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La creazione del mondo – Ecco la spiegazione secondo un’antica leggenda di una regione ungherese   Leave a comment









Tantissime sono le leggende
che tutti i popoli del mondo hanno utilizzato
per raccontare la Creazione del Mondo…
 
 
Questa è stata raccolta da un ricercatore in Ungheria…
nel 1890 prima che ne scomparisse  per sempre il ricordo
 
 
Ma ne riparleremo alla fine.



Il Giardino delle delizie  trittico  di Hieronymus Bosch
 
 
 
 
 

LA CREAZIONE DEL MONDO

 
 
 
 
All’inizio di ogni cosa, prima che il mondo venisse creato – e con lui gli uomini, il buio, la luce e il passare del Tempo – c’era una grande distesa d’acqua cristallina che si estendeva di sotto, di sopra e in ogni dove.
Da qualche parte, dove di preciso non sappiamo, viveva il vecchio Del.
Solo soletto e piuttosto annoiato.
Perché il poveretto non aveva né figli, né fratelli, né nipoti, né amici.
E anche perché aveva deciso di creare un Gran Mondo, ma proprio non sapeva che Gran Mondo avrebbe fatto bene a creare.
Fu così che un giorno – se possiamo dire un giorno, perché i giorni non erano stati ancora creati – per l’irritazione scagliò il suo bastone nella grande distesa d’acqua cristallina.
E vide che il suo bastone, nell’acqua cristallina, si allungava, si ingrossava, metteva radici, rami e foglie, e cresceva sino a diventare un grande albero.
Sotto di esso, più tranquillo e beato di un passero a primavera – se possiamo dire un passero a primavera, dato che i passeri a primavera non erano ancora stati creati – stava seduto il giovane Bengh. – Buongiorno! – disse Bengh al vecchio Del, ridendo e sorridendo un po’ di sbieco, come solo lui sapeva fare. – Io so che tu non hai né amici né fratelli: ebbene, se vorrai, io sarò per te tuo amico e tuo fratello.
Il vecchio Del all’inizio si rallegrò.
Ma poi pensò che quel giovanotto dalla fronte spaziosa e dal sorriso accattivante si era allargato un po’ troppo.
D’altronde si sa come vanno le cose con i diavoli.
C’è sempre il rischio che se gli date un dito si prendano l’intera mano.
E che se gli date una mano si prendano il braccio, la spalla e tutto quello che c’è attaccato di sopra e di sotto. – Tu non potrai essere mio fratello – rispose così un po’ piccato,- perché io non posso avere fratelli.
In quanto all’amicizia vedremo…
Ma intanto, se vorrai, potrai fami compagnia nel mio viaggio.
Viaggiarono insieme per nove giorni e nove notti – se possiamo dire notti, perché le notti non erano state create, – ma ben presto il vecchio Del si accorse che il suo era un pessimo compagno di viaggio.
Petulante, noioso e anche un po’ invidioso. – Sono stanco. Mi fanno male i piedi. Ho fame e ho sete.
E non ne posso più di questa distesa d’acqua cristallina – brontolava infatti Bengh, un passo sì e un passo no. – Cosa non va in questa distesa d’acqua? – gli chiese il vecchio Del. – E’ troppo grande! Io l’avrei fatta più piccola… – A me sembra grande il tanto giusto, per essere una grande distesa d’acqua cristallina… – replicò pazientemente il vecchio Del. – E cosa ancora? – E’ troppo profonda! – A me sembra profonda al punto giusto… Cos’altro ancora? – E’ troppo salata!
E poi tutta questa umidità finirà per farmi venire i reumatismi, ecco…
Certo però, se avessi io i tuoi poteri… – Cosa faresti? – gli chiese il vecchio Del. – Farei un Gran Mondo, ecco che farei!
Con tanta terra asciutta e con tanta gente allegra. E anche con un giardino fiorito, una comoda casetta e un focherello caldo caldo che riscaldi le mie povere ossa!
 
 
 
 
 

 
 
 
 
 

Il vecchio Del ci pensò un po’ su e concluse che dopo tutto quell’idea non era niente male. – Tuffati nelle grandi acque – disse perciò al suo giovane compagno – e portami un pugno di sabbia.
Con quella sabbia costruirò un Gran Mondo. – Davvero? Ma come farai? – gli chiese Bengh. – Pronuncerò il mio nome e la sabbia diventerà Terra! Ma ora va’, e portami quello che ti ho chiesto.
Bengh prese la rincorsa e si tuffò pensando che avrebbe potuto costruire lui stesso, il Gran Mondo che desiderava, se avesse preso la sabbia e poi avesse pronunciato ad alta voce il proprio nome.
Ma quando arrivò lì dove le acque cristalline si facevano più profonde, e vide la sabbia, e la prese stringendola forte tra le dita, e infine pronunciò ad alta voce il proprio nome, la sabbia lo ustionò e lui la lasciò cadere.
Tornando dal vecchio Del con le mani vuote, gli gridò: – Non trovo sabbia! E Del: – Va’, e portamene!
Bengh si rituffò.
E per nove giorni, il giovane furfante, sino al calare del sole – se possiamo dire sole, perché neanche il sole era stato creato – provò e riprovò a fare di nascosto ciò che aveva in mente. Ma ogni volta che afferrava la sabbia e pronunciava ad alta voce il proprio nome, le sue dita si ustionavano e la sabbia gli fuggiva dalle mani.
Era diventata tanto calda, la sabbia, che al nono giorno Bengh era diventato tutto nero. Tornò allora dal vecchio Del, che gli disse: – Sei diventato tutto nero.
Sei veramente un cattivo compagno di viaggio!
Ora va’ e portami finalmente la sabbia. E bada che se pronuncerai ancora il tuo nome, sarai bruciato completamente!
Bengh andò di nuovo e finalmente mise la sabbia nelle mani del vecchio Del, che ne fece una grande Terra. La tirò un po’ di qua e un po’ di là, la sollevò e la abbassò, fece montagne, pianure e valli. E mentre il vecchio Del si divertiva un mondo, a creare il suo Gran Mondo, tirando di qua e di là, sollevando e abbassando, e facendo montagne, pianure e valli – e possiamo dire montagne, pianure e valli perché finalmente erano state create, – Bengh sogghignò e disse: – Io abiterò laggiù, sotto il grande albero, e tu, caro amico, cercati un’altra casa!
Nel sentire quelle parole al vecchio Del, con rispetto parlando, venne quasi un diavolo per capello. – Il mio Mondo non ha bisogno di te! – sbottò.
A quelle parole dalla terra appena creata sorse un enorme toro, con enormi occhi ed enormi orecchie, enormi zampe e lunghissime corna. Scalpitò, sbuffò, infilzò Bengh e poi fuggì lontano, dove di preciso non sappiamo, portando via con sé il cattivo compagno di Del.
Batté gli zoccoli talmente forte, il toro, nella sua corsa, da far tremare il Mondo, la distesa d’acqua cristallina che lo circondava e anche i rami del grande albero.
Fu così che sulla terra caddero tutte le sue foglie: le quali presero nuove forme e nuova vita, e si risollevarono, con le sembianze dei primi uomini e delle prime donne.
Il vecchio Del finalmente fu contento di sé.
Perché era davvero un gran bel Mondo, quello che aveva creato.
Con le sue montagne, le sue pianure e le sue valli, e con tanti uomini e tante donne che finalmente gli avrebbero fatto compagnia.

 
 
 
 

 

 


Questa storia dei gitani d’Ungheria venne raccontata al ricercatore Vladislav Kornel e pubblicata per la prima volta, nella sua forma originale, sul Journal of the Gypsy Lore Society di Londra, nel 1890.

Nello stesso anno e in una versione quasi identica raccolta presso altri gruppi nomadi dei Balcani, venne pubblicata anche da H. von Wlislocki ad Amburgo.

 

 

Testo dal web – impaginaz. Orso Tony




 


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UN MODO DIVERSO DI VIVER LA POESIA E LA CULTURA

NELLA PAGINA FB
Frecce (174)








LUCE E BUIO – Breve riflessione su 2 concetti solo apparentemente semplici   3 comments








C’E’ LUCE NEL BUIO?




La luce è bene… il buio è male!
Troppo facile e neanche vero. 
La nostra millenaria cultura li ha messi in netto contrasto ed in contrapposizione eppure questa atavica convinzione piano piano si è sfaldata per la semplice e ragionevole constatazione che in realtà non può esistere il buio senza la luce e la luce senza il buio.








Come potremmo comprendere la visione, l’idea, la conoscenza della luce se non avessimo la consapevolezza anche della sua assenza?
Questo era molto chiaro già da millenni nella filosofia orientale (Yin e Yang).
Per quest’ultima poi il dualismo, pur partendo da luce e buio, si estende a tutti gli aspetti della vita umana e dell’universo (maschio e femmina, falso e vero, caldo e freddo, bene e male, suono e silenzio, pace e guerra, angeli e demoni etc.).
Dell’enorme importanza di questo dualismo per la comprensione della realtà ho già scritto, anche se in forma allegorica nella mia poesia “Cosmogonia” e nel mio post YIN e YANG
(E’ possibile leggere i post cliccando sui titoli qui su)








Come accennavo prima… la nostra cultura si è di recente molto avvicinata alla comprensione della complementarietà tra i due opposti considerandoli non più nemici inconciliabili.  
In realtà non solo essi sono entrambi indispensabili ma è nel momento (o nel punto) in cui la luce lascia il posto al buio (o viceversa) e sembrano quasi toccarsi che possono avvenire le cose più straordinarie da un punto di vista intellettuale, emozionale e non solo.








Infine c’è da aggiungere che, secondo le ultime ricerche, anche nel buio assoluto c’è qualche atomo di luce, e viceversa, anche se ciò non viene percepito dai nostri occhi.
In conclusione, seppur possiamo continuare a ritenere il buio simbolo dell’ignoranza, dell’oscurantismo e delle tenebre (ed ovviamente il contrario per quel che riguarda la luce) ora possiamo tranquillamente affermare che il concetto di buio in realtà contiene in sé anche una misteriosa invisibile luce… quella dell’introspezione, della conoscenza profonda di se stessi e della serenità assoluta.

Tony Kospan



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Cosmogonia – Allegorica ed enigmatica poesia di Tony Kospan che narra la sua visione di noi e dell’Universo   Leave a comment

 
 
 
 
 
 
 
 

Questa è una mia poesia molto particolare.
 
 Una piccola ed allegorica “summa” della mia visione
della nostra presenza nell’Universo.

 
 
 
 
 
AUGUSTO SCIACCA – IL SOLE E LA LUNA

 
 
 
 
COSMOGONIA 
Tony Kospan
 
 
Prima delle Ere
l’Assoluto
conteneva il Tutto ed il Nulla.
 
Poi fu il Nulla a cercare il Tutto? 
O fu il Tutto a cercare il Nulla?
 
Certo dall’esplosione del loro incontro
 nacque Amore
che a sua volta generò 
Tempo Materia Spazio e Vita.

 
Ma il Tutto ed il Nulla
duali rimanendo in ogni cosa
come
Angeli e Demoni
Bene e Male
Luce e Tenebra
Suono e Silenzio
Gelo e Calore 
restano avvinti 
or com’allora 
in un’eterna lotta
non potendo esser mai  
l’uno senza l’altro
così come Amore 
non può ch’esser
Gioia e Dolore.


Noi,
ultimi frutti di Amore,
quella sfida invisibile 
sempre viva la sentiamo
nel nostro cuore
dove alberga però
il ricordo,
 divenuto sogno,
 di quel solido Assoluto 
ch’or più non è dato
all’umana specie 
se non come meta.

 
Alla fine dell’Era
dei nostri giorni 
tra le Luci e le Ombre 
dei meandri di Bene e Male 
scortati da Angeli e Demoni 
in un Musicale Silenzio 
con Dolorosa Gioia
sul carro d’infinito Amore 
torneremo 
all’UNO.








Per una buona comprensione della poesia 
e della reale visione nascosta nelle varie allegorie,
consiglio di andare oltre l’interpretazione letterale
ed oltre la realtà delle immagini descritte.

Tony Kospan




 
 
 
 

Il bene ed il male coesistono in ogni dove! Ma in noi cosa prevale? Breve riflessione.. una domanda ed una mia poesia   Leave a comment








L’esplosione nel mondo di una violenza totale e senza freni
che abbiamo visto in questi anni
ma che in realtà, anche se in forme diverse, c’è sempre stata,
mi porta a creare questo post composto da:

– Una piccola riflessione…
– una domanda… ed
– una poesia.










NELL’UMANITA’ PREVALE IL BENE O IL MALE?
O COESISTONO L’UNO E L’ALTRO?








La mia è forse una riflessione banale ma in realtà su questo tema si discute da millenni senza esito.

Nessun uomo, anche quello che compie le azioni più efferate, è malvagio al 100%.

Anch’egli ha le sue emozioni i suoi dolori le sue debolezze e perfino le sue bontà verso i figli gli amici etc.

Certo ha commesso azioni tremende ed esecrabili e deve pagare il suo debito alla giustizia completamente e senza sconti, a parer mio, ma da sempre l’umanità è questa come ci raccontano gli antichissimi miti di Caino ed Abele, Romolo e Remo, Angeli e Demoni etc.







Tanto per citare un esempio “neutro” anche il truffatore più spietato può amare ed avere un grande affetto verso la sua donna, i suoi figli… etc. ed esser con loro ed altri buono e generoso.


Infatti seppur ritengo una favola mitologica la storia di Caino ed Abele tuttavia essa è come dire una favola vera e saggia perché riconosce una sacrosanta verità:
da sempre in tutta l’umanità, ma attenzione… anche in ognuno di noi, c’è un Abele ed un… Caino.






Cioè in tutti noi esiste una “naturale“, consapevole o meno, pulsione verso il bene e nel contempo un’altra verso il male.

Come sappiamo le antiche filosofie orientali esprimono concetti simili ad es. con i noti principi yin e yang.






Certo in alcuni fa capolino di più Caino… in altri di più Abele.

Ciascuno di noi è infatti del tutto uguale ma nel contempo del tutto diverso dagli altri.






LA DOMANDA


Ciò detto la domanda non può che essere:

Cosa ne pensate?







LA MIA POESIA


Sono così convinto dell’esistenza di questo eterno dualismo,
in noi e fuori di noi, che mi nacque questa poesia, forse non facile,
in cui il tema è visto però in forma molto allegorica.
.
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COSMOGONIA
Gif Animate Frecce (117)



Ciao da Tony Kospan








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La creazione del mondo – Ecco la spiegazione secondo questa antica leggenda ungherese   Leave a comment









Tantissime sono le leggende
che tutti i popoli del mondo hanno utilizzato
per raccontare la Creazione del Mondo…
 
 
Questa è stata raccolta da un ricercatore in Ungheria…
nel 1890 prima che ne scomparisse  per sempre il ricordo
 
 
Ma ne riparleremo alla fine.



Il Giardino delle delizie  trittico  di Hieronymus Bosch
 
 
 
 
 

LA CREAZIONE DEL MONDO

 
 
 
 
All’inizio di ogni cosa, prima che il mondo venisse creato – e con lui gli uomini, il buio, la luce e il passare del Tempo – c’era una grande distesa d’acqua cristallina che si estendeva di sotto, di sopra e in ogni dove.
Da qualche parte, dove di preciso non sappiamo, viveva il vecchio Del.
Solo soletto e piuttosto annoiato.
Perché il poveretto non aveva né figli, né fratelli, né nipoti, né amici.
E anche perché aveva deciso di creare un Gran Mondo, ma proprio non sapeva che Gran Mondo avrebbe fatto bene a creare.
Fu così che un giorno – se possiamo dire un giorno, perché i giorni non erano stati ancora creati – per l’irritazione scagliò il suo bastone nella grande distesa d’acqua cristallina.
E vide che il suo bastone, nell’acqua cristallina, si allungava, si ingrossava, metteva radici, rami e foglie, e cresceva sino a diventare un grande albero.
Sotto di esso, più tranquillo e beato di un passero a primavera – se possiamo dire un passero a primavera, dato che i passeri a primavera non erano ancora stati creati – stava seduto il giovane Bengh. – Buongiorno! – disse Bengh al vecchio Del, ridendo e sorridendo un po’ di sbieco, come solo lui sapeva fare. – Io so che tu non hai né amici né fratelli: ebbene, se vorrai, io sarò per te tuo amico e tuo fratello.
Il vecchio Del all’inizio si rallegrò.
Ma poi pensò che quel giovanotto dalla fronte spaziosa e dal sorriso accattivante si era allargato un po’ troppo.
D’altronde si sa come vanno le cose con i diavoli.
C’è sempre il rischio che se gli date un dito si prendano l’intera mano.
E che se gli date una mano si prendano il braccio, la spalla e tutto quello che c’è attaccato di sopra e di sotto. – Tu non potrai essere mio fratello – rispose così un po’ piccato,- perché io non posso avere fratelli.
In quanto all’amicizia vedremo…
Ma intanto, se vorrai, potrai fami compagnia nel mio viaggio.
Viaggiarono insieme per nove giorni e nove notti – se possiamo dire notti, perché le notti non erano state create, – ma ben presto il vecchio Del si accorse che il suo era un pessimo compagno di viaggio.
Petulante, noioso e anche un po’ invidioso. – Sono stanco. Mi fanno male i piedi. Ho fame e ho sete.
E non ne posso più di questa distesa d’acqua cristallina – brontolava infatti Bengh, un passo sì e un passo no. – Cosa non va in questa distesa d’acqua? – gli chiese il vecchio Del. – E’ troppo grande! Io l’avrei fatta più piccola… – A me sembra grande il tanto giusto, per essere una grande distesa d’acqua cristallina… – replicò pazientemente il vecchio Del. – E cosa ancora? – E’ troppo profonda! – A me sembra profonda al punto giusto… Cos’altro ancora? – E’ troppo salata!
E poi tutta questa umidità finirà per farmi venire i reumatismi, ecco…
Certo però, se avessi io i tuoi poteri… – Cosa faresti? – gli chiese il vecchio Del. – Farei un Gran Mondo, ecco che farei!
Con tanta terra asciutta e con tanta gente allegra. E anche con un giardino fiorito, una comoda casetta e un focherello caldo caldo che riscaldi le mie povere ossa!
 
 
 
 
 

 
 
 
 
 

Il vecchio Del ci pensò un po’ su e concluse che dopo tutto quell’idea non era niente male. – Tuffati nelle grandi acque – disse perciò al suo giovane compagno – e portami un pugno di sabbia.
Con quella sabbia costruirò un Gran Mondo. – Davvero? Ma come farai? – gli chiese Bengh. – Pronuncerò il mio nome e la sabbia diventerà Terra! Ma ora va’, e portami quello che ti ho chiesto.
Bengh prese la rincorsa e si tuffò pensando che avrebbe potuto costruire lui stesso, il Gran Mondo che desiderava, se avesse preso la sabbia e poi avesse pronunciato ad alta voce il proprio nome.
Ma quando arrivò lì dove le acque cristalline si facevano più profonde, e vide la sabbia, e la prese stringendola forte tra le dita, e infine pronunciò ad alta voce il proprio nome, la sabbia lo ustionò e lui la lasciò cadere.
Tornando dal vecchio Del con le mani vuote, gli gridò: – Non trovo sabbia! E Del: – Va’, e portamene!
Bengh si rituffò.
E per nove giorni, il giovane furfante, sino al calare del sole – se possiamo dire sole, perché neanche il sole era stato creato – provò e riprovò a fare di nascosto ciò che aveva in mente. Ma ogni volta che afferrava la sabbia e pronunciava ad alta voce il proprio nome, le sue dita si ustionavano e la sabbia gli fuggiva dalle mani.
Era diventata tanto calda, la sabbia, che al nono giorno Bengh era diventato tutto nero. Tornò allora dal vecchio Del, che gli disse: – Sei diventato tutto nero.
Sei veramente un cattivo compagno di viaggio!
Ora va’ e portami finalmente la sabbia. E bada che se pronuncerai ancora il tuo nome, sarai bruciato completamente!
Bengh andò di nuovo e finalmente mise la sabbia nelle mani del vecchio Del, che ne fece una grande Terra. La tirò un po’ di qua e un po’ di là, la sollevò e la abbassò, fece montagne, pianure e valli. E mentre il vecchio Del si divertiva un mondo, a creare il suo Gran Mondo, tirando di qua e di là, sollevando e abbassando, e facendo montagne, pianure e valli – e possiamo dire montagne, pianure e valli perché finalmente erano state create, – Bengh sogghignò e disse: – Io abiterò laggiù, sotto il grande albero, e tu, caro amico, cercati un’altra casa!
Nel sentire quelle parole al vecchio Del, con rispetto parlando, venne quasi un diavolo per capello. – Il mio Mondo non ha bisogno di te! – sbottò.
A quelle parole dalla terra appena creata sorse un enorme toro, con enormi occhi ed enormi orecchie, enormi zampe e lunghissime corna. Scalpitò, sbuffò, infilzò Bengh e poi fuggì lontano, dove di preciso non sappiamo, portando via con sé il cattivo compagno di Del.
Batté gli zoccoli talmente forte, il toro, nella sua corsa, da far tremare il Mondo, la distesa d’acqua cristallina che lo circondava e anche i rami del grande albero.
Fu così che sulla terra caddero tutte le sue foglie: le quali presero nuove forme e nuova vita, e si risollevarono, con le sembianze dei primi uomini e delle prime donne.
Il vecchio Del finalmente fu contento di sé.
Perché era davvero un gran bel Mondo, quello che aveva creato.
Con le sue montagne, le sue pianure e le sue valli, e con tanti uomini e tante donne che finalmente gli avrebbero fatto compagnia.

 
 
 
 

 

 


Questa storia dei gitani d’Ungheria venne raccontata al ricercatore Vladislav Kornel e pubblicata per la prima volta, nella sua forma originale, sul Journal of the Gypsy Lore Society di Londra, nel 1890.

Nello stesso anno e in una versione quasi identica raccolta presso altri gruppi nomadi dei Balcani, venne pubblicata anche da H. von Wlislocki ad Amburgo.

 

 

Testo dal web – impaginaz. Orso Tony




 


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UN MODO DIVERSO DI VIVER LA POESIA E LA CULTURA

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LUCE E BUIO – BREVE RIFLESSIONE   2 comments








C’E’ LUCE NEL BUIO?




La luce è bene… il buio è male!
Troppo facile e neanche vero. 
La nostra millenaria cultura li ha messi in netto contrasto ed in contrapposizione eppure questa atavica convinzione piano piano si è sfaldata per la semplice e ragionevole constatazione che in realtà non può esistere il buio senza la luce e la luce senza il buio.








Come potremmo comprendere la visione, l’idea, la conoscenza della luce se non avessimo la consapevolezza anche della sua assenza?
Questo era molto chiaro già da millenni nella filosofia orientale (Yin e Yang).
Per quest’ultima poi il dualismo, pur partendo da luce e buio, si estende a tutti gli aspetti della vita umana e dell’universo (maschio e femmina, falso e vero, caldo e freddo, bene e male, suono e silenzio, pace e guerra, angeli e demoni etc.).
Dell’enorme importanza di questo dualismo per la comprensione della realtà ho già scritto, anche se in forma allegorica nella mia poesia “Cosmogonia” e nel mio post YIN e YANG
(E’ possibile leggere i post cliccando sui titoli qui su)








Come accennavo prima… la nostra cultura si è di recente molto avvicinata alla comprensione della complementarietà tra i due opposti considerandoli non più nemici inconciliabili.  
In realtà non solo essi sono entrambi indispensabili ma è nel momento (o nel punto) in cui la luce lascia il posto al buio (o viceversa) e sembrano quasi toccarsi che possono avvenire le cose più straordinarie da un punto di vista intellettuale, emozionale e non solo.








Infine c’è da aggiungere che, secondo le ultime ricerche, anche nel buio assoluto c’è qualche atomo di luce, e viceversa, anche se ciò non viene percepito dai nostri occhi.
In conclusione, seppur possiamo continuare a ritenere il buio simbolo dell’ignoranza, dell’oscurantismo e delle tenebre (ed ovviamente il contrario per quel che riguarda la luce) ora possiamo tranquillamente affermare che il concetto di buio in realtà contiene in sé anche una misteriosa invisibile luce… quella dell’introspezione, della conoscenza profonda di se stessi e della serenità assoluta.

Tony Kospan



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Cosmogonia – In questa allegorica poesia di Tony Kospan la sua visione dell’Universo   Leave a comment

 
 
 
 
 
 
 
 

Questa è una mia poesia molto particolare.
 
 Una piccola ed allegorica “summa” della mia visione
della nostra presenza nell’Universo.

 
 
 
 
 
AUGUSTO SCIACCA – IL SOLE E LA LUNA

 
 
 
 
COSMOGONIA 
Tony Kospan
 
 
Prima delle Ere
l’Assoluto
conteneva il Tutto ed il Nulla.
 
Poi fu il Nulla a cercare il Tutto? 
O fu il Tutto a cercare il Nulla?
 
Certo dall’esplosione del loro incontro
 nacque Amore
che a sua volta generò 
Tempo Materia Spazio e Vita.

 
Ma il Tutto ed il Nulla
duali rimanendo in ogni cosa
come
Angeli e Demoni
Bene e Male
Luce e Tenebra
Suono e Silenzio
Gelo e Calore 
restano avvinti 
or com'allora 
in un’eterna lotta
non potendo esser mai  
l’uno senza l’altro
così come Amore 
non può ch’esser
Gioia e Dolore.


Noi,
ultimi frutti di Amore,
quella sfida invisibile 
sempre viva la sentiamo
nel nostro cuore
dove alberga però
il ricordo,
 divenuto sogno,
 di quel solido Assoluto 
ch’or più non è dato
all’umana specie 
se non come meta.

 
Alla fine dell’Era
dei nostri giorni 
tra le Luci e le Ombre 
dei meandri di Bene e Male 
scortati da Angeli e Demoni 
in un Musicale Silenzio 
con Dolorosa Gioia
sul carro d’infinito Amore 
torneremo 
all’UNO.








Per una buona comprensione della poesia 
e della reale visione nascosta nelle varie allegorie,
consiglio di andare oltre l'interpretazione letterale
ed oltre la realtà delle immagini descritte.

Tony Kospan




 
 
 
 

Cosmogonia – Inconsueta ed allegorica poesia di Tony Kospan   1 comment

 
 
 
 
 
 
 
 

Questa è una mia poesia molto particolare.
 
 Una piccola ed allegorica “summa” della mia visione
della nostra presenza nell’Universo.

 
 
 
 
 
AUGUSTO SCIACCA – IL SOLE E LA LUNA

 
 
 
 
COSMOGONIA 
Tony Kospan
 
 
Prima delle Ere
l’Assoluto
conteneva il Tutto ed il Nulla.
 
Poi fu il Nulla a cercare il Tutto? 
O fu il Tutto a cercare il Nulla?
 
Certo dall’esplosione del loro incontro
 nacque Amore
che a sua volta generò 
Tempo Materia Spazio e Vita.

 
Ma il Tutto ed il Nulla
duali rimanendo in ogni cosa
come
Angeli e Demoni
Bene e Male
Luce e Tenebra
Suono e Silenzio
Gelo e Calore 
restano avvinti 
or com’allora 
in un’eterna lotta
non potendo esser mai  
l’uno senza l’altro
così come Amore 
non può ch’esser
Gioia e Dolore.


Noi,
ultimi frutti di Amore,
quella sfida invisibile 
sempre viva la sentiamo
nel nostro cuore
dove alberga però
il ricordo,
 divenuto sogno,
 di quel solido Assoluto 
ch’or più non è dato
all’umana specie 
se non come meta.

 
Alla fine dell’Era
dei nostri giorni 
tra le Luci e le Ombre 
dei meandri di Bene e Male 
scortati da Angeli e Demoni 
in un Musicale Silenzio 
con Dolorosa Gioia
sul carro d’infinito Amore 
torneremo 
all’UNO.








Per una buona comprensione della poesia 
e della reale visione nascosta nelle varie allegorie,
consiglio di andare oltre l’interpretazione letterale
ed oltre la realtà delle immagini descritte.

Tony Kospan




 
 
 
 

Il bene ed il male coesistono dappertutto! Ma in noi cosa prevale? Breve riflessione.. una domanda ed una mia poesia   Leave a comment








L’esplosione nel mondo di una violenza totale e senza freni
che abbiamo visto in questi anni
ma che in realtà, anche se in forme diverse, c’è sempre stata,
mi porta a creare questo post composto da:

– Una piccola riflessione…
– una domanda… ed
– una poesia.










NELL’UMANITA’ PREVALE IL BENE O IL MALE?
O COESISTONO L’UNO E L’ALTRO?








La mia è forse una riflessione banale ma in realtà su questo tema si discute da millenni senza esito.

Nessun uomo, anche quello che compie le azioni più efferate, è malvagio al 100%.

Anch’egli ha le sue emozioni i suoi dolori le sue debolezze e perfino le sue bontà verso i figli gli amici etc.

Certo ha commesso azioni tremende ed esecrabili e deve pagare il suo debito alla giustizia completamente e senza sconti, a parer mio, ma da sempre l’umanità è questa come ci raccontano gli antichissimi miti di Caino ed Abele, Romolo e Remo, Angeli e Demoni etc.







Tanto per citare un esempio “neutro” anche il truffatore più spietato può amare ed avere un grande affetto verso la sua donna, i suoi figli… etc. ed esser con loro ed altri buono e generoso.


Infatti seppur ritengo una favola mitologica la storia di Caino ed Abele tuttavia essa è come dire una favola vera e saggia perché riconosce una sacrosanta verità:
da sempre in tutta l’umanità, ma attenzione… anche in ognuno di noi, c’è un Abele ed un… Caino.






Cioè in tutti noi esiste una “naturale“, consapevole o meno, pulsione verso il bene e nel contempo un’altra verso il male.

Come sappiamo le antiche filosofie orientali esprimono concetti simili ad es. con i noti principi yin e yang.






Certo in alcuni fa capolino di più Caino… in altri di più Abele.

Ciascuno di noi è infatti del tutto uguale ma nel contempo del tutto diverso dagli altri.






LA DOMANDA


Ciò detto la domanda non può che essere:

Cosa ne pensate?







LA MIA POESIA


Sono così convinto dell’esistenza di questo eterno dualismo,
in noi e fuori di noi, che mi nacque questa poesia, forse non facile,
in cui il tema è visto però in forma molto allegorica.
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COSMOGONIA
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Ciao da Tony Kospan








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La creazione del mondo – Ecco come avvenne secondo questa… leggenda ungherese   Leave a comment









Tantissime sono le leggende
che tutti i popoli del mondo hanno utilizzato
per raccontare la Creazione del Mondo…
 
 
Questa è stata raccolta da un ricercatore in Ungheria…
nel 1890 prima che ne scomparisse  per sempre il ricordo
 
 
Ma ne riparleremo alla fine.
 
 
 
 

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Il Giardino delle delizie  trittico  di Hieronymus Bosch
 
 
 
 
 

LA CREAZIONE DEL MONDO

 
 
 
 
All’inizio di ogni cosa, prima che il mondo venisse creato – e con lui gli uomini, il buio, la luce e il passare del Tempo – c’era una grande distesa d’acqua cristallina che si estendeva di sotto, di sopra e in ogni dove.
Da qualche parte, dove di preciso non sappiamo, viveva il vecchio Del.
Solo soletto e piuttosto annoiato.
Perché il poveretto non aveva né figli, né fratelli, né nipoti, né amici.
E anche perché aveva deciso di creare un Gran Mondo, ma proprio non sapeva che Gran Mondo avrebbe fatto bene a creare.
Fu così che un giorno – se possiamo dire un giorno, perché i giorni non erano stati ancora creati – per l’irritazione scagliò il suo bastone nella grande distesa d’acqua cristallina.
E vide che il suo bastone, nell’acqua cristallina, si allungava, si ingrossava, metteva radici, rami e foglie, e cresceva sino a diventare un grande albero.
Sotto di esso, più tranquillo e beato di un passero a primavera – se possiamo dire un passero a primavera, dato che i passeri a primavera non erano ancora stati creati – stava seduto il giovane Bengh. – Buongiorno! – disse Bengh al vecchio Del, ridendo e sorridendo un po’ di sbieco, come solo lui sapeva fare. – Io so che tu non hai né amici né fratelli: ebbene, se vorrai, io sarò per te tuo amico e tuo fratello.
Il vecchio Del all’inizio si rallegrò.
Ma poi pensò che quel giovanotto dalla fronte spaziosa e dal sorriso accattivante si era allargato un po’ troppo.
D’altronde si sa come vanno le cose con i diavoli.
C’è sempre il rischio che se gli date un dito si prendano l’intera mano.
E che se gli date una mano si prendano il braccio, la spalla e tutto quello che c’è attaccato di sopra e di sotto. – Tu non potrai essere mio fratello – rispose così un po’ piccato,- perché io non posso avere fratelli.
In quanto all’amicizia vedremo…
Ma intanto, se vorrai, potrai fami compagnia nel mio viaggio.
Viaggiarono insieme per nove giorni e nove notti – se possiamo dire notti, perché le notti non erano state create, – ma ben presto il vecchio Del si accorse che il suo era un pessimo compagno di viaggio.
Petulante, noioso e anche un po’ invidioso. – Sono stanco. Mi fanno male i piedi. Ho fame e ho sete.
E non ne posso più di questa distesa d’acqua cristallina – brontolava infatti Bengh, un passo sì e un passo no. – Cosa non va in questa distesa d’acqua? – gli chiese il vecchio Del. – E’ troppo grande! Io l’avrei fatta più piccola… – A me sembra grande il tanto giusto, per essere una grande distesa d’acqua cristallina… – replicò pazientemente il vecchio Del. – E cosa ancora? – E’ troppo profonda! – A me sembra profonda al punto giusto… Cos’altro ancora? – E’ troppo salata!
E poi tutta questa umidità finirà per farmi venire i reumatismi, ecco…
Certo però, se avessi io i tuoi poteri… – Cosa faresti? – gli chiese il vecchio Del. – Farei un Gran Mondo, ecco che farei!
Con tanta terra asciutta e con tanta gente allegra. E anche con un giardino fiorito, una comoda casetta e un focherello caldo caldo che riscaldi le mie povere ossa!
 
 
 
 
 

 
 
 
 
 

Il vecchio Del ci pensò un po’ su e concluse che dopo tutto quell’idea non era niente male. – Tuffati nelle grandi acque – disse perciò al suo giovane compagno – e portami un pugno di sabbia.
Con quella sabbia costruirò un Gran Mondo. – Davvero? Ma come farai? – gli chiese Bengh. – Pronuncerò il mio nome e la sabbia diventerà Terra! Ma ora va’, e portami quello che ti ho chiesto.
Bengh prese la rincorsa e si tuffò pensando che avrebbe potuto costruire lui stesso, il Gran Mondo che desiderava, se avesse preso la sabbia e poi avesse pronunciato ad alta voce il proprio nome.
Ma quando arrivò lì dove le acque cristalline si facevano più profonde, e vide la sabbia, e la prese stringendola forte tra le dita, e infine pronunciò ad alta voce il proprio nome, la sabbia lo ustionò e lui la lasciò cadere.
Tornando dal vecchio Del con le mani vuote, gli gridò: – Non trovo sabbia! E Del: – Va’, e portamene!
Bengh si rituffò.
E per nove giorni, il giovane furfante, sino al calare del sole – se possiamo dire sole, perché neanche il sole era stato creato – provò e riprovò a fare di nascosto ciò che aveva in mente. Ma ogni volta che afferrava la sabbia e pronunciava ad alta voce il proprio nome, le sue dita si ustionavano e la sabbia gli fuggiva dalle mani.
Era diventata tanto calda, la sabbia, che al nono giorno Bengh era diventato tutto nero. Tornò allora dal vecchio Del, che gli disse: – Sei diventato tutto nero.
Sei veramente un cattivo compagno di viaggio!
Ora va’ e portami finalmente la sabbia. E bada che se pronuncerai ancora il tuo nome, sarai bruciato completamente!
Bengh andò di nuovo e finalmente mise la sabbia nelle mani del vecchio Del, che ne fece una grande Terra. La tirò un po’ di qua e un po’ di là, la sollevò e la abbassò, fece montagne, pianure e valli. E mentre il vecchio Del si divertiva un mondo, a creare il suo Gran Mondo, tirando di qua e di là, sollevando e abbassando, e facendo montagne, pianure e valli – e possiamo dire montagne, pianure e valli perché finalmente erano state create, – Bengh sogghignò e disse: – Io abiterò laggiù, sotto il grande albero, e tu, caro amico, cercati un’altra casa!
Nel sentire quelle parole al vecchio Del, con rispetto parlando, venne quasi un diavolo per capello. – Il mio Mondo non ha bisogno di te! – sbottò.
A quelle parole dalla terra appena creata sorse un enorme toro, con enormi occhi ed enormi orecchie, enormi zampe e lunghissime corna. Scalpitò, sbuffò, infilzò Bengh e poi fuggì lontano, dove di preciso non sappiamo, portando via con sé il cattivo compagno di Del.
Batté gli zoccoli talmente forte, il toro, nella sua corsa, da far tremare il Mondo, la distesa d’acqua cristallina che lo circondava e anche i rami del grande albero.
Fu così che sulla terra caddero tutte le sue foglie: le quali presero nuove forme e nuova vita, e si risollevarono, con le sembianze dei primi uomini e delle prime donne.
Il vecchio Del finalmente fu contento di sé.
Perché era davvero un gran bel Mondo, quello che aveva creato.
Con le sue montagne, le sue pianure e le sue valli, e con tanti uomini e tante donne che finalmente gli avrebbero fatto compagnia.

 
 
 
 

 

 


Questa storia dei gitani d’Ungheria venne raccontata al ricercatore Vladislav Kornel e pubblicata per la prima volta, nella sua forma originale, sul Journal of the Gypsy Lore Society di Londra, nel 1890.

Nello stesso anno e in una versione quasi identica raccolta presso altri gruppi nomadi dei Balcani, venne pubblicata anche da H. von Wlislocki ad Amburgo.

 

 

Testo dal web – impaginaz. Orso Tony




 


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