Archivio per l'etichetta ‘Grand Tour dell’Italia’
Goethe a Napoli ritratto da J. H. W. Tischbein tra reperti pompeiani da poco portati alla luce
L’Italia per secoli è stata l’ambita meta
di viaggio per la migliore gioventù europea
che si voleva nutrire
della cultura e dell’arte italiana.
Wolfgang Goethe – (Francoforte sul Meno 28.8.1749 – Weimar 22.3.1832)
HACKERT – GOETHE – MOZART E NAPOLI
Cos’hanno in comune tra loro e con Napoli?
Jacob Philipp Hackert – Il Vesuvio visto da Napoli
Direi molto
Tutti e tre i grandi personaggi del ‘700
hanno viaggiato per l’italia
ed in particolare hanno vissuto,
chi più tempo chi meno,
a Napoli e negli stessi anni.
Mozart – Medley
Jacob Philipp Hackert – L’isola di capri vista da Posillipo
Hackert, amico di Goethe, è il cantore con la pittura
mentre Goethe ci delizia in prosa e poesia
e Mozart in musica.
HACKERT E GOETHE
Di nascosto e sotto falso nome,
Goethe fuggì da Weimar verso l’Italia
nella notte del 3 settembre 1786.
Voleva godersi l’Italia,
il paese dei suoi desideri e della sua nostalgia,
senza dover rendere conto a nessuno.
Jakob Philipp Hackert – (Prenzlau 15.9.1737 – San Pietro di Careggi 28.4.1807)
A Napoli rimase un mese nel febbraio-marzo 1787
– e qui conobbe Hackert pittore di corte del Re Ferdinando IV
di cui divenne molto amico –
e poi altri 15 giorni al suo ritorno dalla Sicilia.
Jacob Philipp Hackert – Il lago d’Averno
Ecco come si esprime in una sua divertita e divertente
descrizione di Napoli:
Il napoletano crede di essere in possesso del Paradiso
ed ha un concetto molto triste dei paesi nordici:
»Sempre neve, case di legno, grande ignoranza, ma danari assai.«
Questa è l’immagine che si sono fatti di noi.
Quanto a Napoli, la città si preannuncia felice, libera e vivace,
un numero infinito di persone si affrettano disordinatamente,
il re è a caccia, la regina in stato interessante,
e meglio di così non può andare.
|
ed ora 4 sue famose bellissime poesie
DA DOVE SIAMO NATI?
Da dove siamo nati?
Dall’amore.
Come saremmo perduti?
Senza amore.
Cosa ci aiuta a superarci?
L’amore.
Si può trovare anche l’amore?
Con amore.
Cosa abbrevia il pianto?
L’amore.
Cosa deve unirci sempre?
L’amore.
CUPIDO MONELLO TESTARDO!
Cupido, monello testardo!
M’hai chiesto un riparo per poche ore,
e quanti giorni e notti sei rimasto!
Adesso il padrone in casa mia sei tu!
Sono scacciato dal mio ampio letto;
sto per terra, e di notte mi tormento;
il tuo capriccio attizza fiamma su fiamma nel fuoco,
brucia le scorte d’inverno e arde me misero.
Hai spostato e scompigliato gli oggetti miei,
io cerco, e sono come cieco e smarrito.
Strepiti senza ritegno, e io temo che l’animula
fugga via per sfuggire te, e abbandoni questa capanna.
LASCIA PURE
Lascia pure che lo splendore
del sole svanisca,
purché spunti il giorno
nella tua anima.
Ciò che vien meno
al mondo intero,
puoi trovarlo dentro il tuo cuore.
PIACEVOLE INCONTRO
Nell’ampia cappa avvolto fin al mento,
prendevo la via tra le rocce, aspra e grigia,
e poi giù per i prati invernali,
l’animo inquieto, disposto alla fuga.
D’un tratto, il nuovo giorno si spogliò del velo:
giunse una fanciulla, bella come il cielo,
perfetta come quelle donne leggiadre
care ai poeti. La mia ansia s’acquietò.
Ma sviai il passo e la lasciai andare,
mi strinsi più forte nelle pieghe,
come per difendermi nel mio calore.
Eppure la seguii. Mi fermai. Era accaduto!
Nella mia veste non potei più celarmi,
la gettai via. E ci fu lei tra le mie braccia.
|
MOZART
Mozart giovanetto
Appena quattordicenne, nel 1769-70,
Mozart viaggiò per tutta l’Italia,
accompagnato dal padre Leopold.
Il loro percorso li portò da Verona a Milano,
a Firenze e Roma fino a Napoli,
ovunque collezionando grandi trionfi.
Nella novella “Mozart in viaggio verso Praga” (1856),
Eduard Mörike fa dire a Wolfgang queste parole su Napoli:
Mozart (Salisburgo 27.1.1756 – Vienna 5.12.1791)
“Sono passati diciassette anni da quando andai in Italia.
Chi, avendola vista una volta, non la ricorda per tutta la vita,
specialmente Napoli?”
|
Mozart – Divertimento n.17- Minuetto
Jacob Philipp Hackert – Il Golfo di Pozzuoli
(sullo sfondo Procida e Ischia)
Ciao da Tony Kospan
Mi piace:
Mi piace Caricamento...
Può una statua esser oggetto di culto… e perfino d’amore?
No?
Ed invece sì… leggete e… guardate qua!

La statua del principino Henryk Lubomirski,
ritratto nelle vesti di Eros, capolavoro del Canova,
è, per la sua estrema bellezza,
da secoli un vero oggetto di culto in Europa.
AMORINO
LA STATUA DEL CANOVA OGGETTO DI… AMORE

“Nel mirarti, ed ammirarti, o vezzoso fanciullo,
che con sì bella leggiadrìa te ne stai,
bellissimo di volto, e di membra,
io sento correre con rapido movimento
spinta dal cuore la mano a careggiare quel tuo vago,
e delicatissimo visetto, modellato dalle Grazie”.
Versi di totale rapimento, quelli della poetessa veneziana Isabella Teotochi Albrizzi che cadde vittima – ma non fu la sola – del fascino abbagliante del principino tredicenne Henryk Lubomirski, immortalato nel bianco e prezioso marmo da Antonio Canova alla fine del Settecento.
La scrittrice, il cui ricercatissimo circolo lagunare era frequentato da letterati e artisti come Pindemonte, Alfieri, Byron, Foscolo e lo stesso Canova, fu sedotta platonicamente da quelle labbra “alquanto umidette”, come ebbe a scrivere, e “dal bellissimo corpicciolo e dall’acerba fanciullezza che traspare in quelle membra composte”.
Una visione di grazia e di squisita mollezza di tocco, con cui Canova concepì la testa piegata dolcemente verso destra, con i capelli acconciati i vezzosi riccioli scapigliati, con i grandi occhi contagiati da un velo di malinconia e con la chiacchieratissima bocca minuta.

Quello realizzato dal grande scultore veneto non fu un semplice ritratto diplomatico.
Dietro il singolare ritratto, diventato oggetto di culto in tutta Europa, c’era una committenza illustre,
la bella e colta principessa Elzbieta Lubomirski che, vedova,
aveva eletto questo incantevole giovinetto, lontano parente del suo defunto marito, come sue inseparabile pupillo.
L’opera fu ordinata al Canova nell’autunno del 1785 quando la principessa Elzbieta faceva tappa a Roma con il nipote Henryk durante il suo Grand Tour dell’Italia.
Fu un viaggio in carrozza come numerosi intellettuali, aristocratici e studiosi facevano da tutta Europa verso l’Italia, a partire dal Seicento.
E per i polacchi, in particolare, che nella seconda metà del XVIII secolo partivano in massa per visitare principalmente Roma.
Un viaggio che consentiva l’acquisto di gran quantità di opere d’arte per soddisfare i loro gusti personali e per aumentare il prestigio delle loro collezioni e delle loro famiglie.

Henryk Lubomirski
La principessa era legata al principino Henryk, che il 24 maggio 1807 sposerà sua nipote Teresa Czartoriska, da una lontana parentela e da un’autentica infatuazione per la sua insolita bellezza, tanto che le più importanti imprese artistiche da lei promosse furono volte ad eternare le sembianze del fanciullo.
Oltre che da Canova, l’efebo polacco fu infatti effigiato nello stesso torno d’anni da Angelica Kauffmann, Elisabeth Vigée-Lebrun e Mary Cosway.
L’eccentrica attenzione della principessa diede adito a discussioni e perplessità, tanto che un contemporaneo ebbe a scrivere: “A Lancut sul soffitto vola come un angelo-nudo; sta in piedi come Ercole; lancia la freccia come Apollo; sospira come Adone; soffia come Zeffiro”.

Canova (Possagno 1.11.1757 – Venezia 13.10.1822)
L’artista ne fece un Tadzio ante litteram, anticipando in arte quella bellezza efebica che Thomas Mann celebrerà nelle pagine di “Morte a Venezia“.
Henryk fu, per Canova, un modello leggiadro quanto ritroso.
Per la timidezza del ragazzo, l’artista riuscì a modellare dal vero solo il volto, mentre per il corpo nudo dovette prendere spunto da una statua antica.
Per la sua esecuzione l’artista modellò un ritratto, eseguì un modello in gesso e scolpì un marmo preziosissimo.
Fu subito grande ed entusiastica passione per questo inedito “Amore”.

Copie in marmo e gesso vennero commissionate, a caro prezzo, da nobiluomini di diversi paesi.
Il Principe Henryk Lubomirski si inserisce in una delicata stagione artistica di Canova, dibattuto tra le teorie classiciste di Winckelmann, la creatività di Raffaello Mengs e una buona dose di invidia e di rivalità che non mancava mai nel complicato, felpato e raffinato ambiente artistico romano.
Quando l’opera rientrò in Polonia nel Castello Lubomirski, fu collocata in una sorta di santuario. Sullo sfondo del marmo era appesa una stoffa cinese con la rappresentazione della Fenice a cui tutti gli uccelli rendono omaggio, proprio come tutti i visitatori del palazzo erano pronti a rendere omaggio alla bellezza di Henryk.
E quella che scatenò in tutta Europa fu una vera e propria mania.

Copia romana – Musei Capitolini
Il colonnello inglese John Campbell, visitando nel 1787 lo studio romano di Canova, cui aveva commissionato l’Amore e Psiche, rimase affascinato dalla statua del Lubomirski e ne chiese una copia che fu terminata nel 1789 e pagata 600 zecchini.
L’opera giunse a Londra nel 1790 – prima opera di Canova ad arrivare in Inghilterra – e il colonnello lo trasferì nella sua casa diStackpole Court nel Galles, certo com’era che quell’opera avrebbe fatto “sospirare più di qualche ragazza“.
Il successo fu tale che nel 1792, il principe viennese d’Auersperg volle una copia del busto dell’Amorino per le sue collezioni, mentre un’altra replica in marmo dell’Amorino fu commissionata per 550 zecchini per il figlio diciassettenne del banchiere irlandese David La Touche, John.
Il ragazzo, in viaggio in Italia, rientrato a Roma, aveva visitato lo studio canoviano e vedendo l’Amorino lo aveva giudicato “exellent”.

L’amorino alato – Canova
Nel 1794, Canova escogitò la scultura dell’Amorino alato, una replica del Lubomirski ma dotato di grandi ali.
La commissione era arrivata dal principe russo Nikolaj Jussupov per 700 zecchini.

Apollo – Canova
Infine, nel 1797, Canova realizzò per il francese Juliot una replica in marmo con alcune varianti dell’Amorino che Canova chiamò Apollo e che giudicò migliore di tutti gli altri Amorini, pagata 700 zecchini e passò, in seguito, nella proprietà di Sommariva, a Parigi.
LAURA LARCAN – Repubblica.it – 2007 con mini modifiche
Impaginazione, ricerche e coordinamento T. K.
In onore (e per amore) di questa scultura si sono fatte mostre anche in Italia.
IL GRUPPO DI CHI AMA
VIVER L’ARTE – E NON SOLO –
I N S I E M E
.
.
.
.
Mi piace:
Mi piace Caricamento...
Goethe a Napoli ritratto da J. H. W. Tischbein tra reperti pompeiani da poco portati alla luce
L’Italia per secoli è stata l’ambita meta
di viaggio per la migliore gioventù europea
che si voleva nutrire
della cultura e dell’arte italiana.
Wolfgang Goethe – (Francoforte sul Meno 28.8.1749 – Weimar 22.3.1832)
HACKERT – GOETHE – MOZART E NAPOLI
COS’HANNO IN COMUNE TRA LORO E CON NAPOLI?
Jacob Philipp Hackert – Il Vesuvio visto da Napoli
Direi molto…
Tutti e tre i grandi personaggi del ‘700
hanno viaggiato per l’italia
ed in particolare hanno vissuto,
chi più tempo chi meno,
a Napoli e negli stessi anni.
Mozart – Medley
Jacob Philipp Hackert – L’isola di capri vista da Posillipo
Hackert, amico di Goethe, è il cantore con la pittura
mentre Goethe ci delizia in prosa e poesia
e Mozart in musica.
HACKERT E GOETHE
Di nascosto e sotto falso nome,
Goethe fuggì da Weimar verso l’Italia
nella notte del 3 settembre 1786.
Voleva godersi l’Italia,
il paese dei suoi desideri e della sua nostalgia,
senza dover rendere conto a nessuno.
Jakob Philipp Hackert – (Prenzlau 15.9.1737 – San Pietro di Careggi 28.4.1807)
A Napoli rimase un mese nel febbraio-marzo 1787
– e qui conobbe Hackert pittore di corte del Re Ferdinando IV
di cui divenne molto amico –
e poi altri 15 giorni al suo ritorno dalla Sicilia.
Jacob Philipp Hackert – Il lago d’Averno
Ecco come si esprime in una sua divertita e divertente
descrizione di Napoli:
Il napoletano crede di essere in possesso del Paradiso
ed ha un concetto molto triste dei paesi nordici:
»Sempre neve, case di legno, grande ignoranza, ma danari assai.«
Questa è l’immagine che si sono fatti di noi.
Quanto a Napoli, la città si preannuncia felice, libera e vivace,
un numero infinito di persone si affrettano disordinatamente,
il re è a caccia, la regina in stato interessante,
e meglio di così non può andare.
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ed ora 4 sue famose bellissime poesie
DA DOVE SIAMO NATI?
Da dove siamo nati?
Dall’amore.
Come saremmo perduti?
Senza amore.
Cosa ci aiuta a superarci?
L’amore.
Si può trovare anche l’amore?
Con amore.
Cosa abbrevia il pianto?
L’amore.
Cosa deve unirci sempre?
L’amore.
CUPIDO MONELLO TESTARDO!
Cupido, monello testardo!
M’hai chiesto un riparo per poche ore,
e quanti giorni e notti sei rimasto!
Adesso il padrone in casa mia sei tu!
Sono scacciato dal mio ampio letto;
sto per terra, e di notte mi tormento;
il tuo capriccio attizza fiamma su fiamma nel fuoco,
brucia le scorte d’inverno e arde me misero.
Hai spostato e scompigliato gli oggetti miei,
io cerco, e sono come cieco e smarrito.
Strepiti senza ritegno, e io temo che l’animula
fugga via per sfuggire te, e abbandoni questa capanna.
LASCIA PURE
Lascia pure che lo splendore
del sole svanisca,
purché spunti il giorno
nella tua anima.
Ciò che vien meno
al mondo intero,
puoi trovarlo dentro il tuo cuore.
PIACEVOLE INCONTRO
Nell’ampia cappa avvolto fin al mento,
prendevo la via tra le rocce, aspra e grigia,
e poi giù per i prati invernali,
l’animo inquieto, disposto alla fuga.
D’un tratto, il nuovo giorno si spogliò del velo:
giunse una fanciulla, bella come il cielo,
perfetta come quelle donne leggiadre
care ai poeti. La mia ansia s’acquietò.
Ma sviai il passo e la lasciai andare,
mi strinsi più forte nelle pieghe,
come per difendermi nel mio calore.
Eppure la seguii. Mi fermai. Era accaduto!
Nella mia veste non potei più celarmi,
la gettai via. E ci fu lei tra le mie braccia.
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MOZART
Mozart giovanetto
Appena quattordicenne, nel 1769-70,
Mozart viaggiò per tutta l’Italia,
accompagnato dal padre Leopold.
Il loro percorso li portò da Verona a Milano,
a Firenze e Roma fino a Napoli,
ovunque collezionando grandi trionfi.
Nella novella “Mozart in viaggio verso Praga” (1856),
Eduard Mörike fa dire a Wolfgang queste parole su Napoli:
Mozart (Salisburgo 27.1.1756 – Vienna 5.12.1791)
“Sono passati diciassette anni da quando andai in Italia.
Chi, avendola vista una volta, non la ricorda per tutta la vita,
specialmente Napoli?”
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Mozart – Divertimento n.17- Minuetto
Jacob Philipp Hackert – Il Golfo di Pozzuoli
(sullo sfondo Procida e Ischia)
Ciao da Tony Kospan
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Può una statua esser oggetto di culto… e perfino d’amore?
No?
Ed invece sì… leggete e… guardate qua!

La statua del principino Henryk Lubomirski,
ritratto nelle vesti di Eros, capolavoro del Canova,
è, per la sua estrema bellezza,
da secoli un vero oggetto di culto in Europa.
EROS (AMORE)
LA STATUA DEL CANOVA OGGETTO DI… AMORE

“Nel mirarti, ed ammirarti, o vezzoso fanciullo,
che con sì bella leggiadrìa te ne stai,
bellissimo di volto, e di membra,
io sento correre con rapido movimento
spinta dal cuore la mano a careggiare quel tuo vago,
e delicatissimo visetto, modellato dalle Grazie”.
Versi di totale rapimento, quelli della poetessa veneziana Isabella Teotochi Albrizzi che cadde vittima – ma non fu la sola – del fascino abbagliante del principino tredicenne Henryk Lubomirski, immortalato nel bianco e prezioso marmo da Antonio Canova alla fine del Settecento.
La scrittrice, il cui ricercatissimo circolo lagunare era frequentato da letterati e artisti come Pindemonte, Alfieri, Byron, Foscolo e lo stesso Canova, fu sedotta platonicamente da quelle labbra “alquanto umidette”, come ebbe a scrivere, e “dal bellissimo corpicciolo e dall’acerba fanciullezza che traspare in quelle membra composte”.
Una visione di grazia e di squisita mollezza di tocco, con cui Canova concepì la testa piegata dolcemente verso destra, con i capelli acconciati i vezzosi riccioli scapigliati, con i grandi occhi contagiati da un velo di malinconia e con la chiacchieratissima bocca minuta.

Quello realizzato dal grande scultore veneto non fu un semplice ritratto diplomatico.
Dietro il singolare ritratto, diventato oggetto di culto in tutta Europa, c’era una committenza illustre,
la bella e colta principessa Elzbieta Lubomirski che, vedova,
aveva eletto questo incantevole giovinetto, lontano parente del suo defunto marito, come sue inseparabile pupillo.
L’opera fu ordinata al Canova nell’autunno del 1785 quando la principessa Elzbieta faceva tappa a Roma con il nipote Henryk durante il suo Grand Tour dell’Italia.
Fu un viaggio in carrozza come numerosi intellettuali, aristocratici e studiosi facevano da tutta Europa verso l’Italia, a partire dal Seicento.
E per i polacchi, in particolare, che nella seconda metà del XVIII secolo partivano in massa per visitare principalmente Roma.
Un viaggio che consentiva l’acquisto di gran quantità di opere d’arte per soddisfare i loro gusti personali e per aumentare il prestigio delle loro collezioni e delle loro famiglie.

Henryk Lubomirski
La principessa era legata al principino Henryk, che il 24 maggio 1807 sposerà sua nipote Teresa Czartoriska, da una lontana parentela e da un’autentica infatuazione per la sua insolita bellezza, tanto che le più importanti imprese artistiche da lei promosse furono volte ad eternare le sembianze del fanciullo.
Oltre che da Canova, l’efebo polacco fu infatti effigiato nello stesso torno d’anni da Angelica Kauffmann, Elisabeth Vigée-Lebrun e Mary Cosway.
L’eccentrica attenzione della principessa diede adito a discussioni e perplessità, tanto che un contemporaneo ebbe a scrivere: “A Lancut sul soffitto vola come un angelo-nudo; sta in piedi come Ercole; lancia la freccia come Apollo; sospira come Adone; soffia come Zeffiro”.

Canova (Possagno 1.11.1757 – Venezia 13.10.1822)
L’artista ne fece un Tadzio ante litteram, anticipando in arte quella bellezza efebica che Thomas Mann celebrerà nelle pagine di “Morte a Venezia“.
Henryk fu, per Canova, un modello leggiadro quanto ritroso.
Per la timidezza del ragazzo, l’artista riuscì a modellare dal vero solo il volto, mentre per il corpo nudo dovette prendere spunto da una statua antica.
Per la sua esecuzione l’artista modellò un ritratto, eseguì un modello in gesso e scolpì un marmo preziosissimo.
Fu subito grande ed entusiastica passione per questo inedito “Amore”.

Copie in marmo e gesso vennero commissionate, a caro prezzo, da nobiluomini di diversi paesi.
Il Principe Henryk Lubomirski si inserisce in una delicata stagione artistica di Canova, dibattuto tra le teorie classiciste di Winckelmann, la creatività di Raffaello Mengs e una buona dose di invidia e di rivalità che non mancava mai nel complicato, felpato e raffinato ambiente artistico romano.
Quando l’opera rientrò in Polonia nel Castello Lubomirski, fu collocata in una sorta di santuario. Sullo sfondo del marmo era appesa una stoffa cinese con la rappresentazione della Fenice a cui tutti gli uccelli rendono omaggio, proprio come tutti i visitatori del palazzo erano pronti a rendere omaggio alla bellezza di Henryk.
E quella che scatenò in tutta Europa fu una vera e propria erosmania.

Copia romana – Musei Capitolini
Il colonnello inglese John Campbell, visitando nel 1787 lo studio romano di Canova, cui aveva commissionato l’Amore e Psiche, rimase affascinato dalla statua del Lubomirski e ne chiese una copia che fu terminata nel 1789 e pagata 600 zecchini.
L’opera giunse a Londra nel 1790 – prima opera di Canova ad arrivare in Inghilterra – e il colonnello lo trasferì nella sua casa diStackpole Court nel Galles, certo com’era che quell’opera avrebbe fatto “sospirare più di qualche ragazza“.
Il successo fu tale chenel 1792, il principe viennese d’Auersperg volle una copia del busto dell’Amorino per le sue collezioni, mentre un’altra replica in marmo dell’Amorino fu commissionata per 550 zecchini per il figlio diciassettenne del banchiere irlandese David La Touche, John. Il ragazzo, in viaggio in Italia, rientrato a Roma, aveva visitato lo studio canoviano e vedendo l’Amorino lo aveva giudicato “exellent”.
L’amorino alato – Canova
Nel 1794, Canova escogitò la scultura dell’Amorino alato, una replica del Lubomirski ma dotato di grandi ali.
La commissione era arrivata dal principe russo Nikolaj Jussupov per 700 zecchini.

Apollo – Canova
Infine, nel 1797, Canova realizzò per il francese Juliot una replica in marmo con alcune varianti dell’Amorino che Canova chiamò Apollo e che giudicò migliore di tutti gli altri Amorini, pagata 700 zecchini e passò, in seguito, nella proprietà di Sommariva, a Parigi.
LAURA LARCAN – Repubblica.it – 2007 con mini modifiche
Impaginazione, ricerche e coordinamento T. K.
In onore (e per amore) di questa scultura si sono fatte mostre anche in Italia.
IL GRUPPO DI CHI AMA
VIVER L’ARTE – E NON SOLO –
I N S I E M E
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Può una statua esser oggetto di culto… e perfino d’amore?
No?
Ed invece sì… leggete e… guardate qua!

La statua del principino Henryk Lubomirski,
ritratto nelle vesti di Eros, capolavoro del Canova,
è, per la sua estrema bellezza,
da secoli un vero oggetto di culto in Europa.
EROS (AMORE)
LA STATUA DEL CANOVA OGGETTO DI… AMORE

“Nel mirarti, ed ammirarti, o vezzoso fanciullo,
che con sì bella leggiadrìa te ne stai,
bellissimo di volto, e di membra,
io sento correre con rapido movimento
spinta dal cuore la mano a careggiare quel tuo vago,
e delicatissimo visetto, modellato dalle Grazie”.
Versi di totale rapimento, quelli della poetessa veneziana Isabella Teotochi Albrizzi che cadde vittima – ma non fu la sola – del fascino abbagliante del principino tredicenne Henryk Lubomirski, immortalato nel bianco e prezioso marmo da Antonio Canova alla fine del Settecento.
La scrittrice, il cui ricercatissimo circolo lagunare era frequentato da letterati e artisti come Pindemonte, Alfieri, Byron, Foscolo e lo stesso Canova, fu sedotta platonicamente da quelle labbra “alquanto umidette”, come ebbe a scrivere, e “dal bellissimo corpicciolo e dall’acerba fanciullezza che traspare in quelle membra composte”.
Una visione di grazia e di squisita mollezza di tocco, con cui Canova concepì la testa piegata dolcemente verso destra, con i capelli acconciati i vezzosi riccioli scapigliati, con i grandi occhi contagiati da un velo di malinconia e con la chiacchieratissima bocca minuta.

Quello realizzato dal grande scultore veneto non fu un semplice ritratto diplomatico.
Dietro il singolare ritratto, diventato oggetto di culto in tutta Europa, c’era una committenza illustre,
la bella e colta principessa Elzbieta Lubomirski che, vedova,
aveva eletto questo incantevole giovinetto, lontano parente del suo defunto marito, come sue inseparabile pupillo.
L’opera fu ordinata al Canova nell’autunno del 1785 quando la principessa Elzbieta faceva tappa a Roma con il nipote Henryk durante il suo Grand Tour dell’Italia.
Fu un viaggio in carrozza come numerosi intellettuali, aristocratici e studiosi facevano da tutta Europa verso l’Italia, a partire dal Seicento.
E per i polacchi, in particolare, che nella seconda metà del XVIII secolo partivano in massa per visitare principalmente Roma.
Un viaggio che consentiva l’acquisto di gran quantità di opere d’arte per soddisfare i loro gusti personali e per aumentare il prestigio delle loro collezioni e delle loro famiglie.

Henryk Lubomirski
La principessa era legata al principino Henryk, che il 24 maggio 1807 sposerà sua nipote Teresa Czartoriska, da una lontana parentela e da un’autentica infatuazione per la sua insolita bellezza, tanto che le più importanti imprese artistiche da lei promosse furono volte ad eternare le sembianze del fanciullo.
Oltre che da Canova, l’efebo polacco fu infatti effigiato nello stesso torno d’anni da Angelica Kauffmann, Elisabeth Vigée-Lebrun e Mary Cosway.
L’eccentrica attenzione della principessa diede adito a discussioni e perplessità, tanto che un contemporaneo ebbe a scrivere: “A Lancut sul soffitto vola come un angelo-nudo; sta in piedi come Ercole; lancia la freccia come Apollo; sospira come Adone; soffia come Zeffiro”.

Canova (Possagno 1.11.1757 – Venezia 13.10.1822)
L’artista ne fece un Tadzio ante litteram, anticipando in arte quella bellezza efebica che Thomas Mann celebrerà nelle pagine di “Morte a Venezia“.
Henryk fu, per Canova, un modello leggiadro quanto ritroso.
Per la timidezza del ragazzo, l’artista riuscì a modellare dal vero solo il volto, mentre per il corpo nudo dovette prendere spunto da una statua antica.
Per la sua esecuzione l’artista modellò un ritratto, eseguì un modello in gesso e scolpì un marmo preziosissimo.
Fu subito grande ed entusiastica passione per questo inedito “Amore”.

Copie in marmo e gesso vennero commissionate, a caro prezzo, da nobiluomini di diversi paesi.
Il Principe Henryk Lubomirski si inserisce in una delicata stagione artistica di Canova, dibattuto tra le teorie classiciste di Winckelmann, la creatività di Raffaello Mengs e una buona dose di invidia e di rivalità che non mancava mai nel complicato, felpato e raffinato ambiente artistico romano.
Quando l’opera rientrò in Polonia nel Castello Lubomirski, fu collocata in una sorta di santuario. Sullo sfondo del marmo era appesa una stoffa cinese con la rappresentazione della Fenice a cui tutti gli uccelli rendono omaggio, proprio come tutti i visitatori del palazzo erano pronti a rendere omaggio alla bellezza di Henryk.
E quella che scatenò in tutta Europa fu una vera e propria erosmania.

Copia romana – Musei Capitolini
Il colonnello inglese John Campbell, visitando nel 1787 lo studio romano di Canova, cui aveva commissionato l’Amore e Psiche, rimase affascinato dalla statua del Lubomirski e ne chiese una copia che fu terminata nel 1789 e pagata 600 zecchini.
L’opera giunse a Londra nel 1790 – prima opera di Canova ad arrivare in Inghilterra – e il colonnello lo trasferì nella sua casa diStackpole Court nel Galles, certo com’era che quell’opera avrebbe fatto “sospirare più di qualche ragazza“.
Il successo fu tale chenel 1792, il principe viennese d’Auersperg volle una copia del busto dell’Amorino per le sue collezioni, mentre un’altra replica in marmo dell’Amorino fu commissionata per 550 zecchini per il figlio diciassettenne del banchiere irlandese David La Touche, John. Il ragazzo, in viaggio in Italia, rientrato a Roma, aveva visitato lo studio canoviano e vedendo l’Amorino lo aveva giudicato “exellent”.
L’amorino alato – Canova
Nel 1794, Canova escogitò la scultura dell’Amorino alato, una replica del Lubomirski ma dotato di grandi ali.
La commissione era arrivata dal principe russo Nikolaj Jussupov per 700 zecchini.

Apollo – Canova
Infine, nel 1797, Canova realizzò per il francese Juliot una replica in marmo con alcune varianti dell’Amorino che Canova chiamò Apollo e che giudicò migliore di tutti gli altri Amorini, pagata 700 zecchini e passò, in seguito, nella proprietà di Sommariva, a Parigi.
LAURA LARCAN – Repubblica.it – 2007 con mini modifiche
Impaginazione, ricerche e coordinamento T. K.
In onore (e per amore) di questa scultura si sono fatte mostre anche in Italia.
IL GRUPPO DI CHI AMA
VIVER L’ARTE – E NON SOLO –
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Nell'anniversario della scomparsa di Antonio Canova…
massimo esponente della scultura neoclassica,
e per questo definito il nuovo Fidia,
mi fa piacere ricordarlo con questo post dedicato ad una sua famosa scultura
che ha fatto innamorare tante persone nel corso dei secoli
Antonio Canova
Può una statua esser oggetto di culto…
e perfino d'amore?
No?
Ed invece sì… leggete e… guardate qua…
La statua del principino Henryk Lubomirski ritratto nelle vesti di Eros,
capolavoro del Canova,
è davvero diventata da secoli un vero oggetto di culto in Europa per la sua estrema bellezza…
EROS…
LA STATUA DEL CANOVA…
OGGETTO DI… AMORE

“Nel mirarti, ed ammirarti, o vezzoso fanciullo,
che con sì bella leggiadrìa te ne stai,
bellissimo di volto, e di membra,
io sento correre con rapido movimento
spinta dal cuore la mano a careggiare quel tuo vago,
e delicatissimo visetto, modellato dalle Grazie”.
Versi di totale rapimento, quelli della poetessa veneziana Isabella Teotochi Albrizzi che cadde vittima – ma non fu la sola – del fascino abbagliante del principino tredicenne Henryk Lubomirski, immortalato nel bianco e prezioso marmo da Antonio Canova alla fine del Settecento.
La scrittrice, il cui ricercatissimo circolo lagunare era frequentato da letterati e artisti come Pindemonte, Alfieri, Byron, Foscolo e lo stesso Canova, fu sedotta platonicamente da quelle labbra “alquanto umidette”, come ebbe a scrivere, e dal bellissimo corpicciolo e dall'”acerba fanciullezza che traspare in quelle membra composte”.
Una visione di grazia e di squisita mollezza di tocco, con cui Canova concepì la testa piegata dolcemente verso destra, con i capelli acconciati i vezzosi riccioli scapigliati, con i grandi occhi contagiati da un velo di malinconia, e con la chiacchieratissima bocca minuta.

Quello realizzato dal grande scultore veneto non fu un semplice ritratto diplomatico.
Dietro il singolare ritratto, diventato oggetto di culto in tutta Europa, c'era una committenza illustre,
la bella e colta principessa Elzbieta Lubomirski che, vedova,
aveva eletto questo incantevole giovinetto, lontano parente del suo defunto marito, come sue inseparabile pupillo.
L'opera fu ordinata al Canova nell'autunno del 1785 quando la principessa Elzbieta faceva tappa a Roma con il nipote Henryk durante il suo Grand Tour dell'Italia. Fu un viaggio in carrozza come numerosi intellettuali, aristocratici e studiosi facevano da tutta Europa verso l'Italia, a partire dal Seicento. E per i polacchi, in particolare, che nella seconda metà del XVIII secolo partivano in massa per visitare principalmente Roma. Un viaggio che consentiva l'acquisto di gran quantità di opere d'arte per soddisfare i loro gusti personali e per aumentare il prestigio delle loro collezioni e delle loro famiglie.
Henryk Lubomirski
La principessa era legata al principino Henryk, che il 24 maggio 1807 sposerà sua nipote Teresa Czartoriska, da una lontana parentela e da un'autentica infatuazione per la sua insolita bellezza, tanto che le più importanti imprese artistiche da lei promosse furono volte ad eternare le sembianze del fanciullo. Oltre che da Canova, l'efebo polacco fu infatti effigiato nello stesso torno d'anni da Angelica Kauffmann, Elisabeth Vigée-Lebrun e Mary Cosway.
L'eccentrica attenzione della principessa diede adito a discussioni e perplessità, tanto che un contemporaneo ebbe a scrivere: “A Lancut sul soffitto vola come un angelo-nudo; sta in piedi come Ercole; lancia la freccia come Apollo; sospira come Adone; soffia come Zeffiro”.

Canova (Possagno 1.11.1757 – Venezia 13.10.1822)
L'artista ne fece un Tadzio ante litteram, anticipando in arte quella bellezza efebica che Thomas Mann celebrerà nelle pagine di “Morte a Venezia“.
Henryk fu, per Canova, un modello leggiadro quanto ritroso. Per la timidezza del ragazzo, l'artista riuscì a modellare dal vero solo il volto, mentre per il corpo nudo dovette prendere spunto da una statua antica. Per la sua esecuzione l'artista modellò un ritratto, eseguì un modello in gesso e scolpì un marmo preziosissimo.
Fu subito passione per questo inedito “Amore”.
Copie in marmo e gesso vennero commissionate, a caro prezzo, da nobiluomini di diversi paesi. Il Principe Henryk Lubomirski si inserisce in una delicata stagione artistica di Canova, dibattuto tra le teorie classiciste di Winckelmann, la creatività di Raffaello Mengs e una buona dose di invidia e di rivalità che non mancava mai nel complicato, felpato e raffinato ambiente artistico romano.
Quando l'opera rientrò in Polonia nel Castello Lubomirski, fu collocata in una sorta di santuario. Sullo sfondo del marmo era appesa una stoffa cinese con la rappresentazione della Fenice a cui tutti gli uccelli rendono omaggio, proprio come tutti i visitatori del palazzo erano pronti a rendere omaggio alla bellezza di Henryk.
E quella che scatenò in tutta Europa fu una vera e propria erosmania.

Copia romana
Il colonnello inglese John Campbell, visitando nel 1787 lo studio romano di Canova, cui aveva commissionato l'Amore e Psiche, rimase affascinato dalla statua del Lubomirski e ne chiese una copia che fu terminata nel 1789 e pagata 600 zecchini. L'opera giunse a Londra nel 1790 – prima opera di Canova ad arrivare in Inghilterra – e il colonnello lo trasferì nella sua casa diStackpole Court nel Galles, certo com'era che quell'opera avrebbe fatto “sospirare più di qualche ragazza“.
Il successo fu tale chenel 1792, il principe viennese d'Auersperg volle una copia del busto dell'Amorino per le sue collezioni, mentre un'altra replica in marmo dell'Amorino fu commissionata per 550 zecchini per il figlio diciassettenne del banchiere irlandese David La Touche, John. Il ragazzo, in viaggio in Italia, rientrato a Roma, aveva visitato lo studio canoviano e vedendo l'Amorino lo aveva giudicato “exellent”.
L'amorino alato – Canova
Nel 1794, Canova escogitò la scultura dell'Amorino alato, una replica del Lubomirski ma dotato di grandi ali.
La commissione era arrivata dal principe russo Nikolaj Jussupov per 700 zecchini.

Apollo – Canova
Infine, nel 1797, Canova realizzò per il francese Juliot una replica in marmo con alcune varianti dell'Amorino che Canova chiamò Apollo e che giudicò migliore di tutti gli altri Amorini, pagata 700 zecchini e passò, in seguito, nella proprietà di Sommariva, a Parigi.
LAURA LARCAN – Repubblica.it – 2007 – Impaginazione T. K.

In onore (e per amore) di questa scultura si sono fatte mostre anche in Italia.
IL GRUPPO DEGLI ARTISTI
E DI CHI AMA L'ARTE
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Può una statua esser oggetto di culto… e perfino d’amore?
No?
Ed invece sì… leggete e… guardate qua!

La statua del principino Henryk Lubomirski,
ritratto nelle vesti di Eros, capolavoro del Canova,
è, per la sua estrema bellezza,
da secoli un vero oggetto di culto in Europa.
EROS (AMORE)
LA STATUA DEL CANOVA OGGETTO DI… AMORE

“Nel mirarti, ed ammirarti, o vezzoso fanciullo,
che con sì bella leggiadrìa te ne stai,
bellissimo di volto, e di membra,
io sento correre con rapido movimento
spinta dal cuore la mano a careggiare quel tuo vago,
e delicatissimo visetto, modellato dalle Grazie”.
Versi di totale rapimento, quelli della poetessa veneziana Isabella Teotochi Albrizzi che cadde vittima – ma non fu la sola – del fascino abbagliante del principino tredicenne Henryk Lubomirski, immortalato nel bianco e prezioso marmo da Antonio Canova alla fine del Settecento.
La scrittrice, il cui ricercatissimo circolo lagunare era frequentato da letterati e artisti come Pindemonte, Alfieri, Byron, Foscolo e lo stesso Canova, fu sedotta platonicamente da quelle labbra “alquanto umidette”, come ebbe a scrivere, e “dal bellissimo corpicciolo e dall’acerba fanciullezza che traspare in quelle membra composte”.
Una visione di grazia e di squisita mollezza di tocco, con cui Canova concepì la testa piegata dolcemente verso destra, con i capelli acconciati i vezzosi riccioli scapigliati, con i grandi occhi contagiati da un velo di malinconia e con la chiacchieratissima bocca minuta.

Quello realizzato dal grande scultore veneto non fu un semplice ritratto diplomatico.
Dietro il singolare ritratto, diventato oggetto di culto in tutta Europa, c’era una committenza illustre,
la bella e colta principessa Elzbieta Lubomirski che, vedova,
aveva eletto questo incantevole giovinetto, lontano parente del suo defunto marito, come sue inseparabile pupillo.
L’opera fu ordinata al Canova nell’autunno del 1785 quando la principessa Elzbieta faceva tappa a Roma con il nipote Henryk durante il suo Grand Tour dell’Italia.
Fu un viaggio in carrozza come numerosi intellettuali, aristocratici e studiosi facevano da tutta Europa verso l’Italia, a partire dal Seicento.
E per i polacchi, in particolare, che nella seconda metà del XVIII secolo partivano in massa per visitare principalmente Roma.
Un viaggio che consentiva l’acquisto di gran quantità di opere d’arte per soddisfare i loro gusti personali e per aumentare il prestigio delle loro collezioni e delle loro famiglie.

Henryk Lubomirski
La principessa era legata al principino Henryk, che il 24 maggio 1807 sposerà sua nipote Teresa Czartoriska, da una lontana parentela e da un’autentica infatuazione per la sua insolita bellezza, tanto che le più importanti imprese artistiche da lei promosse furono volte ad eternare le sembianze del fanciullo.
Oltre che da Canova, l’efebo polacco fu infatti effigiato nello stesso torno d’anni da Angelica Kauffmann, Elisabeth Vigée-Lebrun e Mary Cosway.
L’eccentrica attenzione della principessa diede adito a discussioni e perplessità, tanto che un contemporaneo ebbe a scrivere: “A Lancut sul soffitto vola come un angelo-nudo; sta in piedi come Ercole; lancia la freccia come Apollo; sospira come Adone; soffia come Zeffiro”.

Canova (Possagno 1.11.1757 – Venezia 13.10.1822)
L’artista ne fece un Tadzio ante litteram, anticipando in arte quella bellezza efebica che Thomas Mann celebrerà nelle pagine di “Morte a Venezia“.
Henryk fu, per Canova, un modello leggiadro quanto ritroso.
Per la timidezza del ragazzo, l’artista riuscì a modellare dal vero solo il volto, mentre per il corpo nudo dovette prendere spunto da una statua antica.
Per la sua esecuzione l’artista modellò un ritratto, eseguì un modello in gesso e scolpì un marmo preziosissimo.
Fu subito grande ed entusiastica passione per questo inedito “Amore”.

Copie in marmo e gesso vennero commissionate, a caro prezzo, da nobiluomini di diversi paesi.
Il Principe Henryk Lubomirski si inserisce in una delicata stagione artistica di Canova, dibattuto tra le teorie classiciste di Winckelmann, la creatività di Raffaello Mengs e una buona dose di invidia e di rivalità che non mancava mai nel complicato, felpato e raffinato ambiente artistico romano.
Quando l’opera rientrò in Polonia nel Castello Lubomirski, fu collocata in una sorta di santuario. Sullo sfondo del marmo era appesa una stoffa cinese con la rappresentazione della Fenice a cui tutti gli uccelli rendono omaggio, proprio come tutti i visitatori del palazzo erano pronti a rendere omaggio alla bellezza di Henryk.
E quella che scatenò in tutta Europa fu una vera e propria erosmania.

Copia romana – Musei Capitolini
Il colonnello inglese John Campbell, visitando nel 1787 lo studio romano di Canova, cui aveva commissionato l’Amore e Psiche, rimase affascinato dalla statua del Lubomirski e ne chiese una copia che fu terminata nel 1789 e pagata 600 zecchini.
L’opera giunse a Londra nel 1790 – prima opera di Canova ad arrivare in Inghilterra – e il colonnello lo trasferì nella sua casa diStackpole Court nel Galles, certo com’era che quell’opera avrebbe fatto “sospirare più di qualche ragazza“.
Il successo fu tale chenel 1792, il principe viennese d’Auersperg volle una copia del busto dell’Amorino per le sue collezioni, mentre un’altra replica in marmo dell’Amorino fu commissionata per 550 zecchini per il figlio diciassettenne del banchiere irlandese David La Touche, John. Il ragazzo, in viaggio in Italia, rientrato a Roma, aveva visitato lo studio canoviano e vedendo l’Amorino lo aveva giudicato “exellent”.
L’amorino alato – Canova
Nel 1794, Canova escogitò la scultura dell’Amorino alato, una replica del Lubomirski ma dotato di grandi ali.
La commissione era arrivata dal principe russo Nikolaj Jussupov per 700 zecchini.

Apollo – Canova
Infine, nel 1797, Canova realizzò per il francese Juliot una replica in marmo con alcune varianti dell’Amorino che Canova chiamò Apollo e che giudicò migliore di tutti gli altri Amorini, pagata 700 zecchini e passò, in seguito, nella proprietà di Sommariva, a Parigi.
LAURA LARCAN – Repubblica.it – 2007 con mini modifiche
Impaginazione, ricerche e coordinamento T. K.
In onore (e per amore) di questa scultura si sono fatte mostre anche in Italia.
IL GRUPPO DI CHI AMA
VIVER L’ARTE – E NON SOLO –
I N S I E M E
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Nell'anniversario della scomparsa di Antonio Canova…
massimo esponente della scultura neoclassica,
e per questo definito il nuovo Fidia,
mi fa piacere ricordarlo con questo post dedicato ad una sua famosa scultura
che ha fatto innamorare tante persone nel corso dei secoli
Antonio Canova
Può una statua esser oggetto di culto…
e perfino d'amore?
No?
Ed invece sì… leggete e… guardate qua…
La statua del principino Henryk Lubomirski ritratto nelle vesti di Eros,
capolavoro del Canova,
è davvero diventata da secoli un vero oggetto di culto in Europa per la sua estrema bellezza…
EROS…
LA STATUA DEL CANOVA…
OGGETTO DI… AMORE

“Nel mirarti, ed ammirarti, o vezzoso fanciullo,
che con sì bella leggiadrìa te ne stai,
bellissimo di volto, e di membra,
io sento correre con rapido movimento
spinta dal cuore la mano a careggiare quel tuo vago,
e delicatissimo visetto, modellato dalle Grazie”.
Versi di totale rapimento, quelli della poetessa veneziana Isabella Teotochi Albrizzi che cadde vittima – ma non fu la sola – del fascino abbagliante del principino tredicenne Henryk Lubomirski, immortalato nel bianco e prezioso marmo da Antonio Canova alla fine del Settecento.
La scrittrice, il cui ricercatissimo circolo lagunare era frequentato da letterati e artisti come Pindemonte, Alfieri, Byron, Foscolo e lo stesso Canova, fu sedotta platonicamente da quelle labbra “alquanto umidette”, come ebbe a scrivere, e dal bellissimo corpicciolo e dall'”acerba fanciullezza che traspare in quelle membra composte”.
Una visione di grazia e di squisita mollezza di tocco, con cui Canova concepì la testa piegata dolcemente verso destra, con i capelli acconciati i vezzosi riccioli scapigliati, con i grandi occhi contagiati da un velo di malinconia, e con la chiacchieratissima bocca minuta.

Quello realizzato dal grande scultore veneto non fu un semplice ritratto diplomatico.
Dietro il singolare ritratto, diventato oggetto di culto in tutta Europa, c'era una committenza illustre,
la bella e colta principessa Elzbieta Lubomirski che, vedova,
aveva eletto questo incantevole giovinetto, lontano parente del suo defunto marito, come sue inseparabile pupillo.
L'opera fu ordinata al Canova nell'autunno del 1785 quando la principessa Elzbieta faceva tappa a Roma con il nipote Henryk durante il suo Grand Tour dell'Italia. Fu un viaggio in carrozza come numerosi intellettuali, aristocratici e studiosi facevano da tutta Europa verso l'Italia, a partire dal Seicento. E per i polacchi, in particolare, che nella seconda metà del XVIII secolo partivano in massa per visitare principalmente Roma. Un viaggio che consentiva l'acquisto di gran quantità di opere d'arte per soddisfare i loro gusti personali e per aumentare il prestigio delle loro collezioni e delle loro famiglie.
Henryk Lubomirski
La principessa era legata al principino Henryk, che il 24 maggio 1807 sposerà sua nipote Teresa Czartoriska, da una lontana parentela e da un'autentica infatuazione per la sua insolita bellezza, tanto che le più importanti imprese artistiche da lei promosse furono volte ad eternare le sembianze del fanciullo. Oltre che da Canova, l'efebo polacco fu infatti effigiato nello stesso torno d'anni da Angelica Kauffmann, Elisabeth Vigée-Lebrun e Mary Cosway.
L'eccentrica attenzione della principessa diede adito a discussioni e perplessità, tanto che un contemporaneo ebbe a scrivere: “A Lancut sul soffitto vola come un angelo-nudo; sta in piedi come Ercole; lancia la freccia come Apollo; sospira come Adone; soffia come Zeffiro”.

Canova (Possagno 1.11.1757 – Venezia 13.10.1822)
L'artista ne fece un Tadzio ante litteram, anticipando in arte quella bellezza efebica che Thomas Mann celebrerà nelle pagine di “Morte a Venezia“.
Henryk fu, per Canova, un modello leggiadro quanto ritroso. Per la timidezza del ragazzo, l'artista riuscì a modellare dal vero solo il volto, mentre per il corpo nudo dovette prendere spunto da una statua antica. Per la sua esecuzione l'artista modellò un ritratto, eseguì un modello in gesso e scolpì un marmo preziosissimo.
Fu subito passione per questo inedito “Amore”.
Copie in marmo e gesso vennero commissionate, a caro prezzo, da nobiluomini di diversi paesi. Il Principe Henryk Lubomirski si inserisce in una delicata stagione artistica di Canova, dibattuto tra le teorie classiciste di Winckelmann, la creatività di Raffaello Mengs e una buona dose di invidia e di rivalità che non mancava mai nel complicato, felpato e raffinato ambiente artistico romano.
Quando l'opera rientrò in Polonia nel Castello Lubomirski, fu collocata in una sorta di santuario. Sullo sfondo del marmo era appesa una stoffa cinese con la rappresentazione della Fenice a cui tutti gli uccelli rendono omaggio, proprio come tutti i visitatori del palazzo erano pronti a rendere omaggio alla bellezza di Henryk.
E quella che scatenò in tutta Europa fu una vera e propria erosmania.

Copia romana
Il colonnello inglese John Campbell, visitando nel 1787 lo studio romano di Canova, cui aveva commissionato l'Amore e Psiche, rimase affascinato dalla statua del Lubomirski e ne chiese una copia che fu terminata nel 1789 e pagata 600 zecchini. L'opera giunse a Londra nel 1790 – prima opera di Canova ad arrivare in Inghilterra – e il colonnello lo trasferì nella sua casa diStackpole Court nel Galles, certo com'era che quell'opera avrebbe fatto “sospirare più di qualche ragazza“.
Il successo fu tale chenel 1792, il principe viennese d'Auersperg volle una copia del busto dell'Amorino per le sue collezioni, mentre un'altra replica in marmo dell'Amorino fu commissionata per 550 zecchini per il figlio diciassettenne del banchiere irlandese David La Touche, John. Il ragazzo, in viaggio in Italia, rientrato a Roma, aveva visitato lo studio canoviano e vedendo l'Amorino lo aveva giudicato “exellent”.
L'amorino alato – Canova
Nel 1794, Canova escogitò la scultura dell'Amorino alato,
una replica del Lubomirski ma dotato di grandi ali.
La commissione era arrivata dal principe russo Nikolaj Jussupov per 700 zecchini.

Apollo – Canova
Infine, nel 1797, Canova realizzò per il francese Juliot una replica in marmo con alcune varianti dell'Amorino che Canova chiamò Apollo e che giudicò migliore di tutti gli altri Amorini, pagata 700 zecchini e passò, in seguito, nella proprietà di Sommariva, a Parigi.
LAURA LARCAN – Repubblica.it – 2007 – Impaginazione T. K.

In onore (e per amore) di questa scultura si sono fatte mostre anche in Italia.
IL GRUPPO DEGLI ARTISTI
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Può una statua esser oggetto di culto… e perfino d’amore?
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Ed invece sì… leggete e… guardate qua!

La statua del principino Henryk Lubomirski,
ritratto nelle vesti di Eros, capolavoro del Canova,
è, per la sua estrema bellezza,
da secoli un vero oggetto di culto in Europa.
EROS (AMORE)
LA STATUA DEL CANOVA OGGETTO DI… AMORE

“Nel mirarti, ed ammirarti, o vezzoso fanciullo,
che con sì bella leggiadrìa te ne stai,
bellissimo di volto, e di membra,
io sento correre con rapido movimento
spinta dal cuore la mano a careggiare quel tuo vago,
e delicatissimo visetto, modellato dalle Grazie”.
Versi di totale rapimento, quelli della poetessa veneziana Isabella Teotochi Albrizzi che cadde vittima – ma non fu la sola – del fascino abbagliante del principino tredicenne Henryk Lubomirski, immortalato nel bianco e prezioso marmo da Antonio Canova alla fine del Settecento.
La scrittrice, il cui ricercatissimo circolo lagunare era frequentato da letterati e artisti come Pindemonte, Alfieri, Byron, Foscolo e lo stesso Canova, fu sedotta platonicamente da quelle labbra “alquanto umidette”, come ebbe a scrivere, e “dal bellissimo corpicciolo e dall’acerba fanciullezza che traspare in quelle membra composte”.
Una visione di grazia e di squisita mollezza di tocco, con cui Canova concepì la testa piegata dolcemente verso destra, con i capelli acconciati i vezzosi riccioli scapigliati, con i grandi occhi contagiati da un velo di malinconia e con la chiacchieratissima bocca minuta.

Quello realizzato dal grande scultore veneto non fu un semplice ritratto diplomatico.
Dietro il singolare ritratto, diventato oggetto di culto in tutta Europa, c’era una committenza illustre,
la bella e colta principessa Elzbieta Lubomirski che, vedova,
aveva eletto questo incantevole giovinetto, lontano parente del suo defunto marito, come sue inseparabile pupillo.
L’opera fu ordinata al Canova nell’autunno del 1785 quando la principessa Elzbieta faceva tappa a Roma con il nipote Henryk durante il suo Grand Tour dell’Italia.
Fu un viaggio in carrozza come numerosi intellettuali, aristocratici e studiosi facevano da tutta Europa verso l’Italia, a partire dal Seicento.
E per i polacchi, in particolare, che nella seconda metà del XVIII secolo partivano in massa per visitare principalmente Roma.
Un viaggio che consentiva l’acquisto di gran quantità di opere d’arte per soddisfare i loro gusti personali e per aumentare il prestigio delle loro collezioni e delle loro famiglie.

Henryk Lubomirski
La principessa era legata al principino Henryk, che il 24 maggio 1807 sposerà sua nipote Teresa Czartoriska, da una lontana parentela e da un’autentica infatuazione per la sua insolita bellezza, tanto che le più importanti imprese artistiche da lei promosse furono volte ad eternare le sembianze del fanciullo.
Oltre che da Canova, l’efebo polacco fu infatti effigiato nello stesso torno d’anni da Angelica Kauffmann, Elisabeth Vigée-Lebrun e Mary Cosway.
L’eccentrica attenzione della principessa diede adito a discussioni e perplessità, tanto che un contemporaneo ebbe a scrivere: “A Lancut sul soffitto vola come un angelo-nudo; sta in piedi come Ercole; lancia la freccia come Apollo; sospira come Adone; soffia come Zeffiro”.

Canova (Possagno 1.11.1757 – Venezia 13.10.1822)
L’artista ne fece un Tadzio ante litteram, anticipando in arte quella bellezza efebica che Thomas Mann celebrerà nelle pagine di “Morte a Venezia“.
Henryk fu, per Canova, un modello leggiadro quanto ritroso.
Per la timidezza del ragazzo, l’artista riuscì a modellare dal vero solo il volto, mentre per il corpo nudo dovette prendere spunto da una statua antica.
Per la sua esecuzione l’artista modellò un ritratto, eseguì un modello in gesso e scolpì un marmo preziosissimo.
Fu subito grande ed entusiastica passione per questo inedito “Amore”.

Copie in marmo e gesso vennero commissionate, a caro prezzo, da nobiluomini di diversi paesi.
Il Principe Henryk Lubomirski si inserisce in una delicata stagione artistica di Canova, dibattuto tra le teorie classiciste di Winckelmann, la creatività di Raffaello Mengs e una buona dose di invidia e di rivalità che non mancava mai nel complicato, felpato e raffinato ambiente artistico romano.
Quando l’opera rientrò in Polonia nel Castello Lubomirski, fu collocata in una sorta di santuario. Sullo sfondo del marmo era appesa una stoffa cinese con la rappresentazione della Fenice a cui tutti gli uccelli rendono omaggio, proprio come tutti i visitatori del palazzo erano pronti a rendere omaggio alla bellezza di Henryk.
E quella che scatenò in tutta Europa fu una vera e propria erosmania.

Copia romana – Musei Capitolini
Il colonnello inglese John Campbell, visitando nel 1787 lo studio romano di Canova, cui aveva commissionato l’Amore e Psiche, rimase affascinato dalla statua del Lubomirski e ne chiese una copia che fu terminata nel 1789 e pagata 600 zecchini.
L’opera giunse a Londra nel 1790 – prima opera di Canova ad arrivare in Inghilterra – e il colonnello lo trasferì nella sua casa diStackpole Court nel Galles, certo com’era che quell’opera avrebbe fatto “sospirare più di qualche ragazza“.
Il successo fu tale chenel 1792, il principe viennese d’Auersperg volle una copia del busto dell’Amorino per le sue collezioni, mentre un’altra replica in marmo dell’Amorino fu commissionata per 550 zecchini per il figlio diciassettenne del banchiere irlandese David La Touche, John. Il ragazzo, in viaggio in Italia, rientrato a Roma, aveva visitato lo studio canoviano e vedendo l’Amorino lo aveva giudicato “exellent”.
L’amorino alato – Canova
Nel 1794, Canova escogitò la scultura dell’Amorino alato, una replica del Lubomirski ma dotato di grandi ali.
La commissione era arrivata dal principe russo Nikolaj Jussupov per 700 zecchini.

Apollo – Canova
Infine, nel 1797, Canova realizzò per il francese Juliot una replica in marmo con alcune varianti dell’Amorino che Canova chiamò Apollo e che giudicò migliore di tutti gli altri Amorini, pagata 700 zecchini e passò, in seguito, nella proprietà di Sommariva, a Parigi.
LAURA LARCAN – Repubblica.it – 2007 con mini modifiche
Impaginazione, ricerche e coordinamento T. K.
In onore (e per amore) di questa scultura si sono fatte mostre anche in Italia.
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e perfino d'amore?
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La statua del principino Henryk Lubomirski ritratto come Eros, capolavoro del Canova,
è davvero diventato da secoli oggetto di culto in Europa per la bellezza del ragazzo scolpito…
CANOVA – LA STATUA DI EROS OGGETTO DI… AMORE

“Nel mirarti, ed ammirarti, o vezzoso fanciullo, che con sì bella leggiadria te ne stai, bellissimo di volto, e di membra, io sento correre con rapido movimento spinta dal cuore la mano a careggiare quel tuo vago, e delicatissimo visetto, modellato dalle Grazie”.
Versi di totale rapimento, quelli della poetessa veneziana Isabella Teotochi Albrizzi che cadde vittima – ma non fu la sola – del fascino abbagliante del principino tredicenne Henryk Lubomirski, immortalato nel bianco e prezioso marmo da Antonio Canova alla fine del Settecento.
La scrittrice, il cui ricercatissimo circolo lagunare era frequentato da letterati e artisti come Pindemonte, Alfieri, Byron, Foscolo e lo stesso Canova, fu sedotta platonicamente da quelle labbra “alquanto umidette”, come ebbe a scrivere, e dal bellissimo corpicciolo e dall'”acerba fanciullezza che traspare in quelle membra composte”.
Una visione di grazia e di squisita mollezza di tocco, con cui Canova concepì la testa piegata dolcemente verso destra, con i capelli acconciati i vezzosi riccioli scapigliati, con i grandi occhi contagiati da un velo di malinconia, e con la chiacchieratissima bocca minuta.

Quello realizzato dal grande scultore veneto non fu un semplice ritratto diplomatico.
Dietro il singolare ritratto, diventato oggetto di culto in tutta Europa, c'era una committenza illustre, la bella e colta principessa Elzbieta Lubomirski che, vedova, aveva eletto questo incantevole giovinetto, lontano parente del suo defunto marito, come sue inseparabile pupillo.
L'opera fu ordinata al Canova nell'autunno del 1785 quando la principessa Elzbieta faceva tappa a Roma con il nipote Henryk durante il suo Grand Tour dell'Italia. Fu un viaggio in carrozza come numerosi intellettuali, aristocratici e studiosi facevano da tutta Europa verso l'Italia, a partire dal Seicento. E per i polacchi, in particolare, che nella seconda metà del XVIII secolo partivano in massa per visitare principalmente Roma. Un viaggio che consentiva l'acquisto di gran quantità di opere d'arte per soddisfare i loro gusti personali e per aumentare il prestigio delle loro collezioni e delle loro famiglie.
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Henryk Lubomirski
La principessa era legata al principino Henryk, che il 24 maggio 1807 sposerà sua nipote Teresa Czartoriska, da una lontana parentela e da un'autentica infatuazione per la sua insolita bellezza, tanto che le più importanti imprese artistiche da lei promosse furono volte ad eternare le sembianze del fanciullo. Oltre che da Canova, l'efebo polacco fu infatti effigiato nello stesso torno d'anni da Angelica Kauffmann, Elisabeth Vigée-Lebrun e Mary Cosway.
L'eccentrica attenzione della principessa diede adito a discussioni e perplessità, tanto che un contemporaneo ebbe a scrivere: “A Lancut sul soffitto vola come un angelo-nudo; sta in piedi come Ercole; lancia la freccia come Apollo; sospira come Adone; soffia come Zeffiro”.

Possagno, 1º novembre 1757 – Venezia, 13 ottobre 1822
L'artista ne fece un Tadzio ante litteram, anticipando in arte quella bellezza efebica che Thomas Mann celebrerà nelle pagine di “Morte a Venezia“.
Henryk fu, per Canova, un modello leggiadro quanto ritroso. Per la timidezza del ragazzo, l'artista riuscì a modellare dal vero solo il volto, mentre per il corpo nudo dovette prendere spunto da una statua antica. Per la sua esecuzione l'artista modellò un ritratto, eseguì un modello in gesso e scolpì un marmo preziosissimo.
Fu subito passione per questo inedito “Amore”. Copie in marmo e gesso vennero commissionate, a caro prezzo, da nobiluomini di diversi paesi. Il Principe Henryk Lubomirski si inserisce in una delicata stagione artistica di Canova, dibattuto tra le teorie classiciste di Winckelmann, la creatività di Raffaello Mengs e una buona dose di invidia e di rivalità che non mancava mai nel complicato, felpato e raffinato ambiente artistico romano.
Quando l'opera rientrò in Polonia nel Castello Lubomirski, fu collocata in una sorta di santuario. Sullo sfondo del marmo era appesa una stoffa cinese con la rappresentazione della Fenice a cui tutti gli uccelli rendono omaggio, proprio come tutti i visitatori del palazzo erano pronti a rendere omaggio alla bellezza di Henryk.
E quella che scatenò in tutta Europa fu una vera e propria “erosmania”.

Copia romana
Il colonnello inglese John Campbell, visitando nel 1787 lo studio romano di Canova, cui aveva commissionato l'Amore e Psiche, rimase affascinato dalla statua del Lubomirski e ne chiese una copia che fu terminata nel 1789 e pagata 600 zecchini. L'opera giunse a Londra nel 1790 – prima opera di Canova ad arrivare in Inghilterra – e il colonnello lo trasferì nella sua casa di Stackpole Court nel Galles, certo com'era che quell'opera avrebbe fatto “sospirare più di qualche ragazza“.
Il successo fu tale che nel 1792, il principe viennese d'Auersperg volle una copia del busto dell'Amorino per le sue collezioni, mentre un'altra replica in marmo dell'Amorino fu commissionata per 550 zecchini per il figlio diciassettenne del banchiere irlandese David La Touche, John. Il ragazzo, in viaggio in Italia, rientrato a Roma, aveva visitato lo studio canoviano e vedendo l'Amorino lo aveva giudicato “exellent”.

L'amorino alato – Canova
Nel 1794, Canova escogitò la scultura dell'Amorino alato,
una replica del Lubomirski ma dotato di grandi ali.
La commissione era arrivata dal principe russo Nikolaj Jussupov per 700 zecchini.

Apollo – Canova
Infine, nel 1797, Canova realizzò per il francese Juliot una replica in marmo con alcune varianti dell'Amorino che Canova chiamò Apollo e che giudicò migliore di tutti gli altri Amorini, pagata 700 zecchini e passò, in seguito, nella proprietà di Sommariva, a Parigi.
LAURA LARCAN – Repubblica.it – 2007 – Impaginazione T. K.

In onore (e per amore) di questa scultura si sono fatte mostre anche in Italia.

CIAO DA TONY KOSPAN
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