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La vera storia dell’amore tra Paolo e Francesca, i versi di Dante ed una mia poesia.   Leave a comment





Dante Gabriel Rossetti



LA VERA STORIA DI PAOLO E FRANCESCA


Giovanni Malatesta, chiamato Gianciotto (ma anche Giovanni lo zoppo) era notoriamente poco attraente, oltre che zoppo per questo i Signori di Rimini e Ravenna che avevano deciso il matrimonio organizzarono l’inganno.

Quindi, volendo eliminare le resistenze di Francesca, a chiedere la sua mano fu mandato a Ravenna suo fratello Paolo, detto il bello.

Francesca convinta di sposare Paolo accettò ma poi scoprì l’amara verità.

Non solo non era bello Gianciotto ma anche rozzo, cattivo e volgare a differenza di Paolo che era pure colto e gentile.

Non era dunque imprevedibile il tradimento che puntualmente avvenne e Gianciotto secondo le regole del tempo lavò l’onta con l’uccisione degli amanti.

Questa non è una storia di fantasia ma avvenne davvero e si verificò nel Castello di Gradara a Rimini.

Dante quasi certamente conobbe Paolo che per un periodo era stato Capitano del Popolo a Firenze tra il 1282 e il 1283.



Ary Scheffer



DANTE E L'INCONTRO CON GLI AMANTI NEL V CANTO


La vicenda dei due amanti è ormai, anche grazie ai versi del Sommo, divenuta simbolo mondiale e poetico dell’amore passionale.

Le parole di Dante, perplesso, turbato e dubbioso, per la gravità della  pena data agli innamorati, mi hanno da sempre colpito.

Leggiamo ora l’intero “cuore” del mitico passo.

….

Amor, ch’al cor gentil ratto s’apprende,

prese costui de la bella persona

che mi fu tolta; e ’l modo ancor m’offende.

Amor, ch’a nullo amato amar perdona,

mi prese del costui piacer sì forte,


che, come vedi, ancor non m’abbandona.

Amor condusse noi ad una morte.

Caina attende chi a vita ci spense”.


Queste parole da lor ci fuor porte.

Quand’io intesi quell’anime offense,

china’ il viso e tanto il tenni basso,


fin che ’l poeta mi disse: “Che pense?”.

Quando rispuosi, cominciai: “Oh lasso,

quanti dolci pensier, quanto disio


menù costoro al doloroso passo!”.

Poi mi rivolsi a loro e parla’ io,

e cominciai: “Francesca, i tuoi martiri


a lagrimar mi fanno tristo e pio.

Ma dimmi: al tempo d’i dolci sospiri,

a che e come concedette amore


che conosceste i dubbiosi disiri?”.

E quella a me: “Nessun maggior dolore

che ricordarsi del tempo felice


ne la miseria; e ciò sa ’l tuo dottore.

Ma s’a conoscer la prima radice

del nostro amor tu hai cotanto affetto,


dirò come colui che piange e dice.

Noi leggiavamo un giorno per diletto

di Lancialotto come amor lo strinse;


soli eravamo e sanza alcun sospetto.

Per più fiate li occhi ci sospinse

quella lettura, e scolorocci il viso;


ma solo un punto fu quel che ci vinse.

Quando leggemmo il disiato riso

esser basciato da cotanto amante,


questi, che mai da me non fia diviso,

la bocca mi basciò tutto tremante.

Galeotto fu ’l libro e chi lo scrisse:


quel giorno più non vi leggemmo avante”.

Mentre che l’uno spirto questo disse,

l’altro piangëa; sì che di pietade


io venni men così com’io morisse.
E caddi come corpo morto cade.




Amos Cassioli



Dante, certo collega la pena al mancato rispetto delle regole ma poi di fronte alla forza del vero amore, come mai più gli accadrà nella Commedia, non se ne capacita e prova grande compassione per gli amanti di fronte ad una pena così dura per un peccato d’amore ed in pratica… sviene perfino.



io venni men così com’io morisse.

E caddi come corpo morto cade.




Gabriele Dell'otto



Ebbene la lettura dei mitici ed amatissimi versi danteschi mi portarono un giorno a scrivere la poesia che segue e che un addetto ad un noto sito di poesie, che non nomino per carità di patria, non voleva pubblicarla perché c’erano (ohibò) i nomi propri di persone e solo dopo una corrispondenza si rese conto che erano quelli dei personaggi della Divina Commedia.



Sir Joseph Noel Paton



LA MIA POESIA – PAOLO E FRANCESCA

 
Quale arcana forza
Paolo spinse 
tra l'amorevoli braccia
della dolce Francesca
così rompendo 
d'umane leggi il muro?
 Qual'irresisitibil forza
Francesca spinse
tra le calde braccia
dell'amato Paolo
così rompendo
d'antico dogma il vincolo?
 Questa forza così grande
così vigorosa
così esplosiva
così intensa
così travolgente
così entusiasmante
così magica
così invincibile
caro grande Dante 
che sconvolto
“cadesti come corpo morto cade”
mossa non fu 
da terrena passione
ma da divina
nulla contr'essa potendo
le inermi difese
degl'infelici amanti.
 Sull'altare 
di tal sovrumano richiamo,
sensuali purezze immortali
incarnando,
all'amaro destino 
s'immolarono
poetico simbolo eterno
diventando
dell'infinito… assoluto
AMORE.
– Tony Kospan –






Tony Kospan


F I N E


Lo scorrere del tempo per gli scrittori ed i poeti classici anche con alcuni loro eloquenti brani   1 comment

 






Se è vero che l’inizio della misurazione del tempo
ha origini molto antiche, forse babilonesi,
è nel mondo greco-romano che lo scorrere del tempo
assume una grandissima importanza.

Si narra che Plauto invocasse la maledizione degli dei
contro colui che installò per primo la meridiana in città per indicare l’ora
togliendo così la spensieratezza ai Romani.

 
 
 
 
 
 



Esaminiamo allora,
sul tema “tempo” e sui suoi effetti sulla nostra vita
(cosa di cui spesso discutiamo nel web),
la visione poetica e filosofica dei nostri antenati.

 
 
 
 

 

 

 

IL SENSO DEL TEMPO PER
I POETI E GLI SCRITTORI CLASSICI

 
 
 
 

fre bia pouce music+121    Musica new age da ascoltare leggendo (se si vuole)

 
 
 
     
 
 
L’Uomo, il senso della caducità e della brevità dell’esistenza, con l’imperturbabile e ciclica Natura sullo sfondo, sono i protagonisti di una bellissima elegia  (Frag. 2 West) di Mimnermo (VII-VI sec. a C.), in cui il poeta greco dipinge, toccando vette di intensissima drammaticità (riprese poi da Leopardi, frammento XLI dei Canti) tutta la fragilità dell’esistenza umana:
“Noi, quali le foglie che la primavera, stagione ricca di fiori, produce, quand’ecco che crescono ai raggi del sole: simili a queste per il tempo di un cubito dei fiori della giovinezza possiamo godere, ignorando da parte degli dei sia il bene che il male. Vicine dimorano le Sorti nere, l’una che tiene il termine della vecchiaia penosa, l’altra della morte.
Ma quando questo termine di stagione è trascorso, subito l’essere morti è meglio della vita: molti sono i mali nell’animo, talora i beni si dilapidano, ed i prodotti della povertà ci affliggono; uno sperimenta la mancanza dei figli, e scende sotto terra nell’Ade desiderandoli con tutto il cuore; un altro è consumato da una malattia che gli ruba l’animo; non esiste alcun mortale cui Zeus non dia molti mali”.
 
 
 
 
 

LA GIOVINEZZA 

G. Leopardi


Ma la giovinezza onorata è cosa di breve durata come un sogno:
e la vecchiaia sgradevole ed informe subito incombe sul capo,
nemica e allo stesso tempo senza onore,
la vecchiaia che rende l’uomo irriconoscibile
ed annebbia gli occhi e la mente avvolgendoli.

 
 
 
 
 
 
La giovinezza – questa è la massima convinzione ed al contempo disperazione dei lirici greci – è solo un sogno di breve durata, afferma ancora Mimnermo in un celebre suo frammento (Mimn., Frag. 5):
“Ma la giovinezza onorata è cosa di breve durata come un sogno: e la vecchiaia sgradevole ed informe subito incombe sul capo, nemica e allo stesso tempo senza onore, la vecchiaia che rende l’uomo irriconoscibile ed annebbia gli occhi e la mente avvolgendoli”.
 
Il tema della fragilità della vita umana, espresso attraverso la caducità delle foglie su un ramo, pronte a cadere al primo alito di vento, sembra essere caro al modo di pensare dei greci e si trova ad esempio già nell’Iliade (VI, 144 e seguenti), dove Glauco così risponde a Diomede, con il quale sta per venire a duello:
Magnanimo figlio di Tideo (Diomede), perchè mi domandi quale sia la mia stirpe? Come stirpi di foglie, così le stirpi degli uomini; delle foglie il vento getta alcune a terra, mentre altre sono nutrite al tempo di
primavera dalla selva in fiore; così le stirpi degli uomini: nasce una, l’altra scompare”.
 
 
 
 
 

Eraclito e Democrito – Bramante

 
 
 
 
Ora, sempre restando nel mondo ellenico,  facciamo un piccolo excursus verso la filosofia che mostra l’enorme importanza abche per i pensatori dell’epoca della dimensione del Tempo… e parlando del famoso “Panta Rei”…
Panta rei os potamòs (dal greco πάντα ῥεῖ ὡς ποταμός), cioè… “Tutto scorre come un fiume” è il celebre aforisma attribuito ad Eraclito, ma in realtà mai esplicitamente formulato in questi termini da quel che si legge nei suoi scritti a noi pervenuti.
Eraclito (Efeso 535 a.C. – 475 a.C.) è considerato il filosofo del Divenire in contrapposizione con la filosofia dell’Essere di Parmenide e questa nota espressione nasce da una sintesi di un frammento del suo trattato “Sulla natura”:
 « Non si può discendere due volte nel medesimo fiume e non si può toccare due volte una sostanza mortale nel medesimo stato, ma a causa dell’impetuosità e della velocità del mutamento essa si disperde e si raccoglie, viene e va. » (91 Diels-Kranz).
Eraclito vuol evidenziare come l’uomo non possa mai fare la stessa esperienza per due volte, giacché ogni cosa è sottoposta alla legge inesorabile del tempo.

 
 
 
 
 

Louis Jean Francois Lagrenee – Malinconia

 
 
 
 
 
Ma torniamo alla Poesia… e torniamo al tema della caducità della vita umana… vista nel mondo latino. 
Foglie al vento sono anche le anime dei defunti che si affollano sulle rive dell’Acheronte nell’Eneide:
“quam multae glomerantur aues, ubi frigidus annus trans pontum fugat et terris immittit apricis. stabant orantes primi transmittere cursum tendebantque manus ripae ulterioris amore” (Virgilio, Aen. VI, 311-314), immagine che sarà ripresa quasi testualmente anche da Dante per descrivere le anime in attesa del nocchiero Caronte in Inferno, 3.





DIVINA COMMEDIA – INFERNO – CANTO 3°
 
OMISSIS
 
“Ed ecco verso noi venir per nave
un vecchio, bianco per antico pelo,
gridando: «Guai a voi, anime prave!
 
Non isperate mai veder lo cielo:
i’ vegno per menarvi a l’altra riva
ne le tenebre etterne, in caldo e ‘n gelo.
 
E tu che se’ costì, anima viva,
pàrtiti da cotesti che son morti».
Ma poi che vide ch’io non mi partiva,
 
disse: «Per altra via, per altri porti
verrai a piaggia, non qui, per passare:
più lieve legno convien che ti porti».
 
E ‘l duca lui: «Caron, non ti crucciare:
vuolsi così colà dove si puote
ciò che si vuole, e più non dimandare”
 
OMISSIS






Il tempo è poi l’ossessione di Orazio (Carmina II 14), che, in questi versi, ricorda come breve sia la vita dell’uomo prima che la vecchiaia e poi la morte lo colgano:
Ohimè, Postumo, Postumo, gli anni si dissolvono fuggendo via a tradimento e la pietà non riuscirà a ritardare le rughe e la vecchiaia che incombe e la morte indomabile”.
E ancora, nello stesso carme, per rafforzare questa idea con un’immagine viva e dunque di intensa drammaticità, il poeta riprende:
“Il tuo erede, più degno di te, si prenderà le anfore di Cecubo che cento chiavi proteggono e di vino superbo colorerà il pavimento, un vino migliore di quello delle cene dei pontefici”.
Nello spreco che altri faranno di quanto faticosamente (e vanamente, perchè dalla morte e dall’oblio non c’è scampo) noi abbiamo accumulato c’è tutta la disperazione del poeta, che infatti, nel suo anelito di immortalità, nel suo desiderio di lasciare di sè memoria imperitura, affida le sue opere ai posteri.
 
Sempre Orazio a proposito del tempo:
“Mentre parliamo, già sarà fuggito il tempo invidioso : cogli il giorno, fidandoti il meno possibile del domani” (Carmina, I,11), forse nella scia di Simonide, che ricorda: “Da uomo quale sei, non dire mai quale sarà il domani; nè, vedendo un uomo felice, per quanto lo sarà. Neppure il guizzo della mosca dalle ali distese è così rapido” (Frag. 521/16, 615/110 Page).


 
 
 
 

Trionfo di Bacco ed Arianna


 
 
 
 
Terminiamo questa breve analisi del tempo visto dai classici con la famosa poesia di Lorenzo de’ Medici… (Firenze, 1º gennaio 1449 – Firenze, 9 aprile 1492) che riprende alla grande il tema della fugacità della giovinezza… qui riportata, per brevità, solo nella mitica strofa.

Debbo dire che condivido in pieno il pensiero di Lorenzo ed ho sempre condiviso il… “carpe diem” anche se però… “ragionato“. 
 
 
 
 
 

TRIONFO DI BACCO ED ARIANNA
 

« Quant’è bella giovinezza, 
Che si fugge tuttavia! 
Chi vuol essere lieto, sia: 
Di doman non c’è certezza»
 

OMISSIS

 
 
 
 
 

Libero adattamento del testo di “Antiquitas”
http://www.antiqvitas.it/gymnasium/testi.8.htm
Impaginazione T.K.

 
 
 
Infine una poesia-riflessione di un grande autore molto più recente e Premio Nobel per la letteratura nel 1948 ma già considerato un classico.

 
 
 
 
 
 
 
 
 

IL TEMPO
Thomas Stears Eliot
 
Il tempo presente e il tempo passato
son forse presenti entrambi nel tempo futuro,
E il tempo futuro è contenuto nel tempo passato.
Se tutto il tempo è eternamente presente
tutto il tempo è irrimediabile.
“Ciò che poteva essere” è un’astrazione
che resta una possibilità perpetua
solo nel mondo delle ipotesi.
Ciò che poteva essere e ciò che è stato
tendono ad un solo fine, che è sempre presente.
Passi echeggiano nella memoria
lungo il corridoio che non prendemmo
verso la porta che non aprimmo mai
sul giardino delle rose:
Le mie parole echeggiano
Così nella vostra mente.

 

 
F I N E 
 
 
 
 

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Frecce2039








Il senso dello scorrere del tempo per gli scrittori ed i poeti classici… anche con significativi passi.   Leave a comment

 






Se è vero che l’inizio della misurazione del tempo
ha origini molto antiche, forse babilonesi,
è nel mondo greco-romano che lo scorrere del tempo
assume una grandissima importanza.

Si narra che Plauto invocasse la maledizione degli dei
contro colui che installò per primo la meridiana in città per indicare l’ora
togliendo così la spensieratezza ai Romani.

 
 
 
 
 
 



Esaminiamo allora,
sul tema “tempo” e sui suoi effetti sulla nostra vita
(cosa di cui spesso discutiamo nel web),
la visione poetica e filosofica dei nostri antenati.

 
 
 
 

 

 

 

IL SENSO DEL TEMPO PER
I POETI E GLI SCRITTORI CLASSICI

 
 
 
 

  Musica new age da ascoltare leggendo (se si vuole)

 
 
 
     
 
 
L’Uomo, il senso della caducità e della brevità dell’esistenza, con l’imperturbabile e ciclica Natura sullo sfondo, sono i protagonisti di una bellissima elegia  (Frag. 2 West) di Mimnermo (VII-VI sec. a C.), in cui il poeta greco dipinge, toccando vette di intensissima drammaticità (riprese poi da Leopardi, frammento XLI dei Canti) tutta la fragilità dell’esistenza umana:
“Noi, quali le foglie che la primavera, stagione ricca di fiori, produce, quand’ecco che crescono ai raggi del sole: simili a queste per il tempo di un cubito dei fiori della giovinezza possiamo godere, ignorando da parte degli dei sia il bene che il male. Vicine dimorano le Sorti nere, l’una che tiene il termine della vecchiaia penosa, l’altra della morte.
Ma quando questo termine di stagione è trascorso, subito l’essere morti è meglio della vita: molti sono i mali nell’animo, talora i beni si dilapidano, ed i prodotti della povertà ci affliggono; uno sperimenta la mancanza dei figli, e scende sotto terra nell’Ade desiderandoli con tutto il cuore; un altro è consumato da una malattia che gli ruba l’animo; non esiste alcun mortale cui Zeus non dia molti mali”.
 
 
 
 
 

LA GIOVINEZZA
G. Leopardi


Ma la giovinezza onorata è cosa di breve durata come un sogno:
e la vecchiaia sgradevole ed informe subito incombe sul capo,
nemica e allo stesso tempo senza onore,
la vecchiaia che rende l’uomo irriconoscibile
ed annebbia gli occhi e la mente avvolgendoli.

 
 
 
 
 
 
La giovinezza – questa è la massima convinzione ed al contempo disperazione dei lirici greci – è solo un sogno di breve durata, afferma ancora Mimnermo in un celebre suo frammento (Mimn., Frag. 5):
“Ma la giovinezza onorata è cosa di breve durata come un sogno: e la vecchiaia sgradevole ed informe subito incombe sul capo, nemica e allo stesso tempo senza onore, la vecchiaia che rende l’uomo irriconoscibile ed annebbia gli occhi e la mente avvolgendoli”.
 
Il tema della fragilità della vita umana, espresso attraverso la caducità delle foglie su un ramo, pronte a cadere al primo alito di vento, sembra essere caro al modo di pensare dei greci e si trova ad esempio già nell’Iliade (VI, 144 e seguenti), dove Glauco così risponde a Diomede, con il quale sta per venire a duello:
Magnanimo figlio di Tideo (Diomede), perchè mi domandi quale sia la mia stirpe? Come stirpi di foglie, così le stirpi degli uomini; delle foglie il vento getta alcune a terra, mentre altre sono nutrite al tempo di
primavera dalla selva in fiore; così le stirpi degli uomini: nasce una, l’altra scompare”.
 
 
 
 
 

Eraclito e Democrito – Bramante

 
 
 
 
Ora, sempre restando nel mondo ellenico,  facciamo un piccolo excursus verso la filosofia che mostra l’enorme importanza abche per i pensatori dell’epoca della dimensione del Tempo… e parlando del famoso “Panta Rei”…
Panta rei os potamòs (dal greco πάντα ῥεῖ ὡς ποταμός), cioè… “Tutto scorre come un fiume” è il celebre aforisma attribuito ad Eraclito, ma in realtà mai esplicitamente formulato in questi termini da quel che si legge nei suoi scritti a noi pervenuti.
Eraclito (Efeso 535 a.C. – 475 a.C.) è considerato il filosofo del Divenire in contrapposizione con la filosofia dell’Essere di Parmenide e questa nota espressione nasce da una sintesi di un frammento del suo trattato “Sulla natura”:
 « Non si può discendere due volte nel medesimo fiume e non si può toccare due volte una sostanza mortale nel medesimo stato, ma a causa dell’impetuosità e della velocità del mutamento essa si disperde e si raccoglie, viene e va. » (91 Diels-Kranz).
Eraclito vuol evidenziare come l’uomo non possa mai fare la stessa esperienza per due volte, giacché ogni cosa è sottoposta alla legge inesorabile del tempo.

 
 
 
 
 

Louis Jean Francois Lagrenee – Malinconia

 
 
 
 
 
Ma torniamo alla Poesia… e torniamo al tema della caducità della vita umana… vista nel mondo latino. 
Foglie al vento sono anche le anime dei defunti che si affollano sulle rive dell’Acheronte nell’Eneide:
“quam multae glomerantur aues, ubi frigidus annus trans pontum fugat et terris immittit apricis. stabant orantes primi transmittere cursum tendebantque manus ripae ulterioris amore” (Virgilio, Aen. VI, 311-314), immagine che sarà ripresa quasi testualmente anche da Dante per descrivere le anime in attesa del nocchiero Caronte in Inferno, 3.





DIVINA COMMEDIA – INFERNO – CANTO 3°
 
OMISSIS
 
“Ed ecco verso noi venir per nave
un vecchio, bianco per antico pelo,
gridando: «Guai a voi, anime prave!
 
Non isperate mai veder lo cielo:
i’ vegno per menarvi a l’altra riva
ne le tenebre etterne, in caldo e ‘n gelo.
 
E tu che se’ costì, anima viva,
pàrtiti da cotesti che son morti».
Ma poi che vide ch’io non mi partiva,
 
disse: «Per altra via, per altri porti
verrai a piaggia, non qui, per passare:
più lieve legno convien che ti porti».
 
E ‘l duca lui: «Caron, non ti crucciare:
vuolsi così colà dove si puote
ciò che si vuole, e più non dimandare”
 
OMISSIS






Il tempo è poi l’ossessione di Orazio (Carmina II 14), che, in questi versi, ricorda come breve sia la vita dell’uomo prima che la vecchiaia e poi la morte lo colgano:
Ohimè, Postumo, Postumo, gli anni si dissolvono fuggendo via a tradimento e la pietà non riuscirà a ritardare le rughe e la vecchiaia che incombe e la morte indomabile”.
E ancora, nello stesso carme, per rafforzare questa idea con un’immagine viva e dunque di intensa drammaticità, il poeta riprende:
“Il tuo erede, più degno di te, si prenderà le anfore di Cecubo che cento chiavi proteggono e di vino superbo colorerà il pavimento, un vino migliore di quello delle cene dei pontefici”.
Nello spreco che altri faranno di quanto faticosamente (e vanamente, perchè dalla morte e dall’oblio non c’è scampo) noi abbiamo accumulato c’è tutta la disperazione del poeta, che infatti, nel suo anelito di immortalità, nel suo desiderio di lasciare di sè memoria imperitura, affida le sue opere ai posteri.
 
Sempre Orazio a proposito del tempo:
“Mentre parliamo, già sarà fuggito il tempo invidioso : cogli il giorno, fidandoti il meno possibile del domani” (Carmina, I,11), forse nella scia di Simonide, che ricorda: “Da uomo quale sei, non dire mai quale sarà il domani; nè, vedendo un uomo felice, per quanto lo sarà. Neppure il guizzo della mosca dalle ali distese è così rapido” (Frag. 521/16, 615/110 Page).


 
 
 
 

Trionfo di Bacco ed Arianna


 
 
 
 
Terminiamo questa breve analisi del tempo visto dai classici con la famosa poesia di Lorenzo de’ Medici… (Firenze, 1º gennaio 1449 – Firenze, 9 aprile 1492) che riprende alla grande il tema della fugacità della giovinezza… qui riportata, per brevità, solo nella mitica strofa.

Debbo dire che condivido in pieno il pensiero di Lorenzo ed ho sempre condiviso il… “carpe diem” anche se però… “ragionato“. 
 
 
 
 
 

TRIONFO DI BACCO ED ARIANNA…
 

« Quant’è bella giovinezza,
Che si fugge tuttavia!
Chi vuol essere lieto, sia:
Di doman non c’è certezza»
 

OMISSIS

 
 
 
 
 

Libero adattamento del testo di “Antiquitas”
http://www.antiqvitas.it/gymnasium/testi.8.htm
Impaginazione T.K.

 
 
 
Infine una poesia-riflessione di un grande autore molto più recente e Premio Nobel per la letteratura nel 1948… ma già considerato un classico.

 
 
 
 
 
 
 
 
 

IL TEMPO
Thomas Stears Eliot
 
Il tempo presente e il tempo passato
son forse presenti entrambi nel tempo futuro,
E il tempo futuro è contenuto nel tempo passato.
Se tutto il tempo è eternamente presente
tutto il tempo è irrimediabile.
“Ciò che poteva essere” è un’astrazione
che resta una possibilità perpetua
solo nel mondo delle ipotesi.
Ciò che poteva essere e ciò che è stato
tendono ad un solo fine, che è sempre presente.
Passi echeggiano nella memoria
lungo il corridoio che non prendemmo
verso la porta che non aprimmo mai
sul giardino delle rose:
Le mie parole echeggiano
Così nella vostra mente.

 

 
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Lo scorrere del tempo per gli scrittori ed i poeti classici… dall’antichità greco-romana fino al ‘900   1 comment

 






Se è vero che l'inizio della misurazione del tempo
ha origini molto antiche, forse babilonesi,
è nel mondo greco-romano che lo scorrere del tempo
assume una grandissima importanza.

Si narra che Plauto invocasse la maledizione degli dei
contro colui che installò per primo la meridiana in città per indicare l'ora
togliendo così la spensieratezza ai Romani.

 
 
 
 
 
 



Esaminiamo allora,
sul tema “tempo” e sui suoi effetti sulla nostra vita
(cosa di cui spesso discutiamo nel web),
la visione poetica e filosofica dei nostri antenati.

 
 
 
 

 

 

 

IL SENSO DEL TEMPO PER
I POETI E GLI SCRITTORI CLASSICI

 
 
 
 

  Musica new age da ascoltare leggendo (se si vuole)

 
 
 
     
 
 
L'Uomo, il senso della caducità e della brevità dell'esistenza, con l'imperturbabile e ciclica Natura sullo sfondo, sono i protagonisti di una bellissima elegia  (Frag. 2 West) di Mimnermo (VII-VI sec. a C.), in cui il poeta greco dipinge, toccando vette di intensissima drammaticità (riprese poi da Leopardi, frammento XLI dei Canti) tutta la fragilità dell'esistenza umana:
“Noi, quali le foglie che la primavera, stagione ricca di fiori, produce, quand'ecco che crescono ai raggi del sole: simili a queste per il tempo di un cubito dei fiori della giovinezza possiamo godere, ignorando da parte degli dei sia il bene che il male. Vicine dimorano le Sorti nere, l'una che tiene il termine della vecchiaia penosa, l'altra della morte.
Ma quando questo termine di stagione è trascorso, subito l'essere morti è meglio della vita: molti sono i mali nell'animo, talora i beni si dilapidano, ed i prodotti della povertà ci affliggono; uno sperimenta la mancanza dei figli, e scende sotto terra nell'Ade desiderandoli con tutto il cuore; un altro è consumato da una malattia che gli ruba l'animo; non esiste alcun mortale cui Zeus non dia molti mali”.
 
 
 
 
 

LA GIOVINEZZA
G. Leopardi


Ma la giovinezza onorata è cosa di breve durata come un sogno:
e la vecchiaia sgradevole ed informe subito incombe sul capo,
nemica e allo stesso tempo senza onore,
la vecchiaia che rende l’uomo irriconoscibile
ed annebbia gli occhi e la mente avvolgendoli.

 
 
 
 
 
 
La giovinezza – questa è la massima convinzione ed al contempo disperazione dei lirici greci – è solo un sogno di breve durata, afferma ancora Mimnermo in un celebre suo frammento (Mimn., Frag. 5):
“Ma la giovinezza onorata è cosa di breve durata come un sogno: e la vecchiaia sgradevole ed informe subito incombe sul capo, nemica e allo stesso tempo senza onore, la vecchiaia che rende l'uomo irriconoscibile ed annebbia gli occhi e la mente avvolgendoli”.
 
Il tema della fragilità della vita umana, espresso attraverso la caducità delle foglie su un ramo, pronte a cadere al primo alito di vento, sembra essere caro al modo di pensare dei greci e si trova ad esempio già nell'Iliade (VI, 144 e seguenti), dove Glauco così risponde a Diomede, con il quale sta per venire a duello:
Magnanimo figlio di Tideo (Diomede), perchè mi domandi quale sia la mia stirpe? Come stirpi di foglie, così le stirpi degli uomini; delle foglie il vento getta alcune a terra, mentre altre sono nutrite al tempo di
primavera dalla selva in fiore; così le stirpi degli uomini: nasce una, l'altra scompare”.
 
 
 
 
 

Eraclito e Democrito – Bramante

 
 
 
 
Ora, sempre restando nel mondo ellenico,  facciamo un piccolo excursus verso la filosofia che mostra l'enorme importanza abche per i pensatori dell'epoca della dimensione del Tempo… e parlando del famoso “Panta Rei”…
Panta rei os potamòs (dal greco πάντα ῥεῖ ὡς ποταμός), cioè… “Tutto scorre come un fiume” è il celebre aforisma attribuito ad Eraclito, ma in realtà mai esplicitamente formulato in questi termini da quel che si legge nei suoi scritti a noi pervenuti.
Eraclito (Efeso 535 a.C. – 475 a.C.) è considerato il filosofo del Divenire in contrapposizione con la filosofia dell'Essere di Parmenide e questa nota espressione nasce da una sintesi di un frammento del suo trattato “Sulla natura”:
 « Non si può discendere due volte nel medesimo fiume e non si può toccare due volte una sostanza mortale nel medesimo stato, ma a causa dell'impetuosità e della velocità del mutamento essa si disperde e si raccoglie, viene e va. » (91 Diels-Kranz).
Eraclito vuol evidenziare come l'uomo non possa mai fare la stessa esperienza per due volte, giacché ogni cosa è sottoposta alla legge inesorabile del tempo.

 
 
 
 
 

Louis Jean Francois Lagrenee – Malinconia

 
 
 
 
 
Ma torniamo alla Poesia… e torniamo al tema della caducità della vita umana… vista nel mondo latino. 
Foglie al vento sono anche le anime dei defunti che si affollano sulle rive dell'Acheronte nell'Eneide:
“quam multae glomerantur aues, ubi frigidus annus trans pontum fugat et terris immittit apricis. stabant orantes primi transmittere cursum tendebantque manus ripae ulterioris amore” (Virgilio, Aen. VI, 311-314), immagine che sarà ripresa quasi testualmente anche da Dante per descrivere le anime in attesa del nocchiero Caronte in Inferno, 3.





DIVINA COMMEDIA – INFERNO – CANTO 3°
 
OMISSIS
 
“Ed ecco verso noi venir per nave
un vecchio, bianco per antico pelo,
gridando: «Guai a voi, anime prave!
 
Non isperate mai veder lo cielo:
i' vegno per menarvi a l'altra riva
ne le tenebre etterne, in caldo e 'n gelo.
 
E tu che se' costì, anima viva,
pàrtiti da cotesti che son morti».
Ma poi che vide ch'io non mi partiva,
 
disse: «Per altra via, per altri porti
verrai a piaggia, non qui, per passare:
più lieve legno convien che ti porti».
 
E 'l duca lui: «Caron, non ti crucciare:
vuolsi così colà dove si puote
ciò che si vuole, e più non dimandare”
 
OMISSIS






Il tempo è poi l'ossessione di Orazio (Carmina II 14), che, in questi versi, ricorda come breve sia la vita dell'uomo prima che la vecchiaia e poi la morte lo colgano:
Ohimè, Postumo, Postumo, gli anni si dissolvono fuggendo via a tradimento e la pietà non riuscirà a ritardare le rughe e la vecchiaia che incombe e la morte indomabile”.
E ancora, nello stesso carme, per rafforzare questa idea con un'immagine viva e dunque di intensa drammaticità, il poeta riprende:
“Il tuo erede, più degno di te, si prenderà le anfore di Cecubo che cento chiavi proteggono e di vino superbo colorerà il pavimento, un vino migliore di quello delle cene dei pontefici”.
Nello spreco che altri faranno di quanto faticosamente (e vanamente, perchè dalla morte e dall'oblio non c'è scampo) noi abbiamo accumulato c'è tutta la disperazione del poeta, che infatti, nel suo anelito di immortalità, nel suo desiderio di lasciare di sè memoria imperitura, affida le sue opere ai posteri.
 
Sempre Orazio a proposito del tempo:
“Mentre parliamo, già sarà fuggito il tempo invidioso : cogli il giorno, fidandoti il meno possibile del domani” (Carmina, I,11), forse nella scia di Simonide, che ricorda: “Da uomo quale sei, non dire mai quale sarà il domani; nè, vedendo un uomo felice, per quanto lo sarà. Neppure il guizzo della mosca dalle ali distese è così rapido” (Frag. 521/16, 615/110 Page).


 
 
 
 

Trionfo di Bacco ed Arianna


 
 
 
 
Terminiamo questa breve analisi del tempo visto dai classici con la famosa poesia di Lorenzo de' Medici… (Firenze, 1º gennaio 1449 – Firenze, 9 aprile 1492) che riprende alla grande il tema della fugacità della giovinezza… qui riportata, per brevità, solo nella mitica strofa.

Debbo dire che condivido in pieno il pensiero di Lorenzo ed ho sempre condiviso il… “carpe diem” anche se però… “ragionato“. 
 
 
 
 
 

TRIONFO DI BACCO ED ARIANNA…
 

« Quant'è bella giovinezza,
Che si fugge tuttavia!
Chi vuol essere lieto, sia:
Di doman non c'è certezza»
 

OMISSIS

 
 
 
 
 

Libero adattamento del testo di “Antiquitas”
http://www.antiqvitas.it/gymnasium/testi.8.htm
Impaginazione T.K.

 
 
 
Infine una poesia-riflessione di un grande autore molto più recente e Premio Nobel per la letteratura nel 1948… ma già considerato un classico.

 
 
 
 
 
 
 
 
 

IL TEMPO
Thomas Stears Eliot
 
Il tempo presente e il tempo passato
son forse presenti entrambi nel tempo futuro,
E il tempo futuro è contenuto nel tempo passato.
Se tutto il tempo è eternamente presente
tutto il tempo è irrimediabile.
“Ciò che poteva essere” è un’astrazione
che resta una possibilità perpetua
solo nel mondo delle ipotesi.
Ciò che poteva essere e ciò che è stato
tendono ad un solo fine, che è sempre presente.
Passi echeggiano nella memoria
lungo il corridoio che non prendemmo
verso la porta che non aprimmo mai
sul giardino delle rose:
Le mie parole echeggiano
Così nella vostra mente.

 

 
F I N E 
 
 
 
 

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L’importanza dello scorrere del tempo per gli scrittori ed i poeti classici…   3 comments

 






Se è vero che l’inizio della misurazione del tempo
ha origini molto antiche, forse babilonesi,
è nel mondo greco-romano che lo scorrere del tempo
assume una grandissima importanza.

Si narra che Plauto invocasse la maledizione degli dei
contro colui che installò per primo la meridiana in città per indicare l’ora
togliendo così la spensieratezza ai Romani.

 
 
 
 
 
 



Esaminiamo allora,
sul tema “tempo” e sui suoi effetti sulla nostra vita
(cosa di cui spesso discutiamo nel web),
la visione poetica e filosofica dei nostri antenati.

 
 
 
 

 

 

 

IL SENSO DEL TEMPO PER
I POETI E GLI SCRITTORI CLASSICI

 
 
 
 

  Musica new age da ascoltare leggendo (se si vuole)

 
 
 
     
 
 
L’Uomo, il senso della caducità e della brevità dell’esistenza, con l’imperturbabile e ciclica Natura sullo sfondo, sono i protagonisti di una bellissima elegia  (Frag. 2 West) di Mimnermo (VII-VI sec. a C.), in cui il poeta greco dipinge, toccando vette di intensissima drammaticità (riprese poi da Leopardi, frammento XLI dei Canti) tutta la fragilità dell’esistenza umana:
“Noi, quali le foglie che la primavera, stagione ricca di fiori, produce, quand’ecco che crescono ai raggi del sole: simili a queste per il tempo di un cubito dei fiori della giovinezza possiamo godere, ignorando da parte degli dei sia il bene che il male. Vicine dimorano le Sorti nere, l’una che tiene il termine della vecchiaia penosa, l’altra della morte.
Ma quando questo termine di stagione è trascorso, subito l’essere morti è meglio della vita: molti sono i mali nell’animo, talora i beni si dilapidano, ed i prodotti della povertà ci affliggono; uno sperimenta la mancanza dei figli, e scende sotto terra nell’Ade desiderandoli con tutto il cuore; un altro è consumato da una malattia che gli ruba l’animo; non esiste alcun mortale cui Zeus non dia molti mali”.
 
 
 
 
 

LA GIOVINEZZA
G. Leopardi


Ma la giovinezza onorata è cosa di breve durata come un sogno:
e la vecchiaia sgradevole ed informe subito incombe sul capo,
nemica e allo stesso tempo senza onore,
la vecchiaia che rende l’uomo irriconoscibile
ed annebbia gli occhi e la mente avvolgendoli.

 
 
 
 
 
 
La giovinezza – questa è la massima convinzione ed al contempo disperazione dei lirici greci – è solo un sogno di breve durata, afferma ancora Mimnermo in un celebre suo frammento (Mimn., Frag. 5):
“Ma la giovinezza onorata è cosa di breve durata come un sogno: e la vecchiaia sgradevole ed informe subito incombe sul capo, nemica e allo stesso tempo senza onore, la vecchiaia che rende l’uomo irriconoscibile ed annebbia gli occhi e la mente avvolgendoli”.
 
Il tema della fragilità della vita umana, espresso attraverso la caducità delle foglie su un ramo, pronte a cadere al primo alito di vento, sembra essere caro al modo di pensare dei greci e si trova ad esempio già nell’Iliade (VI, 144 e seguenti), dove Glauco così risponde a Diomede, con il quale sta per venire a duello:
Magnanimo figlio di Tideo (Diomede), perchè mi domandi quale sia la mia stirpe? Come stirpi di foglie, così le stirpi degli uomini; delle foglie il vento getta alcune a terra, mentre altre sono nutrite al tempo di
primavera dalla selva in fiore; così le stirpi degli uomini: nasce una, l’altra scompare”.
 
 
 
 
 

Eraclito e Democrito – Bramante

 
 
 
 
Ora, sempre restando nel mondo ellenico,  facciamo un piccolo excursus verso la filosofia che mostra l’enorme importanza abche per i pensatori dell’epoca della dimensione del Tempo… e parlando del famoso “Panta Rei”…
Panta rei os potamòs (dal greco πάντα ῥεῖ ὡς ποταμός), cioè… “Tutto scorre come un fiume” è il celebre aforisma attribuito ad Eraclito, ma in realtà mai esplicitamente formulato in questi termini da quel che si legge nei suoi scritti a noi pervenuti.
Eraclito (Efeso 535 a.C. – 475 a.C.) è considerato il filosofo del Divenire in contrapposizione con la filosofia dell’Essere di Parmenide e questa nota espressione nasce da una sintesi di un frammento del suo trattato “Sulla natura”:
 « Non si può discendere due volte nel medesimo fiume e non si può toccare due volte una sostanza mortale nel medesimo stato, ma a causa dell’impetuosità e della velocità del mutamento essa si disperde e si raccoglie, viene e va. » (91 Diels-Kranz).
Eraclito vuol evidenziare come l’uomo non possa mai fare la stessa esperienza per due volte, giacché ogni cosa è sottoposta alla legge inesorabile del tempo.

 
 
 
 
 

Louis Jean Francois Lagrenee – Malinconia

 
 
 
 
 
Ma torniamo alla Poesia… e torniamo al tema della caducità della vita umana… vista nel mondo latino. 
Foglie al vento sono anche le anime dei defunti che si affollano sulle rive dell’Acheronte nell’Eneide:
“quam multae glomerantur aues, ubi frigidus annus trans pontum fugat et terris immittit apricis. stabant orantes primi transmittere cursum tendebantque manus ripae ulterioris amore” (Virgilio, Aen. VI, 311-314), immagine che sarà ripresa quasi testualmente anche da Dante per descrivere le anime in attesa del nocchiero Caronte in Inferno, 3.





DIVINA COMMEDIA – INFERNO – CANTO 3°
 
OMISSIS
 
“Ed ecco verso noi venir per nave
un vecchio, bianco per antico pelo,
gridando: «Guai a voi, anime prave!
 
Non isperate mai veder lo cielo:
i’ vegno per menarvi a l’altra riva
ne le tenebre etterne, in caldo e ‘n gelo.
 
E tu che se’ costì, anima viva,
pàrtiti da cotesti che son morti».
Ma poi che vide ch’io non mi partiva,
 
disse: «Per altra via, per altri porti
verrai a piaggia, non qui, per passare:
più lieve legno convien che ti porti».
 
E ‘l duca lui: «Caron, non ti crucciare:
vuolsi così colà dove si puote
ciò che si vuole, e più non dimandare”
 
OMISSIS






Il tempo è poi l’ossessione di Orazio (Carmina II 14), che, in questi versi, ricorda come breve sia la vita dell’uomo prima che la vecchiaia e poi la morte lo colgano:
Ohimè, Postumo, Postumo, gli anni si dissolvono fuggendo via a tradimento e la pietà non riuscirà a ritardare le rughe e la vecchiaia che incombe e la morte indomabile”.
E ancora, nello stesso carme, per rafforzare questa idea con un’immagine viva e dunque di intensa drammaticità, il poeta riprende:
“Il tuo erede, più degno di te, si prenderà le anfore di Cecubo che cento chiavi proteggono e di vino superbo colorerà il pavimento, un vino migliore di quello delle cene dei pontefici”.
Nello spreco che altri faranno di quanto faticosamente (e vanamente, perchè dalla morte e dall’oblio non c’è scampo) noi abbiamo accumulato c’è tutta la disperazione del poeta, che infatti, nel suo anelito di immortalità, nel suo desiderio di lasciare di sè memoria imperitura, affida le sue opere ai posteri.
 
Sempre Orazio a proposito del tempo:
“Mentre parliamo, già sarà fuggito il tempo invidioso : cogli il giorno, fidandoti il meno possibile del domani” (Carmina, I,11), forse nella scia di Simonide, che ricorda: “Da uomo quale sei, non dire mai quale sarà il domani; nè, vedendo un uomo felice, per quanto lo sarà. Neppure il guizzo della mosca dalle ali distese è così rapido” (Frag. 521/16, 615/110 Page).


 
 
 
 

Trionfo di Bacco ed Arianna


 
 
 
 
Terminiamo questa breve analisi del tempo visto dai classici con la famosa poesia di Lorenzo de’ Medici… (Firenze, 1º gennaio 1449 – Firenze, 9 aprile 1492) che riprende alla grande il tema della fugacità della giovinezza… qui riportata, per brevità, solo nella mitica strofa.

Debbo dire che condivido in pieno il pensiero di Lorenzo ed ho sempre condiviso il… “carpe diem” anche se però… “ragionato“. 
 
 
 
 
 

TRIONFO DI BACCO ED ARIANNA…
 

« Quant’è bella giovinezza,
Che si fugge tuttavia!
Chi vuol essere lieto, sia:
Di doman non c’è certezza»
 

OMISSIS

 
 
 
 
 

Libero adattamento del testo di “Antiquitas”
http://www.antiqvitas.it/gymnasium/testi.8.htm
Impaginazione T.K.

 
 
 
Infine una poesia-riflessione di un grande autore molto più recente e Premio Nobel per la letteratura nel 1948… ma già considerato un classico.

 
 
 
 
 
 
 
 
 

IL TEMPO
Thomas Stears Eliot
 
Il tempo presente e il tempo passato
son forse presenti entrambi nel tempo futuro,
E il tempo futuro è contenuto nel tempo passato.
Se tutto il tempo è eternamente presente
tutto il tempo è irrimediabile.
“Ciò che poteva essere” è un’astrazione
che resta una possibilità perpetua
solo nel mondo delle ipotesi.
Ciò che poteva essere e ciò che è stato
tendono ad un solo fine, che è sempre presente.
Passi echeggiano nella memoria
lungo il corridoio che non prendemmo
verso la porta che non aprimmo mai
sul giardino delle rose:
Le mie parole echeggiano
Così nella vostra mente.

 

 
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La concezione del… tempo… per gli scrittori ed i poeti classici…   4 comments

 






Se è vero che l’inizio della misurazione del tempo
ha origini molto antiche, forse babilonesi,
è nel mondo greco-romano che lo scorrere del tempo
assume una grandissima importanza.

Si narra che Plauto invocasse la maledizione degli dei
contro colui che installò per primo la meridiana in città per indicare l’ora
togliendo così la spensieratezza ai Romani.

 
 
 
 
 
 



Esaminiamo allora,
sul tema “tempo” e sui suoi effetti sulla nostra vita
(cosa di cui spesso discutiamo nel web),
la visione poetica e filosofica dei nostri antenati.

 
 
 
 

 

 

 

IL SENSO DEL TEMPO PER
I POETI E GLI SCRITTORI CLASSICI

 
 
 
 

  Musica new age da ascoltare leggendo (se si vuole)

 
 
 
     
 
 
L’Uomo, il senso della caducità e della brevità dell’esistenza, con l’imperturbabile e ciclica Natura sullo sfondo, sono i protagonisti di una bellissima elegia  (Frag. 2 West) di Mimnermo (VII-VI sec. a C.), in cui il poeta greco dipinge, toccando vette di intensissima drammaticità (riprese poi da Leopardi, frammento XLI dei Canti) tutta la fragilità dell’esistenza umana:
“Noi, quali le foglie che la primavera, stagione ricca di fiori, produce, quand’ecco che crescono ai raggi del sole: simili a queste per il tempo di un cubito dei fiori della giovinezza possiamo godere, ignorando da parte degli dei sia il bene che il male. Vicine dimorano le Sorti nere, l’una che tiene il termine della vecchiaia penosa, l’altra della morte.
Ma quando questo termine di stagione è trascorso, subito l’essere morti è meglio della vita: molti sono i mali nell’animo, talora i beni si dilapidano, ed i prodotti della povertà ci affliggono; uno sperimenta la mancanza dei figli, e scende sotto terra nell’Ade desiderandoli con tutto il cuore; un altro è consumato da una malattia che gli ruba l’animo; non esiste alcun mortale cui Zeus non dia molti mali”.
 
 
 
 
 

LA GIOVINEZZA
G. Leopardi


Ma la giovinezza onorata è cosa di breve durata come un sogno:
e la vecchiaia sgradevole ed informe subito incombe sul capo,
nemica e allo stesso tempo senza onore,
la vecchiaia che rende l’uomo irriconoscibile
ed annebbia gli occhi e la mente avvolgendoli.

 
 
 
 
 
 
La giovinezza – questa è la massima convinzione ed al contempo disperazione dei lirici greci – è solo un sogno di breve durata, afferma ancora Mimnermo in un celebre suo frammento (Mimn., Frag. 5):
“Ma la giovinezza onorata è cosa di breve durata come un sogno: e la vecchiaia sgradevole ed informe subito incombe sul capo, nemica e allo stesso tempo senza onore, la vecchiaia che rende l’uomo irriconoscibile ed annebbia gli occhi e la mente avvolgendoli”.
 
Il tema della fragilità della vita umana, espresso attraverso la caducità delle foglie su un ramo, pronte a cadere al primo alito di vento, sembra essere caro al modo di pensare dei greci e si trova ad esempio già nell’Iliade (VI, 144 e seguenti), dove Glauco così risponde a Diomede, con il quale sta per venire a duello:
Magnanimo figlio di Tideo (Diomede), perchè mi domandi quale sia la mia stirpe? Come stirpi di foglie, così le stirpi degli uomini; delle foglie il vento getta alcune a terra, mentre altre sono nutrite al tempo di
primavera dalla selva in fiore; così le stirpi degli uomini: nasce una, l’altra scompare”.
 
 
 
 
 

Eraclito e Democrito – Bramante

 
 
 
 
Ora, sempre restando nel mondo ellenico,  facciamo un piccolo excursus verso la filosofia che mostra l’enorme importanza abche per i pensatori dell’epoca della dimensione del Tempo… e parlando del famoso “Panta Rei”…
Panta rei os potamòs (dal greco πάντα ῥεῖ ὡς ποταμός), cioè… “Tutto scorre come un fiume” è il celebre aforisma attribuito ad Eraclito, ma in realtà mai esplicitamente formulato in questi termini da quel che si legge nei suoi scritti a noi pervenuti.
Eraclito (Efeso 535 a.C. – 475 a.C.) è considerato il filosofo del Divenire in contrapposizione con la filosofia dell’Essere di Parmenide e questa nota espressione nasce da una sintesi di un frammento del suo trattato “Sulla natura”:
 « Non si può discendere due volte nel medesimo fiume e non si può toccare due volte una sostanza mortale nel medesimo stato, ma a causa dell’impetuosità e della velocità del mutamento essa si disperde e si raccoglie, viene e va. » (91 Diels-Kranz).
Eraclito vuol evidenziare come l’uomo non possa mai fare la stessa esperienza per due volte, giacché ogni cosa è sottoposta alla legge inesorabile del tempo.

 
 
 
 
 

Louis Jean Francois Lagrenee – Malinconia

 
 
 
 
 
Ma torniamo alla Poesia… e torniamo al tema della caducità della vita umana… vista nel mondo latino. 
Foglie al vento sono anche le anime dei defunti che si affollano sulle rive dell’Acheronte nell’Eneide:
“quam multae glomerantur aues, ubi frigidus annus trans pontum fugat et terris immittit apricis. stabant orantes primi transmittere cursum tendebantque manus ripae ulterioris amore” (Virgilio, Aen. VI, 311-314), immagine che sarà ripresa quasi testualmente anche da Dante per descrivere le anime in attesa del nocchiero Caronte in Inferno, 3.





DIVINA COMMEDIA – INFERNO – CANTO 3°
 
OMISSIS
 
“Ed ecco verso noi venir per nave
un vecchio, bianco per antico pelo,
gridando: «Guai a voi, anime prave!
 
Non isperate mai veder lo cielo:
i’ vegno per menarvi a l’altra riva
ne le tenebre etterne, in caldo e ‘n gelo.
 
E tu che se’ costì, anima viva,
pàrtiti da cotesti che son morti».
Ma poi che vide ch’io non mi partiva,
 
disse: «Per altra via, per altri porti
verrai a piaggia, non qui, per passare:
più lieve legno convien che ti porti».
 
E ‘l duca lui: «Caron, non ti crucciare:
vuolsi così colà dove si puote
ciò che si vuole, e più non dimandare”
 
OMISSIS






Il tempo è poi l’ossessione di Orazio (Carmina II 14), che, in questi versi, ricorda come breve sia la vita dell’uomo prima che la vecchiaia e poi la morte lo colgano:
Ohimè, Postumo, Postumo, gli anni si dissolvono fuggendo via a tradimento e la pietà non riuscirà a ritardare le rughe e la vecchiaia che incombe e la morte indomabile”.
E ancora, nello stesso carme, per rafforzare questa idea con un’immagine viva e dunque di intensa drammaticità, il poeta riprende:
“Il tuo erede, più degno di te, si prenderà le anfore di Cecubo che cento chiavi proteggono e di vino superbo colorerà il pavimento, un vino migliore di quello delle cene dei pontefici”.
Nello spreco che altri faranno di quanto faticosamente (e vanamente, perchè dalla morte e dall’oblio non c’è scampo) noi abbiamo accumulato c’è tutta la disperazione del poeta, che infatti, nel suo anelito di immortalità, nel suo desiderio di lasciare di sè memoria imperitura, affida le sue opere ai posteri.
 
Sempre Orazio a proposito del tempo:
“Mentre parliamo, già sarà fuggito il tempo invidioso : cogli il giorno, fidandoti il meno possibile del domani” (Carmina, I,11), forse nella scia di Simonide, che ricorda: “Da uomo quale sei, non dire mai quale sarà il domani; nè, vedendo un uomo felice, per quanto lo sarà. Neppure il guizzo della mosca dalle ali distese è così rapido” (Frag. 521/16, 615/110 Page).


 
 
 
 

Trionfo di Bacco ed Arianna


 
 
 
 
Terminiamo questa breve analisi del tempo visto dai classici con la famosa poesia di Lorenzo de’ Medici… (Firenze, 1º gennaio 1449 – Firenze, 9 aprile 1492) che riprende alla grande il tema della fugacità della giovinezza… qui riportata, per brevità, solo nella mitica strofa.

Debbo dire che condivido in pieno il pensiero di Lorenzo ed ho sempre condiviso il… “carpe diem” anche se però… “ragionato“. 
 
 
 
 
 

TRIONFO DI BACCO ED ARIANNA…
 

« Quant’è bella giovinezza,
Che si fugge tuttavia!
Chi vuol essere lieto, sia:
Di doman non c’è certezza»
 

OMISSIS

 
 
 
 
 

Libero adattamento del testo di “Antiquitas”
http://www.antiqvitas.it/gymnasium/testi.8.htm
Impaginazione T.K.

 
 
 
Infine una poesia-riflessione di un grande autore molto più recente e Premio Nobel per la letteratura nel 1948… ma già considerato un classico.

 
 
 
 
 
 
 
 
 

IL TEMPO
Thomas Stears Eliot
 
Il tempo presente e il tempo passato
son forse presenti entrambi nel tempo futuro,
E il tempo futuro è contenuto nel tempo passato.
Se tutto il tempo è eternamente presente
tutto il tempo è irrimediabile.
“Ciò che poteva essere” è un’astrazione
che resta una possibilità perpetua
solo nel mondo delle ipotesi.
Ciò che poteva essere e ciò che è stato
tendono ad un solo fine, che è sempre presente.
Passi echeggiano nella memoria
lungo il corridoio che non prendemmo
verso la porta che non aprimmo mai
sul giardino delle rose:
Le mie parole echeggiano
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Se è vero che l’inizio della misurazione del tempo
ha origini molto antiche, forse babilonesi,
è nel mondo greco-romano che lo scorrere del tempo
assume una grandissima importanza.

Si narra che Plauto invocasse la maledizione degli dei
contro colui che installò per primo la meridiana in città per indicare l’ora
togliendo così la spensieratezza ai Romani.

 
 
 
 
 
 



Esaminiamo allora,
sul tema “tempo” e sui suoi effetti sulla nostra vita
(cosa di cui spesso discutiamo nel web),
la visione poetica e filosofica dei nostri antenati.

 
 
 
 

 

 

 

IL SENSO DEL TEMPO PER
I POETI E GLI SCRITTORI CLASSICI

 
 
 
 

  Musica new age da ascoltare leggendo (se si vuole)

 
 
 
     
 
 
L’Uomo, il senso della caducità e della brevità dell’esistenza, con l’imperturbabile e ciclica Natura sullo sfondo, sono i protagonisti di una bellissima elegia  (Frag. 2 West) di Mimnermo (VII-VI sec. a C.), in cui il poeta greco dipinge, toccando vette di intensissima drammaticità (riprese poi da Leopardi, frammento XLI dei Canti) tutta la fragilità dell’esistenza umana:
“Noi, quali le foglie che la primavera, stagione ricca di fiori, produce, quand’ecco che crescono ai raggi del sole: simili a queste per il tempo di un cubito dei fiori della giovinezza possiamo godere, ignorando da parte degli dei sia il bene che il male. Vicine dimorano le Sorti nere, l’una che tiene il termine della vecchiaia penosa, l’altra della morte.
Ma quando questo termine di stagione è trascorso, subito l’essere morti è meglio della vita: molti sono i mali nell’animo, talora i beni si dilapidano, ed i prodotti della povertà ci affliggono; uno sperimenta la mancanza dei figli, e scende sotto terra nell’Ade desiderandoli con tutto il cuore; un altro è consumato da una malattia che gli ruba l’animo; non esiste alcun mortale cui Zeus non dia molti mali”.
 
 
 
 
 

LA GIOVINEZZA
G. Leopardi


Ma la giovinezza onorata è cosa di breve durata come un sogno:
e la vecchiaia sgradevole ed informe subito incombe sul capo,
nemica e allo stesso tempo senza onore,
la vecchiaia che rende l’uomo irriconoscibile
ed annebbia gli occhi e la mente avvolgendoli.

 
 
 
 
 
 
La giovinezza – questa è la massima convinzione ed al contempo disperazione dei lirici greci – è solo un sogno di breve durata, afferma ancora Mimnermo in un celebre suo frammento (Mimn., Frag. 5):
“Ma la giovinezza onorata è cosa di breve durata come un sogno: e la vecchiaia sgradevole ed informe subito incombe sul capo, nemica e allo stesso tempo senza onore, la vecchiaia che rende l’uomo irriconoscibile ed annebbia gli occhi e la mente avvolgendoli”.
 
Il tema della fragilità della vita umana, espresso attraverso la caducità delle foglie su un ramo, pronte a cadere al primo alito di vento, sembra essere caro al modo di pensare dei greci e si trova ad esempio già nell’Iliade (VI, 144 e seguenti), dove Glauco così risponde a Diomede, con il quale sta per venire a duello:
Magnanimo figlio di Tideo (Diomede), perchè mi domandi quale sia la mia stirpe? Come stirpi di foglie, così le stirpi degli uomini; delle foglie il vento getta alcune a terra, mentre altre sono nutrite al tempo di
primavera dalla selva in fiore; così le stirpi degli uomini: nasce una, l’altra scompare”.
 
 
 
 
 

Eraclito e Democrito – Bramante

 
 
 
 
Ora, sempre restando nel mondo ellenico,  facciamo un piccolo excursus verso la filosofia che mostra l’enorme importanza abche per i pensatori dell’epoca della dimensione del Tempo… e parlando del famoso “Panta Rei”…
Panta rei os potamòs (dal greco πάντα ῥεῖ ὡς ποταμός), cioè… “Tutto scorre come un fiume” è il celebre aforisma attribuito ad Eraclito, ma in realtà mai esplicitamente formulato in questi termini da quel che si legge nei suoi scritti a noi pervenuti.
Eraclito (Efeso 535 a.C. – 475 a.C.) è considerato il filosofo del Divenire in contrapposizione con la filosofia dell’Essere di Parmenide e questa nota espressione nasce da una sintesi di un frammento del suo trattato “Sulla natura”:
 « Non si può discendere due volte nel medesimo fiume e non si può toccare due volte una sostanza mortale nel medesimo stato, ma a causa dell’impetuosità e della velocità del mutamento essa si disperde e si raccoglie, viene e va. » (91 Diels-Kranz).
Eraclito vuol evidenziare come l’uomo non possa mai fare la stessa esperienza per due volte, giacché ogni cosa è sottoposta alla legge inesorabile del tempo.

 
 
 
 
 

Louis Jean Francois Lagrenee – Malinconia

 
 
 
 
 
Ma torniamo alla Poesia… e torniamo al tema della caducità della vita umana… vista nel mondo latino. 
Foglie al vento sono anche le anime dei defunti che si affollano sulle rive dell’Acheronte nell’Eneide:
“quam multae glomerantur aues, ubi frigidus annus trans pontum fugat et terris immittit apricis. stabant orantes primi transmittere cursum tendebantque manus ripae ulterioris amore” (Virgilio, Aen. VI, 311-314), immagine che sarà ripresa quasi testualmente anche da Dante per descrivere le anime in attesa del nocchiero Caronte in Inferno, 3.





DIVINA COMMEDIA – INFERNO – CANTO 3°
 
OMISSIS
 
“Ed ecco verso noi venir per nave
un vecchio, bianco per antico pelo,
gridando: «Guai a voi, anime prave!
 
Non isperate mai veder lo cielo:
i’ vegno per menarvi a l’altra riva
ne le tenebre etterne, in caldo e ‘n gelo.
 
E tu che se’ costì, anima viva,
pàrtiti da cotesti che son morti».
Ma poi che vide ch’io non mi partiva,
 
disse: «Per altra via, per altri porti
verrai a piaggia, non qui, per passare:
più lieve legno convien che ti porti».
 
E ‘l duca lui: «Caron, non ti crucciare:
vuolsi così colà dove si puote
ciò che si vuole, e più non dimandare”
 
OMISSIS






Il tempo è poi l’ossessione di Orazio (Carmina II 14), che, in questi versi, ricorda come breve sia la vita dell’uomo prima che la vecchiaia e poi la morte lo colgano:
Ohimè, Postumo, Postumo, gli anni si dissolvono fuggendo via a tradimento e la pietà non riuscirà a ritardare le rughe e la vecchiaia che incombe e la morte indomabile”.
E ancora, nello stesso carme, per rafforzare questa idea con un’immagine viva e dunque di intensa drammaticità, il poeta riprende:
“Il tuo erede, più degno di te, si prenderà le anfore di Cecubo che cento chiavi proteggono e di vino superbo colorerà il pavimento, un vino migliore di quello delle cene dei pontefici”.
Nello spreco che altri faranno di quanto faticosamente (e vanamente, perchè dalla morte e dall’oblio non c’è scampo) noi abbiamo accumulato c’è tutta la disperazione del poeta, che infatti, nel suo anelito di immortalità, nel suo desiderio di lasciare di sè memoria imperitura, affida le sue opere ai posteri.
 
Sempre Orazio a proposito del tempo:
“Mentre parliamo, già sarà fuggito il tempo invidioso : cogli il giorno, fidandoti il meno possibile del domani” (Carmina, I,11), forse nella scia di Simonide, che ricorda: “Da uomo quale sei, non dire mai quale sarà il domani; nè, vedendo un uomo felice, per quanto lo sarà. Neppure il guizzo della mosca dalle ali distese è così rapido” (Frag. 521/16, 615/110 Page).


 
 
 
 

Trionfo di Bacco ed Arianna


 
 
 
 
Terminiamo questa breve analisi del tempo visto dai classici con la famosa poesia di Lorenzo de’ Medici… (Firenze, 1º gennaio 1449 – Firenze, 9 aprile 1492) che riprende alla grande il tema della fugacità della giovinezza… qui riportata, per brevità, solo nella mitica strofa.

Debbo dire che condivido in pieno il pensiero di Lorenzo ed ho sempre condiviso il… “carpe diem” anche se però… “ragionato“. 
 
 
 
 
 

TRIONFO DI BACCO ED ARIANNA…
 

« Quant’è bella giovinezza,
Che si fugge tuttavia!
Chi vuol essere lieto, sia:
Di doman non c’è certezza»
 

OMISSIS

 
 
 
 
 

Libero adattamento del testo di “Antiquitas”
http://www.antiqvitas.it/gymnasium/testi.8.htm
Impaginazione T.K.

 
 
 
Infine una poesia-riflessione di un grande autore molto più recente e Premio Nobel per la letteratura nel 1948… ma già considerato un classico.

 
 
 
 
 
 
 
 
 

IL TEMPO
Thomas Stears Eliot
 
Il tempo presente e il tempo passato
son forse presenti entrambi nel tempo futuro,
E il tempo futuro è contenuto nel tempo passato.
Se tutto il tempo è eternamente presente
tutto il tempo è irrimediabile.
“Ciò che poteva essere” è un’astrazione
che resta una possibilità perpetua
solo nel mondo delle ipotesi.
Ciò che poteva essere e ciò che è stato
tendono ad un solo fine, che è sempre presente.
Passi echeggiano nella memoria
lungo il corridoio che non prendemmo
verso la porta che non aprimmo mai
sul giardino delle rose:
Le mie parole echeggiano
Così nella vostra mente.

 

 
F I N E 
 
 
 
 

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IL SIGNIFICATO DEL TEMPO… PER I CLASSICI…   1 comment

 






Se è vero che l’inizio della misurazione del tempo
ha origini molto antiche, forse babilonesi,
è nel mondo greco-romano che lo scorrere del tempo
assume una grandissima importanza.

Si narra che Plauto invocasse la maledizione degli dei
contro colui che installò per primo la meridiana in città per indicare l’ora
togliendo così la spensieratezza ai Romani.

 
 
 
 
 
 



Esaminiamo allora,
sul tema “tempo” e sui suoi effetti sulla nostra vita
(cosa di cui spesso discutiamo nel web),
la visione poetica e filosofica dei nostri antenati.

 
 
 
 

 

 

 

IL SENSO DEL TEMPO PER
I POETI E GLI SCRITTORI CLASSICI

 
 
 
 

  Musica new age da ascoltare leggendo (se si vuole)

 
 
 
     
 
 
L’Uomo, il senso della caducità e della brevità dell’esistenza, con l’imperturbabile e ciclica Natura sullo sfondo, sono i protagonisti di una bellissima elegia  (Frag. 2 West) di Mimnermo (VII-VI sec. a C.), in cui il poeta greco dipinge, toccando vette di intensissima drammaticità (riprese poi da Leopardi, frammento XLI dei Canti) tutta la fragilità dell’esistenza umana:
“Noi, quali le foglie che la primavera, stagione ricca di fiori, produce, quand’ecco che crescono ai raggi del sole: simili a queste per il tempo di un cubito dei fiori della giovinezza possiamo godere, ignorando da parte degli dei sia il bene che il male. Vicine dimorano le Sorti nere, l’una che tiene il termine della vecchiaia penosa, l’altra della morte.
Ma quando questo termine di stagione è trascorso, subito l’essere morti è meglio della vita: molti sono i mali nell’animo, talora i beni si dilapidano, ed i prodotti della povertà ci affliggono; uno sperimenta la mancanza dei figli, e scende sotto terra nell’Ade desiderandoli con tutto il cuore; un altro è consumato da una malattia che gli ruba l’animo; non esiste alcun mortale cui Zeus non dia molti mali”.
 
 
 
 
 

LA GIOVINEZZA
G. Leopardi


Ma la giovinezza onorata è cosa di breve durata come un sogno:
e la vecchiaia sgradevole ed informe subito incombe sul capo,
nemica e allo stesso tempo senza onore,
la vecchiaia che rende l’uomo irriconoscibile
ed annebbia gli occhi e la mente avvolgendoli.

 
 
 
 
 
 
La giovinezza – questa è la massima convinzione ed al contempo disperazione dei lirici greci – è solo un sogno di breve durata, afferma ancora Mimnermo in un celebre suo frammento (Mimn., Frag. 5):
“Ma la giovinezza onorata è cosa di breve durata come un sogno: e la vecchiaia sgradevole ed informe subito incombe sul capo, nemica e allo stesso tempo senza onore, la vecchiaia che rende l’uomo irriconoscibile ed annebbia gli occhi e la mente avvolgendoli”.
 
Il tema della fragilità della vita umana, espresso attraverso la caducità delle foglie su un ramo, pronte a cadere al primo alito di vento, sembra essere caro al modo di pensare dei greci e si trova ad esempio già nell’Iliade (VI, 144 e seguenti), dove Glauco così risponde a Diomede, con il quale sta per venire a duello:
Magnanimo figlio di Tideo (Diomede), perchè mi domandi quale sia la mia stirpe? Come stirpi di foglie, così le stirpi degli uomini; delle foglie il vento getta alcune a terra, mentre altre sono nutrite al tempo di
primavera dalla selva in fiore; così le stirpi degli uomini: nasce una, l’altra scompare”.
 
 
 
 
 

Eraclito e Democrito – Bramante

 
 
 
 
Ora, sempre restando nel mondo ellenico,  facciamo un piccolo excursus verso la filosofia che mostra l’enorme importanza abche per i pensatori dell’epoca della dimensione del Tempo… e parlando del famoso “Panta Rei”…
Panta rei os potamòs (dal greco πάντα ῥεῖ ὡς ποταμός), cioè… “Tutto scorre come un fiume” è il celebre aforisma attribuito ad Eraclito, ma in realtà mai esplicitamente formulato in questi termini da quel che si legge nei suoi scritti a noi pervenuti.
Eraclito (Efeso 535 a.C. – 475 a.C.) è considerato il filosofo del Divenire in contrapposizione con la filosofia dell’Essere di Parmenide e questa nota espressione nasce da una sintesi di un frammento del suo trattato “Sulla natura”:
 « Non si può discendere due volte nel medesimo fiume e non si può toccare due volte una sostanza mortale nel medesimo stato, ma a causa dell’impetuosità e della velocità del mutamento essa si disperde e si raccoglie, viene e va. » (91 Diels-Kranz).
Eraclito vuol evidenziare come l’uomo non possa mai fare la stessa esperienza per due volte, giacché ogni cosa è sottoposta alla legge inesorabile del tempo.

 
 
 
 
 

Louis Jean Francois Lagrenee – Malinconia

 
 
 
 
 
Ma torniamo alla Poesia… e torniamo al tema della caducità della vita umana… vista nel mondo latino. 
Foglie al vento sono anche le anime dei defunti che si affollano sulle rive dell’Acheronte nell’Eneide:
“quam multae glomerantur aues, ubi frigidus annus trans pontum fugat et terris immittit apricis. stabant orantes primi transmittere cursum tendebantque manus ripae ulterioris amore” (Virgilio, Aen. VI, 311-314), immagine che sarà ripresa quasi testualmente anche da Dante per descrivere le anime in attesa del nocchiero Caronte in Inferno, 3.





DIVINA COMMEDIA – INFERNO – CANTO 3°
 
OMISSIS
 
“Ed ecco verso noi venir per nave
un vecchio, bianco per antico pelo,
gridando: «Guai a voi, anime prave!
 
Non isperate mai veder lo cielo:
i’ vegno per menarvi a l’altra riva
ne le tenebre etterne, in caldo e ‘n gelo.
 
E tu che se’ costì, anima viva,
pàrtiti da cotesti che son morti».
Ma poi che vide ch’io non mi partiva,
 
disse: «Per altra via, per altri porti
verrai a piaggia, non qui, per passare:
più lieve legno convien che ti porti».
 
E ‘l duca lui: «Caron, non ti crucciare:
vuolsi così colà dove si puote
ciò che si vuole, e più non dimandare”
 
OMISSIS






Il tempo è poi l’ossessione di Orazio (Carmina II 14), che, in questi versi, ricorda come breve sia la vita dell’uomo prima che la vecchiaia e poi la morte lo colgano:
Ohimè, Postumo, Postumo, gli anni si dissolvono fuggendo via a tradimento e la pietà non riuscirà a ritardare le rughe e la vecchiaia che incombe e la morte indomabile”.
E ancora, nello stesso carme, per rafforzare questa idea con un’immagine viva e dunque di intensa drammaticità, il poeta riprende:
“Il tuo erede, più degno di te, si prenderà le anfore di Cecubo che cento chiavi proteggono e di vino superbo colorerà il pavimento, un vino migliore di quello delle cene dei pontefici”.
Nello spreco che altri faranno di quanto faticosamente (e vanamente, perchè dalla morte e dall’oblio non c’è scampo) noi abbiamo accumulato c’è tutta la disperazione del poeta, che infatti, nel suo anelito di immortalità, nel suo desiderio di lasciare di sè memoria imperitura, affida le sue opere ai posteri.
 
Sempre Orazio a proposito del tempo:
“Mentre parliamo, già sarà fuggito il tempo invidioso : cogli il giorno, fidandoti il meno possibile del domani” (Carmina, I,11), forse nella scia di Simonide, che ricorda: “Da uomo quale sei, non dire mai quale sarà il domani; nè, vedendo un uomo felice, per quanto lo sarà. Neppure il guizzo della mosca dalle ali distese è così rapido” (Frag. 521/16, 615/110 Page).


 
 
 
 

Trionfo di Bacco ed Arianna


 
 
 
 
Terminiamo questa breve analisi del tempo visto dai classici con la famosa poesia di Lorenzo de’ Medici… (Firenze, 1º gennaio 1449 – Firenze, 9 aprile 1492) che riprende alla grande il tema della fugacità della giovinezza… qui riportata, per brevità, solo nella mitica strofa.

Debbo dire che condivido in pieno il pensiero di Lorenzo ed ho sempre condiviso il… “carpe diem” anche se però… “ragionato“. 
 
 
 
 
 

TRIONFO DI BACCO ED ARIANNA…
 

« Quant’è bella giovinezza,
Che si fugge tuttavia!
Chi vuol essere lieto, sia:
Di doman non c’è certezza»
 

OMISSIS

 
 
 
 
 

Libero adattamento del testo di “Antiquitas”
http://www.antiqvitas.it/gymnasium/testi.8.htm
Impaginazione T.K.

 
 
 
Infine una poesia-riflessione di un grande autore molto più recente e Premio Nobel per la letteratura nel 1948… ma già considerato un classico.

 
 
 
 
 
 
 
 
 

IL TEMPO
Thomas Stears Eliot
 
Il tempo presente e il tempo passato
son forse presenti entrambi nel tempo futuro,
E il tempo futuro è contenuto nel tempo passato.
Se tutto il tempo è eternamente presente
tutto il tempo è irrimediabile.
“Ciò che poteva essere” è un’astrazione
che resta una possibilità perpetua
solo nel mondo delle ipotesi.
Ciò che poteva essere e ciò che è stato
tendono ad un solo fine, che è sempre presente.
Passi echeggiano nella memoria
lungo il corridoio che non prendemmo
verso la porta che non aprimmo mai
sul giardino delle rose:
Le mie parole echeggiano
Così nella vostra mente.

 

 
F I N E 
 
 
 
 

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L’AMORE PASSIONALE IN POESIA… ARTE… MUSICA… E…   9 comments

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Amore e Psiche – Canova
 
 


Se l’amore ha mille aspetti
la poesia d’amore ha mille… temi!

 
 
 
L’AMORE PASSIONALE… SENSUALE…
IN POESIA ARTE AFORISMI CANZONI… E… 
a cura di Tony Kospan (1°)

 
 
 
 

Toulouse Lautrec

 
 
 
 
L’amore vero e completo
è compresenza sia di sentimento ed emozione
che di passione e sensualità.
 
Quest’ultimo aspetto fu
portato dagli antichi al rango di divinità…
(Eros ed Afrodite… per i Greci e Cupido e Venere… per i Romani).


 
 
 
Cupido
 


L’eros invece per il pensiero moderno
è soprattutto un’energia molto potente
in grado di far emergere in pieno il nostro
IO
facendoci sentire davvero vivi e vitali
portandoci al massimo del bello e del piacere
così come il
fiore è espressione 
del massimo splendore per una pianta.
 
Di questa forza travolgente ci parla in modo sublime
anche Dante nel famosissimo passo di Paolo e Francesca.


 
 
 

Paolo e Hary Sheffer – Paolo e Francesca

 
 

“Quando leggemmo il disïato riso
esser basciato da cotanto amante,
questi, che mai da me non fia diviso,
 
la bocca mi basciò tutto tremante.
Galeotto fu ‘l libro e chi lo scrisse:
quel giorno più non vi leggemmo avante.”

 
 
 

Talantbek Chekirov
 
 
 

Quando poi questa forza sensuale
è unita a
vero sentimento,
allora possiamo d’assaporare il profumo dell’Infinito.
  
Il tema è stato trattato moltissimo in poesia
sia in modo esplicito che allegorico
ma anche nelle varie arti.


Prima di passare alle poesie, 
leggiamo alcuni aforismi.


 
 
 
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Erotismo, sensualità, amore,
quando non convergono in una stessa persona non sono altro,
isolatamente, che una malattia, un vizio, una stupidità.
Nicolás Gómez Dávila
 

L’amore è passione dei sensi in delirio,
sangue caldo nelle parole dei poeti,
altalena nelle instabili certezze degli amanti
e fiato che manca.
Mentre nel profondo del cuore,
il vento  traccia ribelle quella vita che indifferente scorre.
Kruger Agostinell
 

Non esiste salvaguardia
contro il senso naturale dell’attrazione.
Algernon Charles Swinburne
 

Se per baciarti dovessi andare all’inferno, lo farei.
Così potrò poi vantarmi con i diavoli
di aver visto il paradiso senza mai entrarci.
William Shakespeare
 
 
 
 
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Rodin – Il bacio (gif)
 
 
 
 
 
Le poesie prescelte, sono tutte di grandi poeti e,
come sempre,
mi piacerebbe leggere quelle che piacciono a voi.

 
 
 
Tanta voglia di lei
 
Robert Duval – Magic Moment


 
 
 
TRAMONTO DELLA LUNA 
Saffo
 
Tramontata è la luna
e le Pleiadi a mezzo della notte:
giovinezza dilegua,
e sono nel mio letto sola.
Scuote l’anima Eros,
come vento sul monte
che irrompe entro le querce;
e scioglie le membra e le agita,
dolce amaro indomabile serpente.
Ma a me non ape, non miele;
e soffro e desidero.

 
 
 
Pensiero stupendo
Il bacio – Casa di Terenzio – Dipinto murale pompeiano
 
 
 


AMORES
Ovidio
 
Era l’ora di mezzo di un giorno torrido,
mi distesi sul letto per riposare.
La finestra era mezza chiusa e mezza aperta,
passava una luce come quella di un bosco
o quella del crepuscolo quando tramonta il sole,
o prima del giorno quando la notte svola.
La luce adatta a accogliere pudiche fanciulle,
dove il pudore, timido, si occulta.
Ecco, arriva Corinna, la tunica velata già slacciata,
la chioma spartita sul bianco collo,
come si dice entrasse nei letti Semiramide,
e la non meno bella Laide che da tanti fu amata.
Poi le strappai la tunica, docile alle mie dita,
ma lei lottava cercando di coprirsi.
Ma lottando come chi non cerca di vincere
fu presto vinta senza soffrirne troppo.
Quando mi apparve agli occhi nuda del tutto
vidi il suo corpo, del tutto perfettto.
Che spalle, che braccia vidi e toccai!
E le mammelle, fatte per palparle!
Che ventre sotto il seno perfetto!
Che fianchi ampi e ben fatti, che cosce da ragazza!
Inutili i dettagli, tutto perfetto.
Quel corpo che strinsi nudo al mio corpo.
Chi non sa il resto? Alla fine spossati ci
sciogliemmo.
Averne, di questi pomeriggi!


 
 
 
L’ora dell’amore
 
Lauri Blank


 
 
 
PAROLE D’AMORE
Ghiannis Ritsos
 
Anche le parole
vene sono
dentro di esse
sangue scorre
quando le parole si uniscono
la pelle della carta
s’accende di rosso
come
nell’ora dell’amore
la pelle dell’uomo
e della donna.


 
 
 
Slave to love
 
Irina Karkabi – Melodia incatenata

 
 
 
DENTRO L’AMORE
Alfonso Gatto
 
Al segno che ti dà la stanza sciogli
sulla parete l’ombra dei capelli,
le braccia alzate, la flessuosa voglia
d’avermi, e già dal ridere mi volti
nella raffica buia, mi cancelli
per affiorare dal lamento vano.
Smarrita, nel cercarmi con la mano,
nel distinguermi il volto, grata, piena
d’aperto e poi ripresa dalla lena
della dolcezza, calma a poco a poco
come in un lungo brivido. Dal gioco
degli occhi che balbettano mi ridi
sul petto a colpi di piccoli gridi.

 
 
 
L’importante è finire
 
Paolo Veronese – Venere e Marte con Eros (o Cupido) 
 


DONNA COMPLETA
Pablo Neruda
 
Donna completa, mela carnale, luna calda,
denso aroma d’alghe, fango e luce pestati,
quale oscura chiarità s’apre tra le tue colonne?
Quale antica notte tocca l’uomo con i suoi sensi?
Ahi, amare è un viaggio con acqua e stelle,
con aria soffocata e brusche tempeste di farina:
amare è un combattimento di lampi
e due corpi da un solo miele sconfitti.
Bacio a bacio percorro il tuo piccolo infinito,
i tuoi margini, i tuoi fiumi, i tuoi villaggi minuscoli,
e il fuoco genitale trasformato in delizia
corre per i sottili cammini del sangue
fino a precipitarsi come un garofano notturno,
fino a essere e non essere che un lampo nell’ombra.

 
 
 
 
 

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Ciao da Tony Kospan

 
 
 
 
 
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Tiziano – Amor sacro e Amor profano



IL SENSO DEL TEMPO… PER I PENSATORI ED I POETI CLASSICI DA MIMNERMO A LEOPARDI   3 comments

 






Se è vero che l'inizio della misurazione del tempo
ha origini molto antiche, forse babilonesi,
è nel mondo greco-romano che lo scorrere del tempo
assume una grandissima importanza.

Si narra che Plauto invocasse la maledizione degli dei
contro colui che installò per primo la meridiana in città per indicare l'ora
togliendo così la spensieratezza ai Romani.

 
 
 
 
 
 



Esaminiamo allora,
sul tema “tempo” e sui suoi effetti sulla nostra vita
(cosa di cui spesso discutiamo nel web),
la visione poetica e filosofica dei nostri antenati.

 
 
 
 

 

 

 

IL SENSO DEL TEMPO PER
I POETI E GLI SCRITTORI CLASSICI

 
 
 
 

  Musica new age da ascoltare leggendo (se si vuole)

 
 
 
     
 
 
L'Uomo, il senso della caducità e della brevità dell'esistenza, con l'imperturbabile e ciclica Natura sullo sfondo, sono i protagonisti di una bellissima elegia  (Frag. 2 West) di Mimnermo (VII-VI sec. a C.), in cui il poeta greco dipinge, toccando vette di intensissima drammaticità (riprese poi da Leopardi, frammento XLI dei Canti) tutta la fragilità dell'esistenza umana:
“Noi, quali le foglie che la primavera, stagione ricca di fiori, produce, quand'ecco che crescono ai raggi del sole: simili a queste per il tempo di un cubito dei fiori della giovinezza possiamo godere, ignorando da parte degli dei sia il bene che il male. Vicine dimorano le Sorti nere, l'una che tiene il termine della vecchiaia penosa, l'altra della morte.
Ma quando questo termine di stagione è trascorso, subito l'essere morti è meglio della vita: molti sono i mali nell'animo, talora i beni si dilapidano, ed i prodotti della povertà ci affliggono; uno sperimenta la mancanza dei figli, e scende sotto terra nell'Ade desiderandoli con tutto il cuore; un altro è consumato da una malattia che gli ruba l'animo; non esiste alcun mortale cui Zeus non dia molti mali”.
 
 
 
 
 

LA GIOVINEZZA
G. Leopardi


Ma la giovinezza onorata è cosa di breve durata come un sogno:
e la vecchiaia sgradevole ed informe subito incombe sul capo,
nemica e allo stesso tempo senza onore,
la vecchiaia che rende l’uomo irriconoscibile
ed annebbia gli occhi e la mente avvolgendoli.

 
 
 
 
 
 
La giovinezza – questa è la massima convinzione ed al contempo disperazione dei lirici greci – è solo un sogno di breve durata, afferma ancora Mimnermo in un celebre suo frammento (Mimn., Frag. 5):
“Ma la giovinezza onorata è cosa di breve durata come un sogno: e la vecchiaia sgradevole ed informe subito incombe sul capo, nemica e allo stesso tempo senza onore, la vecchiaia che rende l'uomo irriconoscibile ed annebbia gli occhi e la mente avvolgendoli”.
 
Il tema della fragilità della vita umana, espresso attraverso la caducità delle foglie su un ramo, pronte a cadere al primo alito di vento, sembra essere caro al modo di pensare dei greci e si trova ad esempio già nell'Iliade (VI, 144 e seguenti), dove Glauco così risponde a Diomede, con il quale sta per venire a duello:
Magnanimo figlio di Tideo (Diomede), perchè mi domandi quale sia la mia stirpe? Come stirpi di foglie, così le stirpi degli uomini; delle foglie il vento getta alcune a terra, mentre altre sono nutrite al tempo di
primavera dalla selva in fiore; così le stirpi degli uomini: nasce una, l'altra scompare”.
 
 
 
 
 

Eraclito e Democrito – Bramante

 
 
 
 
Ora, sempre restando nel mondo ellenico,  facciamo un piccolo excursus verso la filosofia che mostra l'enorme importanza abche per i pensatori dell'epoca della dimensione del Tempo… e parlando del famoso “Panta Rei”…
Panta rei os potamòs (dal greco πάντα ῥεῖ ὡς ποταμός), cioè… “Tutto scorre come un fiume” è il celebre aforisma attribuito ad Eraclito, ma in realtà mai esplicitamente formulato in questi termini da quel che si legge nei suoi scritti a noi pervenuti.
Eraclito (Efeso 535 a.C. – 475 a.C.) è considerato il filosofo del Divenire in contrapposizione con la filosofia dell'Essere di Parmenide e questa nota espressione nasce da una sintesi di un frammento del suo trattato “Sulla natura”:
 « Non si può discendere due volte nel medesimo fiume e non si può toccare due volte una sostanza mortale nel medesimo stato, ma a causa dell'impetuosità e della velocità del mutamento essa si disperde e si raccoglie, viene e va. » (91 Diels-Kranz).
Eraclito vuol evidenziare come l'uomo non possa mai fare la stessa esperienza per due volte, giacché ogni cosa è sottoposta alla legge inesorabile del tempo.

 
 
 
 
 

Louis Jean Francois Lagrenee – Malinconia

 
 
 
 
 
Ma torniamo alla Poesia… e torniamo al tema della caducità della vita umana… vista nel mondo latino. 
Foglie al vento sono anche le anime dei defunti che si affollano sulle rive dell'Acheronte nell'Eneide:
“quam multae glomerantur aues, ubi frigidus annus trans pontum fugat et terris immittit apricis. stabant orantes primi transmittere cursum tendebantque manus ripae ulterioris amore” (Virgilio, Aen. VI, 311-314), immagine che sarà ripresa quasi testualmente anche da Dante per descrivere le anime in attesa del nocchiero Caronte in Inferno, 3.





DIVINA COMMEDIA – INFERNO – CANTO 3°
 
OMISSIS
 
“Ed ecco verso noi venir per nave
un vecchio, bianco per antico pelo,
gridando: «Guai a voi, anime prave!
 
Non isperate mai veder lo cielo:
i' vegno per menarvi a l'altra riva
ne le tenebre etterne, in caldo e 'n gelo.
 
E tu che se' costì, anima viva,
pàrtiti da cotesti che son morti».
Ma poi che vide ch'io non mi partiva,
 
disse: «Per altra via, per altri porti
verrai a piaggia, non qui, per passare:
più lieve legno convien che ti porti».
 
E 'l duca lui: «Caron, non ti crucciare:
vuolsi così colà dove si puote
ciò che si vuole, e più non dimandare”
 
OMISSIS






Il tempo è poi l'ossessione di Orazio (Carmina II 14), che, in questi versi, ricorda come breve sia la vita dell'uomo prima che la vecchiaia e poi la morte lo colgano:
Ohimè, Postumo, Postumo, gli anni si dissolvono fuggendo via a tradimento e la pietà non riuscirà a ritardare le rughe e la vecchiaia che incombe e la morte indomabile”.
E ancora, nello stesso carme, per rafforzare questa idea con un'immagine viva e dunque di intensa drammaticità, il poeta riprende:
“Il tuo erede, più degno di te, si prenderà le anfore di Cecubo che cento chiavi proteggono e di vino superbo colorerà il pavimento, un vino migliore di quello delle cene dei pontefici”.
Nello spreco che altri faranno di quanto faticosamente (e vanamente, perchè dalla morte e dall'oblio non c'è scampo) noi abbiamo accumulato c'è tutta la disperazione del poeta, che infatti, nel suo anelito di immortalità, nel suo desiderio di lasciare di sè memoria imperitura, affida le sue opere ai posteri.
 
Sempre Orazio a proposito del tempo:
“Mentre parliamo, già sarà fuggito il tempo invidioso : cogli il giorno, fidandoti il meno possibile del domani” (Carmina, I,11), forse nella scia di Simonide, che ricorda: “Da uomo quale sei, non dire mai quale sarà il domani; nè, vedendo un uomo felice, per quanto lo sarà. Neppure il guizzo della mosca dalle ali distese è così rapido” (Frag. 521/16, 615/110 Page).


 
 
 
 

Trionfo di Bacco ed Arianna


 
 
 
 
Terminiamo questa breve analisi del tempo visto dai classici con la famosa poesia di Lorenzo de' Medici… (Firenze, 1º gennaio 1449 – Firenze, 9 aprile 1492) che riprende alla grande il tema della fugacità della giovinezza… qui riportata, per brevità, solo nella mitica strofa.

Debbo dire che condivido in pieno il pensiero di Lorenzo ed ho sempre condiviso il… “carpe diem” anche se però… “ragionato“. 
 
 
 
 
 

TRIONFO DI BACCO ED ARIANNA…
 

« Quant'è bella giovinezza,
Che si fugge tuttavia!
Chi vuol essere lieto, sia:
Di doman non c'è certezza»
 

OMISSIS

 
 
 
 
 

Libero adattamento del testo di “Antiquitas”
http://www.antiqvitas.it/gymnasium/testi.8.htm
Impaginazione T.K.

 
 
 
Infine una poesia-riflessione di un grande autore molto più recente e Premio Nobel per la letteratura nel 1948… ma già considerato un classico.

 
 
 
 
 
 
 
 
 

IL TEMPO
Thomas Stears Eliot
 
Il tempo presente e il tempo passato
son forse presenti entrambi nel tempo futuro,
E il tempo futuro è contenuto nel tempo passato.
Se tutto il tempo è eternamente presente
tutto il tempo è irrimediabile.
“Ciò che poteva essere” è un’astrazione
che resta una possibilità perpetua
solo nel mondo delle ipotesi.
Ciò che poteva essere e ciò che è stato
tendono ad un solo fine, che è sempre presente.
Passi echeggiano nella memoria
lungo il corridoio che non prendemmo
verso la porta che non aprimmo mai
sul giardino delle rose:
Le mie parole echeggiano
Così nella vostra mente.

 

 
F I N E 
 
 
 
 

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