è stato un punto di riferimento per l’arte fotografica,
sia negli Stati Uniti che nel mondo.
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WALTER ROSENBLUM
ARTE FOTOGRAFICA… E TESTIMONIANZA SOCIALE
Walter Rosenblum (New York, 1 ottobre 1919 – 23 gennaio 2006)
DIAMO PRIMA UN’OCCHIATA AD ALCUNE TRA LE SUE FOTO PIU’ FAMOSE
BREVE BIOGRAFIA
Walter Rosenblum fu testimone attivo di alcuni dei più significativi eventi dell’età moderna e sperimentò personalmente, durante gli anni giovanili, le condizioni degli immigrati in America; visse la grande Depressione, la seconda Guerra Mondiale e la repressione del maccartismo.
In tempi più recenti poté osservare il mutarsi delle condizioni di vita delle minoranze di New York e la crescita di una consapevolezza politica ed estetica nel Terzo Mondo. Rosenblum usò occhi e apparecchio fotografico per cercare di capire il corso delle vicende umane e celebrare i sentimenti egli uomini.
All’età di diciassette anni entrò a far parte della Photo League di New York dove incontrò Lewis Hine e studiò con Paul Strand, che contribuirono in modo fondamentale alla formazione della sua visione sull’arte e sulla vita.
In particolare egli condivise con Hine la convinzione che con la fotografia fosse possibile dimostrare che la dignità è un sentimento universale, che non si possono fare differenze fra gli uomini in base alla razza, alle religioni, alla nazionalità o alle condizioni economiche.
Fotografo dell’esercito nel corso della seconda guerra mondiale, sbarcò il D Day in Normandia, dove, per la morte di un cineoperatore nel corso dello sbarco, ne dovette prendere il posto per tutto il conflitto attraversando così la Francia, la Germania,l’Austria e realizzando il primo film sul campo di concentramento di Dachau appena liberato.
Per le coraggiose azioni svolte durante il combattimento fu anche insignito della “Silver Star”, della “Bronze Star”, del “Purple Heart” e la Unit Citation presidenziale, divenendo uno dei fotografi più decorati della Seconda Guerra Mondiale.
Sbarco in Normandia
Prigionieri tedeschi
Ma Rosenblum nel suo percorso professionale non mancò di fotografare i quartieri dove vivevano gli immigrati di New York e del South Bronx con gli insediamenti della nuova immigrazione, e in seguito spingendosi anche ad Haiti, Francia, Italia, Cuba, Cina, nell’ Unione Sovietica e in Brasile.
Da quest’immensa ricchezza di esperienze e dal prolungato rapporto con le diverse culture la visione fotografica di Rosenblum divenne testimone della condizione umana come di una comunità globale in cui i bisogni fondamentali, i valori e le aspirazioni esistenziali sono universalmente condivisi.
Rosenblum cercò così di sottolineare la dignità dell’essere umano, con i suoi soggetti mai semplici vittime, ma persone integre e complesse, la cui umanità sopravvive intatta malgrado le circostanze avverse.
La sua macchina fotografica fu strumento affinché gli uomini si potessero riconoscere nelle loro azioni e comportamenti, nella speranza che la comprensione delle dinamiche interpersonali, potesse estinguere ignoranza e paura e le principali cause di tante ingiustizie sociali.
Le opere di Walter Rosenblum sono conservate in prestigiose collezioni, quali il J.Paul Getty Museum di Malibù, alla Library of Congress di Washington, al MoMA, al Metropolitan Museum of Art e all’ICP di New York, alla Bibliotheque Nazionale de France di Parigi ed altri ancora.
Queste appaiono le spinte interiori verso la sua arte fotografica
che però, ahimè, l’hanno poi portato anche a morire
su di un campo di battaglia a soli 41 anni.
ROBERT CAPA
IL LEGGENDARIO
ARTE FOTOGRAFICA E STORIA DI GUERRA
a cura di Tony Kospan
Robert Capa (Budapest 22.10.1913 – Thai Binh 25.05.1954)
BREVE BIOGRAFIA
Endre Friedman (il vero nome di Robert Capa) nasce a Budapest il 22 ottobre 1913.
Esiliato dall’Ungheria nel 1931 per aver partecipato ad attività studentesche di sinistra, si trasferisce a Berlino dove si iscrive al corso di giornalismo.
Alla fine dell’anno apprende che l’attività della sartoria dei genitori va male ed allora un conoscente ungherese lo aiuta allora a trovare un lavoro di fattorino e aiutante di laboratorio presso Dephot, un’importante agenzia fotografica di Berlino.
Il direttore scopre ben presto il suo talento e comincia ad affidargli dei piccoli servizi fotografici.
Ottiene il primo incarico importante in dicembre, quando Guttam lo manda a Copenaghen per fotografare una lezione di Lev Trotzkij agli studenti danesi.
Nel 1933, al momento dell’ascesa al potere di Hitler, fugge però da Berlino, e precisamente subito dopo il drammatico incendio del Reichstag avvenuto il 27 febbraio.
Si reca dunque a Vienna, dove ottiene il permesso di tornare a Budapest, la città natia. Qui trascorre l’estate ma poi per vivere e per seguire il suo istinto errabondo ed irrequieto parte alla volta di Parigi.
Tumulti a Parigi
Nella città francese incontra Gerda Taro, una profuga tedesca, e se ne innamora. In quel periodo, viene inviato in Spagna per una serie di servizi fotogiornalistici su interessamento di Simon Guttmann.
E’ l’anno 1936 quando, con un colpo di fantasia, si inventa un personaggio di fantasia, spacciando a tutti il suo lavoro come il frutto di un fotografo americano di successo.
Robert Capa e Gerda Taro (Il suo grande amore)
E’ la stessa Gerda, in verità, che vende ai redattori le fotografie di Edward sotto “mentite spoglie”.
Ben presto il trucco viene scoperto, allora cambia il proprio nome con quello di Robert Capa.
Fotografa i tumulti di Parigi, si reca in Spagna con Gerda Taro, per fotografare la guerra civile.
Effettua un secondo viaggio in Spagna in novembre per fotografare la resistenza di Madrid.
E’ presente su vari fronti spagnoli, da solo e con Gerda, diventata nel frattempo una fotogiornalista indipendente.
Sua mitica (e controversa) fotografia
Nel luglio del ’37, Gerda va a fotografare da sola la battaglia di Brunete a ovest di Madrid ma durante una ritirata, nella confusione, muore. Capa, che sperava di sposarla non si risolleverà mai dal dolore.
L’anno dopo trascorre sei mesi in Cina per documentare la resistenza contro l’invasione giapponese ma, tornato in Spagna nel ’39, fa in tempo a fotografare la capitolazione di Barcellona.
Realizza vari servizi in Francia, tra i quali un lungo servizio sul Giro di Francia.
Robert Capa
Dopo lo scoppio della seconda guerra mondiale, in settembre, s’imbarca per New York dove comincia a realizzare vari servizi per conto di ” Life “.
Trascorre allora alcuni mesi in Messico per fotografare la campagna presidenziale e le elezioni.
Non contento, attraversa l’Atlantico con un convoglio di trasporto di aerei americani in Inghilterra, realizzando numerosi servizi sulle attività belliche degli alleati in Gran Bretagna.
Intanto, la guerra mondiale è scoppiata e Capa, da marzo a maggio del ’43, realizza un reportage fotografico sulle vittorie degli alleati in Nord Africa, mentre in Luglio e Agosto, fotografa i successi militari degli alleati in Sicilia.
Bilbao 1937 – Guerra civile spagnola
Durante la parte rimanente dell’anno documenta i combattimenti nell’Italia continentale, compresa la liberazione di Napoli.
Qui è con un Ufficiale americano nei pressi di Napoli
Gli avvenimenti sono convulsi e si succedono senza sosta.
Nel Gennaio del 1944, ad esempio, partecipa allo sbarco alleato ad Anzio, mentre il 6 Giugno sbarca con il primo contingente delle forze americane a Omaha-Beach in Normandia.
La liberazione della Francia – Parigi 26 agosto 1944
E’ al seguito delle truppe americane e francesi durante la campagna che si conclude con la liberazione di Parigi il 25 agosto.
In dicembre, fotografa la battaglia di Bulge.
Prigionieri tedeschi
Paracadutato poi con le truppe americane in Germania, fotografa l’invasione degli alleati a Lipsia, Norimberga e Berlino.
Berlino distrutta
In giugno incontra Ingrid Bergman a Parigi con cui vive una storia d’amore durata 2 anni.
Ingrid Bergman
Terminato il conflitto mondiale, diventa cittadino americano.
Trascorre alcuni mesi a Hollywood, scrivendo le sue memorie di guerra.
Nel 1947, insieme con gli amici Henri Cartier-Bresson, David Seymour (detto “Chim” ), George Rodger e William Vandivert fonda l’agenzia fotografica cooperativa “Magnum”.
Per un mese viaggia in Unione Sovietica in compagnia dell’amico John Steinbeck.
Israele – dichiarazione d’indipendenza
La sua opera di testimone del secolo è instancabile: Nei due anni che vanno dal 1948 al ’50 effettua tre viaggi in Israele.
Durante il primo realizza servizi fotografici sulla dichiarazione d’indipendenza e i combattimenti successivi.
Nel corso degli ultimi due viaggi si concentra invece sul problema dell’arrivo dei primi profughi.
Finito di “fare il suo dovere”, si trasferisce nuovamente a Parigi, dove assume il ruolo di presidente della Magnum, dedicando molto tempo al lavoro dell’agenzia.
Purtroppo, quelli sono anche gli anni del maccartismo, della caccia alle streghe scatenata in america.
A causa di false accuse di comunismo, dunque, il governo degli Stati Uniti gli ritira il passaporto per alcuni mesi impedendogli di viaggiare per lavorare.
Nel 1954 giunge ad Hanoi attorno al 9 Maggio in veste di inviato di ” Life ” per fotografare la guerra dei francesi in Indocina per un mese.
Il 25 Maggio accompagna una missione militare francese da Namdinh al delta del Fiume Rosso.
Durante una sosta del convoglio lungo la strada, Capa si allontana in un campo insieme con un drappello di militari dove calpesta una mina anti-uomo, rimanendo ucciso.
L’anno dopo, ” Life ” e Overseas Press Club istituiscono il Premio annuale Robert Capa “per la fotografia di altissima qualità sostenuta da eccezionale coraggio e spirito d’iniziativa all’estero”.
UN VIDEO CON TANTE ALTRE SUE FOTO
Possiamo ora anche guardare nel video che segue,
ascoltando le note de “LA VIE EN ROSE“,
altre foto della sua vasta ed importantissima produzione.
Produzione importantissima
sia da un punto di vista documentaristico e storico
è stato un punto di riferimento per l’arte fotografica,
sia negli Stati Uniti che nel mondo.
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WALTER ROSENBLUM
ARTE FOTOGRAFICA… E TESTIMONIANZA SOCIALE
Walter Rosenblum (New York, 1 ottobre 1919 – 23 gennaio 2006)
DIAMO PRIMA UN’OCCHIATA AD ALCUNE TRA LE SUE FOTO PIU’ FAMOSE
BREVE BIOGRAFIA
Walter Rosenblum fu testimone attivo di alcuni dei più significativi eventi dell’età moderna e sperimentò personalmente, durante gli anni giovanili, le condizioni degli immigrati in America; visse la grande Depressione, la seconda Guerra Mondiale e la repressione del maccartismo.
In tempi più recenti poté osservare il mutarsi delle condizioni di vita delle minoranze di New York e la crescita di una consapevolezza politica ed estetica nel Terzo Mondo. Rosenblum usò occhi e apparecchio fotografico per cercare di capire il corso delle vicende umane e celebrare i sentimenti egli uomini.
All’età di diciassette anni entrò a far parte della Photo League di New York dove incontrò Lewis Hine e studiò con Paul Strand, che contribuirono in modo fondamentale alla formazione della sua visione sull’arte e sulla vita.
In particolare egli condivise con Hine la convinzione che con la fotografia fosse possibile dimostrare che la dignità è un sentimento universale, che non si possono fare differenze fra gli uomini in base alla razza, alle religioni, alla nazionalità o alle condizioni economiche.
Fotografo dell’esercito nel corso della seconda guerra mondiale, sbarcò il D Day in Normandia, dove, per la morte di un cineoperatore nel corso dello sbarco, ne dovette prendere il posto per tutto il conflitto attraversando così la Francia, la Germania,l’Austria e realizzando il primo film sul campo di concentramento di Dachau appena liberato.
Per le coraggiose azioni svolte durante il combattimento fu anche insignito della “Silver Star”, della “Bronze Star”, del “Purple Heart” e la Unit Citation presidenziale, divenendo uno dei fotografi più decorati della Seconda Guerra Mondiale.
Sbarco in Normandia
Prigionieri tedeschi
Ma Rosenblum nel suo percorso professionale non mancò di fotografare i quartieri dove vivevano gli immigrati di New York e del South Bronx con gli insediamenti della nuova immigrazione, e in seguito spingendosi anche ad Haiti, Francia, Italia, Cuba, Cina, nell’ Unione Sovietica e in Brasile.
Da quest’immensa ricchezza di esperienze e dal prolungato rapporto con le diverse culture la visione fotografica di Rosenblum divenne testimone della condizione umana come di una comunità globale in cui i bisogni fondamentali, i valori e le aspirazioni esistenziali sono universalmente condivisi.
Rosenblum cercò così di sottolineare la dignità dell’essere umano, con i suoi soggetti mai semplici vittime, ma persone integre e complesse, la cui umanità sopravvive intatta malgrado le circostanze avverse.
La sua macchina fotografica fu strumento affinché gli uomini si potessero riconoscere nelle loro azioni e comportamenti, nella speranza che la comprensione delle dinamiche interpersonali, potesse estinguere ignoranza e paura e le principali cause di tante ingiustizie sociali.
Le opere di Walter Rosenblum sono conservate in prestigiose collezioni, quali il J.Paul Getty Museum di Malibù, alla Library of Congress di Washington, al MoMA, al Metropolitan Museum of Art e all’ICP di New York, alla Bibliotheque Nazionale de France di Parigi ed altri ancora.
Ci sono vite che sono romanzi,
anche se quella di Lee Miller,
per sua stessa ammissione, era stata
“un fradicio rompicapo,
le cui tessere ubriache
non combaciano per forma né scopo”.
Elizabeth ‘Lee’ Miller – Lady Penrose (23 April 1907 – 21 July 1977)
LEE MILLER UNA VITA CON LA FOTOGRAFIA
– DA MAN RAY A FOTOGRAFA DI GUERRA –
Lee Miller – Autoritratto
– BELLEZZA AVVENTURA STORIA E ARTE FOTOGRAFICA –
Certo la bambina Elizabeth Miller, nata nel 1907 a Poughkeepsie, la cittadina sul fiume Hudson ricca d’arte e di storia, dove i magnati di New York, come gli Astor e i Vanderbilt, andavano a costruirsi i palazzi per gli ozii estivi, doveva essere predestinata se il padre Theodore, fotografo dilettante affascinato dalla figlia, la ritraeva costantemente, registrandone e mappandone la crescita.
Infatti la vita di Lee sarebbe stata segnata dall’arte, dalla fotografia, perfino dagli orrori del secolo, ma sempre con il marchio di quel dono di natura che definiamo, per brevità, fascino.
Lee Miller ritratta da George Hoyningen 1928
Perché già a vent’anni Elizabeth, anzi Li-Li, e subito Lee, era una modella sulla copertina di Vogue, richiesta dai grandi fotografi.
Bella era, bellissima, anche se dai tratti pronunciati, non aristocratici, “bostoniani”, delle celebrità del tempo. Ma in più aveva la forza interna, il piglio, appreso da ragazza alla scuola di teatro in Europa, a Parigi o, di ritorno a casa, al celebre Vassar College.
Ovvio che l’oceano non fosse ostacolo, ma ponte, se nel 1929 Lee era di nuovo a Parigi, a cercare Man Ray, fotografo e artista d’un’arte spregiudicata e inquietante, il Surrealismo, per diventarne l’allieva, la musa, l’amante.
Lee Miller e Man Ray
Con lui inventerà una tecnica originale, la solarizzazione delle foto, con lui sperimenterà un’estetica sempre carica di allusioni sessuali, come il “Nudo piegato in avanti”, ove la schiena femminile assume contorni fallici.
Nudo piegato in avanti
Con Man Ray e coi compagni di scuola condividerà vita e vacanze, reciterà (muta) in prove d’arte come il film “Le sang d’un poète”, di Jean Cocteau, con loro disegnerà, scatterà, provocherà.
Picnic: Nusch and Paul Eluard, Roland Penrose, Man Ray, and Ady Fidelin,
île Sainte-Marguerite, Cannes, France, 1937. Lee Miller.
Ma Lee cresce in fretta, tre anni dopo ha già lasciato Man Ray e ha aperto a New York il proprio studio.
Malgrado la grande depressione, fa ritratti alle personalità dell’epoca, lavora per la pubblicità e su Vogue, caso raro se non unico, appare sia come modella che come fotografa.
Al confine tra arte, cronaca e commercio, riprende gli interpreti di un’opera d’avanguardia su libretto di Gertrude Stein, “Four Saints in Three Acts”, un cast tutto di colore che sarà d’ispirazione a “Porgy and Bess”, di George Gershwin.
Un altro balzo, un’altra sorpresa: Lee sposa, imprevedibilmente, l’egiziano Aziz Eloui Bey, direttore generale del ministero delle Ferrovie, del Telegrafo e dei Telefoni.
Al Cairo, e nel deserto, riscopre la foto d’arte, a volte antropologica, più spesso enigmatica.
Ma gli anni ’30 volgono al peggio, e la musa del Surrealismo affronta la dura realtà.
Dal ’39 è a Londra, per vivere con un altro uomo, Roland Penrose, che le darà un figlio.
Ma prima ritrae con occhio surrealista la capitale sotto il blitz delle V2 naziste.
Poi, sempre per Vogue (la vanità della moda s’arrende alla guerra), diventa corrispondente dal fronte.
Lee Miller – Foto per Vogue
Segue l’avanzata delle truppe alleate: St Malo, Parigi, poi l’orrore di Dachau e Buchenwald.
Lee Miller – Buchenwald concentration camp – 1945
Fotografa e scrive: sulle pagine patinate escono immagini e parole dell’inferno, i cadaveri, l’obbrobio.
Lee Miller – SS morto in un canale – Dachau – Germany – 1945
La ragazza che aveva scoperto con gioia il surrealismo si confronta al più duro espressionismo.
Ma non si piega: con il suo accompagnatore, David Scherman, il grande fotografo di Life che la fa da mentore (e da amante), arriva nel banale appartamento di Hitler, a Monaco, e ha il guizzo che Man Ray avrebbe amato:
si spoglia, s’immerge nella vasca da bagno del Fuehrer, si fa fotografare da Scherman davanti ai pesanti scarponi da guerriera.
Lee si ritira nel Sussex con Penrose, lo sposa, dà alla luce il figlio Antony e continua a scrivere e fotografare per Vogue.
Riceve ospiti, li fotografa mentre innaffiano il giardino, s’appisola sui divani, diventa finalmente adulta – il Surrealismo è finito… come la vita meravigliosa di Lee Miller.
.
.
.
Testo dal blog “Chelsea mia” di Alessio Altichieri
Queste appaiono le spinte interiori verso la sua arte fotografica
che però, ahimè, l’hanno poi portato anche a morire
su di un campo di battaglia a soli 41 anni.
ROBERT CAPA
IL LEGGENDARIO
ARTE FOTOGRAFICA E STORIA DI GUERRA
a cura di Tony Kospan
Robert Capa (Budapest 22.10.1913 – Thai Binh 25.05.1954)
BREVE BIOGRAFIA
Endre Friedman (il vero nome di Robert Capa) nasce a Budapest il 22 ottobre 1913.
Esiliato dall’Ungheria nel 1931 per aver partecipato ad attività studentesche di sinistra, si trasferisce a Berlino dove si iscrive al corso di giornalismo.
Alla fine dell’anno apprende che l’attività della sartoria dei genitori va male ed allora un conoscente ungherese lo aiuta allora a trovare un lavoro di fattorino e aiutante di laboratorio presso Dephot, un’importante agenzia fotografica di Berlino.
Il direttore scopre ben presto il suo talento e comincia ad affidargli dei piccoli servizi fotografici.
Ottiene il primo incarico importante in dicembre, quando Guttam lo manda a Copenaghen per fotografare una lezione di Lev Trotzkij agli studenti danesi.
Nel 1933, al momento dell’ascesa al potere di Hitler, fugge però da Berlino, e precisamente subito dopo il drammatico incendio del Reichstag avvenuto il 27 febbraio.
Si reca dunque a Vienna, dove ottiene il permesso di tornare a Budapest, la città natia. Qui trascorre l’estate ma poi per vivere e per seguire il suo istinto errabondo ed irrequieto parte alla volta di Parigi.
Tumulti a Parigi
Nella città francese incontra Gerda Taro, una profuga tedesca, e se ne innamora. In quel periodo, viene inviato in Spagna per una serie di servizi fotogiornalistici su interessamento di Simon Guttmann.
E’ l’anno 1936 quando, con un colpo di fantasia, si inventa un personaggio di fantasia, spacciando a tutti il suo lavoro come il frutto di un fotografo americano di successo.
Robert Capa e Gerda Taro (Il suo grande amore)
E’ la stessa Gerda, in verità, che vende ai redattori le fotografie di Edward sotto “mentite spoglie”.
Ben presto il trucco viene scoperto, allora cambia il proprio nome con quello di Robert Capa.
Fotografa i tumulti di Parigi, si reca in Spagna con Gerda Taro, per fotografare la guerra civile.
Effettua un secondo viaggio in Spagna in novembre per fotografare la resistenza di Madrid.
E’ presente su vari fronti spagnoli, da solo e con Gerda, diventata nel frattempo una fotogiornalista indipendente.
Sua mitica (e controversa) fotografia
Nel luglio del ’37, Gerda va a fotografare da sola la battaglia di Brunete a ovest di Madrid ma durante una ritirata, nella confusione, muore. Capa, che sperava di sposarla non si risolleverà mai dal dolore.
L’anno dopo trascorre sei mesi in Cina per documentare la resistenza contro l’invasione giapponese ma, tornato in Spagna nel ’39, fa in tempo a fotografare la capitolazione di Barcellona.
Realizza vari servizi in Francia, tra i quali un lungo servizio sul Giro di Francia.
Robert Capa
Dopo lo scoppio della seconda guerra mondiale, in settembre, s’imbarca per New York dove comincia a realizzare vari servizi per conto di ” Life “.
Trascorre allora alcuni mesi in Messico per fotografare la campagna presidenziale e le elezioni.
Non contento, attraversa l’Atlantico con un convoglio di trasporto di aerei americani in Inghilterra, realizzando numerosi servizi sulle attività belliche degli alleati in Gran Bretagna.
Intanto, la guerra mondiale è scoppiata e Capa, da marzo a maggio del ’43, realizza un reportage fotografico sulle vittorie degli alleati in Nord Africa, mentre in Luglio e Agosto, fotografa i successi militari degli alleati in Sicilia.
Bilbao 1937 – Guerra civile spagnola
Durante la parte rimanente dell’anno documenta i combattimenti nell’Italia continentale, compresa la liberazione di Napoli.
Qui è con un Ufficiale americano nei pressi di Napoli
Gli avvenimenti sono convulsi e si succedono senza sosta.
Nel Gennaio del 1944, ad esempio, partecipa allo sbarco alleato ad Anzio, mentre il 6 Giugno sbarca con il primo contingente delle forze americane a Omaha-Beach in Normandia.
La liberazione della Francia – Parigi 26 agosto 1944
E’ al seguito delle truppe americane e francesi durante la campagna che si conclude con la liberazione di Parigi il 25 agosto.
In dicembre, fotografa la battaglia di Bulge.
Prigionieri tedeschi
Paracadutato poi con le truppe americane in Germania, fotografa l’invasione degli alleati a Lipsia, Norimberga e Berlino.
Berlino distrutta
In giugno incontra Ingrid Bergman a Parigi con cui vive una storia d’amore durata 2 anni.
Ingrid Bergman
Terminato il conflitto mondiale, diventa cittadino americano.
Trascorre alcuni mesi a Hollywood, scrivendo le sue memorie di guerra.
Nel 1947, insieme con gli amici Henri Cartier-Bresson, David Seymour (detto “Chim” ), George Rodger e William Vandivert fonda l’agenzia fotografica cooperativa “Magnum”.
Per un mese viaggia in Unione Sovietica in compagnia dell’amico John Steinbeck.
Israele – dichiarazione d’indipendenza
La sua opera di testimone del secolo è instancabile: Nei due anni che vanno dal 1948 al ’50 effettua tre viaggi in Israele.
Durante il primo realizza servizi fotografici sulla dichiarazione d’indipendenza e i combattimenti successivi.
Nel corso degli ultimi due viaggi si concentra invece sul problema dell’arrivo dei primi profughi.
Finito di “fare il suo dovere”, si trasferisce nuovamente a Parigi, dove assume il ruolo di presidente della Magnum, dedicando molto tempo al lavoro dell’agenzia.
Purtroppo, quelli sono anche gli anni del maccartismo, della caccia alle streghe scatenata in america.
A causa di false accuse di comunismo, dunque, il governo degli Stati Uniti gli ritira il passaporto per alcuni mesi impedendogli di viaggiare per lavorare.
Nel 1954 giunge ad Hanoi attorno al 9 Maggio in veste di inviato di ” Life ” per fotografare la guerra dei francesi in Indocina per un mese.
Il 25 Maggio accompagna una missione militare francese da Namdinh al delta del Fiume Rosso.
Durante una sosta del convoglio lungo la strada, Capa si allontana in un campo insieme con un drappello di militari dove calpesta una mina anti-uomo, rimanendo ucciso.
L’anno dopo, ” Life ” e Overseas Press Club istituiscono il Premio annuale Robert Capa “per la fotografia di altissima qualità sostenuta da eccezionale coraggio e spirito d’iniziativa all’estero”.
UN VIDEO CON TANTE ALTRE SUE FOTO
Possiamo ora anche guardare nel video che segue,
ascoltando le note de “LA VIE EN ROSE“,
altre foto della sua vasta ed importantissima produzione.
Produzione importantissima
sia da un punto di vista documentaristico e storico
Ci sono vite che sono romanzi,
anche se quella di Lee Miller,
per sua stessa ammissione, era stata
“un fradicio rompicapo,
le cui tessere ubriache
non combaciano per forma né scopo”.
Elizabeth ‘Lee’ Miller – Lady Penrose (23 April 1907 – 21 July 1977)
LEE MILLER UNA VITA CON LA FOTOGRAFIA
– DA MAN RAY A FOTOGRAFA DI GUERRA –
Lee Miller – Autoritratto
– BELLEZZA AVVENTURA STORIA E ARTE FOTOGRAFICA –
Certo la bambina Elizabeth Miller, nata nel 1907 a Poughkeepsie, la cittadina sul fiume Hudson ricca d’arte e di storia, dove i magnati di New York, come gli Astor e i Vanderbilt, andavano a costruirsi i palazzi per gli ozii estivi, doveva essere predestinata se il padre Theodore, fotografo dilettante affascinato dalla figlia, la ritraeva costantemente, registrandone e mappandone la crescita.
Infatti la vita di Lee sarebbe stata segnata dall’arte, dalla fotografia, perfino dagli orrori del secolo, ma sempre con il marchio di quel dono di natura che definiamo, per brevità, fascino.
Lee Miller ritratta da George Hoyningen 1928
Perché già a vent’anni Elizabeth, anzi Li-Li, e subito Lee, era una modella sulla copertina di Vogue, richiesta dai grandi fotografi.
Bella era, bellissima, anche se dai tratti pronunciati, non aristocratici, “bostoniani”, delle celebrità del tempo. Ma in più aveva la forza interna, il piglio, appreso da ragazza alla scuola di teatro in Europa, a Parigi o, di ritorno a casa, al celebre Vassar College.
Ovvio che l’oceano non fosse ostacolo, ma ponte, se nel 1929 Lee era di nuovo a Parigi, a cercare Man Ray, fotografo e artista d’un’arte spregiudicata e inquietante, il Surrealismo, per diventarne l’allieva, la musa, l’amante.
Lee Miller e Man Ray
Con lui inventerà una tecnica originale, la solarizzazione delle foto, con lui sperimenterà un’estetica sempre carica di allusioni sessuali, come il “Nudo piegato in avanti”, ove la schiena femminile assume contorni fallici.
Nudo piegato in avanti
Con Man Ray e coi compagni di scuola condividerà vita e vacanze, reciterà (muta) in prove d’arte come il film “Le sang d’un poète”, di Jean Cocteau, con loro disegnerà, scatterà, provocherà.
Picnic: Nusch and Paul Eluard, Roland Penrose, Man Ray, and Ady Fidelin,
île Sainte-Marguerite, Cannes, France, 1937. Lee Miller.
Ma Lee cresce in fretta, tre anni dopo ha già lasciato Man Ray e ha aperto a New York il proprio studio.
Malgrado la grande depressione, fa ritratti alle personalità dell’epoca, lavora per la pubblicità e su Vogue, caso raro se non unico, appare sia come modella che come fotografa.
Al confine tra arte, cronaca e commercio, riprende gli interpreti di un’opera d’avanguardia su libretto di Gertrude Stein, “Four Saints in Three Acts”, un cast tutto di colore che sarà d’ispirazione a “Porgy and Bess”, di George Gershwin.
Un altro balzo, un’altra sorpresa: Lee sposa, imprevedibilmente, l’egiziano Aziz Eloui Bey, direttore generale del ministero delle Ferrovie, del Telegrafo e dei Telefoni.
Al Cairo, e nel deserto, riscopre la foto d’arte, a volte antropologica, più spesso enigmatica.
Ma gli anni ’30 volgono al peggio, e la musa del Surrealismo affronta la dura realtà.
Dal ’39 è a Londra, per vivere con un altro uomo, Roland Penrose, che le darà un figlio.
Ma prima ritrae con occhio surrealista la capitale sotto il blitz delle V2 naziste.
Poi, sempre per Vogue (la vanità della moda s’arrende alla guerra), diventa corrispondente dal fronte.
Lee Miller – Foto per Vogue
Segue l’avanzata delle truppe alleate: St Malo, Parigi, poi l’orrore di Dachau e Buchenwald.
Lee Miller – Buchenwald concentration camp – 1945
Fotografa e scrive: sulle pagine patinate escono immagini e parole dell’inferno, i cadaveri, l’obbrobio.
Lee Miller – SS morto in un canale – Dachau – Germany – 1945
La ragazza che aveva scoperto con gioia il surrealismo si confronta al più duro espressionismo.
Ma non si piega: con il suo accompagnatore, David Scherman, il grande fotografo di Life che la fa da mentore (e da amante), arriva nel banale appartamento di Hitler, a Monaco, e ha il guizzo che Man Ray avrebbe amato:
si spoglia, s’immerge nella vasca da bagno del Fuehrer, si fa fotografare da Scherman davanti ai pesanti scarponi da guerriera.
Lee si ritira nel Sussex con Penrose, lo sposa, dà alla luce il figlio Antony e continua a scrivere e fotografare per Vogue.
Riceve ospiti, li fotografa mentre innaffiano il giardino, s’appisola sui divani, diventa finalmente adulta – il Surrealismo è finito… come la vita meravigliosa di Lee Miller.
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Testo dal blog “Chelsea mia” di Alessio Altichieri
è stato un punto di riferimento per l’arte fotografica,
sia negli Stati Uniti che nel mondo.
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WALTER ROSENBLUM
ARTE FOTOGRAFICA… E TESTIMONIANZA SOCIALE
Walter Rosenblum (New York, 1 ottobre 1919 – 23 gennaio 2006)
DIAMO PRIMA UN’OCCHIATA AD ALCUNE TRA LE SUE FOTO PIU’ FAMOSE
BREVE BIOGRAFIA
Walter Rosenblum fu testimone attivo di alcuni dei più significativi eventi dell’età moderna e sperimentò personalmente, durante gli anni giovanili, le condizioni degli immigrati in America; visse la grande Depressione, la seconda Guerra Mondiale e la repressione del maccartismo.
In tempi più recenti poté osservare il mutarsi delle condizioni di vita delle minoranze di New York e la crescita di una consapevolezza politica ed estetica nel Terzo Mondo. Rosenblum usò occhi e apparecchio fotografico per cercare di capire il corso delle vicende umane e celebrare i sentimenti egli uomini.
All’età di diciassette anni entrò a far parte della Photo League di New York dove incontrò Lewis Hine e studiò con Paul Strand, che contribuirono in modo fondamentale alla formazione della sua visione sull’arte e sulla vita.
In particolare egli condivise con Hine la convinzione che con la fotografia fosse possibile dimostrare che la dignità è un sentimento universale, che non si possono fare differenze fra gli uomini in base alla razza, alle religioni, alla nazionalità o alle condizioni economiche.
Fotografo dell’esercito nel corso della seconda guerra mondiale, sbarcò il D Day in Normandia, dove, per la morte di un cineoperatore nel corso dello sbarco, ne dovette prendere il posto per tutto il conflitto attraversando così la Francia, la Germania,l’Austria e realizzando il primo film sul campo di concentramento di Dachau appena liberato.
Per le coraggiose azioni svolte durante il combattimento fu anche insignito della “Silver Star”, della “Bronze Star”, del “Purple Heart” e la Unit Citation presidenziale, divenendo uno dei fotografi più decorati della Seconda Guerra Mondiale.
Sbarco in Normandia
Prigionieri tedeschi
Ma Rosenblum nel suo percorso professionale non mancò di fotografare i quartieri dove vivevano gli immigrati di New York e del South Bronx con gli insediamenti della nuova immigrazione, e in seguito spingendosi anche ad Haiti, Francia, Italia, Cuba, Cina, nell’ Unione Sovietica e in Brasile.
Da quest’immensa ricchezza di esperienze e dal prolungato rapporto con le diverse culture la visione fotografica di Rosenblum divenne testimone della condizione umana come di una comunità globale in cui i bisogni fondamentali, i valori e le aspirazioni esistenziali sono universalmente condivisi.
Rosenblum cercò così di sottolineare la dignità dell’essere umano, con i suoi soggetti mai semplici vittime, ma persone integre e complesse, la cui umanità sopravvive intatta malgrado le circostanze avverse.
La sua macchina fotografica fu strumento affinché gli uomini si potessero riconoscere nelle loro azioni e comportamenti, nella speranza che la comprensione delle dinamiche interpersonali, potesse estinguere ignoranza e paura e le principali cause di tante ingiustizie sociali.
Le opere di Walter Rosenblum sono conservate in prestigiose collezioni, quali il J.Paul Getty Museum di Malibù, alla Library of Congress di Washington, al MoMA, al Metropolitan Museum of Art e all’ICP di New York, alla Bibliotheque Nazionale de France di Parigi ed altri ancora.
Queste appaiono le spinte interiori verso la sua arte fotografica
che però, ahimè, l’hanno poi portato anche a morire
su di un campo di battaglia a soli 41 anni.
ROBERT CAPA
IL LEGGENDARIO
ARTE FOTOGRAFICA E STORIA DI GUERRA
a cura di Tony Kospan
Robert Capa (Budapest 22.10.1913 – Thai Binh 25.05.1954)
BREVE BIOGRAFIA
Endre Friedman (il vero nome di Robert Capa) nasce a Budapest il 22 ottobre 1913.
Esiliato dall’Ungheria nel 1931 per aver partecipato ad attività studentesche di sinistra, si trasferisce a Berlino dove si iscrive al corso di giornalismo.
Alla fine dell’anno apprende che l’attività della sartoria dei genitori va male ed allora un conoscente ungherese lo aiuta allora a trovare un lavoro di fattorino e aiutante di laboratorio presso Dephot, un’importante agenzia fotografica di Berlino.
Il direttore scopre ben presto il suo talento e comincia ad affidargli dei piccoli servizi fotografici.
Ottiene il primo incarico importante in dicembre, quando Guttam lo manda a Copenaghen per fotografare una lezione di Lev Trotzkij agli studenti danesi.
Nel 1933, al momento dell’ascesa al potere di Hitler, fugge però da Berlino, e precisamente subito dopo il drammatico incendio del Reichstag avvenuto il 27 febbraio.
Si reca dunque a Vienna, dove ottiene il permesso di tornare a Budapest, la città natia. Qui trascorre l’estate ma poi per vivere e per seguire il suo istinto errabondo ed irrequieto parte alla volta di Parigi.
Tumulti a Parigi
Nella città francese incontra Gerda Taro, una profuga tedesca, e se ne innamora. In quel periodo, viene inviato in Spagna per una serie di servizi fotogiornalistici su interessamento di Simon Guttmann.
E’ l’anno 1936 quando, con un colpo di fantasia, si inventa un personaggio di fantasia, spacciando a tutti il suo lavoro come il frutto di un fotografo americano di successo.
Robert Capa e Gerda Taro (Il suo grande amore)
E’ la stessa Gerda, in verità, che vende ai redattori le fotografie di Edward sotto “mentite spoglie”.
Ben presto il trucco viene scoperto, allora cambia il proprio nome con quello di Robert Capa.
Fotografa i tumulti di Parigi, si reca in Spagna con Gerda Taro, per fotografare la guerra civile.
Effettua un secondo viaggio in Spagna in novembre per fotografare la resistenza di Madrid.
E’ presente su vari fronti spagnoli, da solo e con Gerda, diventata nel frattempo una fotogiornalista indipendente.
Sua mitica (e controversa) fotografia
Nel luglio del ’37, Gerda va a fotografare da sola la battaglia di Brunete a ovest di Madrid ma durante una ritirata, nella confusione, muore. Capa, che sperava di sposarla non si risolleverà mai dal dolore.
L’anno dopo trascorre sei mesi in Cina per documentare la resistenza contro l’invasione giapponese ma, tornato in Spagna nel ’39, fa in tempo a fotografare la capitolazione di Barcellona.
Realizza vari servizi in Francia, tra i quali un lungo servizio sul Giro di Francia.
Robert Capa
Dopo lo scoppio della seconda guerra mondiale, in settembre, s’imbarca per New York dove comincia a realizzare vari servizi per conto di ” Life “.
Trascorre allora alcuni mesi in Messico per fotografare la campagna presidenziale e le elezioni.
Non contento, attraversa l’Atlantico con un convoglio di trasporto di aerei americani in Inghilterra, realizzando numerosi servizi sulle attività belliche degli alleati in Gran Bretagna.
Intanto, la guerra mondiale è scoppiata e Capa, da marzo a maggio del ’43, realizza un reportage fotografico sulle vittorie degli alleati in Nord Africa, mentre in Luglio e Agosto, fotografa i successi militari degli alleati in Sicilia.
Bilbao 1937 – Guerra civile spagnola
Durante la parte rimanente dell’anno documenta i combattimenti nell’Italia continentale, compresa la liberazione di Napoli.
Qui è con Ufficiale americano nei pressi di Napoli
Gli avvenimenti sono convulsi e si succedono senza sosta.
Nel Gennaio del 1944, ad esempio, partecipa allo sbarco alleato ad Anzio, mentre il 6 Giugno sbarca con il primo contingente delle forze americane a Omaha-Beach in Normandia.
La liberazione della Francia – Parigi 26 agosto 1944
E’ al seguito delle truppe americane e francesi durante la campagna che si conclude con la liberazione di Parigi il 25 agosto.
In dicembre, fotografa la battaglia di Bulge.
Prigionieri tedeschi
Paracadutato poi con le truppe americane in Germania, fotografa l’invasione degli alleati a Lipsia, Norimberga e Berlino.
Berlino distrutta
In giugno incontra Ingrid Bergman a Parigi con cui vive una storia d’amore durata 2 anni.
Ingrid Bergman
Terminato il conflitto mondiale, diventa cittadino americano.
Trascorre alcuni mesi a Hollywood, scrivendo le sue memorie di guerra.
Nel 1947, insieme con gli amici Henri Cartier-Bresson, David Seymour (detto “Chim” ), George Rodger e William Vandivert fonda l’agenzia fotografica cooperativa “Magnum”.
Per un mese viaggia in Unione Sovietica in compagnia dell’amico John Steinbeck.
Israele – dichiarazione d’indipendenza
La sua opera di testimone del secolo è instancabile: Nei due anni che vanno dal 1948 al ’50 effettua tre viaggi in Israele.
Durante il primo realizza servizi fotografici sulla dichiarazione d’indipendenza e i combattimenti successivi.
Nel corso degli ultimi due viaggi si concentra invece sul problema dell’arrivo dei primi profughi.
Finito di “fare il suo dovere”, si trasferisce nuovamente a Parigi, dove assume il ruolo di presidente della Magnum, dedicando molto tempo al lavoro dell’agenzia.
Purtroppo, quelli sono anche gli anni del maccartismo, della caccia alle streghe scatenata in america.
A causa di false accuse di comunismo, dunque, il governo degli Stati Uniti gli ritira il passaporto per alcuni mesi impedendogli di viaggiare per lavorare.
Nel 1954 giunge ad Hanoi attorno al 9 Maggio in veste di inviato di ” Life ” per fotografare la guerra dei francesi in Indocina per un mese.
Il 25 Maggio accompagna una missione militare francese da Namdinh al delta del Fiume Rosso.
Durante una sosta del convoglio lungo la strada, Capa si allontana in un campo insieme con un drappello di militari dove calpesta una mina anti-uomo, rimanendo ucciso.
L’anno dopo, ” Life ” e Overseas Press Club istituiscono il Premio annuale Robert Capa “per la fotografia di altissima qualità sostenuta da eccezionale coraggio e spirito d’iniziativa all’estero”.
UN VIDEO CON TANTE ALTRE SUE FOTO
Possiamo ora anche guardare nel video che segue,
ascoltando le note de “LA VIE EN ROSE“,
altre foto della sua vasta ed importantissima produzione.
Produzione importantissima
sia da un punto di vista documentaristico e storico
è stato un punto di riferimento per l’arte fotografica,
sia negli Stati Uniti che nel mondo.
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WALTER ROSENBLUM
ARTE FOTOGRAFICA… E TESTIMONIANZA SOCIALE
Walter Rosenblum (New York, 1 ottobre 1919 – 23 gennaio 2006)
DIAMO PRIMA UN’OCCHIATA AD ALCUNE TRA LE SUE FOTO PIU’ FAMOSE
BREVE BIOGRAFIA
Walter Rosenblum fu testimone attivo di alcuni dei più significativi eventi dell’età moderna e sperimentò personalmente, durante gli anni giovanili, le condizioni degli immigrati in America; visse la grande Depressione, la seconda Guerra Mondiale e la repressione del maccartismo.
In tempi più recenti poté osservare il mutarsi delle condizioni di vita delle minoranze di New York e la crescita di una consapevolezza politica ed estetica nel Terzo Mondo. Rosenblum usò occhi e apparecchio fotografico per cercare di capire il corso delle vicende umane e celebrare i sentimenti egli uomini.
All’età di diciassette anni entrò a far parte della Photo League di New York dove incontrò Lewis Hine e studiò con Paul Strand, che contribuirono in modo fondamentale alla formazione della sua visione sull’arte e sulla vita.
In particolare egli condivise con Hine la convinzione che con la fotografia fosse possibile dimostrare che la dignità è un sentimento universale, che non si possono fare differenze fra gli uomini in base alla razza, alle religioni, alla nazionalità o alle condizioni economiche.
Fotografo dell’esercito nel corso della seconda guerra mondiale, sbarcò il D Day in Normandia, dove, per la morte di un cineoperatore nel corso dello sbarco, ne dovette prendere il posto per tutto il conflitto attraversando così la Francia, la Germania,l’Austria e realizzando il primo film sul campo di concentramento di Dachau appena liberato.
Per le coraggiose azioni svolte durante il combattimento fu anche insignito della “Silver Star”, della “Bronze Star”, del “Purple Heart” e la Unit Citation presidenziale, divenendo uno dei fotografi più decorati della Seconda Guerra Mondiale.
Sbarco in Normandia
Prigionieri tedeschi
Ma Rosenblum nel suo percorso professionale non mancò di fotografare i quartieri dove vivevano gli immigrati di New York e del South Bronx con gli insediamenti della nuova immigrazione, e in seguito spingendosi anche ad Haiti, Francia, Italia, Cuba, Cina, nell’ Unione Sovietica e in Brasile.
Da quest’immensa ricchezza di esperienze e dal prolungato rapporto con le diverse culture la visione fotografica di Rosenblum divenne testimone della condizione umana come di una comunità globale in cui i bisogni fondamentali, i valori e le aspirazioni esistenziali sono universalmente condivisi.
Rosenblum cercò così di sottolineare la dignità dell’essere umano, con i suoi soggetti mai semplici vittime, ma persone integre e complesse, la cui umanità sopravvive intatta malgrado le circostanze avverse.
La sua macchina fotografica fu strumento affinché gli uomini si potessero riconoscere nelle loro azioni e comportamenti, nella speranza che la comprensione delle dinamiche interpersonali, potesse estinguere ignoranza e paura e le principali cause di tante ingiustizie sociali.
Le opere di Walter Rosenblum sono conservate in prestigiose collezioni, quali il J.Paul Getty Museum di Malibù, alla Library of Congress di Washington, al MoMA, al Metropolitan Museum of Art e all’ICP di New York, alla Bibliotheque Nazionale de France di Parigi ed altri ancora.
Ci sono vite che sono romanzi,
anche se quella di Lee Miller,
per sua stessa ammissione, era stata
“un fradicio rompicapo,
le cui tessere ubriache
non combaciano per forma né scopo”.
Elizabeth ‘Lee’ Miller – Lady Penrose (23 April 1907 – 21 July 1977)
LEE MILLER UNA VITA CON LA FOTOGRAFIA
– DA MAN RAY A FOTOGRAFA DI GUERRA –
Lee Miller – Autoritratto
– BELLEZZA AVVENTURA STORIA E ARTE FOTOGRAFICA –
Certo la bambina Elizabeth Miller, nata nel 1907 a Poughkeepsie, la cittadina sul fiume Hudson ricca d’arte e di storia, dove i magnati di New York, come gli Astor e i Vanderbilt, andavano a costruirsi i palazzi per gli ozii estivi, doveva essere predestinata se il padre Theodore, fotografo dilettante affascinato dalla figlia, la ritraeva costantemente, registrandone e mappandone la crescita.
Infatti la vita di Lee sarebbe stata segnata dall’arte, dalla fotografia, perfino dagli orrori del secolo, ma sempre con il marchio di quel dono di natura che definiamo, per brevità, fascino.
Lee Miller ritratta da George Hoyningen 1928
Perché già a vent’anni Elizabeth, anzi Li-Li, e subito Lee, era una modella sulla copertina di Vogue, richiesta dai grandi fotografi.
Bella era, bellissima, anche se dai tratti pronunciati, non aristocratici, “bostoniani”, delle celebrità del tempo. Ma in più aveva la forza interna, il piglio, appreso da ragazza alla scuola di teatro in Europa, a Parigi o, di ritorno a casa, al celebre Vassar College.
Ovvio che l’oceano non fosse ostacolo, ma ponte, se nel 1929 Lee era di nuovo a Parigi, a cercare Man Ray, fotografo e artista d’un’arte spregiudicata e inquietante, il Surrealismo, per diventarne l’allieva, la musa, l’amante.
Lee Miller e Man Ray
Con lui inventerà una tecnica originale, la solarizzazione delle foto, con lui sperimenterà un’estetica sempre carica di allusioni sessuali, come il “Nudo piegato in avanti”, ove la schiena femminile assume contorni fallici.
Nudo piegato in avanti
Con Man Ray e coi compagni di scuola condividerà vita e vacanze, reciterà (muta) in prove d’arte come il film “Le sang d’un poète”, di Jean Cocteau, con loro disegnerà, scatterà, provocherà.
Picnic: Nusch and Paul Eluard, Roland Penrose, Man Ray, and Ady Fidelin,
île Sainte-Marguerite, Cannes, France, 1937. Lee Miller.
Ma Lee cresce in fretta, tre anni dopo ha già lasciato Man Ray e ha aperto a New York il proprio studio.
Malgrado la grande depressione, fa ritratti alle personalità dell’epoca, lavora per la pubblicità e su Vogue, caso raro se non unico, appare sia come modella che come fotografa.
Al confine tra arte, cronaca e commercio, riprende gli interpreti di un’opera d’avanguardia su libretto di Gertrude Stein, “Four Saints in Three Acts”, un cast tutto di colore che sarà d’ispirazione a “Porgy and Bess”, di George Gershwin.
Un altro balzo, un’altra sorpresa: Lee sposa, imprevedibilmente, l’egiziano Aziz Eloui Bey, direttore generale del ministero delle Ferrovie, del Telegrafo e dei Telefoni.
Al Cairo, e nel deserto, riscopre la foto d’arte, a volte antropologica, più spesso enigmatica.
Ma gli anni ’30 volgono al peggio, e la musa del Surrealismo affronta la dura realtà.
Dal ’39 è a Londra, per vivere con un altro uomo, Roland Penrose, che le darà un figlio.
Ma prima ritrae con occhio surrealista la capitale sotto il blitz delle V2 naziste.
Poi, sempre per Vogue (la vanità della moda s’arrende alla guerra), diventa corrispondente dal fronte.
Lee Miller – Foto per Vogue
Segue l’avanzata delle truppe alleate: St Malo, Parigi, poi l’orrore di Dachau e Buchenwald.
Lee Miller – Buchenwald concentration camp – 1945
Fotografa e scrive: sulle pagine patinate escono immagini e parole dell’inferno, i cadaveri, l’obbrobio.
Lee Miller – SS morto in un canale – Dachau – Germany – 1945
La ragazza che aveva scoperto con gioia il surrealismo si confronta al più duro espressionismo.
Ma non si piega: con il suo accompagnatore, David Scherman, il grande fotografo di Life che la fa da mentore (e da amante), arriva nel banale appartamento di Hitler, a Monaco, e ha il guizzo che Man Ray avrebbe amato:
si spoglia, s’immerge nella vasca da bagno del Fuehrer, si fa fotografare da Scherman davanti ai pesanti scarponi da guerriera.
Lee si ritira nel Sussex con Penrose, lo sposa, dà alla luce il figlio Antony e continua a scrivere e fotografare per Vogue.
Riceve ospiti, li fotografa mentre innaffiano il giardino, s’appisola sui divani, diventa finalmente adulta – il Surrealismo è finito… come la vita meravigliosa di Lee Miller.
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Testo dal blog “Chelsea mia” di Alessio Altichieri