Archivio per l'etichetta ‘FOTOGRAFIA 900’
E’ considerata una delle più grandi fotografe tedesche
e certo ha un posto importante nella Storia della Fotografia
Una fotografa che in un’epoca in cui non c’erano
gli odierni mezzi tecnologici capaci di creare e modificare immagini di ogni tipo
è riuscita a creare vere e proprie opere d’arte fotografiche.
Elberfeld 9.5.1904 – Buenos Aires 24.12.1999 (Autoritratto 1935)
GRETE STERN
CULTURA E SOGNO IN FOTOGRAFIA
a cura di Tony Kospan
BREVE BIOGRAFIA
Grete Stern nacque nel 1904 a Wppertal, Elberfeld, in Germania.
All’inizio si dedicò allo studio del pianoforte e della chitarra… poi passò alle arti grafiche e fu allieva del fotografo Peterhans Walter.
Nel 1929 con la sua amica Ellen Auerbach aprì uno studio di “graphic design” e fotografia.
Con l’arrivo al potere di Hitler si trasferì prima a Londra e poi in Argentina… dove frequentò con successo gli ambienti artistici d’avanguardia e collaborò con la rivista “Idillio” di Buenos Aires.
Portò al massimo livello la tecnica dei fotomontaggi che chiamava “Suenos” (sogni) anche perché volevano proprio illustrare… evocare…emozioni… intese in tutti i sensi ed in tutti i modi.
Questi “sogni” apparvero subito dei capolavori… in quanto applicavano alla fotografia le concezioni surrealiste e visionarie all’epoca in auge nel mondo nell’arte.
Nel 1936 sposa il fotografo argentino Horacio Coppola e dopo la fine della guerra si dedicò soprattutto alla fotografia d’architettura e di documentazione.
Ricevette pertanto anche importanti incarichi di reportage tra cui la documentazione dal vero di varie popolazioni aborigene e delle loro culture.

Nel 1982 ha ricevuto il premio Konex per l’attività di fotografa.
In verità deve la sua fama soprattutto alle opere dei 2 decenni antecedenti al secondo conflitto mondiale.
Autoritratto
LA TECNICA E L’ARTE
E’ da tener presente che all’epoca il fotomontaggio non era assolutamente semplice per cui i suoi ingrandimenti… o rimpicciolimenti, le sue scomposizioni delle immagini, i suoi effetti ottici ed i suoi “trucchi” fotografici che componevano quelli che possiamo anche definire dei collages dai risultati sognanti e coinvolgenti erano frutto di un segreto lavoro molto… ma molto… impegnativo e necessario di grande precisione.
Oggi è molto facile con i programmi di foto modificare tutto ma allora… non era proprio così…
Inoltre le sue opere… appaiono molto originali… ironiche e talvolta anche (per l’epoca) trasgressive ma sempre comunque dense di cariche emotive.
Tuttavia la rivista Abril che le pubblicava non ne comprese fino in fondo la genialità e per questo se ne sono perse davvero tantissime ma quelle rimaste, per lo più quelle della rivista Idillio, sono comunque in grado di affascinarci e di farci comprendere il suo mondo.
ORA ECCO UNA PICCOLA “MOSTRA” DI ALTRE SUE FOTO
Ojo eterno
Artículos eléctricos para el hogar

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Niño-flor – 1948
Fonti: vari siti web
CIAO DA TONY KOSPAN
IL GRUPPO DI CHI AMA VIVER L’ARTE
I N S I E M E
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Il suo modo di fotografare fu assolutamente innovativo
in quanto amò penetrare, con la sua macchina fotografica,
la realtà umana viva e cruda delle periferie…
aspetto che allora nessuno prendeva in considerazione.
Questo grandissimo maestro ed artista della fotofrafia…
è conosciuto ed apprezzato in tutto il mondo…
al punto che Google qualche anno fa
gli ha dedicato la copertina per il suo centenario.
(omaggio Google)
Questa sua specialità,
lo scattar foto per strada cogliendo gli aspetti più strani…
ma nello stesso tempo più normali… della società francese…,
lo rese in breve tempo famoso.
ROBERT DOISNEAU
(Gentilly 14 4 1912 – Montrouge 1° 4 1994)
Eh sì… il grande fotografo francese
è stato uno dei padri della fotografia
intesa come arte e documentazione sociale…
Il suo stile è definito
“umanista“
in quanto è l’umanità
con i suoi dolori, le sue gioie e la sua quotidianità
l’oggetto della sua arte fotografica
.
.
A mio parere, però,
nella sua arte fotografica è ben presente
anche un pizzico di dolce ironia…
e di geniale originalità.
Tra i temi da lui preferiti ci sono i bambini e l’amore…
Una fila durante l’occupazione tedesca di Parigi
.
.
.
.
La foto finale… Bacio all’Hotel De Ville…
è certo la sua foto più famosa
ed è considerata il suo capolavoro…
Ammiriamo ora in questo bellissimo video
le sue emozionanti opere fotografiche,
vero e proprio omaggio alla sua arte,
e ringraziamolo per le emozioni
che i suoi scatti, ancor oggi, ci donano
insieme ad una affettuosa documentazione
di un mondo che non c’è più.
CIAO DA TONY KOSPAN
SE… TI PIACE… ISCRIVITI
Bacio all’Hotel De Ville – 1950
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Il suo modo di fotografare fu assolutamente innovativo
in quanto amò penetrare, con la sua macchina fotografica,
la realtà umana viva e cruda delle periferie…
aspetto che allora nessuno prendeva in considerazione.
Questo grandissimo maestro ed artista della fotofrafia…
è conosciuto ed apprezzato in tutto il mondo…
al punto che Google qualche anno fa
gli ha dedicato la copertina per il suo centenario.
(omaggio Google)
Questa sua specialità,
lo scattar foto per strada cogliendo gli aspetti più strani…
ma nello stesso tempo più normali… della società francese…,
lo rese in breve tempo famoso.
ROBERT DOISNEAU
(Gentilly 14 4 1912 – Montrouge 1° 4 1994)
Eh sì… il grande fotografo francese
è stato uno dei padri della fotografia
intesa come arte e documentazione sociale…
Il suo stile è definito
“umanista“
in quanto è l’umanità
con i suoi dolori, le sue gioie e la sua quotidianità
l’oggetto della sua arte fotografica
.
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A mio parere, però,
nella sua arte fotografica è ben presente
anche un pizzico di dolce ironia…
e di geniale originalità.
Tra i temi da lui preferiti ci sono i bambini e l’amore…
Una fila durante l’occupazione tedesca di Parigi
.
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La foto finale… Bacio all’Hotel De Ville…
è certo la sua foto più famosa
ed è considerata il suo capolavoro…
Ammiriamo ora in questo bellissimo video
le sue emozionanti opere fotografiche,
vero e proprio omaggio alla sua arte,
e ringraziamolo per le emozioni
che i suoi scatti, ancor oggi, ci donano
insieme ad una affettuosa documentazione
di un mondo che non c’è più.
CIAO DA TONY KOSPAN
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Bacio all’Hotel De Ville – 1950
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Madame d’Ora prima grande fotografa del ‘900
Anticonformista, liberal, esuberante
e senza falsi pudori nel suo modo di fare fotografia
ha immortalato il bel mondo europeo del primo ‘900
cogliendo sempre i lati migliori dei personaggi da lei ritratti.
Dora Kallmus (Madame d’Ora) 20.3.1881 – 28.10.1963
Non solo è stata un’antesignana della fotografia al femminile
ma è stata anche la prima ad aprire un atelier con lo pseudonimo
“Madame d’Ora”
giocando col suo vero nome, Dora Kallmus,
ed ammiccando alla società altoborghese viennese dei primi del ‘900.
Appartenente ad una ricca famiglia viennese ebraica
è stata anche la prima donna a frequentare a l’Università.
Klimt
Ha 27 anni, nel 1908, quando Dora fa il suo primo ritratto al grande pittore Klimt
e lo riprende in modo molto naturale mostrandocelo pensieroso e bohemien.
Già appare chiaro che il suo modo di fotografare,
rivoluzionario per l’epoca, è spontaneo, senza pose stereotipate,
ma capace di evidenziare i lati più veri e più belli dei soggetti.
Siamo nella Vienna del 1908, anno della Grande Esposizione,
pervasa da un clima molto vivace e frizzante
per l’arrivo di persone ed artisti da ogni parte d’Europa.
Il suo modo di fotografare libero da conformismi ed aperto anche a pose osé
ma sempre capace di evidenziare la bellezza
affascinava tutti all’epoca
ed appare ancor oggi di sorprendente modernità.
Iniziano così a presentarsi davanti al suo obiettivo
artisti di ogni genere
e le sue foto cominciano ad avere sempre maggiori successi.
Molte star si offrono senza pudori davanti al suo obiettivo.
Arriva a fotografare perfino l’ultimo Imperatore d’Austria.
La sua fama si estende in tutta Europa ma soprattutto a Parigi,
all’epoca capitale naturale della cultura europea.
Pian piano lei però non svolge più solo il ruolo di fotografa delle star
ma, dagli anni ’20, diventa pure fotografa di moda e di stile
aprendo anche uno studio a Parigi
dove poi nel 1927 si trasferisce definitivamente.
Per tutti gli anni ’30, il suo atelier nella “Ville Lumière”
è frequentato da grandi artisti
come Chagall, Picasso, J. Backer, Tamara de Lempicka etc…
Chagall
Picasso
J. Backer
Tamara de Lempicka
Il nazismo però interrompe il suo lavoro di successo e,
per sfuggire alla caccia agli ebrei, si nasconde in un monastero.
Finisce così la sua storia di grande fotografa della “dolce vita”.
Dopo la guerra si dedica invece ad un fotogiornalismo di denuncia
delle più gravi situazioni ed ingiustizie sociali.
Le sue foto non solo sono foto d’arte
ma hanno anche un grande valore documentale
dato che ci consentono oggi di vedere il vero volto
e l’animo di tanti grandi personaggi del secolo scorso.
Dopo molti anni di silenzio
la sua arte fotografica è stata finalmente riabilitata e le sue foto
vengono ogni tanto presentate in mostre e retrospettive
ma sono soprattutto molto presenti nel web.
Tony Kospan
F I N E
Copyright Tony Kospan
Vietata la copia totale senza l’indicazione dell’autore e del Blog
IL GRUPPO DI CHI AMA VIVER L’ARTE
I N S I E M E
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QUANDO LA FOTOGRAFIA E’ ARTE
UMANITA’ E DOCUMENTAZIONE STORICA
Walter Rosenblum per oltre mezzo secolo
è stato un punto di riferimento per l’arte fotografica,
sia negli Stati Uniti che nel mondo.
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WALTER ROSENBLUM
ARTE FOTOGRAFICA… E TESTIMONIANZA SOCIALE
Walter Rosenblum (New York, 1 ottobre 1919 – 23 gennaio 2006)
DIAMO PRIMA UN’OCCHIATA AD ALCUNE TRA LE SUE FOTO PIU’ FAMOSE


BREVE BIOGRAFIA
Walter Rosenblum fu testimone attivo di alcuni dei più significativi eventi dell’età moderna e sperimentò personalmente, durante gli anni giovanili, le condizioni degli immigrati in America; visse la grande Depressione, la seconda Guerra Mondiale e la repressione del maccartismo.
In tempi più recenti poté osservare il mutarsi delle condizioni di vita delle minoranze di New York e la crescita di una consapevolezza politica ed estetica nel Terzo Mondo. Rosenblum usò occhi e apparecchio fotografico per cercare di capire il corso delle vicende umane e celebrare i sentimenti egli uomini.
All’età di diciassette anni entrò a far parte della Photo League di New York dove incontrò Lewis Hine e studiò con Paul Strand, che contribuirono in modo fondamentale alla formazione della sua visione sull’arte e sulla vita.
In particolare egli condivise con Hine la convinzione che con la fotografia fosse possibile dimostrare che la dignità è un sentimento universale, che non si possono fare differenze fra gli uomini in base alla razza, alle religioni, alla nazionalità o alle condizioni economiche.

Fotografo dell’esercito nel corso della seconda guerra mondiale, sbarcò il D Day in Normandia, dove, per la morte di un cineoperatore nel corso dello sbarco, ne dovette prendere il posto per tutto il conflitto attraversando così la Francia, la Germania,l’Austria e realizzando il primo film sul campo di concentramento di Dachau appena liberato.
Per le coraggiose azioni svolte durante il combattimento fu anche insignito della “Silver Star”, della “Bronze Star”, del “Purple Heart” e la Unit Citation presidenziale, divenendo uno dei fotografi più decorati della Seconda Guerra Mondiale.

Sbarco in Normandia

Prigionieri tedeschi
Ma Rosenblum nel suo percorso professionale non mancò di fotografare i quartieri dove vivevano gli immigrati di New York e del South Bronx con gli insediamenti della nuova immigrazione, e in seguito spingendosi anche ad Haiti, Francia, Italia, Cuba, Cina, nell’ Unione Sovietica e in Brasile.
Da quest’immensa ricchezza di esperienze e dal prolungato rapporto con le diverse culture la visione fotografica di Rosenblum divenne testimone della condizione umana come di una comunità globale in cui i bisogni fondamentali, i valori e le aspirazioni esistenziali sono universalmente condivisi.


Rosenblum cercò così di sottolineare la dignità dell’essere umano, con i suoi soggetti mai semplici vittime, ma persone integre e complesse, la cui umanità sopravvive intatta malgrado le circostanze avverse.
La sua macchina fotografica fu strumento affinché gli uomini si potessero riconoscere nelle loro azioni e comportamenti, nella speranza che la comprensione delle dinamiche interpersonali, potesse estinguere ignoranza e paura e le principali cause di tante ingiustizie sociali.



Le opere di Walter Rosenblum sono conservate in prestigiose collezioni, quali il J.Paul Getty Museum di Malibù, alla Library of Congress di Washington, al MoMA, al Metropolitan Museum of Art e all’ICP di New York, alla Bibliotheque Nazionale de France di Parigi ed altri ancora.
FINE
Testi ed immagini dal Web coordinati da T.K.
TONY KOSPAN
IL GRUPPO DI CHI AMA VIVER L’ARTE
INSIEME
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Ricerca della perfezione e massima eleganza
sono gli elementi caratterizzanti
dell’arte di questo grande fotografo.
Ogni sua fotografia ha il dono
di creare una… raffinata narrazione!
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RALPH GIBSON
LA FOTOGRAFIA COME FRAMMENTO CLASSICO
Ralph Gibson 16.1.39 Los Angeles
Ralph Gibson è nato a Los Angeles e si è avvicinato alla fotografia durante i quattro anni di servizio nella marina militare.
In seguito frequenta il San Francisco Art Institute e poi lavora come assistente fotografo per artisti come Dorothea Lange e Robert Frank, per il quale ha anche lavorato come cameraman in un paio di film.
Gibson divenne famoso grazie a una serie di libri fotografici, prodotti dalla casa editrice che lui aprì a questo scopo, la Lustrum Press. La trilogia, The Somnambulist (1970), Déjà Vu (1973) e Days at Sea (1975) si distingue per la sequenza di immagini senza testo né didascalie.
Le fotografie hanno un carattere fortemente surreale e la pura sequenza di immagini è estremamente ‘narrativa’.
Da allora ha vissuto in Francia e a New York, ma gran parte di ciò che ha pubblicato è stato realizzato in Francia, come L’Histoire de France (1991).
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Ogni fotografia di Ralph Gibson somiglia ad un frammento classico, monumentale, come scolpito nel tempo.
Per mezzo del suo “obbiettivo” Gibson, formalista della fotografia, si avvicina a luoghi e persone unendo la sua visione del mondo ad un’attenzione costante per la composizione e per le proporzioni delle immagini.
I soggetti scelti da Ralph Gibson per le sue fotografie sono essenziali, in particolare da quando non si interessa più di catturare i momenti salienti del dramma umano come impone lo stile del reportage.
Per Gibson la percezione del soggetto è più importante della fotografia.
Le sue immagini riflettono la sensazione e lo stato emozionale che produce un certo luogo in un certo tempo.

Ralph Gibson
Ralph Gibson utilizza prevalentemente pellicole in bianco e nero – ma anche il colore – e usa una Leica nel formato 35mm.
L’uso dell’obiettivo grandangolare accentua la dinamica e la tensione dell’immagine nello spazio cosi’ deformato.



La sua ricerca del “luogo ideale” da fotografare, l’ha spinto a Los Angeles, e successivamente a New York, dove vive e lavora.
Il suo interesse per la fotografia si eè così evoluto dal reportage all’espressione introspettiva e personale.
La serie The Somnambulist – prima testimonianza di questa nuova inclinazione – comprende delle immagini quasi sognanti.
L’impiego delle pellicole a grana grossa, donano alle fotografie caratteristiche grafiche, evocando mondi fantastico-surreali.
Così una mano colpita dallo spiraglio di luce bianca che filtra da una porta socchiusa, diventa il “fantasma” dei sogni onirici di Gibson.
Con The Somnambulist, Ralph Gibson abbandona lo stile reportage a favore delle sue visioni personali, espresse con i ritratti, gli still life e i paesaggi.
Il libro del Somnambulist – pubblicato recentemente con grande successo – ha attirato l’attenzione dell’opinione pubblica, spingendo Gibson ad esporre le sue immagini in numerose istituzioni museali degli Stati Uniti e d’Europa.


Le immagini, in bianco e nero e a colori, riflettono la sua visione privata, mantenendo quelle qualità naturali e non-monumentali che lo contraddistinguono.
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Ralph Gibson ha spesso raccolto i suoi lavori in libri fotografici, perché apprezza l’unicità che questo oggetto possiede.
Così se per Gibson i libri sono i mezzi narrativi che esprimono “cosa un fotografo pensa delle sue fotografie “, le fotografie raccontano invece di “cosa il fotografo pensa della realtà”
Le mostre hanno invece un carattere piu’ complesso e sociale, e richiedono una relazione fra il fotografo, la galleria e il pubblico.

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TESTO DA VARI SITI WEB – IMPAG. TONY KOSPAN
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FINE
IL GRUPPO DI CHI AMA L’ARTE FIGURATIVA
(PITTURA, SCULTURA, FOTOGRAFIA E CINEMA)
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E’ considerata una delle più grandi fotografe tedesche
e certo ha un posto importante nella Storia della Fotografia
Una fotografa che in un’epoca in cui non c’erano
gli odierni mezzi tecnologici capaci di creare e modificare immagini di ogni tipo
è riuscita a creare vere e proprie opere d’arte fotografiche.
Elberfeld 9.5.1904 – Buenos Aires 24.12.1999 (Autoritratto 1935)
GRETE STERN
CULTURA E SOGNO IN FOTOGRAFIA
a cura di Tony Kospan
BREVE BIOGRAFIA
Grete Stern nacque nel 1904 a Wppertal, Elberfeld, in Germania.
All’inizio si dedicò allo studio del pianoforte e della chitarra… poi passò alle arti grafiche e fu allieva del fotografo Peterhans Walter.
Nel 1929 con la sua amica Ellen Auerbach aprì uno studio di “graphic design” e fotografia.
Con l’arrivo al potere di Hitler si trasferì prima a Londra e poi in Argentina… dove frequentò con successo gli ambienti artistici d’avanguardia e collaborò con la rivista “Idillio” di Buenos Aires.
Portò al massimo livello la tecnica dei fotomontaggi che chiamava “Suenos” (sogni) anche perché volevano proprio illustrare… evocare…emozioni… intese in tutti i sensi ed in tutti i modi.
Questi “sogni” apparvero subito dei capolavori… in quanto applicavano alla fotografia le concezioni surrealiste e visionarie all’epoca in auge nel mondo nell’arte.
Nel 1936 sposa il fotografo argentino Horacio Coppola e dopo la fine della guerra si dedicò soprattutto alla fotografia d’architettura e di documentazione.
Ricevette pertanto anche importanti incarichi di reportage tra cui la documentazione dal vero di varie popolazioni aborigene e delle loro culture.

Nel 1982 ha ricevuto il premio Konex per l’attività di fotografa.
In verità deve la sua fama soprattutto alle opere dei 2 decenni antecedenti al secondo conflitto mondiale.
Autoritratto
LA TECNICA E L’ARTE
E’ da tener presente che all’epoca il fotomontaggio non era assolutamente semplice per cui i suoi ingrandimenti… o rimpicciolimenti, le sue scomposizioni delle immagini, i suoi effetti ottici ed i suoi “trucchi” fotografici che componevano quelli che possiamo anche definire dei collages dai risultati sognanti e coinvolgenti erano frutto di un segreto lavoro molto… ma molto… impegnativo e necessario di grande precisione.
Oggi è molto facile con i programmi di foto modificare tutto ma allora… non era proprio così…
Inoltre le sue opere… appaiono molto originali… ironiche e talvolta anche (per l’epoca) trasgressive ma sempre comunque dense di cariche emotive.
Tuttavia la rivista Abril che le pubblicava non ne comprese fino in fondo la genialità e per questo se ne sono perse davvero tantissime ma quelle rimaste, per lo più quelle della rivista Idillio, sono comunque in grado di affascinarci e di farci comprendere il suo mondo.
ORA ECCO UNA PICCOLA “MOSTRA” DI ALTRE SUE FOTO
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Niño-flor – 1948
Fonti: vari siti web
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Madame d’Ora prima grande fotografa del ‘900
Anticonformista, liberal, esuberante
e senza falsi pudori nel suo modo di fare fotografia
ha immortalato il bel mondo europeo del primo ‘900
cogliendo sempre i lati migliori dei personaggi da lei ritratti.
Dora Kallmus (Madame d’Ora) 20.3.1881 – 28.10.1963
Non solo è stata un’antesignana della fotografia al femminile
ma è stata anche la prima ad aprire un atelier con lo pseudonimo
“Madame d’Ora”
giocando col suo vero nome, Dora Kallmus,
ed ammiccando alla società altoborghese viennese dei primi del ‘900.
Appartenente ad una ricca famiglia viennese ebraica
è stata anche la prima donna a frequentare a l’Università.
Klimt
Ha 27 anni, nel 1908, quando Dora fa il suo primo ritratto al grande pittore Klimt
e lo riprende in modo molto naturale mostrandocelo pensieroso e bohemien.
Già appare chiaro che il suo modo di fotografare,
rivoluzionario per l’epoca, è spontaneo, senza pose stereotipate,
ma capace di evidenziare i lati più veri e più belli dei soggetti.
Siamo nella Vienna del 1908, anno della Grande Esposizione,
pervasa da un clima molto vivace e frizzante
per l’arrivo di persone ed artisti da ogni parte d’Europa.
Il suo modo di fotografare libero da conformismi ed aperto anche a pose osé
ma sempre capace di evidenziare la bellezza
affascinava tutti all’epoca
ed appare ancor oggi di sorprendente modernità.
Iniziano così a presentarsi davanti al suo obiettivo
artisti di ogni genere
e le sue foto cominciano ad avere sempre maggiori successi.
Molte star si offrono senza pudori davanti al suo obiettivo.
Arriva a fotografare perfino l’ultimo Imperatore d’Austria.
La sua fama si estende in tutta Europa ma soprattutto a Parigi,
all’epoca capitale naturale della cultura europea.
Pian piano lei però non svolge più solo il ruolo di fotografa delle star
ma, dagli anni ’20, diventa pure fotografa di moda e di stile
aprendo anche uno studio a Parigi
dove poi nel 1927 si trasferisce definitivamente.
Per tutti gli anni ’30, il suo atelier nella “Ville Lumière”
è frequentato da grandi artisti
come Chagall, Picasso, J. Backer, Tamara de Lempicka etc…
Chagall
Picasso
J. Backer
Tamara de Lempicka
Il nazismo però interrompe il suo lavoro di successo e,
per sfuggire alla caccia agli ebrei, si nasconde in un monastero.
Finisce così la sua storia di grande fotografa della “dolce vita”.
Dopo la guerra si dedica invece ad un fotogiornalismo di denuncia
delle più gravi situazioni ed ingiustizie sociali.
Le sue foto non solo sono foto d’arte
ma hanno anche un grande valore documentale
dato che ci consentono oggi di vedere il vero volto
e l’animo di tanti grandi personaggi del secolo scorso.
Dopo molti anni di silenzio
la sua arte fotografica è stata finalmente riabilitata e le sue foto
vengono ogni tanto presentate in mostre e retrospettive
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Tony Kospan
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E’ considerato
uno dei padri della fotografia italiana
GIANNI BERENGO GARDIN
fotografia & arte
L’EMOZIONE DELLA QUOTIDIANITA’
Santa Margherita Ligure – 10 ottobre 1930
Negli anni cinquanta la ricostruzione culturale e morale portò l’estetica verso il realismo, un’evoluzione voluta da molti artisti e stimolata dai bisogni materiali di una generazione frustrata da vent’anni di teorie moderniste e chiusure di regime.
Le prime influenze internazionali brandirono così la spada del risveglio e grazie ai rappresentanti d’oltreoceano (e non solo) i fotografi italiani edificarono il Neorealismo.


Scrisse efficacemente Cesare Pavese ne L’influsso degli eventi, in La letteratura americana, 1946:
“Noi scoprimmo l’Italia […] cercando gli uomini e le parole in America, in Russia, in Francia e nella Spagna”.



E’ bene quindi ripensare a quel periodo della cultura fotografica italiana cercando all’interno delle sue principali caratteristiche le evoluzioni della poetica dello stesso Gardin e di tutti coloro che direttamente o indirettamente entrarono i contatto con il Neorealismo.
(Questa di Migliori e le successive testimonianze sono riprese dalle interviste presenti in: AA.VV., Gli anni del Neorealismo. Tendenze della fotografia italiana, Prato, Fiaf, 1998, n.d.r.).
Nel 1963 il grande maestro della fotografia italiana impresse uno scatto – non lontano da Siena – che racchiude l’essenza del mutamento. Una strada bianca s’inerpica nella campagna toscana. Pochi alberi ne seguono il tracciato. Un uomo e una donna camminano verso l’orizzonte.
A riguardarla dopo trentacinque anni, Berengo Gardin riesce ancora a emozionarsi. “E’ come rivedere un figlio”, ammette e racconta di come questo scatto “racchiuda in sé il valore del documento”.
Poi, spiega: “Sono ripassato per questa stessa strada dieci anni dopo e non esisteva praticamente più: per prima cosa è stata asfalta correggendo una delle curve, poi è stato costruito il guard rail.
Infine gli alberi sono morti con la gelata del 1985″.

Intorno proprio alla questione del Neorealismo è interessante leggere proprio la posizione in merito dello stesso Berengo Gardin, sempre ricordando che capire l’opera di un autore richiede un approfondimento, seppur minimo, sul periodo nel quale è vissuto e sulle influenze culturali che quel periodo è stato in grado di imprimere nella poetica e nell’estetica:
“Forse non avevamo la consapevolezza di aderire al Neorealismo fotografico, etichetta che, beninteso, non ci dispiace affatto, si trattava di un esperienza irrinunciabile, di una risposta espressiva ad uno stato d’animo comune a tutti.”
Ritiene poi che le influenze di – Life – e dei fotografi della Farm Security Administration, alla fine degli anni trenta, abbiano cambiato molte cose e impressionato molti animi.
Il manifesto pubblicato proprio su Life nel ’36 esprimeva quei concetti che furono propri del successivo realismo italiano: “Vedere la vita, vedere il mondo, essere testimoni oculari di grandi eventi, osservare i volti dei poveri e i gesti dei superbi. Vedere e gioire nel vedere, vedere ed essere sorpresi, vedere e apprendere”.
Una lezione ancora valida che crea nei discorsi di Berengo Gardin, tuttora, grande suggestione e gli permette di affermare: “Fotografia di reportage – o, se preferite, Neorealismo fotografico – come possibilità di fotografare e interpretare le cose che accadono in modo che esse assumano e poi riescano a comunicare ulteriori significati.”
La fotografia di questo autore è in definitiva una storia di luoghi e di volti, un lavoro costante che ripropone oggi, nella sua varia complessità, avvenimenti e situazioni di un’Italia povera, di un’Italia in continuo movimento ed evoluzione.
Nei volti e nelle situazioni si riscoprono atmosfere lontane, luoghi fermi nel tempo, volti di statuaria memoria.

Le sue fotografie sono state insignite del prestigioso Lucie Awards, la massima onoreficenza per la fotografia che, in precedenza, era stata data a grandi maestri come Henri Cartier-Bresson, Gordon Parks, William Klein e Wily Ronis.
Testo estratto da un articolo di Andrea L. Casiraghi su New Cult Frame
– impaginazione Tony Kospan
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QUANDO LA FOTOGRAFIA E’ ARTE
UMANITA’ E DOCUMENTAZIONE STORICA
Walter Rosenblum per oltre mezzo secolo
è stato un punto di riferimento per l’arte fotografica,
sia negli Stati Uniti che nel mondo.
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WALTER ROSENBLUM
ARTE FOTOGRAFICA… E TESTIMONIANZA SOCIALE
Walter Rosenblum (New York, 1 ottobre 1919 – 23 gennaio 2006)
DIAMO PRIMA UN’OCCHIATA AD ALCUNE TRA LE SUE FOTO PIU’ FAMOSE


BREVE BIOGRAFIA
Walter Rosenblum fu testimone attivo di alcuni dei più significativi eventi dell’età moderna e sperimentò personalmente, durante gli anni giovanili, le condizioni degli immigrati in America; visse la grande Depressione, la seconda Guerra Mondiale e la repressione del maccartismo.
In tempi più recenti poté osservare il mutarsi delle condizioni di vita delle minoranze di New York e la crescita di una consapevolezza politica ed estetica nel Terzo Mondo. Rosenblum usò occhi e apparecchio fotografico per cercare di capire il corso delle vicende umane e celebrare i sentimenti egli uomini.
All’età di diciassette anni entrò a far parte della Photo League di New York dove incontrò Lewis Hine e studiò con Paul Strand, che contribuirono in modo fondamentale alla formazione della sua visione sull’arte e sulla vita.
In particolare egli condivise con Hine la convinzione che con la fotografia fosse possibile dimostrare che la dignità è un sentimento universale, che non si possono fare differenze fra gli uomini in base alla razza, alle religioni, alla nazionalità o alle condizioni economiche.

Fotografo dell’esercito nel corso della seconda guerra mondiale, sbarcò il D Day in Normandia, dove, per la morte di un cineoperatore nel corso dello sbarco, ne dovette prendere il posto per tutto il conflitto attraversando così la Francia, la Germania,l’Austria e realizzando il primo film sul campo di concentramento di Dachau appena liberato.
Per le coraggiose azioni svolte durante il combattimento fu anche insignito della “Silver Star”, della “Bronze Star”, del “Purple Heart” e la Unit Citation presidenziale, divenendo uno dei fotografi più decorati della Seconda Guerra Mondiale.

Sbarco in Normandia

Prigionieri tedeschi
Ma Rosenblum nel suo percorso professionale non mancò di fotografare i quartieri dove vivevano gli immigrati di New York e del South Bronx con gli insediamenti della nuova immigrazione, e in seguito spingendosi anche ad Haiti, Francia, Italia, Cuba, Cina, nell’ Unione Sovietica e in Brasile.
Da quest’immensa ricchezza di esperienze e dal prolungato rapporto con le diverse culture la visione fotografica di Rosenblum divenne testimone della condizione umana come di una comunità globale in cui i bisogni fondamentali, i valori e le aspirazioni esistenziali sono universalmente condivisi.


Rosenblum cercò così di sottolineare la dignità dell’essere umano, con i suoi soggetti mai semplici vittime, ma persone integre e complesse, la cui umanità sopravvive intatta malgrado le circostanze avverse.
La sua macchina fotografica fu strumento affinché gli uomini si potessero riconoscere nelle loro azioni e comportamenti, nella speranza che la comprensione delle dinamiche interpersonali, potesse estinguere ignoranza e paura e le principali cause di tante ingiustizie sociali.



Le opere di Walter Rosenblum sono conservate in prestigiose collezioni, quali il J.Paul Getty Museum di Malibù, alla Library of Congress di Washington, al MoMA, al Metropolitan Museum of Art e all’ICP di New York, alla Bibliotheque Nazionale de France di Parigi ed altri ancora.
FINE
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TONY KOSPAN
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