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Martedì sera in poesia “Ad un’ignota” G. Gozzano – arte Champney – canzone “La vita mia” Minghi 1 comment
La Befana Epifania ed i Re Magi nelle poesie.. nell’arte.. nelle canzoni e non solo Leave a comment
Cari amici la poesia, come ben sapete, affronta ogni aspetto della nostra vita.
L’Epifania è classicamente la festa che… tutte le feste porta via e conclude il lungo periodo delle feste Natalizie dopo il quale riprenderà per tutti, nel bene e/o nel male, la cd “vita normale”.
Proprio questa festa, insieme ai Re Magi, è il tema stavolta delle poesie e delle canzoni… che come immaginerete… piaceranno a chi ama ricordare atmosfere del passato ma soprattutto ai bambini…
LA BEFANA EPIFANIA ED I RE MAGI
NELLE POESIE.. NELLE CANZONI.. NELL’ARTE E NON SOLO
a cura di Tony Kospan
Ma… che vuol dire Epifania?
L’Epifania è una festa religiosa che deriva il suo nome da un termine greco – ἐπιφάνεια, epifaneia -che significa rivelazione.
E la Befana?
La Befana è invece un’antichissima festa connessa a tradizioni agrarie pagane relative al momento di passaggio tra la fine dell’anno e la nascita del nuovo… che narravano di divinità femminili che volavano per i campi per favorire i raccolti futuri.
Nel Medio Evo prende le sembianze di simpatica stregaccia dispensatrice di carbone o doni ai bambini a seconda che si siano comportati bene o male.
Masaccio
In quest’era di globalizzazione però la nostra italianissima “vecchiaccia” soffre molto la concorrenza dei regali di Babbo Natale mentre fino a pochi decenni fa era attesissima ed amatissima dai bambini perché poi, alla fine, si rivelava sempre buonissima e generosissima di regali… e quindi questa festa era davvero molto sentita da grandi e piccoli.
L’Epifania, con i Re Magi e La Befana, non poteva non interessare i poeti ma per la sua grande popolarità sono tantissime anche le filastrocche come questa che segue, per me simpaticissima.
ZITTI ZITTI PRESTO A LETTO
Filastrocca
Zitti, zitti, presto a letto
la Befana è qui sul tetto,
sta guardando dal camino
se già dorme ogni bambino,
se la calza è ben appesa,
se la luce è ancora accesa!
Quando scende , sola, sola,
svelti sotto alle lenzuola!
Li chiudete o no quegli occhi?
Se non siete stati buoni
niente dolci, né balocchi,
solo cenere e carbone!
Anche le canzoni che parlano della Befana sono ovviamente tutte di carattere popolare e dedicate ai bambini, (mitica quella di Gianni Morandi).
Come sempre mi piacerebbe leggere, su questo tema, poesie vostre o di altri che piacciono a voi e segnalo tra le poesie di quest’anno quella di Edmond Rostand (l’autore del Cyrano) che ci parla in modo sublime della Stella dei Re Magi e quella che è la più nota e la più classica di tutte e che non può mai mancare.. La befana del Pascoli.
QUANTO MANCA A BETLEMME?
Frances Chesterton
Quanto manca a Betlemme?
Siete quasi alla meta.
Troveremo una stalla
sotto una stella cometa?
Il bimbo appena nato
potremo visitare?
Levando il chiavistello
ci lasceranno entrare?
L’asino, il bue,
le pecore potremo accarezzare?
Gesù Bambino che dorme
potremo contemplare?
Se lo accarezzeremo si sveglierà?
Saprà che siam venuti
apposta fino qua?
I Re ricchi doni
e noi invece nulla,
solo sorrisi e lacrime
offriamo alla tua culla.
Per tutti i bimbi stanchi
pianger Maria dovrà.
Disteso sulla paglia
il bimbo dorme già.
Dio in braccio alla madre,
bambini nel capanno
dormono come dorme
chi ha il cuore senza affanno!


IL MISTERO DELLA BEFANA
Massimo Grillandi
Vecchia, dev’esser vecchia per davvero.
sono duemila anni che cammina.
Proprio non so come faccia la vecchina
a portare con sé un negozio intero.
Dentro quel sacco ce ne son di cose:
trombe. trenini. bambole e pistole,
palle e fucili. quanti se ne vuole.
Son faccende. a dir poco, misteriose.
Come scenda. ad esempio. negli oscuri
e stretti fori dei camini e vada
per monti e valli, lungo la sua strada
e nessuno dimentichi o trascuri.


Andrea Mantegna
LA STELLA
Edmond Rostand
Persero un giorno la stella.
Com’è possibile perdere la stella?
Per averla fissata troppo a lungo…
I due re bianchi,
ch’erano due sapienti di Caldea,
col bastone tracciarono sul suolo grandi cerchi.
Si misero a far calcoli, si grattarono il mento…
Ma la stella era scomparsa
come scompare un’idea,
e quegli uomini, l’anima dei quali
aveva sete di essere guidata,
piansero drizzando le tende di cotone.
Ma il povero re nero, disprezzato dagli altri,
disse a se stesso: “Pensiamo alla sete
che non è la nostra.
Occorre dar da bere, lo stesso, agli animali”.
E mentre reggeva il suo secchio,
nello spicchio di cielo
in cui si abbeveravano i cammelli
egli scorse la stella d’oro che danzava silente.


LETTERA ALLA BEFANA
Gianni Rodari
Mi hanno detto, cara Befana,
che tu riempi la calza di lana,
che tutti i bimbi, se stanno buoni,
da te ricevono ricchi doni.
Io buono sempre sono stato
ma un dono mai me lo hai portato.
Anche quest’anno nel calendario
tu passi proprio in perfetto orario,
ma ho paura, poveretto,
che tu viaggi in treno diretto;
un treno che salta tante stazioni
dove ci sono bimbi buoni.
Io questa lettera ti ho mandato
per farti prendere l’accelerato!
Oh cara Befana, prendi un trenino
che fermi a casa di ogni bambino,
che fermi alle case dei poveretti
con tanti doni e tanti confetti..


LA BEFANA
Giovanni Pascoli
Viene viene la Befana
vien dai monti a notte fonda.
Come è stanca! La circonda
neve, gelo e tramontana.
Viene viene la Befana.
Ha le mani al petto in croce,
e la neve è il suo mantello
ed il gelo il suo pannello
ed il vento la sua voce.
Ha le mani al petto in croce.
E s’accosta piano piano
alla villa, al casolare,
a guardare, ad ascoltare
or più presso or più lontano.
Piano piano, piano piano.
Che c’è dentro questa villa?
Uno stropiccìo leggero.
Tutto è cheto, tutto è nero.
Un lumino passa e brilla.
Che c’è dentro questa villa?
Guarda e guarda…tre lettini
con tre bimbi a nanna, buoni.
guarda e guarda…ai capitoni
c’è tre calze lunghe e fini.
Oh! tre calze e tre lettini.
Il lumino brilla e scende,
e ne scricchiolan le scale;
il lumino brilla e sale,
e ne palpitan le tende.
Chi mai sale? Chi mai scende?
Co’ suoi doni mamma è scesa,
sale con il suo sorriso.
Il lumino le arde in viso
come lampada di chiesa.
Co’ suoi doni mamma è scesa.
La Befana alla finestra
sente e vede, e s’allontana.
Passa con la tramontana,
passa per la via maestra,
trema ogni uscio, ogni finestra.
E che c’è nel casolare?
Un sospiro lungo e fioco.
Qualche lucciola di fuoco
brilla ancor nel focolare.
Ma che c’è nel casolare?
Guarda e guarda… tre strapunti
con tre bimbi a nanna, buoni.
Tra la cenere e i carboni
c’è tre zoccoli consunti.
Oh! tre scarpe e tre strapunti…
E la mamma veglia e fila
sospirando e singhiozzando,
e rimira a quando a quando
oh! quei tre zoccoli in fila…
Veglia e piange, piange e fila.
La Befana vede e sente;
fugge al monte, ch’è l’aurora.
Quella mamma piange ancora
su quei bimbi senza niente.
La Befana vede e sente.
La Befana sta sul monte.
Ciò che vede è ciò che vide:
c’è chi piange e c’è chi ride;
essa ha nuvoli alla fronte,
mentre sta sul bianco monte.
Non mi resta infine che augurare a tutti…
Tony Kospan

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Moroni Giovanni Battista
GUIDO GOZZANO – Ecco da vicino l’uomo.. il suo mondo.. l’amore.. villa Meleto ed alcune poesie Leave a comment
Con questo post desidero approfondire la conoscenza di questo poeta che,
nonostante la sua breve vita, a mio parere,
occupa un posto molto importante nella poesia italiana del primo ‘900.
(Torino 19.12.1883 – Torino 9.8.1916)
Benché di famiglia “bene”
(il padre era ingegnere e la madre figlia di un senatore)
Guido, 4° di 5 figli, non fu affatto uno studente modello… anzi!
Allo studio scolastico preferiva le monellerie
e, più grandicello, presa in qualche modo la maturità,
iniziò a frequentare il circolo “La Società della cultura”,
trascurando però gli studi della facoltà di Giurisprudenza,
e diventò il capo di una matta banda di giovani di buona famiglia
che ne combinavano di tutti i colori.
L’UOMO.. LE PASSIONI.. L’AMORE.. VILLA MELETO
ED ALTRE SUE POESIE
a cura di Tony Kospan
Il giovane Gozzano, nonostante l’aspetto elegante ed aristocratico
amò frequentare attricette e “servette”.
Dell’amatissima madre, attrice per un po’.. in gioventù, scrisse:
“Tu parlavi, Mamma: la melodia della
voce suscitava alla mia mente la visione
del tuo sogno perduto. Or ecco: ho
imprigionato il sogno con una sottile malia
di sillabe e di versi, te lo rendo perché tu
riviva le gioie della giovinezza.”
L’UOMO
Di lui gli amici dicevano
che avesse una voce bella, calda e con lieve accento piemontese,
che gesticolasse con misura ed eleganza,
che avesse un volto pallido con lineamenti marcati ma regolari,
che fosse magrissimo e di media statura
ed avesse occhi leggermente azzurri e capelli pallidamente biondi.
Guido amava giocare con le parole ed anche prendersi in giro…
“Ma dunque esisto! O strano!
Vive tra il Tutto ed il Niente
questa cosa vivente
detta guidogozzano“
LA VILLA DI MELETO (IL SUO RIFUGIO) AD AGLIE’
Molto spesso si rifugiava nella villa di Agliè
dove, ormai paralizzata alle gambe, viveva sua madre.
Lì, in paese, tutti lo conoscevano e gli volevano bene.
Questa villa è stata da qualche anno restaurata con fatica,
per una lunga e costante ricerca di mobili e arredi originali e/o d’epoca,
da parte di Lilita Conrieri appassionata cultrice delle poesie di Gozzano.
Innanzitutto però fu salvato l’immobile stesso dalla demolizione,
grazie al padre di Lilita che l’ha comprato,
ed ora la figlia l’ha reso
un vero proprio piccolo museo dedicato al poeta.
Visitandola si ha quasi l’impressione di conoscere
“L’amica di nonna Speranza” una delle sue poesie più note
e di vivere le dolci atmosfere crepuscolari amate da Guido.
L’AMORE (DIFFICILE) DELLA SUA VITA
Ecco come descrisse lui stesso la conoscenza della poetessa Amalia Guglieminetti.
“Una volta, l’anno scorso, noi – Vallini Bassi Vugliano ed altri (amici del poeta n.t.k.) –
eravamo nella sala dei giornali, voi – sola – in quella delle riviste,
in piedi, eretta, sfogliando col braccio proteso le rassegne sul tavolo.
E fra di noi si dicevano più o meno queste cose:
– è bella.
– Sì, è bella!
– Ma scrive. […]
– è una Signorina per bene e di ottimo casato…
– Già, dicono che sia per bene.
– è, è: questo ve lo garantisco: conosco la famiglia.
– Che peccato!
– Che cosa?
– Che sia Signorina.
– E che sia per bene.
– Che peccato: è proprio bella!
– Fosse almeno analfabeta.
– Ma scrive!”
(da una lettera ad Amalia Guglielminetti del 10 giugno 1907)
Il loro amore però dopo un po’ divenne difficile
ed il poeta si tirò indietro (con gran dolore di Amalia).
Ciononostante la loro amicizia non terminò mai
e durò tutta la (breve) vita di Guido.
Cliccando qui giù.. la storia del loro amore ed alcune loro lettere.
,
,
I SUOI HOBBY
.
Ebbe 2 grandi passioni
le farfalle e la bicicletta con la quale fece lunghi viaggi.
.
.
LA POETICA CREPUSCOLARE
La sua è una poetica che rompe gli schemi del tempo
contestando la teatrale scenografia di D’Annunzio,
mito del suo tempo, ed essendo conscio del suo incerto futuro,
si rifugia in una ribellione letteraria dolce e malinconica.
.
.
.
ALCUNE POESIE
.
.
IL SOGNO CATTIVO
Se guardo questo pettine sottile
di tartaruga e d’oro, che affigura –
opera egregia di cesellatura –
un germoglio di vischio in novo stile,
risogno un sogno atroce. Dal monile
divampa quella gran capellatura
vostra, fiammante nella massa oscura.
E pur non vedo il volto giovenile.
Solo vedo che il pettino produce
sempre capelli biondo-bruni e scorgo
un cielo fatto delle loro trame:
un cielo senza vento e senza luce!
E poi un mare… e poi cado in un gorgo
tutto di bande di color di rame.
L’ASSENZA
Un bacio. Ed è lungi. Dispare
giù in fondo, là dove si perde
la strada boschiva, che pare
un gran corridoio nel verde.
Risalgo qui dove dianzi
vestiva il bell’abito grigio:
rivedo l’uncino, i romanzi
ed ogni sottile vestigio…
Mi piego al balcone. Abbandono
la gota sopra la ringhiera.
E non sono triste. Non sono
più triste. Ritorna stasera.
E intorno declina l’estate.
E sopra un geranio vermiglio,
fremendo le ali caudate
si libra un enorme Papilio…
L’azzurro infinito del giorno
è come seta ben tesa;
ma sulla serena distesa
la luna già pensa al ritorno.
Lo stagno risplende. Si tace
la rana. Ma guizza un bagliore
d’acceso smeraldo, di brace
azzurra: il martin pescatore.
E non son triste. Ma sono
stupito se guardo il giardino
stupito di che? non mi sono
sentito mai tanto bambino…
Stupito di che? Delle cose.
I fiori mi paiono strani:
Ci sono pur sempre le rose,
ci sono pur sempre i gerani…
Raimundo de Madrazo
LA MEDICINA
Non so che triste affanno mi consumi:
sono malato e nei miei dì peggiori…
Tra i balaustri il mar scintilla fuori
la zona dei palmeti e degli agrumi.
Ah! Se voi foste qui, tra questi fiori,
amica! O bella voce tra i profumi!
Se recaste con voi tutti i volumi
di tutti i nostri dolci ingannatori!
Mi direste il Congedo, oppur la Morte
del cervo, oppure la Sementa… E queste
bellezze, più che l’aria e più che il sole,
mi farebbero ancora sano e forte!
E guarirei: Voi mi risanereste
con la grande virtù delle parole!
F I N E
Per chi desidera leggera la biografia del poeta
ed altre sue poesie.

Guido Gozzano – Biografia.. un accenno al crepuscolarismo ed alcune sue belle poesie Leave a comment





o amica senza volto e senza nome.

Io sono innamorato di tutte le signore
che mangiano le paste nelle confetterie.
Signore e signorine –
le dita senza guanto –
scelgon la pasta. Quanto
ritornano bambine!
Perché nïun le veda,
volgon le spalle, in fretta,
sollevan la veletta,
divorano la preda.
C’è quella che s’informa
pensosa della scelta;
quella che toglie svelta,
né cura tinta e forma.
L’una, pur mentre inghiotte,
già pensa al dopo, al poi;
e domina i vassoi
con le pupille ghiotte.
un’altra – il dolce crebbe –
muove le disperate
bianchissime al giulebbe
dita confetturate!
Un’altra, con bell’arte,
sugge la punta estrema:
invano! ché la crema
esce dall’altra parte!
L’una, senz’abbadare
a giovine che adocchi,
divora in pace. Gli occhi
altra solleva, e pare
sugga, in supremo annunzio,
non crema e cioccolatte,
ma superliquefatte
parole del D’Annunzio.
Fra questi aromi acuti,
strani, commisti troppo
di cedro, di sciroppo,
di creme, di velluti,
di essenze parigine,
di mammole, di chiome:
oh! le signore come
ritornano bambine!
Perché non m’è concesso –
o legge inopportuna! –
il farmivi da presso,
baciarvi ad una ad una,
o belle bocche intatte
di giovani signore,
baciarvi nel sapore
di crema e cioccolatte?
Io sono innamorato di tutte le signore
che mangiano le paste nelle confetterie.
Alphonse Mucha (cliccando sull’immagine la storia di Cocotte)
COCOTTE
I.
Ho rivisto il giardino, il giardinetto
contiguo, le palme del viale,
la cancellata rozza dalla quale
mi protese la mano ed il confetto…
II.
«Piccolino, che fai solo soletto?»
«Sto giocando al Diluvio Universale.»
Accennai gli stromenti, le bizzarre
cose che modellavo nella sabbia,
ed ella si chinò come chi abbia
fretta d’un bacio e fretta di ritrarre
la bocca, e mi baciò di tra le sbarre
come si bacia un uccellino in gabbia.
Sempre ch’io viva rivedrò l’incanto
di quel suo volto tra le sbarre quadre!
La nuca mi serrò con mani ladre;
ed io stupivo di vedermi accanto
al viso, quella bocca tanto, tanto
diversa dalla bocca di mia Madre!
«Piccolino, ti piaccio che mi guardi?
Sei qui pei bagni? Ed affittate là?»
«Sì… vedi la mia mamma e il mio Papà?»
Subito mi lasciò, con negli sguardi
un vano sogno (ricordai più tardi)
un vano sogno di maternità…
«Una cocotte!…»
«Che vuol dire, mammina?»
«Vuol dire una cattiva signorina:
non bisogna parlare alla vicina!»
Co-co-tte… La strana voce parigina
dava alla mia fantasia bambina
un senso buffo d’ovo e di gallina…
Pensavo deità favoleggiate:
i naviganti e l’Isole Felici…
Co-co-tte… le fate intese a malefici
con cibi e con bevande affatturate…
Fate saranno, chi sa quali fate,
e in chi sa quali tenebrosi offici!
III.
Un giorno – giorni dopo – mi chiamò
tra le sbarre fiorite di verbene:
«O piccolino, non mi vuoi più bene!…»
«è vero che tu sei una cocotte?»
Perdutamente rise… E mi baciò
con le pupille di tristezza piene.
IV.
Tra le gioie defunte e i disinganni,
dopo vent’anni, oggi si ravviva
il tuo sorriso… Dove sei, cattiva
Signorina? Sei viva? Come inganni
(meglio per te non essere più viva!)
la discesa terribile degli anni?
Oimè! Da che non giova il tuo belletto
e il cosmetico già fa mala prova
l’ultimo amante disertò l’alcova…
Uno, sol uno: il piccolo folletto
che donasti d’un bacio e d’un confetto,
dopo vent’anni, oggi ti ritrova
in sogno, e t’ama, in sogno, e dice: T’amo!
Da quel mattino dell’infanzia pura
forse ho amato te sola, o creatura!
Forse ho amato te sola! E ti richiamo!
Se leggi questi versi di richiamo
ritorna a chi t’aspetta, o creatura!
Vieni! Che importa se non sei più quella
che mi baciò quattrenne? Oggi t’agogno,
o vestita di tempo! Oggi ho bisogno
del tuo passato! Ti rifarò bella
come Carlotta, come Graziella,
come tutte le donne del mio sogno!
Il mio sogno è nutrito d’abbandono,
di rimpianto. Non amo che le rose
che non colsi. Non amo che le cose
che potevano essere e non sono
state… Vedo la case, ecco le rose
del bel giardino di vent’anni or sono!
Oltre le sbarre il tuo giardino intatto
fra gli eucalipti liguri si spazia…
Vieni! T’accoglierà l’anima sazia.
Fa ch’io riveda il tuo volto disfatto;
ti bacerò; rifiorirà, nell’atto,
sulla tua bocca l’ultima tua grazia.
Vieni! Sarà come se a me, per mano,
tu riportassi me stesso d’allora.
Il bimbo parlerà con la Signora.
Risorgeremo dal tempo lontano.
Vieni! Sarà come se a te, per mano,
io riportassi te, giovine ancora.
F I N E
Tony Kospan
Chi desiderasse conoscere meglio
e più “da vicino” Gozzano
(l’uomo, gli amori, villa Meleto)
e leggere altre sue poesie
“Non amo che le rose che non colsi” – E’ qui in “Cocotte”.. bella poesia di Gozzano.. che nasce la nota espressione Leave a comment
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GUIDO GOZZANO.. visto da vicino – L’uomo.. la poetica.. gli amori.. Villa Meleto e le sue belle poesie Leave a comment
Con questo post desidero approfondire la conoscenza di questo poeta che,
nonostante la sua breve vita, a mio parere,
occupa un posto molto importante nella poesia italiana del primo ‘900.
(Torino 19.12.1883 – Torino 9.8.1916)
Benché di famiglia “bene”
(il padre era ingegnere e la madre figlia di un senatore)
Guido, 4° di 5 figli, non fu affatto uno studente modello… anzi!
Allo studio scolastico preferiva le monellerie
e, più grandicello, presa in qualche modo la maturità,
iniziò a frequentare il circolo “La Società della cultura”,
trascurando però gli studi della facoltà di Giurisprudenza,
e diventò il capo di una matta banda di giovani di buona famiglia
che ne combinavano di tutti i colori.
L’UOMO.. LE PASSIONI.. L’AMORE.. VILLA MELETO
ED ALTRE SUE POESIE
a cura di Tony Kospan
Il giovane Gozzano, nonostante l’aspetto elegante ed aristocratico
amò frequentare attricette e “servette”.
Dell’amatissima madre, attrice per un po’.. in gioventù, scrisse:
“Tu parlavi, Mamma: la melodia della
voce suscitava alla mia mente la visione
del tuo sogno perduto. Or ecco: ho
imprigionato il sogno con una sottile malia
di sillabe e di versi, te lo rendo perché tu
riviva le gioie della giovinezza.”
L’UOMO
Di lui gli amici dicevano
che avesse una voce bella, calda e con lieve accento piemontese,
che gesticolasse con misura ed eleganza,
che avesse un volto pallido con lineamenti marcati ma regolari,
che fosse magrissimo e di media statura
ed avesse occhi leggermente azzurri e capelli pallidamente biondi.
Guido amava giocare con le parole ed anche prendersi in giro…
“Ma dunque esisto! O strano!
Vive tra il Tutto ed il Niente
questa cosa vivente
detta guidogozzano“
LA VILLA DI MELETO (IL SUO RIFUGIO) AD AGLIE’
Molto spesso si rifugiava nella villa di Agliè
dove, ormai paralizzata alle gambe, viveva sua madre.
Lì, in paese, tutti lo conoscevano e gli volevano bene.
Questa villa è stata da qualche anno restaurata con fatica,
per una lunga e costante ricerca di mobili e arredi originali e/o d’epoca,
da parte di Lilita Conrieri appassionata cultrice delle poesie di Gozzano.
Innanzitutto però fu salvato l’immobile stesso dalla demolizione,
grazie al padre di Lilita che l’ha comprato,
ed ora la figlia l’ha reso
un vero proprio piccolo museo dedicato al poeta.
Visitandola si ha quasi l’impressione di conoscere
“L’amica di nonna Speranza” una delle sue poesie più note
e di vivere le dolci atmosfere crepuscolari amate da Guido.
L’AMORE (DIFFICILE) DELLA SUA VITA
Ecco come descrisse lui stesso la conoscenza della poetessa Amalia Guglieminetti.
“Una volta, l’anno scorso, noi – Vallini Bassi Vugliano ed altri (amici del poeta n.t.k.) –
eravamo nella sala dei giornali, voi – sola – in quella delle riviste,
in piedi, eretta, sfogliando col braccio proteso le rassegne sul tavolo.
E fra di noi si dicevano più o meno queste cose:
– è bella.
– Sì, è bella!
– Ma scrive. […]
– è una Signorina per bene e di ottimo casato…
– Già, dicono che sia per bene.
– è, è: questo ve lo garantisco: conosco la famiglia.
– Che peccato!
– Che cosa?
– Che sia Signorina.
– E che sia per bene.
– Che peccato: è proprio bella!
– Fosse almeno analfabeta.
– Ma scrive!”
(da una lettera ad Amalia Guglielminetti del 10 giugno 1907)
Il loro amore però dopo un po’ divenne difficile
ed il poeta si tirò indietro (con gran dolore di Amalia).
Ciononostante la loro amicizia non terminò mai
e durò tutta la (breve) vita di Guido.
Cliccando qui giù.. la storia del loro amore ed alcune loro lettere.
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I SUOI HOBBY
.
Ebbe 2 grandi passioni
le farfalle e la bicicletta con la quale fece lunghi viaggi.
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LA POETICA CREPUSCOLARE
La sua è una poetica che rompe gli schemi del tempo
contestando la teatrale scenografia di D’Annunzio,
mito del suo tempo, ed essendo conscio del suo incerto futuro,
si rifugia in una ribellione letteraria dolce e malinconica.
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ALCUNE POESIE
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IL SOGNO CATTIVO
Se guardo questo pettine sottile
di tartaruga e d’oro, che affigura –
opera egregia di cesellatura –
un germoglio di vischio in novo stile,
risogno un sogno atroce. Dal monile
divampa quella gran capellatura
vostra, fiammante nella massa oscura.
E pur non vedo il volto giovenile.
Solo vedo che il pettino produce
sempre capelli biondo-bruni e scorgo
un cielo fatto delle loro trame:
un cielo senza vento e senza luce!
E poi un mare… e poi cado in un gorgo
tutto di bande di color di rame.
L’ASSENZA
Un bacio. Ed è lungi. Dispare
giù in fondo, là dove si perde
la strada boschiva, che pare
un gran corridoio nel verde.
Risalgo qui dove dianzi
vestiva il bell’abito grigio:
rivedo l’uncino, i romanzi
ed ogni sottile vestigio…
Mi piego al balcone. Abbandono
la gota sopra la ringhiera.
E non sono triste. Non sono
più triste. Ritorna stasera.
E intorno declina l’estate.
E sopra un geranio vermiglio,
fremendo le ali caudate
si libra un enorme Papilio…
L’azzurro infinito del giorno
è come seta ben tesa;
ma sulla serena distesa
la luna già pensa al ritorno.
Lo stagno risplende. Si tace
la rana. Ma guizza un bagliore
d’acceso smeraldo, di brace
azzurra: il martin pescatore.
E non son triste. Ma sono
stupito se guardo il giardino
stupito di che? non mi sono
sentito mai tanto bambino…
Stupito di che? Delle cose.
I fiori mi paiono strani:
Ci sono pur sempre le rose,
ci sono pur sempre i gerani…
Raimundo de Madrazo
LA MEDICINA
Non so che triste affanno mi consumi:
sono malato e nei miei dì peggiori…
Tra i balaustri il mar scintilla fuori
la zona dei palmeti e degli agrumi.
Ah! Se voi foste qui, tra questi fiori,
amica! O bella voce tra i profumi!
Se recaste con voi tutti i volumi
di tutti i nostri dolci ingannatori!
Mi direste il Congedo, oppur la Morte
del cervo, oppure la Sementa… E queste
bellezze, più che l’aria e più che il sole,
mi farebbero ancora sano e forte!
E guarirei: Voi mi risanereste
con la grande virtù delle parole!
F I N E
Per chi desidera leggera la biografia del poeta
ed altre sue poesie.

Guido Gozzano.. poeta crepuscolare – Biografia ed alcune sue belle poesie Leave a comment





o amica senza volto e senza nome.

Io sono innamorato di tutte le signore
che mangiano le paste nelle confetterie.
Signore e signorine –
le dita senza guanto –
scelgon la pasta. Quanto
ritornano bambine!
Perché nïun le veda,
volgon le spalle, in fretta,
sollevan la veletta,
divorano la preda.
C’è quella che s’informa
pensosa della scelta;
quella che toglie svelta,
né cura tinta e forma.
L’una, pur mentre inghiotte,
già pensa al dopo, al poi;
e domina i vassoi
con le pupille ghiotte.
un’altra – il dolce crebbe –
muove le disperate
bianchissime al giulebbe
dita confetturate!
Un’altra, con bell’arte,
sugge la punta estrema:
invano! ché la crema
esce dall’altra parte!
L’una, senz’abbadare
a giovine che adocchi,
divora in pace. Gli occhi
altra solleva, e pare
sugga, in supremo annunzio,
non crema e cioccolatte,
ma superliquefatte
parole del D’Annunzio.
Fra questi aromi acuti,
strani, commisti troppo
di cedro, di sciroppo,
di creme, di velluti,
di essenze parigine,
di mammole, di chiome:
oh! le signore come
ritornano bambine!
Perché non m’è concesso –
o legge inopportuna! –
il farmivi da presso,
baciarvi ad una ad una,
o belle bocche intatte
di giovani signore,
baciarvi nel sapore
di crema e cioccolatte?
Io sono innamorato di tutte le signore
che mangiano le paste nelle confetterie.
Alphonse Mucha (cliccando sull’immagine la storia di Cocotte)
COCOTTE
I.
Ho rivisto il giardino, il giardinetto
contiguo, le palme del viale,
la cancellata rozza dalla quale
mi protese la mano ed il confetto…
II.
«Piccolino, che fai solo soletto?»
«Sto giocando al Diluvio Universale.»
Accennai gli stromenti, le bizzarre
cose che modellavo nella sabbia,
ed ella si chinò come chi abbia
fretta d’un bacio e fretta di ritrarre
la bocca, e mi baciò di tra le sbarre
come si bacia un uccellino in gabbia.
Sempre ch’io viva rivedrò l’incanto
di quel suo volto tra le sbarre quadre!
La nuca mi serrò con mani ladre;
ed io stupivo di vedermi accanto
al viso, quella bocca tanto, tanto
diversa dalla bocca di mia Madre!
«Piccolino, ti piaccio che mi guardi?
Sei qui pei bagni? Ed affittate là?»
«Sì… vedi la mia mamma e il mio Papà?»
Subito mi lasciò, con negli sguardi
un vano sogno (ricordai più tardi)
un vano sogno di maternità…
«Una cocotte!…»
«Che vuol dire, mammina?»
«Vuol dire una cattiva signorina:
non bisogna parlare alla vicina!»
Co-co-tte… La strana voce parigina
dava alla mia fantasia bambina
un senso buffo d’ovo e di gallina…
Pensavo deità favoleggiate:
i naviganti e l’Isole Felici…
Co-co-tte… le fate intese a malefici
con cibi e con bevande affatturate…
Fate saranno, chi sa quali fate,
e in chi sa quali tenebrosi offici!
III.
Un giorno – giorni dopo – mi chiamò
tra le sbarre fiorite di verbene:
«O piccolino, non mi vuoi più bene!…»
«è vero che tu sei una cocotte?»
Perdutamente rise… E mi baciò
con le pupille di tristezza piene.
IV.
Tra le gioie defunte e i disinganni,
dopo vent’anni, oggi si ravviva
il tuo sorriso… Dove sei, cattiva
Signorina? Sei viva? Come inganni
(meglio per te non essere più viva!)
la discesa terribile degli anni?
Oimè! Da che non giova il tuo belletto
e il cosmetico già fa mala prova
l’ultimo amante disertò l’alcova…
Uno, sol uno: il piccolo folletto
che donasti d’un bacio e d’un confetto,
dopo vent’anni, oggi ti ritrova
in sogno, e t’ama, in sogno, e dice: T’amo!
Da quel mattino dell’infanzia pura
forse ho amato te sola, o creatura!
Forse ho amato te sola! E ti richiamo!
Se leggi questi versi di richiamo
ritorna a chi t’aspetta, o creatura!
Vieni! Che importa se non sei più quella
che mi baciò quattrenne? Oggi t’agogno,
o vestita di tempo! Oggi ho bisogno
del tuo passato! Ti rifarò bella
come Carlotta, come Graziella,
come tutte le donne del mio sogno!
Il mio sogno è nutrito d’abbandono,
di rimpianto. Non amo che le rose
che non colsi. Non amo che le cose
che potevano essere e non sono
state… Vedo la case, ecco le rose
del bel giardino di vent’anni or sono!
Oltre le sbarre il tuo giardino intatto
fra gli eucalipti liguri si spazia…
Vieni! T’accoglierà l’anima sazia.
Fa ch’io riveda il tuo volto disfatto;
ti bacerò; rifiorirà, nell’atto,
sulla tua bocca l’ultima tua grazia.
Vieni! Sarà come se a me, per mano,
tu riportassi me stesso d’allora.
Il bimbo parlerà con la Signora.
Risorgeremo dal tempo lontano.
Vieni! Sarà come se a te, per mano,
io riportassi te, giovine ancora.
F I N E
Tony Kospan
Chi desiderasse conoscere meglio
e più “da vicino” Gozzano
(l’uomo, gli amori, villa Meleto)
e leggere altre sue poesie
Guido Gozzano e Amalia Guglielminetti – Il difficile amore tra i 2 poeti ed alcune loro lettere 1 comment









Buon martedì sera in poesia “Ad un’ignota” G. Gozzano – arte Champney – canzone “La vita mia” Minghi Leave a comment
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La Befana Epifania ed i Re Magi nelle poesie.. nei dipinti.. nelle canzoni e non solo Leave a comment
Cari amici la poesia, come ben sapete, affronta ogni aspetto della nostra vita.
L’Epifania è classicamente la festa che… tutte le feste porta via e conclude il lungo periodo delle feste Natalizie dopo il quale riprenderà per tutti, nel bene e/o nel male, la cd “vita normale”.
Proprio questa festa, insieme ai Re Magi, è il tema stavolta delle poesie e delle canzoni… che come immaginerete… piaceranno a chi ama ricordare atmosfere del passato ma soprattutto ai bambini…
LA BEFANA EPIFANIA ED I RE MAGI
NELLE POESIE… NELLE CANZONI E NON SOLO
a cura di Tony Kospan
Ma… che vuol dire Epifania?
L’Epifania è una festa religiosa che deriva il suo nome da un termine greco – ἐπιφάνεια, epifaneia -che significa rivelazione.
E la Befana?
La Befana è invece un’antichissima festa connessa a tradizioni agrarie pagane relative al momento di passaggio tra la fine dell’anno e la nascita del nuovo… che narravano di divinità femminili che volavano per i campi per favorire i raccolti futuri.
Nel Medio Evo prende le sembianze di simpatica stregaccia dispensatrice di carbone o doni ai bambini a seconda che si siano comportati bene o male.
Masaccio
In quest’era di globalizzazione però la nostra italianissima “vecchiaccia” soffre molto la concorrenza dei regali di… Babbo Natale mentre fino a pochi decenni fa era attesissima ed amatissima dai bambini perché poi, alla fine, si rivelava sempre buonissima e generosissima di regali… e quindi questa festa era davvero molto sentita da grandi e piccoli.
L’Epifania, con i Re Magi e La Befana… non poteva non interessare i poeti… ma per la sua grande popolarità sono tantissime anche le filastrocche… come questa… per me simpaticissima…
ZITTI ZITTI PRESTO A LETTO
Filastrocca
Zitti, zitti, presto a letto
la Befana è qui sul tetto,
sta guardando dal camino
se già dorme ogni bambino,
se la calza è ben appesa,
se la luce è ancora accesa!
Quando scende , sola, sola,
svelti sotto alle lenzuola!
Li chiudete o no quegli occhi?
Se non siete stati buoni
niente dolci, né balocchi,
solo cenere e carbone!
Anche le canzoni che parlano della Befana sono ovviamente tutte di carattere popolare e dedicate ai bambini, (mitica quella di Gianni Morandi).
Come sempre mi piacerebbe leggere, su questo tema, poesie vostre o di altri che piacciono a voi… e segnalo tra le poesie di quest’anno quella di Edmond Rostand (l’autore del Cyrano) che ci parla in modo sublime della Stella dei Re Magi… e quella che è la più nota e la più classica di tutte e che non può mai mancare… La befana del Pascoli.
QUANTO MANCA A BETLEMME?
Frances Chesterton
Quanto manca a Betlemme?
Siete quasi alla meta.
Troveremo una stalla
sotto una stella cometa?
Il bimbo appena nato
potremo visitare?
Levando il chiavistello
ci lasceranno entrare?
L’asino, il bue,
le pecore potremo accarezzare?
Gesù Bambino che dorme
potremo contemplare?
Se lo accarezzeremo si sveglierà?
Saprà che siam venuti
apposta fino qua?
I Re ricchi doni
e noi invece nulla,
solo sorrisi e lacrime
offriamo alla tua culla.
Per tutti i bimbi stanchi
pianger Maria dovrà.
Disteso sulla paglia
il bimbo dorme già.
Dio in braccio alla madre,
bambini nel capanno
dormono come dorme
chi ha il cuore senza affanno!


IL MISTERO DELLA BEFANA
Massimo Grillandi
Vecchia, dev’esser vecchia per davvero.
sono duemila anni che cammina.
Proprio non so come faccia la vecchina
a portare con sé un negozio intero.
Dentro quel sacco ce ne son di cose:
trombe. trenini. bambole e pistole,
palle e fucili. quanti se ne vuole.
Son faccende. a dir poco, misteriose.
Come scenda. ad esempio. negli oscuri
e stretti fori dei camini e vada
per monti e valli, lungo la sua strada
e nessuno dimentichi o trascuri.


Andrea Mantegna
LA STELLA
Edmond Rostand
Persero un giorno la stella.
Com’è possibile perdere la stella?
Per averla fissata troppo a lungo…
I due re bianchi,
ch’erano due sapienti di Caldea,
col bastone tracciarono sul suolo grandi cerchi.
Si misero a far calcoli, si grattarono il mento…
Ma la stella era scomparsa
come scompare un’idea,
e quegli uomini, l’anima dei quali
aveva sete di essere guidata,
piansero drizzando le tende di cotone.
Ma il povero re nero, disprezzato dagli altri,
disse a se stesso: “Pensiamo alla sete
che non è la nostra.
Occorre dar da bere, lo stesso, agli animali”.
E mentre reggeva il suo secchio,
nello spicchio di cielo
in cui si abbeveravano i cammelli
egli scorse la stella d’oro che danzava silente.


LETTERA ALLA BEFANA
Gianni Rodari
Mi hanno detto, cara Befana,
che tu riempi la calza di lana,
che tutti i bimbi, se stanno buoni,
da te ricevono ricchi doni.
Io buono sempre sono stato
ma un dono mai me lo hai portato.
Anche quest’anno nel calendario
tu passi proprio in perfetto orario,
ma ho paura, poveretto,
che tu viaggi in treno diretto;
un treno che salta tante stazioni
dove ci sono bimbi buoni.
Io questa lettera ti ho mandato
per farti prendere l’accelerato!
Oh cara Befana, prendi un trenino
che fermi a casa di ogni bambino,
che fermi alle case dei poveretti
con tanti doni e tanti confetti..


LA BEFANA
Giovanni Pascoli
Viene viene la Befana
vien dai monti a notte fonda.
Come è stanca! La circonda
neve, gelo e tramontana.
Viene viene la Befana.
Ha le mani al petto in croce,
e la neve è il suo mantello
ed il gelo il suo pannello
ed il vento la sua voce.
Ha le mani al petto in croce.
E s’accosta piano piano
alla villa, al casolare,
a guardare, ad ascoltare
or più presso or più lontano.
Piano piano, piano piano.
Che c’è dentro questa villa?
Uno stropiccìo leggero.
Tutto è cheto, tutto è nero.
Un lumino passa e brilla.
Che c’è dentro questa villa?
Guarda e guarda…tre lettini
con tre bimbi a nanna, buoni.
guarda e guarda…ai capitoni
c’è tre calze lunghe e fini.
Oh! tre calze e tre lettini.
Il lumino brilla e scende,
e ne scricchiolan le scale;
il lumino brilla e sale,
e ne palpitan le tende.
Chi mai sale? Chi mai scende?
Co’ suoi doni mamma è scesa,
sale con il suo sorriso.
Il lumino le arde in viso
come lampada di chiesa.
Co’ suoi doni mamma è scesa.
La Befana alla finestra
sente e vede, e s’allontana.
Passa con la tramontana,
passa per la via maestra,
trema ogni uscio, ogni finestra.
E che c’è nel casolare?
Un sospiro lungo e fioco.
Qualche lucciola di fuoco
brilla ancor nel focolare.
Ma che c’è nel casolare?
Guarda e guarda… tre strapunti
con tre bimbi a nanna, buoni.
Tra la cenere e i carboni
c’è tre zoccoli consunti.
Oh! tre scarpe e tre strapunti…
E la mamma veglia e fila
sospirando e singhiozzando,
e rimira a quando a quando
oh! quei tre zoccoli in fila…
Veglia e piange, piange e fila.
La Befana vede e sente;
fugge al monte, ch’è l’aurora.
Quella mamma piange ancora
su quei bimbi senza niente.
La Befana vede e sente.
La Befana sta sul monte.
Ciò che vede è ciò che vide:
c’è chi piange e c’è chi ride;
essa ha nuvoli alla fronte,
mentre sta sul bianco monte.
Non mi resta che augurare a tutti…
Tony Kospan





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Moroni Giovanni Battista