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Breve ma suggestivo passo da “Il vecchio e il mare” noto romanzo di Ernest Hemingway   Leave a comment






Il vecchio e il mare” (The Old Man and the Sea) è un breve romanzo,
del grande scrittore americano Ernest Hemingway, scritto nel 1951.


Il libro ebbe immediatamente un enorme successo e, nel 1953,
valse a Hemingway il premio Pulitzer ed in qualche modo
contribuì a fargli vincere nel 1954 il Nobel per la Letteratura.

Leggiamone un breve brano ricordando che nel web
è possibile reperire l’intera opera in varie librerie digitali gratuite.









IL VECCHIO ED IL MARE (ESTRATTO)


“Buona fortuna” disse il vecchio.
Adattò gli stroppi dei remi agli scalmi e sporgendosi avanti a spingere le pale nell’acqua, incominciò a remare al buio per uscire dal porto.
Vi erano altre barche che prendevano il mare da altre spiagge e il vecchio udiva i tuffi e i colpi di remo pur non vedendoli ora che la luna era sotto le colline.
A volte, in una barca, qualcuno parlava.
Ma quasi tutte le barche erano silenziose eccettuato il tuffo dei remi.
Si allontanarono le une dalle altre appena uscite dall’imboccatura del porto e ciascuna si avviò in quella parte di oceano in cui sperava di trovare pesci.
Il vecchio intendeva dirigersi al largo e si lasciò l’odor della terra alle spalle e remò nel fresco odor dell’oceano del primo mattino.
Vide la fosforescenza delle alghe del Golfo nell’acqua mentre remava in quella parte dell’oceano che i pescatori chiamavano il gran pozzo perché vi era un salto improvviso di più di mille metri in cui si adunavano pesci di ogni genere a causa del mulinello creato dalla corrente contro le pareti ripide del fondo dell’oceano.
Si concentravano qui gamberetti e pesci da esca e a volte frotte di calamari nelle buche più profonde, che la notte salivano alla superficie a far da nutrimento a tutti i pesci che passavano.
Nell’oscurità il vecchio sentì giungere il mattino e mentre remava udì il suono tremolante dei pesci volanti che uscivano dall’acqua e il sibilo fatto dalle rigide ali tese mentre si allontanavano librate nel buio.
I pesci volanti gli piacevano molto ed erano i suoi migliori amici, sull’oceano.
Pensò con dolore agli uccelli, specialmente alle piccole, delicate sterne nere, che volavano sempre in cerca di qualcosa senza quasi mai trovar nulla e pensò:
“La vita degli uccelli è più dura della nostra, tranne per gli uccelli da preda, pesanti e forti.
Perché sono stati creati uccelli delicati e fini come queste rondini di mare se l’oceano può essere tanto crudele? 
Ha molta dolcezza e molta bellezza.
Ma può diventare tanto crudele e avviene così d’improvviso e questi uccelli che volano, tuffandosi per la caccia, con quelle vocette tristi, sono troppo delicati per il mare”.
Pensava sempre al mare come a la mar, come lo chiamano in spagnolo quando lo amano.
A volte coloro che l’amano ne parlano male, ma sempre come se parlassero di una donna.
Alcuni fra i pescatori più giovani, di quelli che usavano gavitelli come galleggianti per le lenze e avevano le barche a motore, comprate quando il fegato di pescecane rendeva molto, ne parlavano come di el mar al maschile.
Ne parlavano come di un rivale o di un luogo o perfino di un nemico.
Ma il vecchio lo pensava sempre al femminile e come qualcosa che concedeva o rifiutava grandi favori e se faceva cose strane o malvage era perché non poteva evitarle.
La luna lo fa reagire come una donna, pensò.







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James Jacques Tissot
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Quando parliamo insieme, talvolta io sento
che la sua voce é l’eco dell’anima mia 
– Gabriele D’Annunzio –

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James Jacques Tissot
 
 


TU NON SEI 
Ernest Hemingway

Tu non sei i tuoi anni,
né la taglia che indossi,
non sei il tuo peso
o il colore dei tuoi capelli.
Non sei il tuo nome,
o le fossette sulle tue guance,
sei tutti i libri che hai letto,
e tutte le parole che dici
sei la tua voce assonnata al mattino
e i sorrisi che provi a nascondere,
sei la dolcezza della tua risata
e ogni lacrima versata,
sei le canzoni urlate così forte,
quando sapevi di esser tutta sola,
sei anche i posti in cui sei stata
e il solo che davvero chiami casa,
sei tutto ciò in cui credi,
e le persone a cui vuoi bene,
sei le fotografie nella tua camera
e il futuro che dipingi.
Sei fatta di così tanta bellezza
ma forse tutto ciò ti sfugge
da quando hai deciso di esser
tutto quello che non sei.

 
 
 
James Jacques Tissot

 
 
 
 
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Breve ma suggestivo estratto da “Il vecchio e il mare” noto romanzo di Ernest Hemingway   Leave a comment






Il vecchio e il mare” (The Old Man and the Sea) è un breve romanzo,
del grande scrittore americano Ernest Hemingway, scritto nel 1951.


Il libro ebbe immediatamente un enorme successo e, nel 1953,
valse a Hemingway il premio Pulitzer ed in qualche modo
contribuì a fargli vincere nel 1954 il Nobel per la Letteratura.

Leggiamone un breve brano ricordando che nel web
è possibile reperire l’intera opera in varie librerie digitali gratuite.









IL VECCHIO ED IL MARE (ESTRATTO)


“Buona fortuna” disse il vecchio.
Adattò gli stroppi dei remi agli scalmi e sporgendosi avanti a spingere le pale nell’acqua, incominciò a remare al buio per uscire dal porto.
Vi erano altre barche che prendevano il mare da altre spiagge e il vecchio udiva i tuffi e i colpi di remo pur non vedendoli ora che la luna era sotto le colline.
A volte, in una barca, qualcuno parlava.
Ma quasi tutte le barche erano silenziose eccettuato il tuffo dei remi.
Si allontanarono le une dalle altre appena uscite dall’imboccatura del porto e ciascuna si avviò in quella parte di oceano in cui sperava di trovare pesci.
Il vecchio intendeva dirigersi al largo e si lasciò l’odor della terra alle spalle e remò nel fresco odor dell’oceano del primo mattino.
Vide la fosforescenza delle alghe del Golfo nell’acqua mentre remava in quella parte dell’oceano che i pescatori chiamavano il gran pozzo perché vi era un salto improvviso di più di mille metri in cui si adunavano pesci di ogni genere a causa del mulinello creato dalla corrente contro le pareti ripide del fondo dell’oceano.
Si concentravano qui gamberetti e pesci da esca e a volte frotte di calamari nelle buche più profonde, che la notte salivano alla superficie a far da nutrimento a tutti i pesci che passavano.
Nell’oscurità il vecchio sentì giungere il mattino e mentre remava udì il suono tremolante dei pesci volanti che uscivano dall’acqua e il sibilo fatto dalle rigide ali tese mentre si allontanavano librate nel buio.
I pesci volanti gli piacevano molto ed erano i suoi migliori amici, sull’oceano.
Pensò con dolore agli uccelli, specialmente alle piccole, delicate sterne nere, che volavano sempre in cerca di qualcosa senza quasi mai trovar nulla e pensò:
“La vita degli uccelli è più dura della nostra, tranne per gli uccelli da preda, pesanti e forti.
Perché sono stati creati uccelli delicati e fini come queste rondini di mare se l’oceano può essere tanto crudele? 
Ha molta dolcezza e molta bellezza.
Ma può diventare tanto crudele e avviene così d’improvviso e questi uccelli che volano, tuffandosi per la caccia, con quelle vocette tristi, sono troppo delicati per il mare”.
Pensava sempre al mare come a la mar, come lo chiamano in spagnolo quando lo amano.
A volte coloro che l’amano ne parlano male, ma sempre come se parlassero di una donna.
Alcuni fra i pescatori più giovani, di quelli che usavano gavitelli come galleggianti per le lenze e avevano le barche a motore, comprate quando il fegato di pescecane rendeva molto, ne parlavano come di el mar al maschile.
Ne parlavano come di un rivale o di un luogo o perfino di un nemico.
Ma il vecchio lo pensava sempre al femminile e come qualcosa che concedeva o rifiutava grandi favori e se faceva cose strane o malvage era perché non poteva evitarle.
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che la sua voce é l’eco dell’anima mia 
– Gabriele D’Annunzio –

 
 
 
James Jacques Tissot
 
 


TU NON SEI
(Ernest Hemingway)

Tu non sei i tuoi anni,
né la taglia che indossi,
non sei il tuo peso
o il colore dei tuoi capelli.
Non sei il tuo nome,
o le fossette sulle tue guance,
sei tutti i libri che hai letto,
e tutte le parole che dici
sei la tua voce assonnata al mattino
e i sorrisi che provi a nascondere,
sei la dolcezza della tua risata
e ogni lacrima versata,
sei le canzoni urlate così forte,
quando sapevi di esser tutta sola,
sei anche i posti in cui sei stata
e il solo che davvero chiami casa,
sei tutto ciò in cui credi,
e le persone a cui vuoi bene,
sei le fotografie nella tua camera
e il futuro che dipingi.
Sei fatta di così tanta bellezza
ma forse tutto ciò ti sfugge
da quando hai deciso di esser
tutto quello che non sei.

 
 
 
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“Buona fortuna” disse il vecchio.
Adattò gli stroppi dei remi agli scalmi e sporgendosi avanti a spingere le pale nell’acqua, incominciò a remare al buio per uscire dal porto.
Vi erano altre barche che prendevano il mare da altre spiagge e il vecchio udiva i tuffi e i colpi di remo pur non vedendoli ora che la luna era sotto le colline.
A volte, in una barca, qualcuno parlava.
Ma quasi tutte le barche erano silenziose eccettuato il tuffo dei remi.
Si allontanarono le une dalle altre appena uscite dall’imboccatura del porto e ciascuna si avviò in quella parte di oceano in cui sperava di trovare pesci.
Il vecchio intendeva dirigersi al largo e si lasciò l’odor della terra alle spalle e remò nel fresco odor dell’oceano del primo mattino.
Vide la fosforescenza delle alghe del Golfo nell’acqua mentre remava in quella parte dell’oceano che i pescatori chiamavano il gran pozzo perché vi era un salto improvviso di più di mille metri in cui si adunavano pesci di ogni genere a causa del mulinello creato dalla corrente contro le pareti ripide del fondo dell’oceano.
Si concentravano qui gamberetti e pesci da esca e a volte frotte di calamari nelle buche più profonde, che la notte salivano alla superficie a far da nutrimento a tutti i pesci che passavano.
Nell’oscurità il vecchio sentì giungere il mattino e mentre remava udì il suono tremolante dei pesci volanti che uscivano dall’acqua e il sibilo fatto dalle rigide ali tese mentre si allontanavano librate nel buio.
I pesci volanti gli piacevano molto ed erano i suoi migliori amici, sull’oceano.
Pensò con dolore agli uccelli, specialmente alle piccole, delicate sterne nere, che volavano sempre in cerca di qualcosa senza quasi mai trovar nulla e pensò:
“La vita degli uccelli è più dura della nostra, tranne per gli uccelli da preda, pesanti e forti.
Perché sono stati creati uccelli delicati e fini come queste rondini di mare se l’oceano può essere tanto crudele? 
Ha molta dolcezza e molta bellezza.
Ma può diventare tanto crudele e avviene così d’improvviso e questi uccelli che volano, tuffandosi per la caccia, con quelle vocette tristi, sono troppo delicati per il mare”.
Pensava sempre al mare come a la mar, come lo chiamano in spagnolo quando lo amano.
A volte coloro che l’amano ne parlano male, ma sempre come se parlassero di una donna.
Alcuni fra i pescatori più giovani, di quelli che usavano gavitelli come galleggianti per le lenze e avevano le barche a motore, comprate quando il fegato di pescecane rendeva molto, ne parlavano come di el mar al maschile.
Ne parlavano come di un rivale o di un luogo o perfino di un nemico.
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Il vecchio e il mare” (The Old Man and the Sea) è un breve romanzo,
del grande scrittore americano Ernest Hemingway, scritto nel 1951.


Il libro ebbe immediatamente un enorme successo e, nel 1953,
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IL VECCHIO ED IL MARE (ESTRATTO)


“Buona fortuna” disse il vecchio.
Adattò gli stroppi dei remi agli scalmi e sporgendosi avanti a spingere le pale nell'acqua, incominciò a remare al buio per uscire dal porto.
Vi erano altre barche che prendevano il mare da altre spiagge e il vecchio udiva i tuffi e i colpi di remo pur non vedendoli ora che la luna era sotto le colline.
A volte, in una barca, qualcuno parlava.
Ma quasi tutte le barche erano silenziose eccettuato il tuffo dei remi.
Si allontanarono le une dalle altre appena uscite dall'imboccatura del porto e ciascuna si avviò in quella parte di oceano in cui sperava di trovare pesci.
Il vecchio intendeva dirigersi al largo e si lasciò l'odor della terra alle spalle e remò nel fresco odor dell'oceano del primo mattino.
Vide la fosforescenza delle alghe del Golfo nell'acqua mentre remava in quella parte dell'oceano che i pescatori chiamavano il gran pozzo perché vi era un salto improvviso di più di mille metri in cui si adunavano pesci di ogni genere a causa del mulinello creato dalla corrente contro le pareti ripide del fondo dell'oceano.
Si concentravano qui gamberetti e pesci da esca e a volte frotte di calamari nelle buche più profonde, che la notte salivano alla superficie a far da nutrimento a tutti i pesci che passavano.
Nell'oscurità il vecchio sentì giungere il mattino e mentre remava udì il suono tremolante dei pesci volanti che uscivano dall'acqua e il sibilo fatto dalle rigide ali tese mentre si allontanavano librate nel buio.
I pesci volanti gli piacevano molto ed erano i suoi migliori amici, sull'oceano.
Pensò con dolore agli uccelli, specialmente alle piccole, delicate sterne nere, che volavano sempre in cerca di qualcosa senza quasi mai trovar nulla e pensò:
“La vita degli uccelli è più dura della nostra, tranne per gli uccelli da preda, pesanti e forti.
Perché sono stati creati uccelli delicati e fini come queste rondini di mare se l'oceano può essere tanto crudele? 
Ha molta dolcezza e molta bellezza.
Ma può diventare tanto crudele e avviene così d'improvviso e questi uccelli che volano, tuffandosi per la caccia, con quelle vocette tristi, sono troppo delicati per il mare”.
Pensava sempre al mare come a la mar, come lo chiamano in spagnolo quando lo amano.
A volte coloro che l'amano ne parlano male, ma sempre come se parlassero di una donna.
Alcuni fra i pescatori più giovani, di quelli che usavano gavitelli come galleggianti per le lenze e avevano le barche a motore, comprate quando il fegato di pescecane rendeva molto, ne parlavano come di el mar al maschile.
Ne parlavano come di un rivale o di un luogo o perfino di un nemico.
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– Gabriele D'Annunzio –

 
 
 
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TU NON SEI
(Ernest Hemingway)

Tu non sei i tuoi anni,
né la taglia che indossi,
non sei il tuo peso
o il colore dei tuoi capelli.
Non sei il tuo nome,
o le fossette sulle tue guance,
sei tutti i libri che hai letto,
e tutte le parole che dici
sei la tua voce assonnata al mattino
e i sorrisi che provi a nascondere,
sei la dolcezza della tua risata
e ogni lacrima versata,
sei le canzoni urlate così forte,
quando sapevi di esser tutta sola,
sei anche i posti in cui sei stata
e il solo che davvero chiami casa,
sei tutto ciò in cui credi,
e le persone a cui vuoi bene,
sei le fotografie nella tua camera
e il futuro che dipingi.
Sei fatta di così tanta bellezza
ma forse tutto ciò ti sfugge
da quando hai deciso di esser
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Il vecchio e il mare” (The Old Man and the Sea) è un breve romanzo,
del grande scrittore americano Ernest Hemingway scritto nel 1951.


Il libro ebbe immediatamente un enorme successo e, nel 1953,
valse a Hemingway il premio Pulitzer ed in qualche modo
contribuì a fargli vincere nel 1954 il Nobel per la Letteratura.

Leggiamone un breve brano ricordando che nel web
è possibile reperire l'intera opera in varie librerie digitali gratuite.









IL VECCHIO ED IL MARE (ESTRATTO)


“Buona fortuna” disse il vecchio.
Adattò gli stroppi dei remi agli scalmi e sporgendosi avanti a spingere le pale nell'acqua, incominciò a remare al buio per uscire dal porto.
Vi erano altre barche che prendevano il mare da altre spiagge e il vecchio udiva i tuffi e i colpi di remo pur non vedendoli ora che la luna era sotto le colline.
A volte, in una barca, qualcuno parlava.
Ma quasi tutte le barche erano silenziose eccettuato il tuffo dei remi.
Si allontanarono le une dalle altre appena uscite dall'imboccatura del porto e ciascuna si avviò in quella parte di oceano in cui sperava di trovare pesci.
Il vecchio intendeva dirigersi al largo e si lasciò l'odor della terra alle spalle e remò nel fresco odor dell'oceano del primo mattino.
Vide la fosforescenza delle alghe del Golfo nell'acqua mentre remava in quella parte dell'oceano che i pescatori chiamavano il gran pozzo perché vi era un salto improvviso di più di mille metri in cui si adunavano pesci di ogni genere a causa del mulinello creato dalla corrente contro le pareti ripide del fondo dell'oceano.
Si concentravano qui gamberetti e pesci da esca e a volte frotte di calamari nelle buche più profonde, che la notte salivano alla superficie a far da nutrimento a tutti i pesci che passavano.
Nell'oscurità il vecchio sentì giungere il mattino e mentre remava udì il suono tremolante dei pesci volanti che uscivano dall'acqua e il sibilo fatto dalle rigide ali tese mentre si allontanavano librate nel buio.
I pesci volanti gli piacevano molto ed erano i suoi migliori amici, sull'oceano.
Pensò con dolore agli uccelli, specialmente alle piccole, delicate sterne nere, che volavano sempre in cerca di qualcosa senza quasi mai trovar nulla e pensò:
“La vita degli uccelli è più dura della nostra, tranne per gli uccelli da preda, pesanti e forti.
Perché sono stati creati uccelli delicati e fini come queste rondini di mare se l'oceano può essere tanto crudele? Ha molta dolcezza e molta bellezza.
Ma può diventare tanto crudele e avviene così d'improvviso e questi uccelli che volano, tuffandosi per la caccia, con quelle vocette tristi, sono troppo delicati per il mare”.
Pensava sempre al mare come a la mar, come lo chiamano in spagnolo quando lo amano.
A volte coloro che l'amano ne parlano male, ma sempre come se parlassero di una donna.
Alcuni fra i pescatori più giovani, di quelli che usavano gavitelli come galleggianti per le lenze e avevano le barche a motore, comprate quando il fegato di pescecane rendeva molto, ne parlavano come di el mar al maschile.
Ne parlavano come di un rivale o di un luogo o perfino di un nemico.
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Pubblicato 21 febbraio 2019 da tonykospan21 in NARRATIVA VARIA E LIBRI

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Buon weekend in poesia con “Tu non sei” di E. Hemingway – arte Tissot – canzone “Si è spento il sole”   4 comments

 
 
 
James Jacques Tissot
 
 
 
 
 
 

 

 

orso tony felice weekend
 
 
 
 

Esistono procedimenti magici
che aboliscono le distanze di tempo e di spazio:
le emozioni
– Simone de Beauvoir

 
 
 
James Jacques Tissot – Il saluto
 
 
 


TU NON SEI
(Ernest Hemingway)

Tu non sei i tuoi anni,
né la taglia che indossi,
non sei il tuo peso
o il colore dei tuoi capelli.
Non sei il tuo nome,
o le fossette sulle tue guance,
sei tutti i libri che hai letto,
e tutte le parole che dici
sei la tua voce assonnata al mattino
e i sorrisi che provi a nascondere,
sei la dolcezza della tua risata
e ogni lacrima versata,
sei le canzoni urlate così forte,
quando sapevi di esser tutta sola,
sei anche i posti in cui sei stata
e il solo che davvero chiami casa,
sei tutto ciò in cui credi,
e le persone a cui vuoi bene,
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LA TUA PAGINA DI SOGNO

 

 

 

 

James Jacques Tissot

 

 

 

Buon pomeriggio in poesia “Cosa avvenne?” J. Donne – arte.. E. Vernon – canzone “Il cielo in una stanza”   3 comments


 
 
 
 
Emile Vernon
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 



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Il sogno è il teatro dove il sognatore è allo stesso tempo

la scena, l’attore, il suggeritore, il direttore di scena,

il manager, l’autore, il pubblico e il critico.

– Carl Gustav Jung –

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Emile Vernon

 


COSA AVVENNE?
John Donne
 
 
Cosa avvenne del mio cuore quando
la prima volta ti vidi?
Portavo un cuore entrando nella stanza,
ma uscendo più non l’avevo…
L’amore, ahimè,
al primo soffio l’aveva infranto come vetro.
Così come gli specchi infranti
mostrano centinaia di piccoli volti,
così i frammenti del mio cuore
possono scegliere, desiderare, adorare,
ma dopo un tale amore
non posso più amare.
 
 
 
 
 
Emile Vernon 
 
 
 
 

 
ba15
 

 

 

 

 
 
 

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Emile Vernon

 
 
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