Archivio per l'etichetta ‘ARTE E SIMBOLI’
Ripartiamo, nell’analisi del dipinto,
dalle gambe della dea, dal pomo e dalle maschere
con le parole del Solimano.
L’ALLEGORIA DELL’AMORE E DEL TEMPO
ARTE E SEGRETI
II PARTE
Ma soprattutto si vedono due maschere, una giovane donna ed un uomo anziano che ha l’aria trista (triste+cattiva).
Le maschere, dice Erwin Panofsky, da sempre simboleggiano “la mondanità, l’insincerità e la falsità”.
Un raccordo con la Frode (la fanciulla), ma anche con il Piacere ed il Gioco (il putto).
Tutto continua ad essere chiaro ed ambiguo, duplice.
Nel particolare qui sotto del quadro del Bronzino, si vedono in parte i corpi bellissimi dei due amanti, Venere e Cupido, e continuano a comparire dei simboli, dei sublimi feticci.
Ambiguamente, il voyeurismo si nasconde dietro il significato morale e viceversa.
Proprio nell’angolo in basso si vede una colomba, ma poi se si guarda bene, si vede anche spuntare il becco e la testa di un’altra colomba.
“Tubare come colombi” si dice ancor oggi, ed Erwin Panofsky scrive che era un simbolo usuale di “tenera sollecitudine”, a cui è da aggiungere che le coppie di colombi sono note per la monogamia.
Il contesto non sembra quello, considerando il cuscino evidentemente morbidissimo sotto le ginocchia di Cupido, oggetto piuttosto raro allora.
Ancora oggi parliamo dei cuscini in “piumino d’oca” proprio per intendere che la morbidezza è il primo requisito del cuscino, che è un simbolo di lascivia e di mollezza.
“I Racconti del Cuscino” è il titolo di un film pregevole ed originale di Peter Greenaway, l’autore de “I misteri dei Giardini di Compton House”.
Il tema ricorrente di Greenaway è una acuta indagine sull’erotismo, un po’ quello che fa il Bronzino qui.
Dietro Cupido, si intravedono le foglie di un mirto, simbolo classico dell’amore.
Ma il corpo di Cupido, è maschile o femminile?
Ci tornerò alla fine.
In alto c’è un vecchio assai vigoroso, attento e lucidamente iracondo, la testa pelata ed una strana barba assai folta, dove c’è. I baffi spioventi gli coprono le labbra.
Ancora più in alto si vede un’ala biancastra e, vicino alla testa del vecchio, si intravede parte di una clessidra.
Corrisponde con la colomba nell’angolo opposto, quella di cui si vede solo il becco e la testa – il Bronzino era assai lucido nell’organizzare, nel pesare la rappresentazione, ed in questo caso si tratta musicalmente di due note in minore, ma indispensabili.
Questo vecchio è il simbolo del tempo, lo comprendono tutti, ma è bene porsi due domande, una particolare, ed una generale.
Che cosa sta facendo il tempo, anzi il Tempo?
Il tempo
Sta tirando in alto un drappo, una specie di grande tenda, sta svelando il quadro, con tutti i suoi significati e la loro ambiguità che, per il fatto stesso che ce ne accorgiamo, non c’è più, perché “Veritas filia Temporis”.
Perché il Tempo è vecchio? Una domanda ovvia, ma solo in apparenza.
Parrà strano, ma nella antichità classica il Tempo non era rappresentato come un vecchio, non c’era questa attenzione all’età del Tempo, anzi, spesso era rappresentato come un giovane con le ali ai piedi: Kairòs, l’Opportunità, che passa veloce e la devi cogliere subito, difatti aveva un gran ciuffo davanti e la nuca rasata.
Il Tempo è rappresentato come un vecchio per l’equivoco tardo-antico fra due parole greche che hanno significato diverso: Chronos, il tempo e Kronos, il padre di Zeus, vecchio e cattivissimo, un mangiabambini, alla lettera.
Lascio a voi la riflessione su quanto questa identificazione negativa del Tempo abbia pesato sulla visione di vita di tutto l’Occidente.
Per gli antichi Greci, Chronos era una cosa e Kronos tutta un’altra cosa.
Kronos, il nostro Saturno, si è mangiato pure Chronos… ed è un bel guaio.
Sono rappresentate due donne, nella parte del dipinto in alto a sinistra.
La simbologia di una delle due, la donna che piange ed urla strappandosi i capelli, è stata sempre chiara, dal Vasari ad oggi, anzi ben prima del Vasari e del Bronzino: è il simbolo della Gelosia disperata, altro inconveniente dell’amore, forse quello che più fa soffrire.
Riguardo la donna più in alto ci sono state molte discussioni; Erwin Panofsky credette di essere arrivato nel giusto definendola come Verità che aiuta il Tempo ad alzare il velo: Veritas filia Temporis, appunto.
Quindi ritenne che il titolo più appropriato del quadro era: “La lussuria smascherata“.
Ma ebbe la correttezza di cambiare idea quando osservò che nel quadro c’è una contrapposizione fra questa donna ed il Tempo: si scambiano sguardi irosi e sembra che la donna cerchi più di continuare a coprire col drappo piuttosto che alzarlo.
Oggi l’interpretazione più diffusa ritiene che questa donna rappresenti la Notte, colei che cela gli amanti ed in cui sembra che il tempo si fermi.

Al centro del quadro Cupido e Venere si baciano e si carezzano lascivamente, ma le forme di Cupido hanno ben poco di maschile, sembra un androgino.
Qui c’è tutta la cultura neoplatonica di Firenze che tendeva ad una rappresentazione molto simile dei corpi maschili e femminili, lo si vede benissimo dai disegni di Leonardo, Michelangelo e Raffaello.
L’aspetto più sorprendente è la gestualità dei due amanti: Venere ha in mano una freccia, Cupido tiene una mano sui capelli di Venere, sino ad arrivare al diadema.
Non possono essere gesti vacui, e l’interpretazione è singolare: entrambi stanno perseguendo la stessa finalità, che è quella di sottrarre qualcosa senza che l’altro se ne accorga.
Venere disarma Cupido privandolo della freccia, e Cupido disarma Venere privandola del suo diadema.
Entrambi operano in modo nascosto, difatti i loro gesti non possono essere reciprocamente visti.
Trovo convincente questa interpretazione, perché dopo che la si è sentita la prima volta non si può fare a meno di vedere la specularità dei due gesti, che sono fra di loro in corrispondenza fraudolenta.
Rivediamolo infine un’ultima volta e tutto intero, il quadro,
dopo gli spezzettamenti faticosi della spiegazione.

Un altro titolo dell’opera, forse più vicino alle intenzioni dell’artista, è “L’Allegoria del Trionfo di Venere”.
Il quadro è stato eseguito attorno al 1546 e segna la fine del periodo dei manieristi eroici e furiosi: il Parmigianino, il Rosso fiorentino, il Pontormo, i pittori della crisi politica italiana.
Due poteri politici assoluti, il Vaticano e la Spagna, hanno vinto, e “la lucida intenzionalità con cui il Bronzino dà forma incorrotta alla materia pittorica, fissando le immagini in una statica e aulica preziosità, si pone come superamento delle inquietudini della precedente generazione manieristica”.
E’ “un emblematico riflesso della volontà assolutistica della politica”.
Nel tempo succederà altre volte, ancora con grandi artisti: Guido Reni, dopo la tempesta sublime e terrestre del Caravaggio, e Jean Dominique Ingres, dopo la Rivoluzione francese, in piena Restaurazione.
Ma se seguiamo Erwin Panofsky, ci accorgiamo di quanta duplicità, ambiguità, insicurezza, ci sia dietro questo trionfo allegorico, ed il Bronzino ne era consapevole, solo che i tempi erano quelli.
La scialuppa di salvataggio non è il trionfo, è la consapevolezza, ed il sorriso che ne scaturisce, non ironico né grottesco, è il sorriso di chi ha capito, e va bene così, perché chi se ne accorge già è fuori dal gioco fraudolento della ipocrisia fatta sistema, dei disvalori elevati a valori.
Questo può essere il senso catartico del capolavoro del Bronzino.
F i n e
Testo di Solimano – Impaginazione note e coordinam. di Tony Kospan
PER CHI VOLESSE LEGGER LA I PARTE




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Un mitico dipinto, molto chiaro, perfino semplice…
ma che tuttavia, secondo lo stile dell’epoca,
nasconde tanti simboli ed il mistero del suo significato.
“Osserviamolo attentamente e… da… vicino”.

L’ENIGMA DELLA PRIMAVERA DEL BOTTICELLI
a cura di Tony Kospan
STORIA DEL DIPINTO
Raramente un dipinto che ha un oggetto così chiaro…, come questo…, nasconde invece tanti segreti interpretativi…
Commissionata al pittore fiorentino intorno al 1478, “La Primavera” è il più celebre dipinto mitologico del Quattrocento, ed è anche una delle creazioni più belle e più misteriose del Rinascimento.
Ancor oggi, nonostante i tantissimi studi da parte dei più grandi esperti d’arte, ci sfuggono sia la genesi precisa che tutti i suoi veri significati
Nel 1498, pochi anni dopo la sua realizzazione, adornava il letto del giovane Lorenzo di Piefrancesco de’ Medici, nipote del Magnifico.
Sessant’anni più tardi, avendola vista nella villa medicea di Castello, Giorgio Vasari ce ne parla in un passo del suo celebre “Le Vite” ed in pratica ci consegna il titolo dell’opera “… un’altra Venere, che le Grazie la fioriscono, dinotando la Primavera: le quali da lui (Botticelli) con grazia si veggono espresse“.

AMBIENTAZIONE E PERSONAGGI RAPPRESENTATI
Nell’opera sono rappresentati 9 personaggi posti in un boschetto ombroso, che si presentano allineati su un prato tappezzato da decine di fiori di vario genere.

L’ambientazione ricorda gli arazzi fiamminghi, noti come “millefiori“, all’epoca molto diffusi nelle case aristocratiche fiorentine.
L’identità delle nove figure sembra però ormai definitivamente accertata.

Venere
Al centro della composizione c’è Venere (per altri potrebbe essere invece Giunone per la sua posa serena).

Accanto a lei le tre Grazie: Talia la prosperità, Eufrosine la gioia e Aglaia lo splendore

Sia la dea che le altre figure femminili
appaiono chiaramente incinte.

Sulla destra c’è Zefiro, la ninfa Cloris che si trasforma in Flora dalla splendida veste bianca decorata di corolle.

Cupido
In alto poi c’è Cupido

Mercurio
e sull’estrema sinistra Mercurio.
LETTURA DEL DIPINTO
Va fatta, contrariamente al solito, da destra verso sinistra.

Zefiro Cloris e Flora (da dx verso sin)
Zefiro, vento primaverile agguanta la ninfa Cloris che poi si trasforma in Flora… dea della Primavera… e dei fiori.

Flora
Flora, pur non essendo il personaggio centrale, spicca però per la sua bellezza… e dà anche il nome al dipinto.

Accanto a Flora, al centro dipinto, la dea Venere (o Giunone) con un atteggiamento sereno saluta con la mano le tre Grazie che danzano in cerchio un ballo dell’epoca coperte solo di veli trasparenti.
.
Dall’alto Cupido alato scocca uno strale infuocato, mentre Mercurio, assorto, volgendo le spalle agli altri personaggi, tocca (indica? disperde?) le nuvole col caduceo (bastone con due serpenti attorcigliati intorno a esso).
I DUBBI
L’aver individuato tutti i soggetti presenti non ha tuttavia risolto la spiegazione del senso complessivo del dipinto ed infatti si è molto discusso sui seguenti punti:
– Qual è il vero significato dell’opera e cosa accomuna le nove figure?
– Perché la dea e le altre figure femminili sono tutte incinte?

ALCUNE TRA LE SPIEGAZIONI PIU’ ACCREDITATE
Il primo che tentò di risolvere il problema fu lo studioso tedesco Aby Warburg che ipotizzò anche un titolo più preciso per il dipinto “Regno di Venere”. Questo perché appaiono riunite figure mitologiche che generalmente sono associate alla dea, la quale è anche la divinità della primavera.
L’inglese Charles Dempsey, invece, ritenne che il quadro fosse la raffigurazione non solo della stagione primaverile, ma anche dei tre mesi di cui essa è composta: il mese dei venti, marzo, sarebbe simboleggiato da Zefiro-Cloris-Flora; Venere, Cupido e le Grazie alluderebbero ad aprile, il mese dell’amore; mentre Mercurio rappresenterebbe maggio, dato che il nome di tale mese derivò anticamente da quello di Maia, madre di Mercurio.
Altri studiosi hanno cercato figure storiche nascoste sotto i panni mitologici e così sono stati fatti i nomi di dame fiorentine per Flora e le tre Grazie.
Altri ancora hanno ipotizzato spiegazioni di tipo filosofico.
Il critico d’arte tedesco Erwin Panofsky, per esempio, ricordando i diversi tipi di Amore e le relative Veneri del Neoplatonismo, ha contrapposto la Venere celeste raffigurata nella “Nascita di Venere” – altro capolavoro del Botticelli – alla Venere terrena de “La Primavera”.
Lo storico dell’arte austriaco Ernst Gombrich, invece, ha interpretato il quadro come la raffigurazione della Venus-Humanitas, figura che il filosofo Marsilio Ficino raccomandava come guida spirituale in una lettera al giovane Lorenzo di Pierfrancesco de’ Medici, probabile destinatario del quadro.
“La Primavera”, dunque, è la visualizzazione di un dogma filosofico?
E’ la rappresentazione di un ideale paradiso umanistico, immerso nella natura e abitato da un’umanità eternamente giovane e bella?
E’ la raffigurazione di un complesso messaggio simbolico?
Oppure rappresenta semplicemente – secondo un’opinione oggi poco seguita – una mascherata di giovani fiorentini in una festa dell’epoca?
Il mistero intorno a questo straordinario dipinto è ancora fitto.
UNA PERSONALE INTERPRETAZIONE

Botticelli
Riguardandolo ora di nuovo tutto insieme, a mio parere, il dipinto appare in modo evidente un inno al sorgere ed all’affermarsi della Primavera come quella bella stagione che, rompendo le rigidità e le oscurità invernali con il sorgere dei fiori e la rinascita della natura, prepara il trionfo dell’estate.

Nel rappresentar ciò il Botticelli utilizza i simboli della mitologia classica e, a conferma della mia interpretazione, attraverso l’immagine delle donne incinte egli esalta la primavera quale momento di “gestazione della natura” che darà presto tutti i suoi frutti… al sole dell’estate.
TONY KOSPAN
FONTI: VARI SITI WEB
   
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Spesso gli artisti amano nascondere nelle loro opere
pensieri e/o messaggi segreti
che solo pochi poi riescono a individuare e comprendere in modo completo.
Nel periodo Rinascimentale la cosa era molto frequente.
Questo, nella Storia dell’Arte, è proprio uno dei dipinti
più emblematici in tal senso.
In verità ciò, a mio parere, non vuol dire
che bisogna conoscer tutto lo scibile umano
per comprender un’opera d’arte
ma solo che ci possono essere tante “letture”
quante sono le nostre capacità di comprensione
dello spirito e delle idee dell’autore
nonché dell’ambiente reale ed artistico in cui l’opera nasce.
ALLEGORIA DELL’AMORE E DEL TEMPO
– ARTE E SEGRETI –
I PARTE

Agnolo Bronzino
In questo post analizzeremo questo famoso dipinto “manierista” che nasconde, dietro la fantastica ed abbagliante bellezza molto, ma davvero molto…, molto altro.
Ogni immagine che vediamo nel dipinto infatti non è per nulla casuale… ma ci lancia in modo evidente una serie di messaggi, per la verità non tutti, e non del tutto, decifrati… o decifrabili.
Iniziamo dunque, grazie a quest’ampia analisi del Solimano, ricca anche di accenni storici e mitologici, ad approfondire tutto quello che il Bronzino ci vuol dire von questo dipinto.
Tony Kospan
L’Allegoria dell’Amore e del Tempo – Il dipinto completo
Il quadro più celebre di Agnolo Bronzino è “L’Allegoria dell’Amore e del Tempo“,
attualmente esposto alla National Gallery di Londra.
Fu eseguito attorno al 1546, ed immediatamente mandato da Cosimo, duca di Firenze,
a Francesco, re di Francia.
E’ certamente una allegoria, il titolo che ho riportato è quello più diffuso.
Così ne narra il Vasari: “Fece un quadro di singolare bellezza,
che fu mandato in Francia al re Francesco, dentro il quale era una Venere ignuda con Cupido che la baciava,
ed il Piacere da un lato e il Giuoco con altri Amori, e dall’altro la Fraude, la Gelosia et altre passioni d’amore”.
C’è qualche inesattezza, ma è comprensibile, il Vasari scriveva a memoria,
il quadro era già in Francia da diverso tempo.
Se si dovesse scegliere l’emblema del manierismo maturo non c’è alcun dubbio,
sarebbe questo quadro, considerato da molti un’opera di sensualità affascinante,
ed il re di Francia lo gradì soprattutto per questo motivo,
come ben sapeva quella volpe di Cosimo de’ Medici.
Ma è proprio così?
O, per meglio dire, è solo così?
Nel particolare che inserisco si vede un putto bellissimo che va spargendo petali di rose:
è il simbolo del Piacere, su questo sono tutti d’accordo, fin dal Vasari,
ma chi è la fanciulla assai bella – di una bellezza diversa – il cui volto si vede a fianco del putto?
Il grande Erwin Panofsky ha dedicato alcune delle sue pagine più belle a quest’opera.
Racconto quale è la sua interpretazione, oggi quasi* (nota di Tony Kospan) universalmente condivisa.
Il Piacere (partic. by TK)
La fanciulla il cui bel volto sbuca dietro il putto, è piuttosto strana,
se si cerca di guardarne il corpo, che in parte si nasconde sempre dietro il putto,
e non è un caso.
Perché la bella veste verde che indossa è in parte sollevata,
ed appare un corpo squamoso, da pesce o da rettile.
Più in basso, compariranno delle zampe con artigli ed anche una lunga coda.
In una mano tiene un favo di miele,
nell’altra cerca di nascondere un piccolo animale venefico.
Non solo, a ben guardare le due mani sono scambiate:
la destra è una sinistra, e la sinistra una destra.

Qualche critico, fermandosi alla pelle squamosa,
ha ritenuto che fosse una Arpia, ma sono le mani, a svelare l’identità:
la mano cattiva che offre il dono,
la mano buona che nasconde il veleno:
una duplicità vertiginosa.
E’ la Frode (anche l’Inganno o l’Ipocrisia, secondo gli iconologi del ’500),
la cui caratteristica fondamentale è proprio la duplicità:
per questo il viso è bellissimo ed il corpo orribile,
per questo le mani sono scambiate,
per questo non sta in primo piano, ma si nasconde dietro al putto,
che è il simbolo del Piacere e del Gioco.
Proprio negli anni in cui opera il Bronzino si diffonde il gusto dei labirinti:
grafici, scolpiti, realizzati nei giardini,
quasi a significare la perdita di senso, la difficoltà di trovare una risposta univoca:
la Frode è una moderna Sfinge, più insidiosa di quella che incontrò Edipo.
L’inganno – La fanciulla dietro al putto (guardate le mani n.T.K.)
Se si esamina il particolare in basso a destra del quadro del Bronzino,
si scoprono altri aspetti di cui alcuni inattesi.
Non lo è il pomo nella mano (splendida!) di Venere,
un dono che la dea intende offrire ad Amore o Cupido
(si badi, è suo figlio, in quasi tutti i miti, e quindi c’è pure il coté incestuoso);
tiene il pomo in modo che Cupido lo veda
– però con l’altra mano tiene una freccia, che Cupido non può vedere,
ma di ciò poi.
Si intravedono anche parte delle gambe della dea,
che è di una bellezza non so dire se divina o diabolica,
ed il Bronzino a questo voleva portarci, ad una ammirazione tanto forte quanto turbata.

Pomo, Gambe della dea e maschere (partic.)
Si vede che il putto ha una cavigliera ornata con campanelli,
un motivo dell’antichità ellenistica che rimanda al Piacere ed al Gioco.
Si intravedono anche le zampe con gli artigli della bella fanciulla,
la Frode, e la sua lunga coda, simile, diremmo noi,
a quella di un enorme serpente a sonagli,
che presumibilmente il Bronzino non conosceva (ma che strano, sonagli-campanelli!).
– Continua –
Autore del testo Solimano – Impaginazione e presentazione di Tony Kospan
LA TUA PAGINA SPECIALE
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Spesso gli artisti amano nascondere nelle loro opere
pensieri e/o messaggi segreti
che solo pochi poi riescono a individuare e comprendere in modo completo.
Nel periodo Rinascimentale la cosa era molto frequente.
Questo, nella Storia dell’Arte, è proprio uno dei dipinti
più emblematici in tal senso.
In verità ciò, a mio parere, non vuol dire
che bisogna conoscer tutto lo scibile umano
per comprender un’opera d’arte
ma solo che ci possono essere tante “letture”
quante sono le nostre capacità di comprensione
dello spirito e delle idee dell’autore
nonché dell’ambiente reale ed artistico in cui l’opera nasce.
ALLEGORIA DELL’AMORE E DEL TEMPO
– ARTE E SEGRETI –
I PARTE

Agnolo Bronzino
In questo post analizzeremo questo famoso dipinto “manierista” che nasconde, dietro la fantastica ed abbagliante bellezza molto, ma davvero molto…, molto altro.
Ogni immagine che vediamo nel dipinto infatti non è per nulla casuale… ma ci lancia in modo evidente una serie di messaggi, per la verità non tutti, e non del tutto, decifrati… o decifrabili.
Iniziamo dunque, grazie a quest’ampia analisi del Solimano, ricca anche di accenni storici e mitologici, ad approfondire tutto quello che il Bronzino ci vuol dire von questo dipinto.
Tony Kospan
L’Allegoria dell’Amore e del Tempo – Il dipinto completo
Il quadro più celebre di Agnolo Bronzino è “L’Allegoria dell’Amore e del Tempo“,
attualmente esposto alla National Gallery di Londra.
Fu eseguito attorno al 1546, ed immediatamente mandato da Cosimo, duca di Firenze,
a Francesco, re di Francia.
E’ certamente una allegoria, il titolo che ho riportato è quello più diffuso.
Così ne narra il Vasari: “Fece un quadro di singolare bellezza,
che fu mandato in Francia al re Francesco, dentro il quale era una Venere ignuda con Cupido che la baciava,
ed il Piacere da un lato e il Giuoco con altri Amori, e dall’altro la Fraude, la Gelosia et altre passioni d’amore”.
C’è qualche inesattezza, ma è comprensibile, il Vasari scriveva a memoria,
il quadro era già in Francia da diverso tempo.
Se si dovesse scegliere l’emblema del manierismo maturo non c’è alcun dubbio,
sarebbe questo quadro, considerato da molti un’opera di sensualità affascinante,
ed il re di Francia lo gradì soprattutto per questo motivo,
come ben sapeva quella volpe di Cosimo de’ Medici.
Ma è proprio così?
O, per meglio dire, è solo così?
Nel particolare che inserisco si vede un putto bellissimo che va spargendo petali di rose:
è il simbolo del Piacere, su questo sono tutti d’accordo, fin dal Vasari,
ma chi è la fanciulla assai bella – di una bellezza diversa – il cui volto si vede a fianco del putto?
Il grande Erwin Panofsky ha dedicato alcune delle sue pagine più belle a quest’opera.
Racconto quale è la sua interpretazione, oggi quasi* (nota di Tony Kospan) universalmente condivisa.
Il Piacere (partic. by TK)
La fanciulla il cui bel volto sbuca dietro il putto, è piuttosto strana,
se si cerca di guardarne il corpo, che in parte si nasconde sempre dietro il putto,
e non è un caso.
Perché la bella veste verde che indossa è in parte sollevata,
ed appare un corpo squamoso, da pesce o da rettile.
Più in basso, compariranno delle zampe con artigli ed anche una lunga coda.
In una mano tiene un favo di miele,
nell’altra cerca di nascondere un piccolo animale venefico.
Non solo, a ben guardare le due mani sono scambiate:
la destra è una sinistra, e la sinistra una destra.

Qualche critico, fermandosi alla pelle squamosa,
ha ritenuto che fosse una Arpia, ma sono le mani, a svelare l’identità:
la mano cattiva che offre il dono,
la mano buona che nasconde il veleno:
una duplicità vertiginosa.
E’ la Frode (anche l’Inganno o l’Ipocrisia, secondo gli iconologi del ’500),
la cui caratteristica fondamentale è proprio la duplicità:
per questo il viso è bellissimo ed il corpo orribile,
per questo le mani sono scambiate,
per questo non sta in primo piano, ma si nasconde dietro al putto,
che è il simbolo del Piacere e del Gioco.
Proprio negli anni in cui opera il Bronzino si diffonde il gusto dei labirinti:
grafici, scolpiti, realizzati nei giardini,
quasi a significare la perdita di senso, la difficoltà di trovare una risposta univoca:
la Frode è una moderna Sfinge, più insidiosa di quella che incontrò Edipo.
L’inganno – La fanciulla dietro al putto (guardate le mani n.T.K.)
Se si esamina il particolare in basso a destra del quadro del Bronzino,
si scoprono altri aspetti di cui alcuni inattesi.
Non lo è il pomo nella mano (splendida!) di Venere,
un dono che la dea intende offrire ad Amore o Cupido
(si badi, è suo figlio, in quasi tutti i miti, e quindi c’è pure il coté incestuoso);
tiene il pomo in modo che Cupido lo veda
– però con l’altra mano tiene una freccia, che Cupido non può vedere,
ma di ciò poi.
Si intravedono anche parte delle gambe della dea,
che è di una bellezza non so dire se divina o diabolica,
ed il Bronzino a questo voleva portarci, ad una ammirazione tanto forte quanto turbata.

Pomo, Gambe della dea e maschere (partic.)
Si vede che il putto ha una cavigliera ornata con campanelli,
un motivo dell’antichità ellenistica che rimanda al Piacere ed al Gioco.
Si intravedono anche le zampe con gli artigli della bella fanciulla,
la Frode, e la sua lunga coda, simile, diremmo noi,
a quella di un enorme serpente a sonagli,
che presumibilmente il Bronzino non conosceva (ma che strano, sonagli-campanelli!).
– Continua –
Autore del testo Solimano – Impaginazione e presentazione di Tony Kospan
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La realtà rovesciata,
figlia del contrasto tra violenza ed armonia,
che vola nel sogno con musica e poesia
appare esser il messaggio principale della sua arte.
.
Gli amanti azzurri
Atmosfere oniriche e scenari fiabeschi.
Ma anche temi religiosi e il dramma dell’Olocausto.
Su tutto, la straordinaria forza del colore.
Vitebsk 7.7.1887 – S. Paul de Vence 28.3.1985
MARC CHAGALL
– PITTURA… POESIA E SOGNO –
Omaggio ad un grande artista del Novecento,
in un percorso di meraviglie che meraviglia.
.
Davvero bellissima la definizione che di lui diede Henry Miller
“Un poeta con le ali da pittore”
Omaggio ad Apollinaire
BREVE BIOGRAFIA
Marc Chagall nasce a Liosno, presso Vitebsk nel 1887.
Dal 1906 al 1909 studia prima a Vitebsk, quindi Marc Chagall entra all’accademia di Pietroburgo, dove è allievo anche di Bakst.
Nel 1910 si trasferisce a Parigi.
Qui conosce le nuove correnti del momento, particolarmente il Fauvismo e il Cubismo.
Si inserisce negli ambienti artistici d’avanguardia.
Frequenta tra gli altri Guillaume Apollinaire e Robert Delaunay.
Nel 1912 espone sia al Salon des Indépendants, che al Salon d’Automne.
Delaunay lo fa conoscere al mercante berlinese Herwarth Walden, che nel 1914 gli allestisce una personale presso la sua galleria Der Sturm.
Carnevale notturno
Il sopraggiungere della guerra nel 1914 fa rientrare Marc Chagall a Vitebsk.
Qui fonda l’Istituto d’Arte, di cui è direttore fino al 1920, quando gli subentra Malevich.
Si trasferisce a Mosca. Inizia a realizzare le decorazioni per il teatro ebraico statale “Kamerny”.
Nel 1923 ritorna a Berlino e successivamente a Parigi.
Qui ristabilisce i contatti e conosce Ambroise Vollard, che gli commissiona l’illustrazione di vari libri.
Nel 1924 ha luogo una importante retrospettiva di Chagall presso la Galerie Barbazanges-Hodeberg.
In seguito, effettua viaggi in Europa e anche in Palestina.
Nel 1933 presso il Kunstmuseum Marc Chagall ha luogo una grande retrospettiva.
Gli amanti
Ma quasi contemporaneamente avviene l’ascesa del nazismo al potere in Germania.
Tutte le opere di Chagall vengono confiscate ai musei tedeschi.
Alcune figurano nell’asta tenuta alla Galerie Fischer di Lucerna nel 1939.
A Chagall non rimane che rifugiarsi in America.
Nel 1947 fa ritorno a Parigi, e nel 1949 si stabilisce a Vence.
Importanti mostre gli vengono dedicate dappertutto.
Inizia la lunga serie di decorazioni di grandi strutture pubbliche.
Nel 1962 disegna le vetrate per la sinagoga dello Hassadah Medical Center, presso Gerusalemme, e per la cattedrale di Metz.
Nel 1964 realizza le pitture del soffitto dell’Opéra di Parigi.
L’anno dopo è la volta delle grandi pitture murali sulla facciata della Metropolitan Opera House di New York.
Nel 1970 disegna le vetrate del coro e del rosone del Fraumenster di Zurigo.
Di poco successivo è il grande mosaico a Chicago.
Muore a Saint-Paul-de-Vence nel 1985.
Il gran sole
IL SUO MONDO ARTISTICO
L’elemento onirico nelle sue opere non fa più capo ad un inconscio privato, quale poteva essere quello surrealista, ma ad un inconscio culturale e storico, una vera immersione che si materializza in forme fantastiche e colori straordinari.
Senza tarpare le ali dell’immaginazione, Chagall racconta la Storia.
Con un’intensità unica ed appassionata.
Sogno d’amore
“L’arte mi sembra essere soprattutto uno stato d’animo”
Questo era per lui l’arte.
E cosa c’era nel suo animo di pittore?
Tanti mondi diversi: i ricordi d’ infanzia, trascorsa nel villaggio russo di Vitebsk, le tradizioni ebraiche della sua famiglia, e poi tante città.
soprattutto Pietroburgo, dove dipinse i primi quadri;

Circo
Parigi poi, dove viene investito dalle novità delle avanguardie;
ed infine New York, vissuta da emigrato, con ancora negli occhi le tragedie della guerra.
.
.
.
Tante immagini che però si fondono in uno stile inconfondibile, un armonioso insieme di tradizione e modernità ravvivato da colori fiabeschi, sempre in bilico tra sogno e realtà..
.

Sposi
Il mondo incantato di un pittore-poeta, che unisce le icone russe e il talmud, le geometrie cubiste e gli ardori futuristi, il teatro e la danza.
Un universo di immagini, simboli e favole firmato Marc Chagall.
Chagall – Il viaggiatore – 1917
Un’interessante analisi della sua arte , ed a mio parere condivisibile in toto, è quella che segue:
“Una fiaba russa fatta di zar e dervisci, zingari suonatori di violino, asini e galli, dove ciò che è proibito nella quotidianità si avvera sulla tela, non per forza in seguito a catastrofi o tragici sconquassi, bensì, più felicemente, sulla scia dell’incanto e del piacere.
La visione del pittore non sfida solo la legge di gravità e l’ordine classico dei piani spaziali, ma rovescia radicalmente i valori condivisi con furore rivoluzionario.”
«La Russia si copriva di ghiaccio.
Lenin l’ha messa sottosopra,
proprio come io ribalto i miei quadri»
spiegava lo stesso Chagall negli Anni Venti.
Volare
A questa carica di morte e violenza fa però da contrappeso un’armonia fatta di musica e poesia
– secondo l’artista gli unici veri motori del cambiamento –,
come avviene in particolare in Resistenza-Resurrezione-Liberazione (il trittico della Rivoluzione).
Alessandro Masi (con qualche piccola modifica)

Testi ed immagini da vari siti web
Impaginazione, elaborazione e coordinam. Orso Tony
CIAO DA TONY KOSPAN
..

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La realtà rovesciata,
figlia del contrasto tra violenza ed armonia,
che vola nel sogno… con musica e poesia…
appare esser il messaggio principale della sua arte.
.
Gli amanti azzurri
Atmosfere oniriche e scenari fiabeschi.
Ma anche temi religiosi e il dramma dell’Olocausto.
Su tutto, la straordinaria forza del colore.
Vitebsk 7.7.1887 – S. Paul de Vence 28.3.1985
MARC CHAGALL
– PITTURA… POESIA E SOGNO –
Omaggio ad un grande artista del Novecento,
in un percorso di meraviglie… che meraviglia.
.
Davvero bellissima la definizione che di lui diede Henry Miller…
“Un poeta con le ali da pittore”
Omaggio ad Apollinaire
BREVE BIOGRAFIA
Marc Chagall nasce a Liosno, presso Vitebsk nel 1887.
Dal 1906 al 1909 studia prima a Vitebsk, quindi Marc Chagall entra all’accademia di Pietroburgo, dove è allievo anche di Bakst.
Nel 1910 si trasferisce a Parigi.
Qui conosce le nuove correnti del momento, particolarmente il Fauvismo e il Cubismo.
Si inserisce negli ambienti artistici d’avanguardia.
Frequenta tra gli altri Guillaume Apollinaire e Robert Delaunay.
Nel 1912 espone sia al Salon des Indépendants, che al Salon d’Automne. Delaunay lo fa conoscere al mercante berlinese Herwarth Walden, che nel 1914 gli allestisce una personale presso la sua galleria Der Sturm.
Carnevale notturno
Il sopraggiungere della guerra nel 1914 fa rientrare Marc Chagall a Vitebsk.
Qui fonda l’Istituto d’Arte, di cui èdirettore fino al 1920, quando gli subentra Malevich.
Si trasferisce a Mosca. Inizia a realizzare le decorazioni per il teatro ebraico statale “Kamerny”.
Nel 1923 ritorna a Berlino e successivamente a Parigi.
Qui ristabilisce i contatti e conosce Ambroise Vollard, che gli commissiona l’illustrazione di vari libri.
Nel 1924 ha luogo una importante retrospettiva di Chagall presso la Galerie Barbazanges-Hodeberg.
In seguito, effettua viaggi in Europa e anche in Palestina.
Nel 1933 presso il Kunstmuseum Marc Chagall ha luogo una grande retrospettiva.
Gli amanti
Ma quasi contemporaneamente avviene l’ascesa del nazismo al potere in Germania.
Tutte le opere di Chagall vengono confiscate ai musei tedeschi.
Alcune figurano nell’asta tenuta alla Galerie Fischer di Lucerna nel 1939.
A Chagall non rimane che rifugiarsi in America.
Nel 1947 fa ritorno a Parigi, e nel 1949 si stabilisce a Vence.
Importanti mostre gli vengono dedicate dappertutto.
Inizia la lunga serie di decorazioni di grandi strutture pubbliche.
Nel 1962 disegna le vetrate per la sinagoga dello Hassadah Medical Center, presso Gerusalemme, e per la cattedrale di Metz.
Nel 1964 realizza le pitture del soffitto dell’Opéra di Parigi.
L’anno dopo è la volta delle grandi pitture murali sulla facciata della Metropolitan Opera House di New York.
Nel 1970 disegna le vetrate del coro e del rosone del Fraumenster di Zurigo.
Di poco successivo è il grande mosaico a Chicago.
Muore a Saint-Paul-de-Vence nel 1985.
Il gran sole
IL SUO MONDO ARTISTICO
L’elemento onirico nelle sue opere non fa più capo ad un inconscio privato, quale poteva essere quello surrealista, ma ad un inconscio culturale e storico, una vera immersione che si materializza in forme fantastiche e colori straordinari.
Senza tarpare le ali dell’immaginazione, Chagall racconta la Storia.
Con un’intensità unica ed appassionata.
Sogno d'amore
“L’arte mi sembra essere soprattutto uno stato d’animo”
Questo era per lui l’arte.
E cosa c’era nel suo animo di pittore?
Tanti mondi diversi: i ricordi d’ infanzia, trascorsa nel villaggio russo di Vitebsk, le tradizioni ebraiche della sua famiglia, e poi tante città.
soprattutto Pietroburgo, dove dipinse i primi quadri;

Circo
Parigi poi, dove viene investito dalle novità delle avanguardie;
ed infine New York, vissuta da emigrato, con ancora negli occhi le tragedie della guerra.
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Tante immagini che però si fondono in uno stile inconfondibile, un armonioso insieme di tradizione e modernità ravvivato da colori fiabeschi, sempre in bilico tra sogno e realtà..
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Sposi
Il mondo incantato di un pittore-poeta, che unisce le icone russe e il talmud, le geometrie cubiste e gli ardori futuristi, il teatro e la danza.
Un universo di immagini, simboli e favole firmato Marc Chagall.
Chagall – Il viaggiatore – 1917
Un'interessante analisi della sua arte , ed a mio parere condivisibile in toto, è quella che segue:
“Una fiaba russa fatta di zar e dervisci, zingari suonatori di violino, asini e galli, dove ciò che è proibito nella quotidianità si avvera sulla tela, non per forza in seguito a catastrofi o tragici sconquassi, bensì, più felicemente, sulla scia dell'incanto e del piacere. La visione del pittore non sfida solo la legge di gravità e l'ordine classico dei piani spaziali, ma rovescia radicalmente i valori condivisi con furore rivoluzionario.”
«La Russia si copriva di ghiaccio.
Lenin l'ha messa sottosopra,
proprio come io ribalto i miei quadri»
spiegava lo stesso Chagall negli Anni Venti.
Volare
A questa carica di morte e violenza fa però da contrappeso un'armonia fatta di musica e poesia
– secondo l'artista gli unici veri motori del cambiamento –,
come avviene in particolare in Resistenza-Resurrezione-Liberazione (il trittico della Rivoluzione).
Alessandro Masi (con qualche piccola modifica)

Testi ed immagini da vari siti web
Impaginazione, elaborazione e coordinam. Orso Tony
CIAO DA TONY KOSPAN
PER LE NOVITA' DEL BLOG
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Ripartiamo, nell’analisi del dipinto,
dalle gambe della dea, dal pomo e dalle maschere
con le parole del Solimano.
L’ALLEGORIA DELL’AMORE E DEL TEMPO
ARTE E SEGRETI
II PARTE
Ma soprattutto si vedono due maschere, una giovane donna ed un uomo anziano che ha l’aria trista (triste+cattiva).
Le maschere, dice Erwin Panofsky, da sempre simboleggiano “la mondanità, l’insincerità e la falsità”.
Un raccordo con la Frode (la fanciulla), ma anche con il Piacere ed il Gioco (il putto).
Tutto continua ad essere chiaro ed ambiguo, duplice.
Nel particolare qui sotto del quadro del Bronzino, si vedono in parte i corpi bellissimi dei due amanti, Venere e Cupido, e continuano a comparire dei simboli, dei sublimi feticci.
Ambiguamente, il voyeurismo si nasconde dietro il significato morale e viceversa.
Proprio nell’angolo in basso si vede una colomba, ma poi se si guarda bene, si vede anche spuntare il becco e la testa di un’altra colomba.
“Tubare come colombi” si dice ancor oggi, ed Erwin Panofsky scrive che era un simbolo usuale di “tenera sollecitudine”, a cui è da aggiungere che le coppie di colombi sono note per la monogamia.
Il contesto non sembra quello, considerando il cuscino evidentemente morbidissimo sotto le ginocchia di Cupido, oggetto piuttosto raro allora.
Ancora oggi parliamo dei cuscini in “piumino d’oca” proprio per intendere che la morbidezza è il primo requisito del cuscino, che è un simbolo di lascivia e di mollezza.
“I Racconti del Cuscino” è il titolo di un film pregevole ed originale di Peter Greenaway, l’autore de “I misteri dei Giardini di Compton House”.
Il tema ricorrente di Greenaway è una acuta indagine sull’erotismo, un po’ quello che fa il Bronzino qui.
Dietro Cupido, si intravedono le foglie di un mirto, simbolo classico dell’amore.
Ma il corpo di Cupido, è maschile o femminile?
Ci tornerò alla fine.
In alto c’è un vecchio assai vigoroso, attento e lucidamente iracondo, la testa pelata ed una strana barba assai folta, dove c’è. I baffi spioventi gli coprono le labbra.
Ancora più in alto si vede un’ala biancastra e, vicino alla testa del vecchio, si intravede parte di una clessidra.
Corrisponde con la colomba nell’angolo opposto, quella di cui si vede solo il becco e la testa – il Bronzino era assai lucido nell’organizzare, nel pesare la rappresentazione, ed in questo caso si tratta musicalmente di due note in minore, ma indispensabili.
Questo vecchio è il simbolo del tempo, lo comprendono tutti, ma è bene porsi due domande, una particolare, ed una generale.
Che cosa sta facendo il tempo, anzi il Tempo?
Il tempo
Sta tirando in alto un drappo, una specie di grande tenda, sta svelando il quadro, con tutti i suoi significati e la loro ambiguità che, per il fatto stesso che ce ne accorgiamo, non c’è più, perché “Veritas filia Temporis”.
Perché il Tempo è vecchio? Una domanda ovvia, ma solo in apparenza.
Parrà strano, ma nella antichità classica il Tempo non era rappresentato come un vecchio, non c’era questa attenzione all’età del Tempo, anzi, spesso era rappresentato come un giovane con le ali ai piedi: Kairòs, l’Opportunità, che passa veloce e la devi cogliere subito, difatti aveva un gran ciuffo davanti e la nuca rasata.
Il Tempo è rappresentato come un vecchio per l’equivoco tardo-antico fra due parole greche che hanno significato diverso: Chronos, il tempo e Kronos, il padre di Zeus, vecchio e cattivissimo, un mangiabambini, alla lettera.
Lascio a voi la riflessione su quanto questa identificazione negativa del Tempo abbia pesato sulla visione di vita di tutto l’Occidente.
Per gli antichi Greci, Chronos era una cosa e Kronos tutta un’altra cosa.
Kronos, il nostro Saturno, si è mangiato pure Chronos… ed è un bel guaio.
Sono rappresentate due donne, nella parte del dipinto in alto a sinistra.
La simbologia di una delle due, la donna che piange ed urla strappandosi i capelli, è stata sempre chiara, dal Vasari ad oggi, anzi ben prima del Vasari e del Bronzino: è il simbolo della Gelosia disperata, altro inconveniente dell’amore, forse quello che più fa soffrire.
Riguardo la donna più in alto ci sono state molte discussioni; Erwin Panofsky credette di essere arrivato nel giusto definendola come Verità che aiuta il Tempo ad alzare il velo: Veritas filia Temporis, appunto.
Quindi ritenne che il titolo più appropriato del quadro era: “La lussuria smascherata“.
Ma ebbe la correttezza di cambiare idea quando osservò che nel quadro c’è una contrapposizione fra questa donna ed il Tempo: si scambiano sguardi irosi e sembra che la donna cerchi più di continuare a coprire col drappo piuttosto che alzarlo.
Oggi l’interpretazione più diffusa ritiene che questa donna rappresenti la Notte, colei che cela gli amanti ed in cui sembra che il tempo si fermi.

Al centro del quadro Cupido e Venere si baciano e si carezzano lascivamente, ma le forme di Cupido hanno ben poco di maschile, sembra un androgino.
Qui c’è tutta la cultura neoplatonica di Firenze che tendeva ad una rappresentazione molto simile dei corpi maschili e femminili, lo si vede benissimo dai disegni di Leonardo, Michelangelo e Raffaello.
L’aspetto più sorprendente è la gestualità dei due amanti: Venere ha in mano una freccia, Cupido tiene una mano sui capelli di Venere, sino ad arrivare al diadema.
Non possono essere gesti vacui, e l’interpretazione è singolare: entrambi stanno perseguendo la stessa finalità, che è quella di sottrarre qualcosa senza che l’altro se ne accorga.
Venere disarma Cupido privandolo della freccia, e Cupido disarma Venere privandola del suo diadema.
Entrambi operano in modo nascosto, difatti i loro gesti non possono essere reciprocamente visti.
Trovo convincente questa interpretazione, perché dopo che la si è sentita la prima volta non si può fare a meno di vedere la specularità dei due gesti, che sono fra di loro in corrispondenza fraudolenta.
Rivediamolo infine un’ultima volta e tutto intero, il quadro,
dopo gli spezzettamenti faticosi della spiegazione.

Un altro titolo dell’opera, forse più vicino alle intenzioni dell’artista, è “L’Allegoria del Trionfo di Venere”.
Il quadro è stato eseguito attorno al 1546 e segna la fine del periodo dei manieristi eroici e furiosi: il Parmigianino, il Rosso fiorentino, il Pontormo, i pittori della crisi politica italiana.
Due poteri politici assoluti, il Vaticano e la Spagna, hanno vinto, e “la lucida intenzionalità con cui il Bronzino dà forma incorrotta alla materia pittorica, fissando le immagini in una statica e aulica preziosità, si pone come superamento delle inquietudini della precedente generazione manieristica”.
E’ “un emblematico riflesso della volontà assolutistica della politica”.
Nel tempo succederà altre volte, ancora con grandi artisti: Guido Reni, dopo la tempesta sublime e terrestre del Caravaggio, e Jean Dominique Ingres, dopo la Rivoluzione francese, in piena Restaurazione.
Ma se seguiamo Erwin Panofsky, ci accorgiamo di quanta duplicità, ambiguità, insicurezza, ci sia dietro questo trionfo allegorico, ed il Bronzino ne era consapevole, solo che i tempi erano quelli.
La scialuppa di salvataggio non è il trionfo, è la consapevolezza, ed il sorriso che ne scaturisce, non ironico né grottesco, è il sorriso di chi ha capito, e va bene così, perché chi se ne accorge già è fuori dal gioco fraudolento della ipocrisia fatta sistema, dei disvalori elevati a valori.
Questo può essere il senso catartico del capolavoro del Bronzino.
F i n e
Testo di Solimano – Impaginazione note e coordinam. di Tony Kospan
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Un mitico dipinto, molto chiaro, perfino semplice…
ma che tuttavia, secondo lo stile dell’epoca,
nasconde tanti simboli ed il mistero del suo significato.
“Osserviamolo attentamente e… da… vicino”.

L’ENIGMA DELLA PRIMAVERA DEL BOTTICELLI
a cura di Tony Kospan
STORIA DEL DIPINTO
Raramente un dipinto che ha un oggetto così chiaro…, come questo…, nasconde invece tanti segreti interpretativi…
Commissionata al pittore fiorentino intorno al 1478, “La Primavera” è il più celebre dipinto mitologico del Quattrocento, ed è anche una delle creazioni più belle e più misteriose del Rinascimento.
Ancor oggi, nonostante i tantissimi studi da parte dei più grandi esperti d’arte, ci sfuggono sia la genesi precisa che tutti i suoi veri significati
Nel 1498, pochi anni dopo la sua realizzazione, adornava il letto del giovane Lorenzo di Piefrancesco de’ Medici, nipote del Magnifico.
Sessant’anni più tardi, avendola vista nella villa medicea di Castello, Giorgio Vasari ce ne parla in un passo del suo celebre “Le Vite” ed in pratica ci consegna il titolo dell’opera “… un’altra Venere, che le Grazie la fioriscono, dinotando la Primavera: le quali da lui (Botticelli) con grazia si veggono espresse“.

AMBIENTAZIONE E PERSONAGGI RAPPRESENTATI
Nell’opera sono rappresentati 9 personaggi posti in un boschetto ombroso, che si presentano allineati su un prato tappezzato da decine di fiori di vario genere.

L’ambientazione ricorda gli arazzi fiamminghi, noti come “millefiori“, all’epoca molto diffusi nelle case aristocratiche fiorentine.
L’identità delle nove figure sembra però ormai definitivamente accertata.

Venere
Al centro della composizione c’è Venere (per altri potrebbe essere invece Giunone per la sua posa serena).

Accanto a lei le tre Grazie: Talia la prosperità, Eufrosine la gioia e Aglaia lo splendore

Sia la dea che le altre figure femminili
appaiono chiaramente incinte.

Sulla destra c’è Zefiro, la ninfa Cloris che si trasforma in Flora dalla splendida veste bianca decorata di corolle.

Cupido
In alto poi c’è Cupido

Mercurio
e sull’estrema sinistra Mercurio.
LETTURA DEL DIPINTO
Va fatta, contrariamente al solito, da destra verso sinistra.

Zefiro Cloris e Flora (da dx verso sin)
Zefiro, vento primaverile agguanta la ninfa Cloris che poi si trasforma in Flora… dea della Primavera… e dei fiori.

Flora
Flora, pur non essendo il personaggio centrale, spicca però per la sua bellezza… e dà anche il nome al dipinto.

Accanto a Flora, al centro dipinto, la dea Venere (o Giunone) con un atteggiamento sereno saluta con la mano le tre Grazie che danzano in cerchio un ballo dell’epoca coperte solo di veli trasparenti.
.
Dall’alto Cupido alato scocca uno strale infuocato, mentre Mercurio, assorto, volgendo le spalle agli altri personaggi, tocca (indica? disperde?) le nuvole col caduceo (bastone con due serpenti attorcigliati intorno a esso).
I DUBBI
L’aver individuato tutti i soggetti presenti non ha tuttavia risolto la spiegazione del senso complessivo del dipinto ed infatti si è molto discusso sui seguenti punti:
– Qual è il vero significato dell’opera e cosa accomuna le nove figure?
– Perché la dea e le altre figure femminili sono tutte incinte?

ALCUNE TRA LE SPIEGAZIONI PIU’ ACCREDITATE
Il primo che tentò di risolvere il problema fu lo studioso tedesco Aby Warburg che ipotizzò anche un titolo più preciso per il dipinto “Regno di Venere”. Questo perché appaiono riunite figure mitologiche che generalmente sono associate alla dea, la quale è anche la divinità della primavera.
L’inglese Charles Dempsey, invece, ritenne che il quadro fosse la raffigurazione non solo della stagione primaverile, ma anche dei tre mesi di cui essa è composta: il mese dei venti, marzo, sarebbe simboleggiato da Zefiro-Cloris-Flora; Venere, Cupido e le Grazie alluderebbero ad aprile, il mese dell’amore; mentre Mercurio rappresenterebbe maggio, dato che il nome di tale mese derivò anticamente da quello di Maia, madre di Mercurio.
Altri studiosi hanno cercato figure storiche nascoste sotto i panni mitologici e così sono stati fatti i nomi di dame fiorentine per Flora e le tre Grazie.
Altri ancora hanno ipotizzato spiegazioni di tipo filosofico.
Il critico d’arte tedesco Erwin Panofsky, per esempio, ricordando i diversi tipi di Amore e le relative Veneri del Neoplatonismo, ha contrapposto la Venere celeste raffigurata nella “Nascita di Venere” – altro capolavoro del Botticelli – alla Venere terrena de “La Primavera”.
Lo storico dell’arte austriaco Ernst Gombrich, invece, ha interpretato il quadro come la raffigurazione della Venus-Humanitas, figura che il filosofo Marsilio Ficino raccomandava come guida spirituale in una lettera al giovane Lorenzo di Pierfrancesco de’ Medici, probabile destinatario del quadro.
“La Primavera”, dunque, è la visualizzazione di un dogma filosofico?
E’ la rappresentazione di un ideale paradiso umanistico, immerso nella natura e abitato da un’umanità eternamente giovane e bella?
E’ la raffigurazione di un complesso messaggio simbolico?
Oppure rappresenta semplicemente – secondo un’opinione oggi poco seguita – una mascherata di giovani fiorentini in una festa dell’epoca?
Il mistero intorno a questo straordinario dipinto è ancora fitto.
UNA PERSONALE INTERPRETAZIONE

Botticelli
Riguardandolo ora di nuovo tutto insieme, a mio parere, il dipinto appare in modo evidente un inno al sorgere ed all’affermarsi della Primavera come quella bella stagione che, rompendo le rigidità e le oscurità invernali con il sorgere dei fiori e la rinascita della natura, prepara il trionfo dell’estate.

Nel rappresentar ciò il Botticelli utilizza i simboli della mitologia classica e, a conferma della mia interpretazione, attraverso l’immagine delle donne incinte egli esalta la primavera quale momento di “gestazione della natura” che darà presto tutti i suoi frutti… al sole dell’estate.
TONY KOSPAN
FONTI: VARI SITI WEB
   
IL GRUPPO DI CHI AMA VIVER L’ARTE…
INSIEME
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Spesso gli artisti amano nascondere nele loro opere
pensieri e/o messaggi segreti
che solo pochi poi riescono a individuare e comprendere in modo completo.
Nel periodo Rinascimentale la cosa era molto frequente.
Questo, nella Storia dell’Arte, è proprio uno dei dipinti
più emblematici in tal senso.
In verità ciò, a mio parere, non vuol dire
che bisogna conoscer tutto lo scibile umano
per comprender un’opera d’arte
ma solo che ci possono essere tante “letture”
quante sono le nostre capacità di comprensione
dello spirito e delle idee dell’autore
nonché dell’ambiente reale ed artistico in cui l’opera nasce.
ALLEGORIA DELL’AMORE E DEL TEMPO
– ARTE E SEGRETI –
I PARTE

Agnolo Bronzino
In questo post analizzeremo questo famoso dipinto “manierista” che nasconde, dietro la fantastica ed abbagliante bellezza molto, ma davvero molto…, molto altro.
Ogni immagine che vediamo nel dipinto infatti non è per nulla casuale… ma ci lancia in modo evidente una serie di messaggi, per la verità non tutti, e non del tutto, decifrati… o decifrabili.
Iniziamo dunque, grazie a quest’ampia analisi del Solimano, ricca anche di accenni storici e mitologici, ad approfondire tutto quello che il Bronzino ci vuol dire von questo dipinto.
Tony Kospan
L’Allegoria dell’Amore e del Tempo – Il dipinto completo
Il quadro più celebre di Agnolo Bronzino è “L’Allegoria dell’Amore e del Tempo“,
attualmente esposto alla National Gallery di Londra.
Fu eseguito attorno al 1546, ed immediatamente mandato da Cosimo, duca di Firenze,
a Francesco, re di Francia.
E’ certamente una allegoria, il titolo che ho riportato è quello più diffuso.
Così ne narra il Vasari: “Fece un quadro di singolare bellezza,
che fu mandato in Francia al re Francesco, dentro il quale era una Venere ignuda con Cupido che la baciava,
ed il Piacere da un lato e il Giuoco con altri Amori, e dall’altro la Fraude, la Gelosia et altre passioni d’amore”.
C’è qualche inesattezza, ma è comprensibile, il Vasari scriveva a memoria,
il quadro era già in Francia da diverso tempo.
Se si dovesse scegliere l’emblema del manierismo maturo non c’è alcun dubbio,
sarebbe questo quadro, considerato da molti un’opera di sensualità affascinante,
ed il re di Francia lo gradì soprattutto per questo motivo,
come ben sapeva quella volpe di Cosimo de’ Medici.
Ma è proprio così?
O, per meglio dire, è solo così?
Nel particolare che inserisco si vede un putto bellissimo che va spargendo petali di rose:
è il simbolo del Piacere, su questo sono tutti d’accordo, fin dal Vasari,
ma chi è la fanciulla assai bella – di una bellezza diversa – il cui volto si vede a fianco del putto?
Il grande Erwin Panofsky ha dedicato alcune delle sue pagine più belle a quest’opera.
Racconto quale è la sua interpretazione, oggi quasi* (nota di Tony Kospan) universalmente condivisa.
Il Piacere (partic. by TK)
La fanciulla il cui bel volto sbuca dietro il putto, è piuttosto strana,
se si cerca di guardarne il corpo, che in parte si nasconde sempre dietro il putto,
e non è un caso.
Perché la bella veste verde che indossa è in parte sollevata,
ed appare un corpo squamoso, da pesce o da rettile.
Più in basso, compariranno delle zampe con artigli ed anche una lunga coda.
In una mano tiene un favo di miele,
nell’altra cerca di nascondere un piccolo animale venefico.
Non solo, a ben guardare le due mani sono scambiate:
la destra è una sinistra, e la sinistra una destra.

Qualche critico, fermandosi alla pelle squamosa,
ha ritenuto che fosse una Arpia, ma sono le mani, a svelare l’identità:
la mano cattiva che offre il dono,
la mano buona che nasconde il veleno:
una duplicità vertiginosa.
E’ la Frode (anche l’Inganno o l’Ipocrisia, secondo gli iconologi del ’500),
la cui caratteristica fondamentale è proprio la duplicità:
per questo il viso è bellissimo ed il corpo orribile,
per questo le mani sono scambiate,
per questo non sta in primo piano, ma si nasconde dietro al putto,
che è il simbolo del Piacere e del Gioco.
Proprio negli anni in cui opera il Bronzino si diffonde il gusto dei labirinti:
grafici, scolpiti, realizzati nei giardini,
quasi a significare la perdita di senso, la difficoltà di trovare una risposta univoca:
la Frode è una moderna Sfinge, più insidiosa di quella che incontrò Edipo.
L’inganno – La fanciulla dietro al putto (guardate le mani n.T.K.)
Se si esamina il particolare in basso a destra del quadro del Bronzino,
si scoprono altri aspetti di cui alcuni inattesi.
Non lo è il pomo nella mano (splendida!) di Venere,
un dono che la dea intende offrire ad Amore o Cupido
(si badi, è suo figlio, in quasi tutti i miti, e quindi c’è pure il coté incestuoso);
tiene il pomo in modo che Cupido lo veda
– però con l’altra mano tiene una freccia, che Cupido non può vedere,
ma di ciò poi.
Si intravedono anche parte delle gambe della dea,
che è di una bellezza non so dire se divina o diabolica,
ed il Bronzino a questo voleva portarci, ad una ammirazione tanto forte quanto turbata.

Pomo, Gambe della dea e maschere (partic.)
Si vede che il putto ha una cavigliera ornata con campanelli,
un motivo dell’antichità ellenistica che rimanda al Piacere ed al Gioco.
Si intravedono anche le zampe con gli artigli della bella fanciulla,
la Frode, e la sua lunga coda, simile, diremmo noi,
a quella di un enorme serpente a sonagli,
che presumibilmente il Bronzino non conosceva (ma che strano, sonagli-campanelli!).
– Continua –
Autore del testo Solimano – Impaginazione e presentazione di Tony Kospan
LA TUA PAGINA SPECIALE
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che vola nel sogno con musica e poesia
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Atmosfere oniriche e scenari fiabeschi.
Ma anche temi religiosi e il dramma dell’Olocausto.
Su tutto, la straordinaria forza del colore.
Vitebsk 7.7.1887 – S. Paul de Vence 28.3.1985
MARC CHAGALL
– PITTURA… POESIA E SOGNO –
Omaggio ad un grande artista del Novecento,
in un percorso di meraviglie che meraviglia.
.
Davvero bellissima la definizione che di lui diede Henry Miller
“Un poeta con le ali da pittore”
Omaggio ad Apollinaire
BREVE BIOGRAFIA
Marc Chagall nasce a Liosno, presso Vitebsk nel 1887.
Dal 1906 al 1909 studia prima a Vitebsk, quindi Marc Chagall entra all’accademia di Pietroburgo, dove è allievo anche di Bakst.
Nel 1910 si trasferisce a Parigi.
Qui conosce le nuove correnti del momento, particolarmente il Fauvismo e il Cubismo.
Si inserisce negli ambienti artistici d’avanguardia.
Frequenta tra gli altri Guillaume Apollinaire e Robert Delaunay.
Nel 1912 espone sia al Salon des Indépendants, che al Salon d’Automne.
Delaunay lo fa conoscere al mercante berlinese Herwarth Walden, che nel 1914 gli allestisce una personale presso la sua galleria Der Sturm.
Carnevale notturno
Il sopraggiungere della guerra nel 1914 fa rientrare Marc Chagall a Vitebsk.
Qui fonda l’Istituto d’Arte, di cui è direttore fino al 1920, quando gli subentra Malevich.
Si trasferisce a Mosca. Inizia a realizzare le decorazioni per il teatro ebraico statale “Kamerny”.
Nel 1923 ritorna a Berlino e successivamente a Parigi.
Qui ristabilisce i contatti e conosce Ambroise Vollard, che gli commissiona l’illustrazione di vari libri.
Nel 1924 ha luogo una importante retrospettiva di Chagall presso la Galerie Barbazanges-Hodeberg.
In seguito, effettua viaggi in Europa e anche in Palestina.
Nel 1933 presso il Kunstmuseum Marc Chagall ha luogo una grande retrospettiva.
Gli amanti
Ma quasi contemporaneamente avviene l’ascesa del nazismo al potere in Germania.
Tutte le opere di Chagall vengono confiscate ai musei tedeschi.
Alcune figurano nell’asta tenuta alla Galerie Fischer di Lucerna nel 1939.
A Chagall non rimane che rifugiarsi in America.
Nel 1947 fa ritorno a Parigi, e nel 1949 si stabilisce a Vence.
Importanti mostre gli vengono dedicate dappertutto.
Inizia la lunga serie di decorazioni di grandi strutture pubbliche.
Nel 1962 disegna le vetrate per la sinagoga dello Hassadah Medical Center, presso Gerusalemme, e per la cattedrale di Metz.
Nel 1964 realizza le pitture del soffitto dell’Opéra di Parigi.
L’anno dopo è la volta delle grandi pitture murali sulla facciata della Metropolitan Opera House di New York.
Nel 1970 disegna le vetrate del coro e del rosone del Fraumenster di Zurigo.
Di poco successivo è il grande mosaico a Chicago.
Muore a Saint-Paul-de-Vence nel 1985.
Il gran sole
IL SUO MONDO ARTISTICO
L’elemento onirico nelle sue opere non fa più capo ad un inconscio privato, quale poteva essere quello surrealista, ma ad un inconscio culturale e storico, una vera immersione che si materializza in forme fantastiche e colori straordinari.
Senza tarpare le ali dell’immaginazione, Chagall racconta la Storia.
Con un’intensità unica ed appassionata.
Sogno d’amore
“L’arte mi sembra essere soprattutto uno stato d’animo”
Questo era per lui l’arte.
E cosa c’era nel suo animo di pittore?
Tanti mondi diversi: i ricordi d’ infanzia, trascorsa nel villaggio russo di Vitebsk, le tradizioni ebraiche della sua famiglia, e poi tante città.
soprattutto Pietroburgo, dove dipinse i primi quadri;

Circo
Parigi poi, dove viene investito dalle novità delle avanguardie;
ed infine New York, vissuta da emigrato, con ancora negli occhi le tragedie della guerra.
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Tante immagini che però si fondono in uno stile inconfondibile, un armonioso insieme di tradizione e modernità ravvivato da colori fiabeschi, sempre in bilico tra sogno e realtà..
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Sposi
Il mondo incantato di un pittore-poeta, che unisce le icone russe e il talmud, le geometrie cubiste e gli ardori futuristi, il teatro e la danza.
Un universo di immagini, simboli e favole firmato Marc Chagall.
Chagall – Il viaggiatore – 1917
Un’interessante analisi della sua arte , ed a mio parere condivisibile in toto, è quella che segue:
“Una fiaba russa fatta di zar e dervisci, zingari suonatori di violino, asini e galli, dove ciò che è proibito nella quotidianità si avvera sulla tela, non per forza in seguito a catastrofi o tragici sconquassi, bensì, più felicemente, sulla scia dell’incanto e del piacere.
La visione del pittore non sfida solo la legge di gravità e l’ordine classico dei piani spaziali, ma rovescia radicalmente i valori condivisi con furore rivoluzionario.”
«La Russia si copriva di ghiaccio.
Lenin l’ha messa sottosopra,
proprio come io ribalto i miei quadri»
spiegava lo stesso Chagall negli Anni Venti.
Volare
A questa carica di morte e violenza fa però da contrappeso un’armonia fatta di musica e poesia
– secondo l’artista gli unici veri motori del cambiamento –,
come avviene in particolare in Resistenza-Resurrezione-Liberazione (il trittico della Rivoluzione).
Alessandro Masi (con qualche piccola modifica)

Testi ed immagini da vari siti web
Impaginazione, elaborazione e coordinam. Orso Tony
CIAO DA TONY KOSPAN
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