique Ingres, dopo la Rivoluzione francese, in piena Restaurazione.
 
Ma se seguiamo Erwin Panofsky, ci accorgiamo di quanta duplicità, ambiguità, insicurezza, ci sia dietro questo trionfo allegorico, ed il Bronzino ne era consapevole, solo che i tempi erano quelli.
 
La scialuppa di salvataggio non è il trionfo, è la consapevolezza, ed il sorriso che ne scaturisce, non ironico né grottesco, è il sorriso di chi ha capito, e va bene così, perché chi se ne accorge già è fuori dal gioco fraudolento della ipocrisia fatta sistema, dei disvalori elevati a valori.
 


Questo può essere il senso catartico del capolavoro del Bronzino.

 

F i n e

 

Testo di Solimano – Impaginazione note e coordinam. di Tony Kospan




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Lavinia Fontana – Biografia e dipinti di una pittrice rinascimentale di successo   Leave a comment




Sono state davvero poche, nel ‘500, le pittrici capaci, come lei,

d’aver successo in un mondo prettamente maschile

ed in un’epoca in cui le donne non erano molto considerate

e questo va a suo grande merito.

.

.



Autoritratto



.
Lavinia, grande pittrice del tardo manierismo,
(Bologna, 24 agosto 1552 – Roma, 11 agosto 1614)
è soprattutto nota per i suoi ritratti ed autoritratti
nei quali mostra anche la sua capacità di introspezione psicologica.



Ritratto del Senatore Orsini



Una delle sue opere che maggiormente
stupisce è questa qui giù.

La ragazza dipinta è la figlia di Pedro Gonzales
che aveva ereditato dal padre una rara malattia
che faceva ricoprire tutto il corpo da peli lunghissimi.

.
.


 
 
Ritratto di Antonietta Gonzales (partic.)
 
 

.
.

Lavinia, pittrice bolognese ma anche figlia di pittore 
mostra già nei suoi dipinti giovanili
un forte influsso del Correggio e del Parmigianino.

 

 
 
 
 
 
 

Il suo stile manierista è di tipo emiliano,
 
e si differenzia da quello degli artisti contemporanei  
per la estrema precisione dei particolari 
soprattutto negli abbigliamenti e acconciature femminili.

 
 
 
5 donne con cane

 
 
 
Nel 1603 si recò a Roma invitata da Clemente VIII 
e qui collezionò i suoi maggiori successi
anche grazie alla conoscenza ed allo studio delle famose opere
  dei grandi artisti che l’avevano preceduta alla Corte dei Papi.

.



Ritratto di Papa Gregorio XIII
.
.



In particolare furono molto apprezzate
 le opere commissionatele da Papa Paolo V.

 
 

.
.
 
 La visita della Regina di Saba a Salomone

 



Nonostante i suoi tanti e notevoli impegni come pittrice
trovò il modo di avere ed allevare ben 11 figli.




Ritratto di nobildonna




Nel 1613 si ritirò in convento col marito,
a seguito di una crisi religiosa, e l’anno dopo morì.



Lavinia Fontana – Bianca Degli Utili Maselli



Ritengo che sia giusto omaggiare questa grande pittrice che,
 in un’epoca in cui non erano molti gli spazi riservati alle donne
 si fece valere così bene, anche con questo video.

 


 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
CIAO DA TONY KOSPAN





Lavinia Fontana – (Bologna 24.8.1552 – Roma 11.8.1614) – Autoritratto







L’Allegoria dell’Amore e del Tempo – L’enigmatica opera del Bronzino ed i suoi segreti – I Parte   Leave a comment






Spesso gli artisti amano nascondere nelle loro opere
pensieri e/o messaggi segreti
che solo pochi poi riescono a individuare e comprendere in modo completo.
Nel periodo Rinascimentale la cosa era molto frequente.

Questo, nella Storia dell’Arte, è proprio uno dei dipinti
più emblematici in tal senso.







In verità ciò, a mio parere, non vuol dire
che bisogna conoscer tutto lo scibile umano
per comprender un’opera d’arte
ma solo che ci possono essere tante “letture”
quante sono le nostre capacità di comprensione
dello spirito e delle idee dell’autore
nonché dell’ambiente reale ed artistico in cui l’opera nasce.



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ALLEGORIA DELL’AMORE E DEL TEMPO

– ARTE E SEGRETI

 

I PARTE

 

 

Agnolo Bronzino


 

In questo post analizzeremo questo famoso dipinto “manierista” che nasconde, dietro la fantastica ed abbagliante bellezza molto, ma davvero molto…, molto altro.
 
Ogni immagine che vediamo nel dipinto infatti non è per nulla casuale… ma ci lancia in modo evidente una serie di messaggi, per la verità non tutti, e non del tutto, decifrati… o decifrabili.
 
Iniziamo dunque, grazie a quest’ampia analisi del Solimano, ricca anche di accenni storici e mitologici, ad approfondire tutto quello che il Bronzino ci vuol dire von questo dipinto.
 
Tony Kospan
 
 
  
 
L’Allegoria dell’Amore e del Tempo – Il dipinto completo
   

 

 
Il quadro più celebre di Agnolo Bronzino è “L’Allegoria dell’Amore e del Tempo“, 

attualmente esposto alla National Gallery di Londra.
 
Fu eseguito attorno al 1546, ed immediatamente mandato da Cosimo, duca di Firenze, 

a Francesco, re di Francia.
 
E’ certamente una allegoria, il titolo che ho riportato è quello più diffuso.
 


Così ne narra il Vasari“Fece un quadro di singolare bellezza, 

che fu mandato in Francia al re Francesco, dentro il quale era una Venere ignuda con Cupido che la baciava, 

ed il Piacere da un lato e il Giuoco con altri Amori, e dall’altro la Fraude, la Gelosia et altre passioni d’amore”.
 

C’è qualche inesattezza, ma è comprensibile, il Vasari scriveva a memoria, 

il quadro era già in Francia da diverso tempo.
 
Se si dovesse scegliere l’emblema del manierismo maturo non c’è alcun dubbio, 

sarebbe questo quadro, considerato da molti un’opera di sensualità affascinante, 

ed il re di Francia lo gradì soprattutto per questo motivo, 

come ben sapeva quella volpe di Cosimo de’ Medici.

 
Ma è proprio così?

 


O, per meglio dire, è solo così?
 
Nel particolare che inserisco si vede un putto bellissimo che va spargendo petali di rose


è il simbolo del Piacere, su questo sono tutti d’accordo, fin dal Vasari, 


ma chi è la fanciulla assai bella – di una bellezza diversa – il cui volto si vede a fianco del putto?


Il grande Erwin Panofsky ha dedicato alcune delle sue pagine più belle a quest’opera.
 
Racconto quale è la sua interpretazione, oggi quasi* (nota di Tony Kospan) universalmente condivisa.


 
 



Il Piacere (partic. by TK)
 
 

La fanciulla il cui bel volto sbuca dietro il putto, è piuttosto strana, 

se si cerca di guardarne il corpo, che in parte si nasconde sempre dietro il putto, 

e non è un caso. 

Perché la bella veste verde che indossa è in parte sollevata, 

ed appare un corpo squamoso, da pesce o da rettile. 

Più in basso, compariranno delle zampe con artigli ed anche una lunga coda. 

In una mano tiene un favo di miele, 

nell’altra cerca di nascondere un piccolo animale venefico.

Non solo, a ben guardare le due mani sono scambiate

la destra è una sinistra, e la sinistra una destra.










Qualche critico, fermandosi alla pelle squamosa, 

ha ritenuto che fosse una Arpia, ma sono le mani, a svelare l’identità: 

la mano cattiva che offre il dono, 

la mano buona che nasconde il veleno:

una duplicità vertiginosa.


E’ la
Frode (anche l’Inganno o l’Ipocrisia, secondo gli iconologi del ’500), 

la cui caratteristica fondamentale è proprio la duplicità: 

per questo il viso è bellissimo ed il corpo orribile, 

per questo le mani sono scambiate, 

per questo non sta in primo piano, ma si nasconde dietro al putto, 

che è il simbolo del Piacere e del Gioco.

Proprio negli anni in cui opera il Bronzino si diffonde il gusto dei labirinti: 

grafici, scolpiti, realizzati nei giardini, 

quasi a significare la perdita di senso, la difficoltà di trovare una risposta univoca: 

la Frode è una moderna Sfinge, più insidiosa di quella che incontrò Edipo.


 


L’inganno – La fanciulla dietro al putto (guardate le mani n.T.K.)

 

 

Se si esamina il particolare in basso a destra del quadro del Bronzino, 

si scoprono altri aspetti di cui alcuni inattesi.

Non lo è il pomo nella mano (splendida!) di Venere

un dono che la dea intende offrire ad Amore o Cupido 

(si badi, è suo figlio, in quasi tutti i miti, e quindi c’è pure il coté incestuoso); 

tiene il pomo in modo che Cupido lo veda 

però con l’altra mano tiene una freccia, che Cupido non può vedere, 

ma di ciò poi.

Si intravedono anche parte delle gambe della dea, 

che è di una bellezza non so dire se divina o diabolica, 

ed il Bronzino a questo voleva portarci, ad una ammirazione tanto forte quanto turbata.




Pomo, Gambe della dea e maschere (partic.)

 

 

Si vede che il putto ha una cavigliera ornata con campanelli, 

un motivo dell’antichità ellenistica che rimanda al Piacere ed al Gioco.

Si intravedono anche le zampe con gli artigli della bella fanciulla

la Frode, e la sua lunga coda, simile, diremmo noi, 

a quella di un enorme serpente a sonagli, 

che presumibilmente il Bronzino non conosceva (ma che strano, sonagli-campanelli!).


– Continua



Autore del testo Solimano – Impaginazione e presentazione di Tony Kospan




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L’Allegoria dell’Amore e del Tempo – La mitica opera del Bronzino ed i suoi segreti – I Parte   Leave a comment






Spesso gli artisti amano nascondere nelle loro opere
pensieri e/o messaggi segreti
che solo pochi poi riescono a individuare e comprendere in modo completo.
Nel periodo Rinascimentale la cosa era molto frequente.

Questo, nella Storia dell’Arte, è proprio uno dei dipinti
più emblematici in tal senso.







In verità ciò, a mio parere, non vuol dire
che bisogna conoscer tutto lo scibile umano
per comprender un’opera d’arte
ma solo che ci possono essere tante “letture”
quante sono le nostre capacità di comprensione
dello spirito e delle idee dell’autore
nonché dell’ambiente reale ed artistico in cui l’opera nasce.



art 34art 34art 34art 34art 34art 34art 34art 34art 34



ALLEGORIA DELL’AMORE E DEL TEMPO

– ARTE E SEGRETI

 

I PARTE

 

 

Agnolo Bronzino


 

In questo post analizzeremo questo famoso dipinto “manierista” che nasconde, dietro la fantastica ed abbagliante bellezza molto, ma davvero molto…, molto altro.
 
Ogni immagine che vediamo nel dipinto infatti non è per nulla casuale… ma ci lancia in modo evidente una serie di messaggi, per la verità non tutti, e non del tutto, decifrati… o decifrabili.
 
Iniziamo dunque, grazie a quest’ampia analisi del Solimano, ricca anche di accenni storici e mitologici, ad approfondire tutto quello che il Bronzino ci vuol dire von questo dipinto.
 
Tony Kospan
 
 
  
 
L’Allegoria dell’Amore e del Tempo – Il dipinto completo
   

 

 
Il quadro più celebre di Agnolo Bronzino è “L’Allegoria dell’Amore e del Tempo“, 

attualmente esposto alla National Gallery di Londra.
 
Fu eseguito attorno al 1546, ed immediatamente mandato da Cosimo, duca di Firenze, 

a Francesco, re di Francia.
 
E’ certamente una allegoria, il titolo che ho riportato è quello più diffuso.
 


Così ne narra il Vasari“Fece un quadro di singolare bellezza, 

che fu mandato in Francia al re Francesco, dentro il quale era una Venere ignuda con Cupido che la baciava, 

ed il Piacere da un lato e il Giuoco con altri Amori, e dall’altro la Fraude, la Gelosia et altre passioni d’amore”.
 

C’è qualche inesattezza, ma è comprensibile, il Vasari scriveva a memoria, 

il quadro era già in Francia da diverso tempo.
 
Se si dovesse scegliere l’emblema del manierismo maturo non c’è alcun dubbio, 

sarebbe questo quadro, considerato da molti un’opera di sensualità affascinante, 

ed il re di Francia lo gradì soprattutto per questo motivo, 

come ben sapeva quella volpe di Cosimo de’ Medici.

 
Ma è proprio così?

 


O, per meglio dire, è solo così?
 
Nel particolare che inserisco si vede un putto bellissimo che va spargendo petali di rose


è il simbolo del Piacere, su questo sono tutti d’accordo, fin dal Vasari, 


ma chi è la fanciulla assai bella – di una bellezza diversa – il cui volto si vede a fianco del putto?


Il grande Erwin Panofsky ha dedicato alcune delle sue pagine più belle a quest’opera.
 
Racconto quale è la sua interpretazione, oggi quasi* (nota di Tony Kospan) universalmente condivisa.


 
 



Il Piacere (partic. by TK)
 
 

La fanciulla il cui bel volto sbuca dietro il putto, è piuttosto strana, 

se si cerca di guardarne il corpo, che in parte si nasconde sempre dietro il putto, 

e non è un caso. 

Perché la bella veste verde che indossa è in parte sollevata, 

ed appare un corpo squamoso, da pesce o da rettile. 

Più in basso, compariranno delle zampe con artigli ed anche una lunga coda. 

In una mano tiene un favo di miele, 

nell’altra cerca di nascondere un piccolo animale venefico.

Non solo, a ben guardare le due mani sono scambiate

la destra è una sinistra, e la sinistra una destra.










Qualche critico, fermandosi alla pelle squamosa, 

ha ritenuto che fosse una Arpia, ma sono le mani, a svelare l’identità: 

la mano cattiva che offre il dono, 

la mano buona che nasconde il veleno:

una duplicità vertiginosa.


E’ la
Frode (anche l’Inganno o l’Ipocrisia, secondo gli iconologi del ’500), 

la cui caratteristica fondamentale è proprio la duplicità: 

per questo il viso è bellissimo ed il corpo orribile, 

per questo le mani sono scambiate, 

per questo non sta in primo piano, ma si nasconde dietro al putto, 

che è il simbolo del Piacere e del Gioco.

Proprio negli anni in cui opera il Bronzino si diffonde il gusto dei labirinti: 

grafici, scolpiti, realizzati nei giardini, 

quasi a significare la perdita di senso, la difficoltà di trovare una risposta univoca: 

la Frode è una moderna Sfinge, più insidiosa di quella che incontrò Edipo.


 


L’inganno – La fanciulla dietro al putto (guardate le mani n.T.K.)

 

 

Se si esamina il particolare in basso a destra del quadro del Bronzino, 

si scoprono altri aspetti di cui alcuni inattesi.

Non lo è il pomo nella mano (splendida!) di Venere

un dono che la dea intende offrire ad Amore o Cupido 

(si badi, è suo figlio, in quasi tutti i miti, e quindi c’è pure il coté incestuoso); 

tiene il pomo in modo che Cupido lo veda 

però con l’altra mano tiene una freccia, che Cupido non può vedere, 

ma di ciò poi.

Si intravedono anche parte delle gambe della dea, 

che è di una bellezza non so dire se divina o diabolica, 

ed il Bronzino a questo voleva portarci, ad una ammirazione tanto forte quanto turbata.




Pomo, Gambe della dea e maschere (partic.)

 

 

Si vede che il putto ha una cavigliera ornata con campanelli, 

un motivo dell’antichità ellenistica che rimanda al Piacere ed al Gioco.

Si intravedono anche le zampe con gli artigli della bella fanciulla

la Frode, e la sua lunga coda, simile, diremmo noi, 

a quella di un enorme serpente a sonagli, 

che presumibilmente il Bronzino non conosceva (ma che strano, sonagli-campanelli!).


– Continua



Autore del testo Solimano – Impaginazione e presentazione di Tony Kospan




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Lavinia Fontana – Breve ricordo ed alcuni dipinti della grande pittrice del tardo manierismo (anche in video)   Leave a comment




Sono state davvero poche, nel ‘500, le pittrici capaci, come lei,

d’aver successo in un mondo prettamente maschile

ed in un’epoca in cui le donne non erano molto considerate

e questo va a suo grande merito.

.

.



Autoritratto



.
Lavinia, grande pittrice del tardo manierismo,
(Bologna, 24 agosto 1552 – Roma, 11 agosto 1614)
è soprattutto nota per i suoi ritratti ed autoritratti
nei quali mostra anche la sua capacità di introspezione psicologica.



Ritratto del Senatore Orsini



Una delle sue opere che maggiormente
stupisce è questa qui giù.

La ragazza dipinta è la figlia di Pedro Gonzales
che aveva ereditato dal padre una rara malattia
che faceva ricoprire tutto il corpo da peli lunghissimi.

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Ritratto di Antonietta Gonzales (partic.)
 
 

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Lavinia, pittrice bolognese ma anche figlia di pittore 
mostra già nei suoi dipinti giovanili
un forte influsso del Correggio e del Parmigianino.

 

 
 
 
 
 
 

Il suo stile manierista è di tipo emiliano,
 
e si differenzia da quello degli artisti contemporanei  
per la estrema precisione dei particolari 
soprattutto negli abbigliamenti e acconciature femminili.

 
 
 
5 donne con cane

 
 
 
Nel 1603 si recò a Roma invitata da Clemente VIII 
e qui collezionò i suoi maggiori successi
anche grazie alla conoscenza ed allo studio delle famose opere
  dei grandi artisti che l’avevano preceduta alla Corte dei Papi.

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Ritratto di Papa Gregorio XIII
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In particolare furono molto apprezzate
 le opere commissionatele da Papa Paolo V.

 
 

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 La visita della Regina di Saba a Salomone

 



Nonostante i suoi tanti e notevoli impegni come pittrice
trovò il modo di avere ed allevare ben 11 figli.




Ritratto di nobildonna




Nel 1613 si ritirò in convento col marito,
a seguito di una crisi religiosa, e l’anno dopo morì.



Lavinia Fontana – Bianca Degli Utili Maselli



Ritengo che sia giusto omaggiare questa grande pittrice che,
 in un’epoca in cui non erano molti gli spazi riservati alle donne
 si fece valere così bene, anche con questo video.

 


 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
CIAO DA TONY KOSPAN





Lavinia Fontana – (Bologna 24.8.1552 – Roma 11.8.1614) – Autoritratto







Giorgio Vasari.. pennello e penna – Pittore ed architetto ma soprattutto.. creatore della Storia dell’Arte   Leave a comment

 
 
 
 
 
Convito di Ester e Assuero
 
 
 
 

Pittore, architetto, scrittore, ma anche scenografo, decoratore, costruttore di apparati effimeri per i carnevali, matrimoni, etc. il versatile aretino però è stato, e resta, soprattutto una miniera di informazioni storiche, tecniche ed artistiche sul mondo dell’arte rinascimentale oltre che l’inventore del linguaggio dell’arte.

Possiamo dire in poche parole che dopo di lui l’Arte, soprattutto come conoscenza, analisi e storia, non fu più la stessa.

Cercheremo di analizzare, in breve come sempre, la sua figura e le sue opere.

 
 
 
 

(Arezzo 30.7.1511 – Firenze 27.6.1574)


 

 

GIORGIO VASARI
PENNELLO E… PENNA…
a cura di Tony Kospan


 
 
 
 
 
Vasari dipinge – Casa di Arezzo




BREVE BIOGRAFIA

 

 

Iniziò giovanissimo a frequentare la bottega d’arte di Guglielmo di Marcillat dove incontrò Rosso Fiorentino che ebbe poi grande influenza nelle sue opere.

A soli 13 anni si trasferisce a Firenze, massimo centro culturale ed artistico dell’epoca, dove conobbe diversi grandi artisti tra cui Michelangelo e Andrea del Sarto che completarono la sua formazione artistica.

 

 

San Giorgio e il Drago

 

 

Qui strinse un sodalizio artistico con il quasi coetaneo Del Salviati Cecchino insieme al quale affrescò, per il cardinale Salviati a Palazzo Salviati, “La vita di Giovanni il Battista” che portò fama soprattutto al Cecchino e col quale fece un viaggio per ammirare opere d’arte in varie città d’Italia tra cui Roma, Napoli e Bologna, ma nelle quali operò anche.


 

 

I sei poeti toscani

 

 


Il centro principale della sua attività però restò Firenze dove fondò l’Accademia delle arti e del disegno, insieme ad altri artisti, e dove conobbe Cosimo I dei Medici che gli commissionò delle opere architettoniche e, dal 1560 in poi, fu incaricato della Costruzione del Palazzo degli Uffizi, della ristrutturazione di Palazzo Vecchio e del Palazzo degli Anziani di Pisa.


 

 

La nascita di Venere

 

 

Sue caratteristiche sono in primis il piacere di lavorare in compagnia di altri artisti, al punto che da alcuni è anche stato definito una specie di talent scout, ed un’altra, come dirà egli stesso, è la sua grande celerità nel dipingere.

In tutto il corso della sua vita alternò la creazione di opere d’arte con quella di “opere effimere”.

Cioè curava anche l’organizzazione e le scenografie per matrimoni nobiliari, per manifestazioni teatrali, carnevalesche etc..

Morì nel 1574 a Firenze.

 

 

 

 

LO STILE DEL VASARI PITTORE

 

 

Caino e Abele – Dipinto a Napoli

 

Può essere considerato fra i maggiori manieristi tosco-romani ma possiamo forse meglio definire il suo stile come una combinazione tra il manierismo, le visioni michelangiolesche e la vivacità dei colori di Rosso Fiorentino.

Il Manierismo è la corrente artistica che si distinse per la ricerca di uno stile fatto di eleganza, armonia e sicurezza che ebbe vita dal 1525 fino al 1563 anche se il termine fu usato dal Vasari principalmente per descrivere il virtuosismo del pittore.
 
 
 

La fucina di Vulcano

 

 

In effetti la pittura vasariana è incredibilmente precisa e ricchissima di particolari, anche minimi, come possiamo accorgerci esaminando ad es. capelli, mani, occhi, vesti, oggetti etc…, ed i colori sono sempre vivaci,vari e stupendamente applicati.
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Sala di Cosimo il Vecchio – Palazzo Vecchio – Firenze



 
Tuttavia la sua pittura, pur elegantissima, appare non manifestare quel pathos, quel calore, che caratterizza le opere dei grandissimi del Rinascimento.
 
 
 
 
“LE VITE”
E LA NASCITA DELLA STORIA DELL’ARTE

 
 
 
 
 
 

Come si diceva all’inizio, pur essendo stato un valente (ma non geniale) pittore, architetto e non solo, tuttavia la sua fama principale oggi gli viene dalla sua opera letteraria che rappresenta una vera e propria pietra miliare nel campo della storiografia e del linguaggio nel campo dell’Arte.
 
Eppure il Vasari, in una lettera ad un amico, si lamentava di non esser così bravo con la penna come col pennello!!!!

 
 
 

Allegoria della giustizia

 

 

 

Le vite de’ più eccellenti pittori, scultori e architettori, da Cimabue insino a’ tempi nostri è il titolo originale dell’opera che ebbe 2 edizioni, la prima nel 1550 e la seconda nel 1568, ma che per brevità ormai è da tutti chiamata “Le vite“.
 
L’opera contiene oltre 160 biografie di artisti ed è quindi un’opera che possiamo definire “monumentale” e la sua importanza è immensa al di là della condivisione o meno di diversi suoi giudizi sugli artisti di cui scrive ed altresì al di là di diversi errori.
 
Inizia, proprio grazie a “Le vite”, l’interesse per le biografie degli artisti, per la critica e l’analisi delle opere, per le conoscenze delle tecniche pittoriche e per la storia delle “scuole” dal duecento in poi.

Infine appare evidente la consapevolezza, in lui, di tutto quello che il suo secolo rappresentava per l’evoluzione dell’Arte mondiale dato che proprio a lui si deve la creazione del termine “Rinascita“.
 
 
 

Battaglia di Marciano

 

 

Ne “Le vite” il Vasari parla anche di se stesso come “Novello Giotto“ e racconta, in alcuni casi con dovizia di particolari (come per il periodo napoletano), ed in altri con strategici silenzi o strategiche amplificazioni la sua vita e le sue opere…
 
Il testo, a dire il vero, contiene anche diversi e marchiani errori in quanto il Vasari prendeva per buone anche le dicerie e le leggende createsi intorno alle vite degli artisti vissuti nei secoli precedenti ma tuttavia queste inesattezze, che per lungo tempo hanno inficiato l’attendibilità dell’opera, non possono danneggiarne nè l’impianto complessivo nè la precisione e la cura dei “suoi” giudizi estetici e critici come concordemente oggi la critica ha finalmente riconosciuto.
 
 
 

 

 

 
In ogni caso non possiamo sottacere 2 importanti aspetti:
 
1 – che le vite degli artisti temporalmente a lui più vicini appaiono abbastanza corrette e precise…
 
2 – che alla sua epoca non c’erano certo i moderni strumenti tecnologici che avrebbero potuto consentirgli più precise ricerche ed analisi scientifiche.
 
Pertanto, in considerazione dell’assoluta innovazione rispetto al preesistente “vuoto” (o quanto meno “grande dispersione“) di conoscenze nel mondo dell’arte, al Vasari ed alle sue “VITE” va riconosciuto un merito davvero incommensurabile…

 
Tony Kospan
 
 
Copyright Tony Kospan – Tutti i diritti riservati




 
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Casa Vasari – Storie di Zeus




Vasari.. pennello e penna – Pittore ed architetto del ‘500 ma soprattutto creatore della Storia dell’Arte   Leave a comment

 
 
 
 
 
Convito di Ester e Assuero
 
 
 
 

Pittore, architetto, scrittore, ma anche scenografo, decoratore, costruttore di apparati effimeri per i carnevali, matrimoni, etc. il versatile aretino però è stato, e resta, soprattutto una miniera di informazioni storiche, tecniche ed artistiche sul mondo dell’arte rinascimentale oltre che l’inventore del linguaggio dell’arte.

Possiamo dire in poche parole che dopo di lui l’Arte, soprattutto come conoscenza, analisi e storia, non fu più la stessa.

Cercheremo di analizzare, in breve come sempre, la sua figura e le sue opere.

 
 
 
 

(Arezzo 30.7.1511 – Firenze 27.6.1574)


 

 

GIORGIO VASARI
PENNELLO E… PENNA…
a cura di Tony Kospan


 
 
 
 
 
Vasari dipinge – Casa di Arezzo




BREVE BIOGRAFIA

 

 

Iniziò giovanissimo a frequentare la bottega d’arte di Guglielmo di Marcillat dove incontrò Rosso Fiorentino che ebbe poi grande influenza nelle sue opere.

A soli 13 anni si trasferisce a Firenze, massimo centro culturale ed artistico dell’epoca, dove conobbe diversi grandi artisti tra cui Michelangelo e Andrea del Sarto che completarono la sua formazione artistica.

 

 

San Giorgio e il Drago

 

 

Qui strinse un sodalizio artistico con il quasi coetaneo Del Salviati Cecchino insieme al quale affrescò, per il cardinale Salviati a Palazzo Salviati, “La vita di Giovanni il Battista” che portò fama soprattutto al Cecchino e col quale fece un viaggio per ammirare opere d’arte in varie città d’Italia tra cui Roma, Napoli e Bologna, ma nelle quali operò anche.


 

 

I sei poeti toscani

 

 


Il centro principale della sua attività però restò Firenze dove fondò l’Accademia delle arti e del disegno, insieme ad altri artisti, e dove conobbe Cosimo I dei Medici che gli commissionò delle opere architettoniche e, dal 1560 in poi, fu incaricato della Costruzione del Palazzo degli Uffizi, della ristrutturazione di Palazzo Vecchio e del Palazzo degli Anziani di Pisa.


 

 

La nascita di Venere

 

 

Sue caratteristiche sono in primis il piacere di lavorare in compagnia di altri artisti, al punto che da alcuni è anche stato definito una specie di talent scout, ed un’altra, come dirà egli stesso, è la sua grande celerità nel dipingere.

In tutto il corso della sua vita alternò la creazione di opere d’arte con quella di “opere effimere”.

Cioè curava anche l’organizzazione e le scenografie per matrimoni nobiliari, per manifestazioni teatrali, carnevalesche etc..

Morì nel 1574 a Firenze.

 

 

 

 

LO STILE DEL VASARI PITTORE

 

 

Caino e Abele – Dipinto a Napoli

 

Può essere considerato fra i maggiori manieristi tosco-romani ma possiamo forse meglio definire il suo stile come una combinazione tra il manierismo, le visioni michelangiolesche e la vivacità dei colori di Rosso Fiorentino.

Il Manierismo è la corrente artistica che si distinse per la ricerca di uno stile fatto di eleganza, armonia e sicurezza che ebbe vita dal 1525 fino al 1563 anche se il termine fu usato dal Vasari principalmente per descrivere il virtuosismo del pittore.
 
 
 

La fucina di Vulcano

 

 

In effetti la pittura vasariana è incredibilmente precisa e ricchissima di particolari, anche minimi, come possiamo accorgerci esaminando ad es. capelli, mani, occhi, vesti, oggetti etc…, ed i colori sono sempre vivaci,vari e stupendamente applicati.
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Sala di Cosimo il Vecchio – Palazzo Vecchio – Firenze



 
Tuttavia la sua pittura, pur elegantissima, appare non manifestare quel pathos, quel calore, che caratterizza le opere dei grandissimi del Rinascimento.
 
 
 
 
“LE VITE”
E LA NASCITA DELLA STORIA DELL’ARTE

 
 
 
 
 
 

Come si diceva all’inizio, pur essendo stato un valente (ma non geniale) pittore, architetto e non solo, tuttavia la sua fama principale oggi gli viene dalla sua opera letteraria che rappresenta una vera e propria pietra miliare nel campo della storiografia e del linguaggio nel campo dell’Arte.
 
Eppure il Vasari, in una lettera ad un amico, si lamentava di non esser così bravo con la penna come col pennello!!!!

 
 
 

Allegoria della giustizia

 

 

 

Le vite de’ più eccellenti pittori, scultori e architettori, da Cimabue insino a’ tempi nostri è il titolo originale dell’opera che ebbe 2 edizioni, la prima nel 1550 e la seconda nel 1568, ma che per brevità ormai è da tutti chiamata “Le vite“.
 
L’opera contiene oltre 160 biografie di artisti ed è quindi un’opera che possiamo definire “monumentale” e la sua importanza è immensa al di là della condivisione o meno di diversi suoi giudizi sugli artisti di cui scrive ed altresì al di là di diversi errori.
 
Inizia, proprio grazie a “Le vite”, l’interesse per le biografie degli artisti, per la critica e l’analisi delle opere, per le conoscenze delle tecniche pittoriche e per la storia delle “scuole” dal duecento in poi.

Infine appare evidente la consapevolezza, in lui, di tutto quello che il suo secolo rappresentava per l’evoluzione dell’Arte mondiale dato che proprio a lui si deve la creazione del termine “Rinascita“.
 
 
 

Battaglia di Marciano

 

 

Ne “Le vite” il Vasari parla anche di se stesso come “Novello Giotto“ e racconta, in alcuni casi con dovizia di particolari (come per il periodo napoletano), ed in altri con strategici silenzi o strategiche amplificazioni la sua vita e le sue opere…
 
Il testo, a dire il vero, contiene anche diversi e marchiani errori in quanto il Vasari prendeva per buone anche le dicerie e le leggende createsi intorno alle vite degli artisti vissuti nei secoli precedenti ma tuttavia queste inesattezze, che per lungo tempo hanno inficiato l’attendibilità dell’opera, non possono danneggiarne nè l’impianto complessivo nè la precisione e la cura dei “suoi” giudizi estetici e critici come concordemente oggi la critica ha finalmente riconosciuto.
 
 
 

 

 

 
In ogni caso non possiamo sottacere 2 importanti aspetti:
 
1 – che le vite degli artisti temporalmente a lui più vicini appaiono abbastanza corrette e precise…
 
2 – che alla sua epoca non c’erano certo i moderni strumenti tecnologici che avrebbero potuto consentirgli più precise ricerche ed analisi scientifiche.
 
Pertanto, in considerazione dell’assoluta innovazione rispetto al preesistente “vuoto” (o quanto meno “grande dispersione“) di conoscenze nel mondo dell’arte, al Vasari ed alle sue “VITE” va riconosciuto un merito davvero incommensurabile…

 
Tony Kospan
 
 
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Casa Vasari – Storie di Zeusi

 

I segreti dell’Allegoria dell’Amore e del Tempo… mitica opera del Bronzino – II Parte   Leave a comment

 
 




Ripartiamo, nell’analisi del dipinto,
dalle gambe della dea, dal pomo e dalle maschere
con le parole del Solimano.


 
 
 
 
 
 
 

L’ALLEGORIA DELL’AMORE E DEL TEMPO
ARTE E SEGRETI
II  PARTE
 
 
Ma soprattutto si vedono due maschere, una giovane donna ed un uomo anziano che ha l’aria trista (triste+cattiva).
Le maschere, dice Erwin Panofsky, da sempre simboleggiano “la mondanità, l’insincerità e la falsità”.
Un raccordo con la Frode (la fanciulla), ma anche con il Piacere ed il Gioco (il putto). 
Tutto continua ad essere chiaro ed ambiguo, duplice. 
Nel particolare qui sotto del quadro del Bronzino, si vedono in parte i corpi bellissimi dei due amanti, Venere e Cupido, e continuano a comparire dei simboli, dei sublimi feticci.
Ambiguamente, il voyeurismo si nasconde dietro il significato morale e viceversa.






Proprio nell’angolo in basso si vede una colomba, ma poi se si guarda bene, si vede anche spuntare il becco e la testa di un’altra colomba.
Tubare come colombi” si dice ancor oggi, ed Erwin Panofsky scrive che era un simbolo usuale di “tenera sollecitudine”, a cui è da aggiungere che le coppie di colombi sono note per la monogamia.
Il contesto non sembra quello, considerando il cuscino evidentemente morbidissimo sotto le ginocchia di Cupido, oggetto piuttosto raro allora.
Ancora oggi parliamo dei cuscini in “piumino d’oca” proprio per intendere che la morbidezza è il primo requisito del cuscino, che è un simbolo di lascivia e di mollezza.
“I Racconti del Cuscino” è il titolo di un film pregevole ed originale di Peter Greenaway, l’autore de “I misteri dei Giardini di Compton House”.
Il tema ricorrente di Greenaway è una acuta indagine sull’erotismo, un po’ quello che fa il Bronzino qui.
Dietro Cupido, si intravedono le foglie di un mirto, simbolo classico dell’amore.



 




Ma il corpo di Cupido, è maschile o femminile?
Ci tornerò alla fine. 
In alto c’è un vecchio assai vigoroso, attento e lucidamente iracondo, la testa pelata ed una strana barba assai folta, dove c’è. I baffi spioventi gli coprono le labbra.
Ancora più in alto si vede un’ala biancastra e, vicino alla testa del vecchio, si intravede parte di una clessidra.
Corrisponde con la colomba nell’angolo opposto, quella di cui si vede solo il becco e la testa – il Bronzino era assai lucido nell’organizzare, nel pesare la rappresentazione, ed in questo caso si tratta musicalmente di due note in minore, ma indispensabili.
Questo vecchio è il simbolo del tempo, lo comprendono tutti, ma è bene porsi due domande, una particolare, ed una generale.
Che cosa sta facendo il tempo, anzi il Tempo?



Il tempo 




Sta tirando in alto un drappo, una specie di grande tenda, sta svelando il quadro, con tutti i suoi significati e la loro ambiguità che, per il fatto stesso che ce ne accorgiamo, non c’è più, perché “Veritas filia Temporis”.
 
Perché il Tempo è vecchio? Una domanda ovvia, ma solo in apparenza.
 
Parrà strano, ma nella antichità classica il Tempo non era rappresentato come un vecchio, non c’era questa attenzione all’età del Tempo, anzi, spesso era rappresentato come un giovane con le ali ai piedi: Kairòs, l’Opportunità, che passa veloce e la devi cogliere subito, difatti aveva un gran ciuffo davanti e la nuca rasata.
Il Tempo è rappresentato come un vecchio per l’equivoco tardo-antico fra due parole greche che hanno significato diverso: Chronos, il tempo e Kronos, il padre di Zeus, vecchio e cattivissimo, un mangiabambini, alla lettera.
 
Lascio a voi la riflessione su quanto questa identificazione negativa del Tempo abbia pesato sulla visione di vita di tutto l’Occidente.
 
Per gli antichi Greci, Chronos era una cosa e Kronos tutta un’altra cosa.
 
Kronos, il nostro Saturno, si è mangiato pure Chronos… ed è un bel guaio.









Sono rappresentate due donne, nella parte del dipinto in alto a sinistra.
La simbologia di una delle due, la donna che piange ed urla strappandosi i capelli, è stata sempre chiara, dal Vasari ad oggi, anzi ben prima del Vasari e del Bronzino: è il simbolo della Gelosia disperata, altro inconveniente dell’amore, forse quello che più fa soffrire.

Riguardo la donna più in alto ci sono state molte discussioni; Erwin Panofsky credette di essere arrivato nel giusto definendola come Verità che aiuta il Tempo ad alzare il velo: Veritas filia Temporis, appunto. 
Quindi ritenne che il titolo più appropriato del quadro era: “La lussuria smascherata“. 
Ma ebbe la correttezza di cambiare idea quando osservò che nel quadro c’è una contrapposizione fra questa donna ed il Tempo: si scambiano sguardi irosi e sembra che la donna cerchi più di continuare a coprire col drappo piuttosto che alzarlo. 
Oggi l’interpretazione più diffusa ritiene che questa donna rappresenti la Notte, colei che cela gli amanti ed in cui sembra che il tempo si fermi. 

 
 
 

 

 

Al centro del quadro Cupido e Venere si baciano e si carezzano lascivamente, ma le forme di Cupido hanno ben poco di maschile, sembra un androgino.
 
Qui c’è tutta la cultura neoplatonica di Firenze che tendeva ad una rappresentazione molto simile dei corpi maschili e femminili, lo si vede benissimo dai disegni di Leonardo, Michelangelo e Raffaello.
 
L’aspetto più sorprendente è la gestualità dei due amanti: Venere ha in mano una freccia, Cupido tiene una mano sui capelli di Venere, sino ad arrivare al diadema. 
 
Non possono essere gesti vacui, e l’interpretazione è singolare: entrambi stanno perseguendo la stessa finalità, che è quella di sottrarre qualcosa senza che l’altro se ne accorga.
 
Venere disarma Cupido privandolo della freccia, e Cupido disarma Venere privandola del suo diadema.
 
Entrambi operano in modo nascosto, difatti i loro gesti non possono essere reciprocamente visti.
 
Trovo convincente questa interpretazione, perché dopo che la si è sentita la prima volta non si può fare a meno di vedere la specularità dei due gesti, che sono fra di loro in corrispondenza fraudolenta.



 




Rivediamolo infine un’ultima volta e tutto intero, il quadro,
dopo gli spezzettamenti faticosi della spiegazione.


 

 

 

 


 

Un altro titolo dell’opera, forse più vicino alle intenzioni dell’artista, è “L’Allegoria del Trionfo di Venere”.
 
 
Il quadro è stato eseguito attorno al 1546 e segna la fine del periodo dei manieristi eroici e furiosi: il Parmigianino, il Rosso fiorentino, il Pontormo, i pittori della crisi politica italiana.
 
Due poteri politici assoluti, il Vaticano e la Spagna, hanno vinto, e “la lucida intenzionalità con cui il Bronzino dà forma incorrotta alla materia pittorica, fissando le immagini in una statica e aulica preziosità, si pone come superamento delle inquietudini della precedente generazione manieristica”.
 
E’ “un emblematico riflesso della volontà assolutistica della politica”.
 
Nel tempo succederà altre volte, ancora con grandi artisti: Guido Reni, dopo la tempesta sublime e terrestre del Caravaggio, e Jean Dominique Ingres, dopo la Rivoluzione francese, in piena Restaurazione.
 
Ma se seguiamo Erwin Panofsky, ci accorgiamo di quanta duplicità, ambiguità, insicurezza, ci sia dietro questo trionfo allegorico, ed il Bronzino ne era consapevole, solo che i tempi erano quelli.
 
La scialuppa di salvataggio non è il trionfo, è la consapevolezza, ed il sorriso che ne scaturisce, non ironico né grottesco, è il sorriso di chi ha capito, e va bene così, perché chi se ne accorge già è fuori dal gioco fraudolento della ipocrisia fatta sistema, dei disvalori elevati a valori.
 


Questo può essere il senso catartico del capolavoro del Bronzino.

 

F i n e

 

Testo di Solimano – Impaginazione note e coordinam. di Tony Kospan




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Lavinia Fontana.. una pittrice rinascimentale di successo – Biografia ed opere   Leave a comment




Sono state davvero poche, nel ‘500, le pittrici capaci, come lei,

d’aver successo in un mondo prettamente maschile

ed in un’epoca in cui le donne non erano molto considerate

e questo va a suo grande merito.

.

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Autoritratto



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Lavinia, grande pittrice del tardo manierismo,
(Bologna, 24 agosto 1552 – Roma, 11 agosto 1614)
è soprattutto nota per i suoi ritratti ed autoritratti
nei quali mostra anche la sua capacità di introspezione psicologica.



Ritratto del Senatore Orsini



Una delle sue opere che maggiormente
stupisce è questa qui giù.

La ragazza dipinta è la figlia di Pedro Gonzales
che aveva ereditato dal padre una rara malattia
che faceva ricoprire tutto il corpo da peli lunghissimi.

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.


 
 
Ritratto di Antonietta Gonzales (partic.)
 
 

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Lavinia, pittrice bolognese ma anche figlia di pittore 
mostra già nei suoi dipinti giovanili
un forte influsso del Correggio e del Parmigianino.

 

 
 
 
 
 
 

Il suo stile manierista è di tipo emiliano,
 
e si differenzia da quello degli artisti contemporanei  
per la estrema precisione dei particolari 
soprattutto negli abbigliamenti e acconciature femminili.

 
 
 
5 donne con cane

 
 
 
Nel 1603 si recò a Roma invitata da Clemente VIII 
e qui collezionò i suoi maggiori successi
anche grazie alla conoscenza ed allo studio delle famose opere
  dei grandi artisti che l’avevano preceduta alla Corte dei Papi.

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Ritratto di Papa Gregorio XIII
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In particolare furono molto apprezzate
 le opere commissionatele da Papa Paolo V.

 
 

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 La visita della Regina di Saba a Salomone

 



Nonostante i suoi tanti e notevoli impegni come pittrice
trovò il modo di avere ed allevare ben 11 figli.




Ritratto di nobildonna




Nel 1613 si ritirò in convento col marito,
a seguito di una crisi religiosa, e l’anno dopo morì.



Lavinia Fontana – Bianca Degli Utili Maselli



Ritengo che sia giusto omaggiare questa grande pittrice che,
 in un’epoca in cui non erano molti gli spazi riservati alle donne
 si fece valere così bene, anche con questo video.

 


 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
CIAO DA TONY KOSPAN





Lavinia Fontana – (Bologna 24.8.1552 – Roma 11.8.1614) – Autoritratto







I segreti dell’Allegoria dell’Amore e del Tempo… mitica opera del Bronzino – I Parte   Leave a comment






Spesso gli artisti amano nascondere nele loro opere
pensieri e/o messaggi segreti
che solo pochi poi riescono a individuare e comprendere in modo completo.
Nel periodo Rinascimentale la cosa era molto frequente.

Questo, nella Storia dell’Arte, è proprio uno dei dipinti
più emblematici in tal senso.







In verità ciò, a mio parere, non vuol dire
che bisogna conoscer tutto lo scibile umano
per comprender un’opera d’arte
ma solo che ci possono essere tante “letture”
quante sono le nostre capacità di comprensione
dello spirito e delle idee dell’autore
nonché dell’ambiente reale ed artistico in cui l’opera nasce.



art 34art 34art 34art 34art 34art 34art 34art 34art 34



ALLEGORIA DELL’AMORE E DEL TEMPO

– ARTE E SEGRETI

 

I PARTE

 

 

Agnolo Bronzino


 

In questo post analizzeremo questo famoso dipinto “manierista” che nasconde, dietro la fantastica ed abbagliante bellezza molto, ma davvero molto…, molto altro.
 
Ogni immagine che vediamo nel dipinto infatti non è per nulla casuale… ma ci lancia in modo evidente una serie di messaggi, per la verità non tutti, e non del tutto, decifrati… o decifrabili.
 
Iniziamo dunque, grazie a quest’ampia analisi del Solimano, ricca anche di accenni storici e mitologici, ad approfondire tutto quello che il Bronzino ci vuol dire von questo dipinto.
 
Tony Kospan
 
 
  
 
L’Allegoria dell’Amore e del Tempo – Il dipinto completo
   

 

 
Il quadro più celebre di Agnolo Bronzino è “L’Allegoria dell’Amore e del Tempo“, 

attualmente esposto alla National Gallery di Londra.
 
Fu eseguito attorno al 1546, ed immediatamente mandato da Cosimo, duca di Firenze, 

a Francesco, re di Francia.
 
E’ certamente una allegoria, il titolo che ho riportato è quello più diffuso.
 


Così ne narra il Vasari“Fece un quadro di singolare bellezza, 

che fu mandato in Francia al re Francesco, dentro il quale era una Venere ignuda con Cupido che la baciava, 

ed il Piacere da un lato e il Giuoco con altri Amori, e dall’altro la Fraude, la Gelosia et altre passioni d’amore”.
 

C’è qualche inesattezza, ma è comprensibile, il Vasari scriveva a memoria, 

il quadro era già in Francia da diverso tempo.
 
Se si dovesse scegliere l’emblema del manierismo maturo non c’è alcun dubbio, 

sarebbe questo quadro, considerato da molti un’opera di sensualità affascinante, 

ed il re di Francia lo gradì soprattutto per questo motivo, 

come ben sapeva quella volpe di Cosimo de’ Medici.

 
Ma è proprio così?

 


O, per meglio dire, è solo così?
 
Nel particolare che inserisco si vede un putto bellissimo che va spargendo petali di rose


è il simbolo del Piacere, su questo sono tutti d’accordo, fin dal Vasari, 


ma chi è la fanciulla assai bella – di una bellezza diversa – il cui volto si vede a fianco del putto?


Il grande Erwin Panofsky ha dedicato alcune delle sue pagine più belle a quest’opera.
 
Racconto quale è la sua interpretazione, oggi quasi* (nota di Tony Kospan) universalmente condivisa.


 
 



Il Piacere (partic. by TK)
 
 

La fanciulla il cui bel volto sbuca dietro il putto, è piuttosto strana, 

se si cerca di guardarne il corpo, che in parte si nasconde sempre dietro il putto, 

e non è un caso. 

Perché la bella veste verde che indossa è in parte sollevata, 

ed appare un corpo squamoso, da pesce o da rettile. 

Più in basso, compariranno delle zampe con artigli ed anche una lunga coda. 

In una mano tiene un favo di miele, 

nell’altra cerca di nascondere un piccolo animale venefico.

Non solo, a ben guardare le due mani sono scambiate

la destra è una sinistra, e la sinistra una destra.










Qualche critico, fermandosi alla pelle squamosa, 

ha ritenuto che fosse una Arpia, ma sono le mani, a svelare l’identità: 

la mano cattiva che offre il dono, 

la mano buona che nasconde il veleno:

una duplicità vertiginosa.


E’ la
Frode (anche l’Inganno o l’Ipocrisia, secondo gli iconologi del ’500), 

la cui caratteristica fondamentale è proprio la duplicità: 

per questo il viso è bellissimo ed il corpo orribile, 

per questo le mani sono scambiate, 

per questo non sta in primo piano, ma si nasconde dietro al putto, 

che è il simbolo del Piacere e del Gioco.

Proprio negli anni in cui opera il Bronzino si diffonde il gusto dei labirinti: 

grafici, scolpiti, realizzati nei giardini, 

quasi a significare la perdita di senso, la difficoltà di trovare una risposta univoca: 

la Frode è una moderna Sfinge, più insidiosa di quella che incontrò Edipo.


 


L’inganno – La fanciulla dietro al putto (guardate le mani n.T.K.)

 

 

Se si esamina il particolare in basso a destra del quadro del Bronzino, 

si scoprono altri aspetti di cui alcuni inattesi.

Non lo è il pomo nella mano (splendida!) di Venere

un dono che la dea intende offrire ad Amore o Cupido 

(si badi, è suo figlio, in quasi tutti i miti, e quindi c’è pure il coté incestuoso); 

tiene il pomo in modo che Cupido lo veda 

però con l’altra mano tiene una freccia, che Cupido non può vedere, 

ma di ciò poi.

Si intravedono anche parte delle gambe della dea, 

che è di una bellezza non so dire se divina o diabolica, 

ed il Bronzino a questo voleva portarci, ad una ammirazione tanto forte quanto turbata.




Pomo, Gambe della dea e maschere (partic.)

 

 

Si vede che il putto ha una cavigliera ornata con campanelli, 

un motivo dell’antichità ellenistica che rimanda al Piacere ed al Gioco.

Si intravedono anche le zampe con gli artigli della bella fanciulla

la Frode, e la sua lunga coda, simile, diremmo noi, 

a quella di un enorme serpente a sonagli, 

che presumibilmente il Bronzino non conosceva (ma che strano, sonagli-campanelli!).


– Continua



Autore del testo Solimano – Impaginazione e presentazione di Tony Kospan




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