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Aldo Palazzeschi… poeta dell’originalità – Breve ricordo ed alcune sue belle e sorridenti poesie   Leave a comment


Aldo Palazzeschi, ma il suo vero nome era Aldo Pietro Vincenzo Giurlani,
considerato uno dei maggiori poeti italiani del primo novecento,
ha scritto poesie famose soprattutto per la loro simpatica originalità
come potremo ora leggere… ma è stato anche un apprezzato scrittore.



(Firenze 2.2.1885 – Roma 17.8.1974)



ALDO PALAZZESCHI
L’UOMO… LA POETICA… ED ALCUNE POESIE
a cura di Tony Kospan



BREVE BIOGRAFIA


Nato a Firenze in una famiglia di commercianti Aldo Gìurlani
frequentò gli studi di ragioneria per volontà del padre
ma anche una scuola di recitazione e forse proprio fu proprio per questo,
per non dar problemi alla famiglia che non amava l’ambiente teatrale,
che scelse come nome d’arte Palazzeschi (cognome della nonna materna).


Ben presto però la sua strada divenne quella della poesia
a ciò aiutato dai familiari al punto di pubblicare a loro spese
il primo volume di poesie “I cavalli bianchi“.






Molto si è discusso sulla sua partecipazione al Futurismo…


Certo è che i contatti ci furono… ed anche stretti e numerosi…
ma furono dovuti soprattutto all’entusiasmo da parte di Marinetti
per le sue poesie ed in particolare per quelle che avevano
la caratteristica d’esser controcorrente e sorprendenti
(v. qui giù ad es. Lasciatemi divertire).






Egli si adeguò al mondo Marinettiano… e per un po’ partecipò alla corrente
ma ben presto, appena si rese conto che i Futuristi erano favorevoli alla guerra,
se ne allontanò.

 Ma poi alla guerra partecipò ugualmente.. sebbene nelle retrovie.






Nel 1941 si trasferì a Roma
dove visse fino alla morte, avvenuta nel ’74,
quando mancava ormai poco al suo 90° compleanno.





Qui è con Montale



POETICA


La sua poetica, avvicinata ora a quella dei crepuscolaristi
ed ora a quella dei futuristi, per la profonda intima ironia
in realtà rimane sempre originale ed indipendente.







Per più di un cinquantennio,
con le sue sempre originali poesie ed altre opere,
la più famosa delle quali è il romanzo “Le sorelle Materassi“,
è stato un notevole ed autorevole esponente
del mondo letterario italiano.




ALCUNE POESIE





CHI SONO?

Son forse un poeta?
No, certo.
Non scrive che una parola, ben strana,
la penna dell’anima mia:
“follia”.
Son dunque un pittore?
Neanche.
Non ha che un colore
la tavolozza dell’anima mia:
“malinconia”.
Un musico, allora?
Nemmeno.
Non c’è che una nota
Nella tastiera dell’anima mia:
“nostalgia”.
Son dunque…che cosa?
Io metto una lente
davanti al mio cuore
per farlo vedere alla gente.
Chi sono?
Il saltimbanco dell’anima mia.






MOVIMENTO

Io vo… tu vai… si va…
Ma non chiedere dove
ti direbbero una bugia:
dove non si sa.
E è tanto bello quando uno va.
Io vo… tu vai… si va…
perchè soltanto andare
in un mondo di ciechi
è la felicità.







RIO BO

Tre casettine
dai tetti aguzzi,
un verde praticello,
un esiguo ruscello: Rio Bo,
un vigile cipresso.
Microscopico paese, non è vero?
Paese da nulla; ma però,
c’è sempre di sopra una stella,
una grande magnifica stella,
che a un di presso
occhieggia con la punta del cipresso
di Rio Bo.
Una stella innamorata! Chi sa
se nemmeno ce l’ha
una grande città.



Boccioni – La risata



LASCIATEMI DIVERTIRE
Tri tri tri,
fru fru fru,
uhi uhi uhi,
ihu ihu ihu.
Il poeta si diverte,
pazzamente,
smisuratamente.
Non lo state a insolentire,
lasciatelo divertire
poveretto,
queste piccole corbellerie
sono il suo diletto.
Cucù rurù,
rurù cucù,
cuccuccurucù!
Cosa sono queste indecenze?
Queste strofe bisbetiche?
Licenze, licenze,
licenze poetiche!
Sono la mia passione.
Farafarafarafa,
tarataratarata,
Paraparaparapa,
Laralaralarala!
Sapete cosa sono?
Sono robe avanzate,
non sono grullerie,
sono la spazzatura
delle altre poesie.
Bubububu,
fufufufu.
Friù!
Friù!
Se d’un qualunque nesso
son prive,
perché le scrive
quel fesso?
bilobilobilobilobilo
blum!
Filofilofilofilofilo
flum!
Bilolù. Filolù.
U.
Non è vero che non voglion dire,
voglion dire qualcosa.
Voglion dire…
come quando uno si mette a cantare
senza saper le parole.
Una cosa molto volgare.
Ebbene, così mi piace di fare.
Aaaaa!
Eeeee Iiiii!
Ooooo!
Uuuuu!
A! E! I! O! U!
Ma giovinotto,
diteci un poco una cosa,
non è la vostra una posa,
di voler con così poco
tenere alimentato
Un sì gran foco?
Huisc…Huiusc…
Huisciu… sciu sciu,
Sciukoku Koku Koku,
Sciu
ko
ku.
Ma come si deve fare a capire?
Avete delle belle pretese,
sembra ormai che scriviate in giapponese.
Abì, alì, alarì.
Riririri!
Ri.
Lasciate pure che si sbizzarrisca,
anzi è bene che non la finisca.
Il divertimento gli costerà caro,
gli daranno del somaro.
Labala
falala
eppoi lala.
elalala, lalalalala lalala.
Certo è un azzardo un po’ forte,
scrivere delle cose così,
che ci son professori, oggidì,
a tutte le porte.
Ahahahahahahah!
Ahahahahahahah!
Ahahahahahahah!
Infine,
io ho pienamente ragione,
i tempi sono cambiati,
gli uomini non domandono più nulla
dai poeti:
e lasciatemi divertire!



Infine…

LA FONTANA MALATA… IN VIDEO






Tony Kospan



F I N E




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UN MODO DIVERSO DI VIVER
LA POESIA E LA CULTURA
NELLA PAGINA FB
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GUIDO GOZZANO – Ecco da vicino l’uomo.. il suo mondo.. l’amore.. villa Meleto ed alcune poesie   Leave a comment





Con questo post desidero approfondire la conoscenza di questo poeta che,


nonostante la sua breve vita
, a mio parere,


occupa un posto molto importante nella poesia italiana del primo ‘900.




(Torino 19.12.1883 – Torino 9.8.1916)



Benché di famiglia “bene” 

(il padre era ingegnere e la madre figlia di un senatore)

Guido, 4° di 5 figli, non fu affatto uno studente modello… anzi!


Allo studio scolastico preferiva le monellerie

e, più grandicello, presa in qualche modo la maturità,

iniziò a frequentare il circolo “La Società della cultura”,

trascurando però gli studi della facoltà di Giurisprudenza,

e diventò il capo di una matta banda di giovani di buona famiglia

che ne combinavano di tutti i colori.






L’UOMO.. LE PASSIONI.. L’AMORE.. VILLA MELETO

ED ALTRE SUE POESIE

a cura di Tony Kospan



Il giovane Gozzano, nonostante l’aspetto elegante ed aristocratico

amò frequentare attricette e “servette”.


Dell’amatissima madre, attrice per un po’.. in gioventù, scrisse:


“Tu parlavi, Mamma: la melodia della

voce suscitava alla mia mente la visione

del tuo sogno perduto. Or ecco: ho

imprigionato il sogno con una sottile malia

di sillabe e di versi, te lo rendo perché tu

riviva le gioie della giovinezza.”







L’UOMO


Di lui gli amici dicevano 

che avesse una voce bella, calda e con lieve accento piemontese,

che gesticolasse con misura ed eleganza,

che avesse un volto pallido con lineamenti marcati ma regolari,

che fosse magrissimo e di media statura

ed avesse occhi leggermente azzurri e capelli pallidamente biondi.


Guido amava giocare con le parole ed anche prendersi in giro…


“Ma dunque esisto! O strano!

Vive tra il Tutto ed il Niente

questa cosa vivente

detta guidogozzano







LA VILLA DI MELETO (IL SUO RIFUGIO) AD AGLIE’



Molto spesso si rifugiava nella villa di Agliè

dove, ormai paralizzata alle gambe, viveva sua madre.


Lì, in paese, tutti lo conoscevano e gli volevano bene.


Questa villa è stata da qualche anno restaurata con fatica,

per una lunga e costante ricerca di mobili e arredi originali e/o d’epoca,

da parte di Lilita Conrieri appassionata cultrice delle poesie di Gozzano.







Innanzitutto però fu salvato l’immobile stesso dalla demolizione,

grazie al padre di Lilita che l’ha comprato,

ed ora la figlia l’ha reso

un vero proprio piccolo museo dedicato al poeta.


Visitandola si ha quasi l’impressione di conoscere

L’amica di nonna Speranza” una delle sue poesie più note

e di vivere le dolci atmosfere crepuscolari amate da Guido.






L’AMORE (DIFFICILE) DELLA SUA VITA


Ecco come descrisse lui stesso la conoscenza della poetessa Amalia Guglieminetti.


“Una volta, l’anno scorso, noi – Vallini Bassi Vugliano ed altri (amici del poeta n.t.k.) –

eravamo nella sala dei giornali, voi – sola – in quella delle riviste,

in piedi, eretta, sfogliando col braccio proteso le rassegne sul tavolo.

E fra di noi si dicevano più o meno queste cose:

– è bella.

– Sì, è bella!

– Ma scrive. […]

– è una Signorina per bene e di ottimo casato…

– Già, dicono che sia per bene.

– è, è: questo ve lo garantisco: conosco la famiglia.

– Che peccato!

– Che cosa?

– Che sia Signorina.

– E che sia per bene.

– Che peccato: è proprio bella!

– Fosse almeno analfabeta.

– Ma scrive!”



(da una lettera ad Amalia Guglielminetti del 10 giugno 1907)





Il loro amore però dopo un po’ divenne difficile

ed il poeta si tirò indietro (con gran dolore di Amalia).


Ciononostante la loro amicizia non terminò mai

e durò tutta la (breve) vita di Guido.



fre bia pouce Cliccando qui giù.. la storia del loro amore ed alcune loro lettere.


,

,


I SUOI HOBBY


.

Ebbe 2 grandi passioni 

le farfalle e la bicicletta con la quale fece lunghi viaggi.





.

.

LA POETICA CREPUSCOLARE



La sua è una poetica che rompe gli schemi del tempo

contestando la teatrale scenografia di D’Annunzio,

mito del suo tempo, ed essendo conscio del suo incerto futuro,

si rifugia in una ribellione letteraria dolce e malinconica.




.

.

.

ALCUNE POESIE


.

.



IL SOGNO CATTIVO 


Se guardo questo pettine sottile

di tartaruga e d’oro, che affigura –

opera egregia di cesellatura –

un germoglio di vischio in novo stile,


risogno un sogno atroce. Dal monile

divampa quella gran capellatura

vostra, fiammante nella massa oscura.

E pur non vedo il volto giovenile.


Solo vedo che il pettino produce

sempre capelli biondo-bruni e scorgo

un cielo fatto delle loro trame:


un cielo senza vento e senza luce!

E poi un mare… e poi cado in un gorgo

tutto di bande di color di rame.







L’ASSENZA



Un bacio. Ed è lungi. Dispare

giù in fondo, là dove si perde

la strada boschiva, che pare

un gran corridoio nel verde.

Risalgo qui dove dianzi

vestiva il bell’abito grigio:

rivedo l’uncino, i romanzi

ed ogni sottile vestigio…

Mi piego al balcone. Abbandono

la gota sopra la ringhiera.

E non sono triste. Non sono

più triste. Ritorna stasera.

E intorno declina l’estate.

E sopra un geranio vermiglio,

fremendo le ali caudate

si libra un enorme Papilio…

L’azzurro infinito del giorno

è come seta ben tesa;

ma sulla serena distesa

la luna già pensa al ritorno.

Lo stagno risplende. Si tace

la rana. Ma guizza un bagliore

d’acceso smeraldo, di brace

azzurra: il martin pescatore.

E non son triste. Ma sono

stupito se guardo il giardino

stupito di che? non mi sono

sentito mai tanto bambino…

Stupito di che? Delle cose.

I fiori mi paiono strani:

Ci sono pur sempre le rose,

ci sono pur sempre i gerani…





Raimundo de Madrazo





LA MEDICINA



Non so che triste affanno mi consumi:

sono malato e nei miei dì peggiori…

Tra i balaustri il mar scintilla fuori

la zona dei palmeti e degli agrumi.


Ah! Se voi foste qui, tra questi fiori,

amica! O bella voce tra i profumi!

Se recaste con voi tutti i volumi

di tutti i nostri dolci ingannatori!


Mi direste il Congedo, oppur la Morte

del cervo, oppure la Sementa… E queste

bellezze, più che l’aria e più che il sole,


mi farebbero ancora sano e forte!

E guarirei: Voi mi risanereste

con la grande virtù delle parole!






F I N E



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Per chi desidera leggera la biografia del poeta

ed altre sue poesie.

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ARANCIO divfar
 PER CHI AMA LA STORIA.. I RICORDI E LE ATMOSFERE DI UN TEMPO
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Guido Gozzano – Biografia.. un accenno al crepuscolarismo ed alcune sue belle poesie   Leave a comment




Il poeta con la madre



Il crepuscolarismo è stata una corrente letteraria nata all’inizio del 900, in opposizione al vitalismo ed all’individualismo allora imperante, che aveva come tematica le piccole emozioni quotidiane, anche le più semplici, descritte con dolce malinconia o leggera ironia.

Il principale esponente di questa corrente è senz’altro Guido Gozzano.



Guido Gozzano (Torino 19.12.1883 – Torino 09.08.1916)




BREVE BIOGRAFIA


Nato a Torino in un’agiata famiglia iniziò a studiare Giurisprudenza senza alcuna passione e presto entrò con amici in circoli letterari nei quali, pur contestandone l’eccessiva pesantezza, poté approfondire diverse tematiche proposte da scrittori e poeti europei dell’epoca.
Ebbe sempre una salute malferma… (era ammalato di tisi) ma ciò non gli impedì da giovane di vivere la vita mondana torinese con i suoi amici con i quali in seguito creò anche il circolo dei crepuscolari torinesi.



Gozzano con alcuni amici al circolo della Marinetta



Ne 1907 iniziò a pubblicare poesie ed ebbe una breve e tormentata storia d’amore con la poetessa Amalia Guglielminetti.

Pubblicò diversi libri che ebbero un buon successo ma nel 1916, a soli 33 anni, morì per l’aggravarsi della malattia.



fre bia pouce
Gozzano e la Guglielminetti (cliccando sull’immagine alcune lettere del loro difficile amore)



ALCUNE POESIE


Ne pubblico solo 3 perché sono lunghette ma a me molto care.


In particolare segnalo la 3° che è quella che diede
origine alla famosa frase
Non amo che le rose che non colsi








AD UN’IGNOTA


Tutto ignoro di te: nome, cognome,
l’occhio, il sorriso, la parola, il gesto;
e sapere non voglio, e non ho chiesto
il colore nemmen delle tue chiome.
…Ma so che vivi nel silenzio;
come care ti sono le mie rime:
questo ti fa sorella nel mio sogno mesto,
 
o amica senza volto e senza nome.
Fuori del sogno fatto di rimpianto
forse non mai, non mai c’incontreremo,
forse non ti vedrò, non mi vedrai.
Ma più di quella che ci siede accanto
cara è l’amica che non mai vedremo;
supremo è il bene che non giunge mai!
 



Federico Zandomeneghi



LE GOLOSE


 

Io sono innamorato di tutte le signore

che mangiano le paste nelle confetterie.

Signore e signorine –

le dita senza guanto –

scelgon la pasta. Quanto

ritornano bambine!

Perché nïun le veda,

volgon le spalle, in fretta,

sollevan la veletta,

divorano la preda.

C’è quella che s’informa

pensosa della scelta;

quella che toglie svelta,

né cura tinta e forma.

L’una, pur mentre inghiotte,

già pensa al dopo, al poi;

e domina i vassoi

con le pupille ghiotte.

un’altra – il dolce crebbe –

muove le disperate

bianchissime al giulebbe

dita confetturate!

Un’altra, con bell’arte,

sugge la punta estrema:

invano! ché la crema

esce dall’altra parte!

L’una, senz’abbadare

a giovine che adocchi,

divora in pace. Gli occhi

altra solleva, e pare

sugga, in supremo annunzio,

non crema e cioccolatte,

ma superliquefatte

parole del D’Annunzio.

Fra questi aromi acuti,

strani, commisti troppo

di cedro, di sciroppo,

di creme, di velluti,

di essenze parigine,

di mammole, di chiome:

oh! le signore come

ritornano bambine!

Perché non m’è concesso –

o legge inopportuna! –

il farmivi da presso,

baciarvi ad una ad una,

o belle bocche intatte

di giovani signore,

baciarvi nel sapore

di crema e cioccolatte?

Io sono innamorato di tutte le signore

che mangiano le paste nelle confetterie.




fre bia pouce

Alphonse Mucha (cliccando sull’immagine la storia di Cocotte)



COCOTTE

 

I.

Ho rivisto il giardino, il giardinetto
contiguo, le palme del viale,
la cancellata rozza dalla quale
mi protese la mano ed il confetto…

II.

«Piccolino, che fai solo soletto?»
«Sto giocando al Diluvio Universale.»

Accennai gli stromenti, le bizzarre
cose che modellavo nella sabbia,
ed ella si chinò come chi abbia
fretta d’un bacio e fretta di ritrarre
la bocca, e mi baciò di tra le sbarre
come si bacia un uccellino in gabbia.

Sempre ch’io viva rivedrò l’incanto
di quel suo volto tra le sbarre quadre!
La nuca mi serrò con mani ladre;
ed io stupivo di vedermi accanto
al viso, quella bocca tanto, tanto
diversa dalla bocca di mia Madre!

«Piccolino, ti piaccio che mi guardi?
Sei qui pei bagni? Ed affittate là?»
«Sì… vedi la mia mamma e il mio Papà?»
Subito mi lasciò, con negli sguardi
un vano sogno (ricordai più tardi)
un vano sogno di maternità…

«Una cocotte!…»
«Che vuol dire, mammina?»
«Vuol dire una cattiva signorina:
non bisogna parlare alla vicina!»
Co-co-tte… La strana voce parigina
dava alla mia fantasia bambina
un senso buffo d’ovo e di gallina…

Pensavo deità favoleggiate:
i naviganti e l’Isole Felici…
Co-co-tte… le fate intese a malefici
con cibi e con bevande affatturate…
Fate saranno, chi sa quali fate,
e in chi sa quali tenebrosi offici!

III.

Un giorno – giorni dopo – mi chiamò
tra le sbarre fiorite di verbene:
«O piccolino, non mi vuoi più bene!…»
«è vero che tu sei una cocotte?»
Perdutamente rise… E mi baciò
con le pupille di tristezza piene.

IV.

Tra le gioie defunte e i disinganni,
dopo vent’anni, oggi si ravviva
il tuo sorriso… Dove sei, cattiva
Signorina? Sei viva? Come inganni
(meglio per te non essere più viva!)
la discesa terribile degli anni?

Oimè! Da che non giova il tuo belletto
e il cosmetico già fa mala prova
l’ultimo amante disertò l’alcova…
Uno, sol uno: il piccolo folletto
che donasti d’un bacio e d’un confetto,
dopo vent’anni, oggi ti ritrova

in sogno, e t’ama, in sogno, e dice: T’amo!
Da quel mattino dell’infanzia pura
forse ho amato te sola, o creatura!
Forse ho amato te sola! E ti richiamo!
Se leggi questi versi di richiamo
ritorna a chi t’aspetta, o creatura!

Vieni! Che importa se non sei più quella
che mi baciò quattrenne? Oggi t’agogno,
o vestita di tempo! Oggi ho bisogno
del tuo passato! Ti rifarò bella
come Carlotta, come Graziella,
come tutte le donne del mio sogno!

Il mio sogno è nutrito d’abbandono,
di rimpianto. Non amo che le rose
che non colsi. Non amo che le cose
che potevano essere e non sono
state… Vedo la case, ecco le rose
del bel giardino di vent’anni or sono!

Oltre le sbarre il tuo giardino intatto
fra gli eucalipti liguri si spazia…
Vieni! T’accoglierà l’anima sazia.
Fa ch’io riveda il tuo volto disfatto;
ti bacerò; rifiorirà, nell’atto,
sulla tua bocca l’ultima tua grazia.

Vieni! Sarà come se a me, per mano,
tu riportassi me stesso d’allora.
Il bimbo parlerà con la Signora.
Risorgeremo dal tempo lontano.
Vieni! Sarà come se a te, per mano,
io riportassi te, giovine ancora.







F I N E



Tony Kospan




Chi desiderasse conoscere meglio 

e più “da vicino” Gozzano

(l’uomo, gli amori, villa Meleto)

e leggere altre sue poesie

Frecce (174)







“Non amo che le rose che non colsi” – E’ qui in “Cocotte”.. bella poesia di Gozzano.. che nasce la nota espressione   Leave a comment





Gregory Frank Harris



Chi di noi non conosce questa frase?
Ma penso che pochi sappiano,
come me, prima di scoprirlo,
in quale circostanza sia stata scritta
e da chi…








Gironzolando tra le amate poesie
ho trovato la soluzione
che ora mi fa piacere condividere con voi.






NON AMO CHE LE ROSE CHE NON COLSI
a cura di Tony Kospan







E’ in una strofa di questa poesia,
apparentemente sognante e birichina,
ma profondamente crepuscolare
di Guido Gozzano…
poeta tra i più interessanti di questa corrente
morto prematuramente a soli 32 anni.




Guido Gozzano
(Torino 19.12.1883 – Torino 9.8.1916)




La poesia crepuscolare fu molto in voga
a partire dal secondo decennio del ‘900
in aperto contrasto con le visioni futuriste e moderniste
delle avanguardie culturali di quel periodo




Fernand Toussaint



Ma torniamo alla mitica frase
e vediamo il punto esatto dove nasce…


Il mio sogno è nutrito d’abbandono,
di rimpianto. Non amo che le rose
che non colsi. Non amo che le cose
che potevano essere e non sono
state… Vedo la case, ecco le rose
del bel giardino di vent’anni or sono!


Il poeta ci parla di sé, bambino, ma già ammiratore
di una, “Cocotte” vicina di casa,
che, avendogli donato un furtivo bacio ed un confetto,
rimase scolpita nel suo cuore.




Vincenzo Irolli – Tra Le Rose



Gozzano si abbandona languidamente ai ricordi
di quel volto, di quei volti,
di quei luoghi e di quelle emozioni,
che dopo tanti anni vivono ancora forti in lui,
ma rimane fermo lì, nella sola contemplazione.




John William Waterhouse – Mia dolce rosa (partic.)




           cuori stellecuori stelle         



E’ una poesia, per me carinissima, che rallegra il cuore 
unendo freschezza e profumi della memoria
in un ampio caldo affresco avvolto in forte romanticismo
pur nella sua profonda atmosfera d’abbandono.



Vincenzo Irolli – Sdraiata nel giardino      


Ma il successo di questa poesia è forse dovuto soprattutto

a quella frase diventata di uso comune.

“non amo che le rose che non colsi”.

Ma ora leggiamola tutta…



Alphonse Mucha




COCOTTE

(Guido Gozzano)


I
Ho rivisto il giardino, il giardinetto
contiguo, le palme del viale,
la cancellata rozza dalla quale
mi protese la mano ed il confetto…
II
«Piccolino, che fai solo soletto?»
«Sto giocando al Diluvio Universale.»
Accennai gli stromenti, le bizzarre
cose che modellavo nella sabbia,
ed ella si chinò come chi abbia
fretta d’un bacio e fretta di ritrarre
la bocca, e mi baciò di tra le sbarre
come si bacia un uccellino in gabbia.
Sempre ch’io viva rivedrò l’incanto
di quel suo volto tra le sbarre quadre!
La nuca mi serrò con mani ladre;
ed io stupivo di vedermi accanto
al viso, quella bocca tanto, tanto
diversa dalla bocca di mia Madre!
«Piccolino, ti piaccio che mi guardi?
Sei qui pei bagni? Ed affittate là?»
«Sì… vedi la mia mamma e il mio Papà?»
Subito mi lasciò, con negli sguardi
un vano sogno (ricordai più tardi)
un vano sogno di maternità…
«Una cocotte!…»
«Che vuol dire, mammina?»
«Vuol dire una cattiva signorina:
non bisogna parlare alla vicina!»
Co-co-tte… La strana voce parigina
dava alla mia fantasia bambina
un senso buffo d’ovo e di gallina…
Pensavo deità favoleggiate:
i naviganti e l’Isole Felici…
Co-co-tte… le fate intese a malefici
con cibi e con bevande affatturate…
Fate saranno, chi sa quali fate,
e in chi sa quali tenebrosi offici!
III
Un giorno – giorni dopo – mi chiamò
tra le sbarre fiorite di verbene:
«O piccolino, non mi vuoi più bene!…»
«è vero che tu sei una cocotte?»
Perdutamente rise… E mi baciò
con le pupille di tristezza piene.
IV
Tra le gioie defunte e i disinganni,
dopo vent’anni, oggi si ravviva
il tuo sorriso… Dove sei, cattiva
Signorina? Sei viva? Come inganni
(meglio per te non essere più viva!)
la discesa terribile degli anni?
Oimè! Da che non giova il tuo belletto
e il cosmetico già fa mala prova
l’ultimo amante disertò l’alcova…
Uno, sol uno: il piccolo folletto
che donasti d’un bacio e d’un confetto,
dopo vent’anni, oggi ti ritrova
in sogno, e t’ama, in sogno, e dice: T’amo!
Da quel mattino dell’infanzia pura
forse ho amato te sola, o creatura!
Forse ho amato te sola! E ti richiamo!
Se leggi questi versi di richiamo
ritorna a chi t’aspetta, o creatura!
Vieni! Che importa se non sei più quella
che mi baciò quattrenne? Oggi t’agogno,
o vestita di tempo! Oggi ho bisogno
del tuo passato! Ti rifarò bella
come Carlotta, come Graziella,
come tutte le donne del mio sogno!
Il mio sogno è nutrito d’abbandono,
di rimpianto. Non amo che le rose
che non colsi. Non amo che le cose
che potevano essere e non sono
state… Vedo la case, ecco le rose
del bel giardino di vent’anni or sono!
Oltre le sbarre il tuo giardino intatto
fra gli eucalipti liguri si spazia…
Vieni! T’accoglierà l’anima sazia.
Fa ch’io riveda il tuo volto disfatto;
ti bacierò; rifiorirà, nell’atto,
sulla tua bocca l’ultima tua grazia.
Vieni! Sarà come se a me, per mano,
tu riportassi me stesso d’allora.
Il bimbo parlerà con la Signora.
Risorgeremo dal tempo lontano.
Vieni! Sarà come se a te, per mano,
io riportassi te, giovine ancora.






Gregory Frank Harris



Ed infine, in ideale dolce collegamento floreale,
ascoltiamo la mitica voce dell’altrettanto sfortunata
Giuni Russo che ci canta
Una rosa è una rosa
fre bia pouce   notes1
Alphonse Mucha


CIAO DA TONY KOSPAN



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Aldo Palazzeschi… poeta dell’originalità – Breve ricordo ed alcune sue belle e simpatiche poesie   Leave a comment


Aldo Palazzeschi, ma il suo vero nome era Aldo Pietro Vincenzo Giurlani,
considerato uno dei maggiori poeti italiani del primo novecento,
ha scritto poesie famose soprattutto per la loro simpatica originalità
come potremo ora leggere… ma è stato anche un apprezzato scrittore.



(Firenze 2.2.1885 – Roma 17.8.1974)



ALDO PALAZZESCHI
L’UOMO… LA POETICA… ED ALCUNE POESIE
a cura di Tony Kospan



BREVE BIOGRAFIA


Nato a Firenze in una famiglia di commercianti Aldo Gìurlani
frequentò gli studi di ragioneria per volontà del padre
ma anche una scuola di recitazione e forse proprio fu proprio per questo,
per non dar problemi alla famiglia che non amava l’ambiente teatrale,
che scelse come nome d’arte Palazzeschi (cognome della nonna materna).


Ben presto però la sua strada divenne quella della poesia
a ciò aiutato dai familiari al punto di pubblicare a loro spese
il primo volume di poesie “I cavalli bianchi“.






Molto si è discusso sulla sua partecipazione al Futurismo…


Certo è che i contatti ci furono… ed anche stretti e numerosi…
ma furono dovuti soprattutto all’entusiasmo da parte di Marinetti
per le sue poesie ed in particolare per quelle che avevano
la caratteristica d’esser controcorrente e sorprendenti
(v. qui giù ad es. Lasciatemi divertire).






Egli si adeguò al mondo Marinettiano… e per un po’ partecipò alla corrente
ma ben presto, appena si rese conto che i Futuristi erano favorevoli alla guerra,
se ne allontanò.

 Ma poi alla guerra partecipò ugualmente.. sebbene nelle retrovie.






Nel 1941 si trasferì a Roma
dove visse fino alla morte, avvenuta nel ’74,
quando mancava ormai poco al suo 90° compleanno.





Qui è con Montale



POETICA


La sua poetica, avvicinata ora a quella dei crepuscolaristi
ed ora a quella dei futuristi, per la profonda intima ironia
in realtà rimane sempre originale ed indipendente.







Per più di un cinquantennio,
con le sue sempre originali poesie ed altre opere,
la più famosa delle quali è il romanzo “Le sorelle Materassi“,
è stato un notevole ed autorevole esponente
del mondo letterario italiano.




ALCUNE POESIE





CHI SONO?

Son forse un poeta?
No, certo.
Non scrive che una parola, ben strana,
la penna dell’anima mia:
“follia”.
Son dunque un pittore?
Neanche.
Non ha che un colore
la tavolozza dell’anima mia:
“malinconia”.
Un musico, allora?
Nemmeno.
Non c’è che una nota
Nella tastiera dell’anima mia:
“nostalgia”.
Son dunque…che cosa?
Io metto una lente
davanti al mio cuore
per farlo vedere alla gente.
Chi sono?
Il saltimbanco dell’anima mia.






MOVIMENTO

Io vo… tu vai… si va…
Ma non chiedere dove
ti direbbero una bugia:
dove non si sa.
E è tanto bello quando uno va.
Io vo… tu vai… si va…
perchè soltanto andare
in un mondo di ciechi
è la felicità.







RIO BO

Tre casettine
dai tetti aguzzi,
un verde praticello,
un esiguo ruscello: Rio Bo,
un vigile cipresso.
Microscopico paese, non è vero?
Paese da nulla; ma però,
c’è sempre di sopra una stella,
una grande magnifica stella,
che a un di presso
occhieggia con la punta del cipresso
di Rio Bo.
Una stella innamorata! Chi sa
se nemmeno ce l’ha
una grande città.



Boccioni – La risata



LASCIATEMI DIVERTIRE
Tri tri tri,
fru fru fru,
uhi uhi uhi,
ihu ihu ihu.
Il poeta si diverte,
pazzamente,
smisuratamente.
Non lo state a insolentire,
lasciatelo divertire
poveretto,
queste piccole corbellerie
sono il suo diletto.
Cucù rurù,
rurù cucù,
cuccuccurucù!
Cosa sono queste indecenze?
Queste strofe bisbetiche?
Licenze, licenze,
licenze poetiche!
Sono la mia passione.
Farafarafarafa,
tarataratarata,
Paraparaparapa,
Laralaralarala!
Sapete cosa sono?
Sono robe avanzate,
non sono grullerie,
sono la spazzatura
delle altre poesie.
Bubububu,
fufufufu.
Friù!
Friù!
Se d’un qualunque nesso
son prive,
perché le scrive
quel fesso?
bilobilobilobilobilo
blum!
Filofilofilofilofilo
flum!
Bilolù. Filolù.
U.
Non è vero che non voglion dire,
voglion dire qualcosa.
Voglion dire…
come quando uno si mette a cantare
senza saper le parole.
Una cosa molto volgare.
Ebbene, così mi piace di fare.
Aaaaa!
Eeeee Iiiii!
Ooooo!
Uuuuu!
A! E! I! O! U!
Ma giovinotto,
diteci un poco una cosa,
non è la vostra una posa,
di voler con così poco
tenere alimentato
Un sì gran foco?
Huisc…Huiusc…
Huisciu… sciu sciu,
Sciukoku Koku Koku,
Sciu
ko
ku.
Ma come si deve fare a capire?
Avete delle belle pretese,
sembra ormai che scriviate in giapponese.
Abì, alì, alarì.
Riririri!
Ri.
Lasciate pure che si sbizzarrisca,
anzi è bene che non la finisca.
Il divertimento gli costerà caro,
gli daranno del somaro.
Labala
falala
eppoi lala.
elalala, lalalalala lalala.
Certo è un azzardo un po’ forte,
scrivere delle cose così,
che ci son professori, oggidì,
a tutte le porte.
Ahahahahahahah!
Ahahahahahahah!
Ahahahahahahah!
Infine,
io ho pienamente ragione,
i tempi sono cambiati,
gli uomini non domandono più nulla
dai poeti:
e lasciatemi divertire!



Infine…

LA FONTANA MALATA… IN VIDEO






Tony Kospan



F I N E




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UN MODO DIVERSO DI VIVER
LA POESIA E LA CULTURA
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GUIDO GOZZANO.. visto da vicino – L’uomo.. la poetica.. gli amori.. Villa Meleto e le sue belle poesie   Leave a comment





Con questo post desidero approfondire la conoscenza di questo poeta che,


nonostante la sua breve vita
, a mio parere,


occupa un posto molto importante nella poesia italiana del primo ‘900.




(Torino 19.12.1883 – Torino 9.8.1916)



Benché di famiglia “bene” 

(il padre era ingegnere e la madre figlia di un senatore)

Guido, 4° di 5 figli, non fu affatto uno studente modello… anzi!


Allo studio scolastico preferiva le monellerie

e, più grandicello, presa in qualche modo la maturità,

iniziò a frequentare il circolo “La Società della cultura”,

trascurando però gli studi della facoltà di Giurisprudenza,

e diventò il capo di una matta banda di giovani di buona famiglia

che ne combinavano di tutti i colori.






L’UOMO.. LE PASSIONI.. L’AMORE.. VILLA MELETO

ED ALTRE SUE POESIE

a cura di Tony Kospan



Il giovane Gozzano, nonostante l’aspetto elegante ed aristocratico

amò frequentare attricette e “servette”.


Dell’amatissima madre, attrice per un po’.. in gioventù, scrisse:


“Tu parlavi, Mamma: la melodia della

voce suscitava alla mia mente la visione

del tuo sogno perduto. Or ecco: ho

imprigionato il sogno con una sottile malia

di sillabe e di versi, te lo rendo perché tu

riviva le gioie della giovinezza.”







L’UOMO


Di lui gli amici dicevano 

che avesse una voce bella, calda e con lieve accento piemontese,

che gesticolasse con misura ed eleganza,

che avesse un volto pallido con lineamenti marcati ma regolari,

che fosse magrissimo e di media statura

ed avesse occhi leggermente azzurri e capelli pallidamente biondi.


Guido amava giocare con le parole ed anche prendersi in giro…


“Ma dunque esisto! O strano!

Vive tra il Tutto ed il Niente

questa cosa vivente

detta guidogozzano







LA VILLA DI MELETO (IL SUO RIFUGIO) AD AGLIE’



Molto spesso si rifugiava nella villa di Agliè

dove, ormai paralizzata alle gambe, viveva sua madre.


Lì, in paese, tutti lo conoscevano e gli volevano bene.


Questa villa è stata da qualche anno restaurata con fatica,

per una lunga e costante ricerca di mobili e arredi originali e/o d’epoca,

da parte di Lilita Conrieri appassionata cultrice delle poesie di Gozzano.







Innanzitutto però fu salvato l’immobile stesso dalla demolizione,

grazie al padre di Lilita che l’ha comprato,

ed ora la figlia l’ha reso

un vero proprio piccolo museo dedicato al poeta.


Visitandola si ha quasi l’impressione di conoscere

L’amica di nonna Speranza” una delle sue poesie più note

e di vivere le dolci atmosfere crepuscolari amate da Guido.






L’AMORE (DIFFICILE) DELLA SUA VITA


Ecco come descrisse lui stesso la conoscenza della poetessa Amalia Guglieminetti.


“Una volta, l’anno scorso, noi – Vallini Bassi Vugliano ed altri (amici del poeta n.t.k.) –

eravamo nella sala dei giornali, voi – sola – in quella delle riviste,

in piedi, eretta, sfogliando col braccio proteso le rassegne sul tavolo.

E fra di noi si dicevano più o meno queste cose:

– è bella.

– Sì, è bella!

– Ma scrive. […]

– è una Signorina per bene e di ottimo casato…

– Già, dicono che sia per bene.

– è, è: questo ve lo garantisco: conosco la famiglia.

– Che peccato!

– Che cosa?

– Che sia Signorina.

– E che sia per bene.

– Che peccato: è proprio bella!

– Fosse almeno analfabeta.

– Ma scrive!”



(da una lettera ad Amalia Guglielminetti del 10 giugno 1907)





Il loro amore però dopo un po’ divenne difficile

ed il poeta si tirò indietro (con gran dolore di Amalia).


Ciononostante la loro amicizia non terminò mai

e durò tutta la (breve) vita di Guido.



fre bia pouce Cliccando qui giù.. la storia del loro amore ed alcune loro lettere.


,

,


I SUOI HOBBY


.

Ebbe 2 grandi passioni 

le farfalle e la bicicletta con la quale fece lunghi viaggi.





.

.

LA POETICA CREPUSCOLARE



La sua è una poetica che rompe gli schemi del tempo

contestando la teatrale scenografia di D’Annunzio,

mito del suo tempo, ed essendo conscio del suo incerto futuro,

si rifugia in una ribellione letteraria dolce e malinconica.




.

.

.

ALCUNE POESIE


.

.



IL SOGNO CATTIVO 


Se guardo questo pettine sottile

di tartaruga e d’oro, che affigura –

opera egregia di cesellatura –

un germoglio di vischio in novo stile,


risogno un sogno atroce. Dal monile

divampa quella gran capellatura

vostra, fiammante nella massa oscura.

E pur non vedo il volto giovenile.


Solo vedo che il pettino produce

sempre capelli biondo-bruni e scorgo

un cielo fatto delle loro trame:


un cielo senza vento e senza luce!

E poi un mare… e poi cado in un gorgo

tutto di bande di color di rame.







L’ASSENZA



Un bacio. Ed è lungi. Dispare

giù in fondo, là dove si perde

la strada boschiva, che pare

un gran corridoio nel verde.

Risalgo qui dove dianzi

vestiva il bell’abito grigio:

rivedo l’uncino, i romanzi

ed ogni sottile vestigio…

Mi piego al balcone. Abbandono

la gota sopra la ringhiera.

E non sono triste. Non sono

più triste. Ritorna stasera.

E intorno declina l’estate.

E sopra un geranio vermiglio,

fremendo le ali caudate

si libra un enorme Papilio…

L’azzurro infinito del giorno

è come seta ben tesa;

ma sulla serena distesa

la luna già pensa al ritorno.

Lo stagno risplende. Si tace

la rana. Ma guizza un bagliore

d’acceso smeraldo, di brace

azzurra: il martin pescatore.

E non son triste. Ma sono

stupito se guardo il giardino

stupito di che? non mi sono

sentito mai tanto bambino…

Stupito di che? Delle cose.

I fiori mi paiono strani:

Ci sono pur sempre le rose,

ci sono pur sempre i gerani…





Raimundo de Madrazo





LA MEDICINA



Non so che triste affanno mi consumi:

sono malato e nei miei dì peggiori…

Tra i balaustri il mar scintilla fuori

la zona dei palmeti e degli agrumi.


Ah! Se voi foste qui, tra questi fiori,

amica! O bella voce tra i profumi!

Se recaste con voi tutti i volumi

di tutti i nostri dolci ingannatori!


Mi direste il Congedo, oppur la Morte

del cervo, oppure la Sementa… E queste

bellezze, più che l’aria e più che il sole,


mi farebbero ancora sano e forte!

E guarirei: Voi mi risanereste

con la grande virtù delle parole!






F I N E



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Per chi desidera leggera la biografia del poeta

ed altre sue poesie.

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ARANCIO divfar
 PER CHI AMA LA STORIA.. I RICORDI E LE ATMOSFERE DI UN TEMPO
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Guido Gozzano.. poeta crepuscolare – Biografia ed alcune sue belle poesie   Leave a comment




Il poeta con la madre



Il crepuscolarismo è stata una corrente letteraria nata all’inizio del 900, in opposizione al vitalismo ed all’individualismo allora imperante, che aveva come tematica le piccole emozioni quotidiane, anche le più semplici, descritte con dolce malinconia o leggera ironia.

Il principale esponente di questa corrente è senz’altro Guido Gozzano.



Guido Gozzano (Torino 19.12.1883 – Torino 09.08.1916)




BREVE BIOGRAFIA


Nato a Torino in un’agiata famiglia iniziò a studiare Giurisprudenza senza alcuna passione e presto entrò con amici in circoli letterari nei quali, pur contestandone l’eccessiva pesantezza, poté approfondire diverse tematiche proposte da scrittori e poeti europei dell’epoca.
Ebbe sempre una salute malferma… (era ammalato di tisi) ma ciò non gli impedì da giovane di vivere la vita mondana torinese con i suoi amici con i quali in seguito creò anche il circolo dei crepuscolari torinesi.



Gozzano con alcuni amici al circolo della Marinetta



Ne 1907 iniziò a pubblicare poesie ed ebbe una breve e tormentata storia d’amore con la poetessa Amalia Guglielminetti.

Pubblicò diversi libri che ebbero un buon successo ma nel 1916, a soli 33 anni, morì per l’aggravarsi della malattia.



fre bia pouce
Gozzano e la Guglielminetti (cliccando sull’immagine alcune lettere del loro difficile amore)



ALCUNE POESIE


Ne pubblico solo 3 perché sono lunghette ma a me molto care.


In particolare segnalo la 3° che è quella che diede
origine alla famosa frase
Non amo che le rose che non colsi








AD UN’IGNOTA


Tutto ignoro di te: nome, cognome,
l’occhio, il sorriso, la parola, il gesto;
e sapere non voglio, e non ho chiesto
il colore nemmen delle tue chiome.
…Ma so che vivi nel silenzio;
come care ti sono le mie rime:
questo ti fa sorella nel mio sogno mesto,
 
o amica senza volto e senza nome.
Fuori del sogno fatto di rimpianto
forse non mai, non mai c’incontreremo,
forse non ti vedrò, non mi vedrai.
Ma più di quella che ci siede accanto
cara è l’amica che non mai vedremo;
supremo è il bene che non giunge mai!
 



Federico Zandomeneghi



LE GOLOSE


 

Io sono innamorato di tutte le signore

che mangiano le paste nelle confetterie.

Signore e signorine –

le dita senza guanto –

scelgon la pasta. Quanto

ritornano bambine!

Perché nïun le veda,

volgon le spalle, in fretta,

sollevan la veletta,

divorano la preda.

C’è quella che s’informa

pensosa della scelta;

quella che toglie svelta,

né cura tinta e forma.

L’una, pur mentre inghiotte,

già pensa al dopo, al poi;

e domina i vassoi

con le pupille ghiotte.

un’altra – il dolce crebbe –

muove le disperate

bianchissime al giulebbe

dita confetturate!

Un’altra, con bell’arte,

sugge la punta estrema:

invano! ché la crema

esce dall’altra parte!

L’una, senz’abbadare

a giovine che adocchi,

divora in pace. Gli occhi

altra solleva, e pare

sugga, in supremo annunzio,

non crema e cioccolatte,

ma superliquefatte

parole del D’Annunzio.

Fra questi aromi acuti,

strani, commisti troppo

di cedro, di sciroppo,

di creme, di velluti,

di essenze parigine,

di mammole, di chiome:

oh! le signore come

ritornano bambine!

Perché non m’è concesso –

o legge inopportuna! –

il farmivi da presso,

baciarvi ad una ad una,

o belle bocche intatte

di giovani signore,

baciarvi nel sapore

di crema e cioccolatte?

Io sono innamorato di tutte le signore

che mangiano le paste nelle confetterie.




fre bia pouce

Alphonse Mucha (cliccando sull’immagine la storia di Cocotte)



COCOTTE

 

I.

Ho rivisto il giardino, il giardinetto
contiguo, le palme del viale,
la cancellata rozza dalla quale
mi protese la mano ed il confetto…

II.

«Piccolino, che fai solo soletto?»
«Sto giocando al Diluvio Universale.»

Accennai gli stromenti, le bizzarre
cose che modellavo nella sabbia,
ed ella si chinò come chi abbia
fretta d’un bacio e fretta di ritrarre
la bocca, e mi baciò di tra le sbarre
come si bacia un uccellino in gabbia.

Sempre ch’io viva rivedrò l’incanto
di quel suo volto tra le sbarre quadre!
La nuca mi serrò con mani ladre;
ed io stupivo di vedermi accanto
al viso, quella bocca tanto, tanto
diversa dalla bocca di mia Madre!

«Piccolino, ti piaccio che mi guardi?
Sei qui pei bagni? Ed affittate là?»
«Sì… vedi la mia mamma e il mio Papà?»
Subito mi lasciò, con negli sguardi
un vano sogno (ricordai più tardi)
un vano sogno di maternità…

«Una cocotte!…»
«Che vuol dire, mammina?»
«Vuol dire una cattiva signorina:
non bisogna parlare alla vicina!»
Co-co-tte… La strana voce parigina
dava alla mia fantasia bambina
un senso buffo d’ovo e di gallina…

Pensavo deità favoleggiate:
i naviganti e l’Isole Felici…
Co-co-tte… le fate intese a malefici
con cibi e con bevande affatturate…
Fate saranno, chi sa quali fate,
e in chi sa quali tenebrosi offici!

III.

Un giorno – giorni dopo – mi chiamò
tra le sbarre fiorite di verbene:
«O piccolino, non mi vuoi più bene!…»
«è vero che tu sei una cocotte?»
Perdutamente rise… E mi baciò
con le pupille di tristezza piene.

IV.

Tra le gioie defunte e i disinganni,
dopo vent’anni, oggi si ravviva
il tuo sorriso… Dove sei, cattiva
Signorina? Sei viva? Come inganni
(meglio per te non essere più viva!)
la discesa terribile degli anni?

Oimè! Da che non giova il tuo belletto
e il cosmetico già fa mala prova
l’ultimo amante disertò l’alcova…
Uno, sol uno: il piccolo folletto
che donasti d’un bacio e d’un confetto,
dopo vent’anni, oggi ti ritrova

in sogno, e t’ama, in sogno, e dice: T’amo!
Da quel mattino dell’infanzia pura
forse ho amato te sola, o creatura!
Forse ho amato te sola! E ti richiamo!
Se leggi questi versi di richiamo
ritorna a chi t’aspetta, o creatura!

Vieni! Che importa se non sei più quella
che mi baciò quattrenne? Oggi t’agogno,
o vestita di tempo! Oggi ho bisogno
del tuo passato! Ti rifarò bella
come Carlotta, come Graziella,
come tutte le donne del mio sogno!

Il mio sogno è nutrito d’abbandono,
di rimpianto. Non amo che le rose
che non colsi. Non amo che le cose
che potevano essere e non sono
state… Vedo la case, ecco le rose
del bel giardino di vent’anni or sono!

Oltre le sbarre il tuo giardino intatto
fra gli eucalipti liguri si spazia…
Vieni! T’accoglierà l’anima sazia.
Fa ch’io riveda il tuo volto disfatto;
ti bacerò; rifiorirà, nell’atto,
sulla tua bocca l’ultima tua grazia.

Vieni! Sarà come se a me, per mano,
tu riportassi me stesso d’allora.
Il bimbo parlerà con la Signora.
Risorgeremo dal tempo lontano.
Vieni! Sarà come se a te, per mano,
io riportassi te, giovine ancora.







F I N E



Tony Kospan




Chi desiderasse conoscere meglio 

e più “da vicino” Gozzano

(l’uomo, gli amori, villa Meleto)

e leggere altre sue poesie

Frecce (174)







Aldo Palazzeschi.. geniale poeta dell’originalità – Biografia.. poetica e le sue simpatiche poesie   Leave a comment


Aldo Palazzeschi,
considerato uno dei maggiori poeti italiani del primo novecento,
ha scritto poesie famose soprattutto per la loro simpatica originalità
come potremo ora leggere… ma è stato anche un apprezzato scrittore.



(Firenze 2.2.1885 – Roma 17.8.1974)



ALDO PALAZZESCHI
L’UOMO… LA POETICA… ED ALCUNE POESIE
a cura di Tony Kospan



BREVE BIOGRAFIA


Nato a Firenze in una famiglia di commercianti Aldo Gìurlani
frequentò gli studi di ragioneria per volontà del padre
ma anche una scuola di recitazione e forse proprio fu proprio per questo,
per non dar problemi alla famiglia che non amava l’ambiente teatrale,
che scelse come nome d’arte Palazzeschi (cognome della nonna materna).


Ben presto però la sua strada divenne quella della poesia
a ciò aiutato dai familiari al punto di pubblicare a loro spese
il primo volume di poesie “I cavalli bianchi“.






Molto si è discusso sulla sua partecipazione al Futurismo…


Certo è che i contatti ci furono… ed anche stretti e numerosi…
ma furono dovuti soprattutto all’entusiasmo da parte di Marinetti
per le sue poesie ed in particolare per quelle che avevano
la caratteristica d’esser controcorrente e sorprendenti
(v. qui giù ad es. Lasciatemi divertire).






Egli si adeguò al mondo Marinettiano… e per un po’ partecipò alla corrente
ma ben presto, appena si rese conto che i Futuristi erano favorevoli alla guerra,
se ne allontanò.

 Ma poi alla guerra partecipò ugualmente.. sebbene nelle retrovie.






Nel 1941 si trasferì a Roma
dove visse fino alla morte, avvenuta nel ’74,
quando mancava ormai poco al suo 90° compleanno.





Qui è con Montale



POETICA


La sua poetica, avvicinata ora a quella dei crepuscolaristi
ed ora a quella dei futuristi, per la profonda intima ironia
in realtà rimane sempre originale ed indipendente.







Per più di un cinquantennio,
con le sue sempre originali poesie ed altre opere,
la più famosa delle quali è il romanzo “Le sorelle Materassi“,
è stato un notevole ed autorevole esponente
del mondo letterario italiano.




ALCUNE POESIE





CHI SONO?

Son forse un poeta?
No, certo.
Non scrive che una parola, ben strana,
la penna dell’anima mia:
“follia”.
Son dunque un pittore?
Neanche.
Non ha che un colore
la tavolozza dell’anima mia:
“malinconia”.
Un musico, allora?
Nemmeno.
Non c’è che una nota
Nella tastiera dell’anima mia:
“nostalgia”.
Son dunque…che cosa?
Io metto una lente
davanti al mio cuore
per farlo vedere alla gente.
Chi sono?
Il saltimbanco dell’anima mia.






MOVIMENTO

Io vo… tu vai… si va…
Ma non chiedere dove
ti direbbero una bugia:
dove non si sa.
E è tanto bello quando uno va.
Io vo… tu vai… si va…
perchè soltanto andare
in un mondo di ciechi
è la felicità.



Immagine correlata




RIO BO

Tre casettine
dai tetti aguzzi,
un verde praticello,
un esiguo ruscello: Rio Bo,
un vigile cipresso.
Microscopico paese, non è vero?
Paese da nulla; ma però,
c’è sempre di sopra una stella,
una grande magnifica stella,
che a un di presso
occhieggia con la punta del cipresso
di Rio Bo.
Una stella innamorata! Chi sa
se nemmeno ce l’ha
una grande città.



Boccioni – La risata



LASCIATEMI DIVERTIRE
Tri tri tri,
fru fru fru,
uhi uhi uhi,
ihu ihu ihu.
Il poeta si diverte,
pazzamente,
smisuratamente.
Non lo state a insolentire,
lasciatelo divertire
poveretto,
queste piccole corbellerie
sono il suo diletto.
Cucù rurù,
rurù cucù,
cuccuccurucù!
Cosa sono queste indecenze?
Queste strofe bisbetiche?
Licenze, licenze,
licenze poetiche!
Sono la mia passione.
Farafarafarafa,
tarataratarata,
Paraparaparapa,
Laralaralarala!
Sapete cosa sono?
Sono robe avanzate,
non sono grullerie,
sono la spazzatura
delle altre poesie.
Bubububu,
fufufufu.
Friù!
Friù!
Se d’un qualunque nesso
son prive,
perché le scrive
quel fesso?
bilobilobilobilobilo
blum!
Filofilofilofilofilo
flum!
Bilolù. Filolù.
U.
Non è vero che non voglion dire,
voglion dire qualcosa.
Voglion dire…
come quando uno si mette a cantare
senza saper le parole.
Una cosa molto volgare.
Ebbene, così mi piace di fare.
Aaaaa!
Eeeee Iiiii!
Ooooo!
Uuuuu!
A! E! I! O! U!
Ma giovinotto,
diteci un poco una cosa,
non è la vostra una posa,
di voler con così poco
tenere alimentato
Un sì gran foco?
Huisc…Huiusc…
Huisciu… sciu sciu,
Sciukoku Koku Koku,
Sciu
ko
ku.
Ma come si deve fare a capire?
Avete delle belle pretese,
sembra ormai che scriviate in giapponese.
Abì, alì, alarì.
Riririri!
Ri.
Lasciate pure che si sbizzarrisca,
anzi è bene che non la finisca.
Il divertimento gli costerà caro,
gli daranno del somaro.
Labala
falala
eppoi lala.
elalala, lalalalala lalala.
Certo è un azzardo un po’ forte,
scrivere delle cose così,
che ci son professori, oggidì,
a tutte le porte.
Ahahahahahahah!
Ahahahahahahah!
Ahahahahahahah!
Infine,
io ho pienamente ragione,
i tempi sono cambiati,
gli uomini non domandono più nulla
dai poeti:
e lasciatemi divertire!



Infine…

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Tony Kospan



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UN MODO DIVERSO DI VIVER
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GUIDO GOZZANO VISTO DA VICINO – L’uomo.. il suo mondo.. l’amore.. villa Meleto ed alcune poesie   Leave a comment





Con questo post desidero approfondire la conoscenza di questo poeta che,


nonostante la sua breve vita
, a mio parere,


occupa un posto molto importante nella poesia italiana del primo ‘900.




(Torino 19.12.1883 – Torino 9.8.1916)



Benché di famiglia “bene” 

(il padre era ingegnere e la madre figlia di un senatore)

Guido, 4° di 5 figli, non fu affatto uno studente modello… anzi!


Allo studio scolastico preferiva le monellerie

e, più grandicello, presa in qualche modo la maturità,

iniziò a frequentare il circolo “La Società della cultura”,

trascurando però gli studi della facoltà di Giurisprudenza,

e diventò il capo di una matta banda di giovani di buona famiglia

che ne combinavano di tutti i colori.






L’UOMO.. LE PASSIONI.. L’AMORE.. VILLA MELETO

ED ALTRE SUE POESIE

a cura di Tony Kospan



Il giovane Gozzano, nonostante l’aspetto elegante ed aristocratico

amò frequentare attricette e “servette”.


Dell’amatissima madre, attrice per un po’.. in gioventù, scrisse:


“Tu parlavi, Mamma: la melodia della

voce suscitava alla mia mente la visione

del tuo sogno perduto. Or ecco: ho

imprigionato il sogno con una sottile malia

di sillabe e di versi, te lo rendo perché tu

riviva le gioie della giovinezza.”







L’UOMO


Di lui gli amici dicevano 

che avesse una voce bella, calda e con lieve accento piemontese,

che gesticolasse con misura ed eleganza,

che avesse un volto pallido con lineamenti marcati ma regolari,

che fosse magrissimo e di media statura

ed avesse occhi leggermente azzurri e capelli pallidamente biondi.


Guido amava giocare con le parole ed anche prendersi in giro…


“Ma dunque esisto! O strano!

Vive tra il Tutto ed il Niente

questa cosa vivente

detta guidogozzano







LA VILLA DI MELETO (IL SUO RIFUGIO) AD AGLIE’



Molto spesso si rifugiava nella villa di Agliè

dove, ormai paralizzata alle gambe, viveva sua madre.


Lì, in paese, tutti lo conoscevano e gli volevano bene.


Questa villa è stata da qualche anno restaurata con fatica,

per una lunga e costante ricerca di mobili e arredi originali e/o d’epoca,

da parte di Lilita Conrieri appassionata cultrice delle poesie di Gozzano.







Innanzitutto però fu salvato l’immobile stesso dalla demolizione,

grazie al padre di Lilita che l’ha comprato,

ed ora la figlia l’ha reso

un vero proprio piccolo museo dedicato al poeta.


Visitandola si ha quasi l’impressione di conoscere

L’amica di nonna Speranza” una delle sue poesie più note

e di vivere le dolci atmosfere crepuscolari amate da Guido.






L’AMORE (DIFFICILE) DELLA SUA VITA


Ecco come descrisse lui stesso la conoscenza della poetessa Amalia Guglieminetti.


“Una volta, l’anno scorso, noi – Vallini Bassi Vugliano ed altri (amici del poeta n.t.k.) –

eravamo nella sala dei giornali, voi – sola – in quella delle riviste,

in piedi, eretta, sfogliando col braccio proteso le rassegne sul tavolo.

E fra di noi si dicevano più o meno queste cose:

– è bella.

– Sì, è bella!

– Ma scrive. […]

– è una Signorina per bene e di ottimo casato…

– Già, dicono che sia per bene.

– è, è: questo ve lo garantisco: conosco la famiglia.

– Che peccato!

– Che cosa?

– Che sia Signorina.

– E che sia per bene.

– Che peccato: è proprio bella!

– Fosse almeno analfabeta.

– Ma scrive!”



(da una lettera ad Amalia Guglielminetti del 10 giugno 1907)





Il loro amore però dopo un po’ divenne difficile

ed il poeta si tirò indietro (con gran dolore di Amalia).


Ciononostante la loro amicizia non terminò mai

e durò tutta la (breve) vita di Guido.



fre bia pouce Cliccando qui giù.. la storia del loro amore ed alcune loro lettere.


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I SUOI HOBBY


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Ebbe 2 grandi passioni 

le farfalle e la bicicletta con la quale fece lunghi viaggi.





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LA POETICA CREPUSCOLARE



La sua è una poetica che rompe gli schemi del tempo

contestando la teatrale scenografia di D’Annunzio,

mito del suo tempo, ed essendo conscio del suo incerto futuro,

si rifugia in una ribellione letteraria dolce e malinconica.




.

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ALCUNE POESIE


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IL SOGNO CATTIVO 


Se guardo questo pettine sottile

di tartaruga e d’oro, che affigura –

opera egregia di cesellatura –

un germoglio di vischio in novo stile,


risogno un sogno atroce. Dal monile

divampa quella gran capellatura

vostra, fiammante nella massa oscura.

E pur non vedo il volto giovenile.


Solo vedo che il pettino produce

sempre capelli biondo-bruni e scorgo

un cielo fatto delle loro trame:


un cielo senza vento e senza luce!

E poi un mare… e poi cado in un gorgo

tutto di bande di color di rame.







L’ASSENZA



Un bacio. Ed è lungi. Dispare

giù in fondo, là dove si perde

la strada boschiva, che pare

un gran corridoio nel verde.

Risalgo qui dove dianzi

vestiva il bell’abito grigio:

rivedo l’uncino, i romanzi

ed ogni sottile vestigio…

Mi piego al balcone. Abbandono

la gota sopra la ringhiera.

E non sono triste. Non sono

più triste. Ritorna stasera.

E intorno declina l’estate.

E sopra un geranio vermiglio,

fremendo le ali caudate

si libra un enorme Papilio…

L’azzurro infinito del giorno

è come seta ben tesa;

ma sulla serena distesa

la luna già pensa al ritorno.

Lo stagno risplende. Si tace

la rana. Ma guizza un bagliore

d’acceso smeraldo, di brace

azzurra: il martin pescatore.

E non son triste. Ma sono

stupito se guardo il giardino

stupito di che? non mi sono

sentito mai tanto bambino…

Stupito di che? Delle cose.

I fiori mi paiono strani:

Ci sono pur sempre le rose,

ci sono pur sempre i gerani…





Raimundo de Madrazo





LA MEDICINA



Non so che triste affanno mi consumi:

sono malato e nei miei dì peggiori…

Tra i balaustri il mar scintilla fuori

la zona dei palmeti e degli agrumi.


Ah! Se voi foste qui, tra questi fiori,

amica! O bella voce tra i profumi!

Se recaste con voi tutti i volumi

di tutti i nostri dolci ingannatori!


Mi direste il Congedo, oppur la Morte

del cervo, oppure la Sementa… E queste

bellezze, più che l’aria e più che il sole,


mi farebbero ancora sano e forte!

E guarirei: Voi mi risanereste

con la grande virtù delle parole!






F I N E



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Per chi desidera leggera la biografia del poeta

ed altre sue poesie.

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ARANCIO divfar
 PER CHI AMA LA STORIA.. I RICORDI E LE ATMOSFERE DI UN TEMPO
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Guido Gozzano – Biografia.. un accenno al crepuscolarismo ed alcune belle poesie del grande poeta torinese   Leave a comment




Il poeta con la madre



Il crepuscolarismo è stata una corrente letteraria nata all’inizio del 900, in opposizione al vitalismo ed all’individualismo allora imperante, che aveva come tematica le piccole emozioni quotidiane, anche le più semplici, descritte con dolce malinconia o leggera ironia.

Il principale esponente di questa corrente è senz’altro Guido Gozzano.



Guido Gozzano (Torino 19.12.1883 – Torino 09.08.1916)




BREVE BIOGRAFIA


Nato a Torino in un’agiata famiglia iniziò a studiare Giurisprudenza senza alcuna passione e presto entrò con amici in circoli letterari nei quali, pur contestandone l’eccessiva pesantezza, poté approfondire diverse tematiche proposte da scrittori e poeti europei dell’epoca.
Ebbe sempre una salute malferma… (era ammalato di tisi) ma ciò non gli impedì da giovane di vivere la vita mondana torinese con i suoi amici con i quali in seguito creò anche il circolo dei crepuscolari torinesi.



Gozzano con alcuni amici al circolo della Marinetta



Ne 1907 iniziò a pubblicare poesie ed ebbe una breve e tormentata storia d’amore con la poetessa Amalia Guglielminetti.

Pubblicò diversi libri che ebbero un buon successo ma nel 1916, a soli 33 anni, morì per l’aggravarsi della malattia.



fre bia pouce
Gozzano e la Guglielminetti (cliccando sull’immagine alcune lettere del loro difficile amore)



ALCUNE POESIE


Ne pubblico solo 3 perché sono lunghette ma a me molto care.


In particolare segnalo la 3° che è quella che diede
origine alla famosa frase
Non amo che le rose che non colsi








AD UN’IGNOTA


Tutto ignoro di te: nome, cognome,
l’occhio, il sorriso, la parola, il gesto;
e sapere non voglio, e non ho chiesto
il colore nemmen delle tue chiome.
…Ma so che vivi nel silenzio;
come care ti sono le mie rime:
questo ti fa sorella nel mio sogno mesto,
 
o amica senza volto e senza nome.
Fuori del sogno fatto di rimpianto
forse non mai, non mai c’incontreremo,
forse non ti vedrò, non mi vedrai.
Ma più di quella che ci siede accanto
cara è l’amica che non mai vedremo;
supremo è il bene che non giunge mai!
 



Federico Zandomeneghi



LE GOLOSE


 

Io sono innamorato di tutte le signore

che mangiano le paste nelle confetterie.

Signore e signorine –

le dita senza guanto –

scelgon la pasta. Quanto

ritornano bambine!

Perché nïun le veda,

volgon le spalle, in fretta,

sollevan la veletta,

divorano la preda.

C’è quella che s’informa

pensosa della scelta;

quella che toglie svelta,

né cura tinta e forma.

L’una, pur mentre inghiotte,

già pensa al dopo, al poi;

e domina i vassoi

con le pupille ghiotte.

un’altra – il dolce crebbe –

muove le disperate

bianchissime al giulebbe

dita confetturate!

Un’altra, con bell’arte,

sugge la punta estrema:

invano! ché la crema

esce dall’altra parte!

L’una, senz’abbadare

a giovine che adocchi,

divora in pace. Gli occhi

altra solleva, e pare

sugga, in supremo annunzio,

non crema e cioccolatte,

ma superliquefatte

parole del D’Annunzio.

Fra questi aromi acuti,

strani, commisti troppo

di cedro, di sciroppo,

di creme, di velluti,

di essenze parigine,

di mammole, di chiome:

oh! le signore come

ritornano bambine!

Perché non m’è concesso –

o legge inopportuna! –

il farmivi da presso,

baciarvi ad una ad una,

o belle bocche intatte

di giovani signore,

baciarvi nel sapore

di crema e cioccolatte?

Io sono innamorato di tutte le signore

che mangiano le paste nelle confetterie.




fre bia pouce

Alphonse Mucha (cliccando sull’immagine la storia di Cocotte)



COCOTTE

 

I.

Ho rivisto il giardino, il giardinetto
contiguo, le palme del viale,
la cancellata rozza dalla quale
mi protese la mano ed il confetto…

II.

«Piccolino, che fai solo soletto?»
«Sto giocando al Diluvio Universale.»

Accennai gli stromenti, le bizzarre
cose che modellavo nella sabbia,
ed ella si chinò come chi abbia
fretta d’un bacio e fretta di ritrarre
la bocca, e mi baciò di tra le sbarre
come si bacia un uccellino in gabbia.

Sempre ch’io viva rivedrò l’incanto
di quel suo volto tra le sbarre quadre!
La nuca mi serrò con mani ladre;
ed io stupivo di vedermi accanto
al viso, quella bocca tanto, tanto
diversa dalla bocca di mia Madre!

«Piccolino, ti piaccio che mi guardi?
Sei qui pei bagni? Ed affittate là?»
«Sì… vedi la mia mamma e il mio Papà?»
Subito mi lasciò, con negli sguardi
un vano sogno (ricordai più tardi)
un vano sogno di maternità…

«Una cocotte!…»
«Che vuol dire, mammina?»
«Vuol dire una cattiva signorina:
non bisogna parlare alla vicina!»
Co-co-tte… La strana voce parigina
dava alla mia fantasia bambina
un senso buffo d’ovo e di gallina…

Pensavo deità favoleggiate:
i naviganti e l’Isole Felici…
Co-co-tte… le fate intese a malefici
con cibi e con bevande affatturate…
Fate saranno, chi sa quali fate,
e in chi sa quali tenebrosi offici!

III.

Un giorno – giorni dopo – mi chiamò
tra le sbarre fiorite di verbene:
«O piccolino, non mi vuoi più bene!…»
«è vero che tu sei una cocotte?»
Perdutamente rise… E mi baciò
con le pupille di tristezza piene.

IV.

Tra le gioie defunte e i disinganni,
dopo vent’anni, oggi si ravviva
il tuo sorriso… Dove sei, cattiva
Signorina? Sei viva? Come inganni
(meglio per te non essere più viva!)
la discesa terribile degli anni?

Oimè! Da che non giova il tuo belletto
e il cosmetico già fa mala prova
l’ultimo amante disertò l’alcova…
Uno, sol uno: il piccolo folletto
che donasti d’un bacio e d’un confetto,
dopo vent’anni, oggi ti ritrova

in sogno, e t’ama, in sogno, e dice: T’amo!
Da quel mattino dell’infanzia pura
forse ho amato te sola, o creatura!
Forse ho amato te sola! E ti richiamo!
Se leggi questi versi di richiamo
ritorna a chi t’aspetta, o creatura!

Vieni! Che importa se non sei più quella
che mi baciò quattrenne? Oggi t’agogno,
o vestita di tempo! Oggi ho bisogno
del tuo passato! Ti rifarò bella
come Carlotta, come Graziella,
come tutte le donne del mio sogno!

Il mio sogno è nutrito d’abbandono,
di rimpianto. Non amo che le rose
che non colsi. Non amo che le cose
che potevano essere e non sono
state… Vedo la case, ecco le rose
del bel giardino di vent’anni or sono!

Oltre le sbarre il tuo giardino intatto
fra gli eucalipti liguri si spazia…
Vieni! T’accoglierà l’anima sazia.
Fa ch’io riveda il tuo volto disfatto;
ti bacerò; rifiorirà, nell’atto,
sulla tua bocca l’ultima tua grazia.

Vieni! Sarà come se a me, per mano,
tu riportassi me stesso d’allora.
Il bimbo parlerà con la Signora.
Risorgeremo dal tempo lontano.
Vieni! Sarà come se a te, per mano,
io riportassi te, giovine ancora.







F I N E



Tony Kospan




Chi desiderasse conoscere meglio 

e più “da vicino” Gozzano

(l’uomo, gli amori, villa Meleto)

e leggere altre sue poesie

Frecce (174)







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