Tutti noi che amiamo i dipinti che ci emozionano, ci colpiscono, ci entusiasmano talvolta avremmo voglia di far visita all’atelier dei loro creatori, e magari vederli al lavoro mentre creano una nuova opera d’arte.
E’ solo dal ‘600 che lo studio dell’artista diventa anch’esso oggetto e soggetto di un dipinto a partire dalle opere di Velazquez e Vermeer fino a giungere a quelle di Picasso.
Osservare lo studio di un artista ci consente di entrare nel suo mondo ed osservare le cose che ama, il suo modo di lavorare e talvolta perfino di “leggere” la sua biografia.
Eccezionale ed emblematico di quest’ultimo aspetto è il dipinto di cui di cui parlerò ora.
L’AUTORE
Pierre Subleyras, era un tranquillo giovane pittore francese quando, nel 1727 vinceva un premio, creato dal ministro francese Colbert, dedicato a giovani artisti.
Il premio consisteva in un viaggio a Roma per conoscere le mitiche opere d’arte, rinascimentali e non solo, italiane.
Qui, giunto nel 1728, il nostro riusciva a diventare il ritrattista del papa e ad entrare nei più importanti circoli artistici capitolini ed anche a sposare una celebre miniaturista figlia di un famoso violinista dell’epoca.
Pierre è stato dunque un artista di grande successo… ma abbastanza breve è stata la sua vita.
La sua fama, notevolissima nel ‘700, però si è molto diradata nei secoli successivi, salvo una rivalutazione avvenuta negli ultimi decenni del secolo scorso.
Qualche tempo prima di lasciare questo mondo (presagio?) decise di ritrarre il proprio atelier, ma, come ora vedremo, il dipinto ci rivela molto, molto di più.
L’ATELIER
L’atelier, dipinto del 1740/41 e conservato presso l’Accademia delle Belle Arti di Vienna, appare illuminato da candele e pieno di opere d’arte che affollano le pareti e non solo.
Colpisce sulla destra in alto una lunghissima scala appoggiata ad una parete che gli serviva per sistemare calchi, gessi e statuette sul cornicione, ma anche la pulizia (inconsueta per un pittore) del pavimento.
Vi sono poi copie, in formato ridotto, di statue famose, alcune sul tavolo e quella di Ercole Farnese a terra in basso, ma anche riproduzioni di dipinti di altri pittori da lui amati.
Ma vi sono poi anche molte sue opere accompagnate da 4 autoritratti che veniamo ora ad identificare.
In basso al centro lo vediamo bambino che dipinge con una matita ed a fianco eccolo giovane artista da poco arrivato a Roma.
A sinistra giù lo vediamo poi maturo trentacinquenne in un dipinto che lui stesso, ormai ultraquarantenne, tiene in mano.
In realtà sembra che i suoi autoritratti siano cinque in quanto sul retro ne sarebbe stato recentemente scoperto un altro che lo mostrerebbe con una matita in bocca.
Non ho trovato in internet quest’ultima immagine (forse una miniatura o uno studio preparatorio) ma la descrizione ci porta a questo suo noto autoritratto, dello stesso periodo, che corrisponde perfettamente ma che si trova altrove (Versailles – Museo del Castello).
Pierre Subleyras (Saint-Gilles, 25.11.1699 – Roma, 28.5.1749) (partic.)
CONCLUSIONE
L’enorme ricchezza e varietà di temi (tutti però relativi all’autore) che vediamo nel dipinto appare un’ampia e mirabile sintesi di tutto il suo mondo artistico.
In esso sono con cura evidenziate sia le opere create da altri che quelle sue personali.
Oggetti, sculture e dipinti rivelano le sue passioni ed in esse coesistono l’arte antica, il rinascimento ed il barocco.
Infine i suoi 4 autoritratti dipinti nei vari momenti della sua vita completano questo “dipinto autobiografico” a 360 gradi.
Egli dunque con questo dipinto racconta, innanzitutto a se stesso, ma anche a noi tutti, l’intera sua vita di artista.
Il Canaletto non solo è stato un grande artista del ‘700
ma anche un eccezionale innovatore
dell’arte figurativa del paesaggio.
L’innovazione è caratterizzata dall’utilizzo
di schemi pittorici molto più precisi e scientifici
risentendo molto, in questo,
dell’allora trionfante atmosfera illuministica.
Giovanni Antonio Canal
(Mestre 17.10.1697 – Venezia 19.4.1768)
I suoi dipinti brillano ancor oggi
non solo per l’estrema precisione dei dettagli
ma anche per gli splendidi contrasti tra luci ed ombre.
Spesso i suoi dipinti presentano poi colori scuri e carichi
per descrivere atmosfere umide, piovose o grigie.
Bacino di S. Marco – Venezia
La considerazione della sua arte da parte dei critici
ha avuto nel tempo notevoli alti e bassi
ma alla sua epoca era molto apprezzata e ricercata.
Il Tamigi e la City
Le sue opere sono state soprattutto dedicate
alla sua mitica città
ma v’è stato anche un lungo periodo, di circa 10 anni,
che possiamo definire inglese.
Tomaso Giovanni Albinoni (Venezia 8.6.1671 – Venezia 17.1.1750)
Oggi è ricordato comunque soprattutto
come un grande cantore di Venezia col pennello
così come il concittadino e contemporaneo Albinoni
lo è stato con la musica.
Molo Riva degli Schiavoni
In questo bellissimo video che segue potremo ascoltare
Stavolta vi parlerò di un affascinante dipinto del settecento romano che però ci racconta una storia… falsa.
Come spesso accade per scoprirlo dobbiamo però osservarlo con attenzione e tener anche presente la storia dei soggetti del dipinto.
E’ certo un caso inconsueto nella ritrattistica familiare.
(Roma, 25 aprile 1684 – Roma, 9 aprile 1764)
L’AUTORE
L’opera è di Marco Benefial uno dei più noti pittori dell’epoca ma che, a causa del carattere orgoglioso e duro, non ebbe molta fortuna nonostante le sue indubbie capacità.
Nato a Roma da padre francese e madre romana il suo stile si caratterizzò per la vicinanza a quello dei Carracci ed avverso a quello accademico di quegli anni.
La maggior parte delle sue opere fu realizzata per chiese di Roma e Viterbo.
Addirittura si narra che finì per dipingere opere in Provincia su consiglio di amici pittori che però poi se ne attribuirono loro la paternità.
Per i critici di oggi la sua arte avrebbe meritato maggiore considerazione.
IL DIPINTO.. I PERSONAGGI.. IL SIGNIFICATO E LA VERA STORIA
L’opera ci mostra un bel gruppo di famiglia romano del ‘700 che però non è situato nel classico salone familiare bensì all’aperto in uno strano paesaggio che vorrebbe sembrare esotico (notare la palma).
Non solo, anche gli abbigliamenti sono stranissimi, direi orientaleggianti e per nulla corrispondenti al modo di vestire dell’epoca.
Essi vorrebbero far pensare a vestiti da viaggio in località lontane ed indefinite.
Ma queste sono solo le prime stranezze.
In questo inconsueto ed apparentemente esotico ambiente appare, sulla sinistra di chi guarda, un podio agghindato con un tappeto, sul quale si erge un giovane sacerdote che ha sulla mozzetta la conchiglia del pellegrino ed in mano una croce che mostra a tutti.
Attorno a lui, che sembra essere il personaggio principale, appaiono altre autorevoli figure ecclesiastiche.
Il titolo “LA FAMIGLIA DEL MISSIONARIO” già può darci degli indizi per svelare l’arcano significato del dipinto.
Poi però è servita la ricerca storica e quella artistica per giungere a capire il suo vero significato.
Il dipinto ritrae la nobile, influente ed agiata famiglia Quarantotti composta dai fratelli Antonio e Ludovico (con mogli e figli) ed il giovane religioso Giovanni Battista.
Quest’ultimo appare pronto a partire come missionario per terre lontane ed ignote dove certamente evangelizzerà le locali popolazioni.
Il dipinto ha infatti anche un altro titolo “RITRATTO DELLA FAMIGLIA QUARANTOTTI”
Ma dov’è il… falso?
In realtà la Storia di quella famiglia ci dice che il “missionario” non andrà mai da nessuna parte e che grazie ad una bella carriera nell’ambito della Curia romana collazionerà titoli, onori ed una marea di cariche troppo lunga da elencare ma che si conclude con la nomina a… Cardinale!
Dunque il dipinto era solo agiografico, quasi una pubblicità per esaltare la bella famiglia, ed aveva l’intento di mostrare che al suo interno c’era anche un missionario destinato a grandi cose nel mondo.
Penso che sicuramente i familiari e lo stesso cardinale avranno sorriso ogni volta che avranno riguardato quel dipinto ben sapendo che raccontava una storia ed una scena… mai esistite.
L’opera è visibile presso le Gallerie Nazionali di Arte Antica – Palazzo Barberini – Roma
Tony Kospan
Fonti: Tomaso Montanari (Venerdì Repubblica) e siti vari.
Copyright Tony Kospan vietata la pubblicazione senza indicare autore e blog
Il Canaletto non solo è stato un grande artista del ‘700
ma anche un eccezionale innovatore
dell’arte figurativa del paesaggio.
L’innovazione è caratterizzata dall’utilizzo
di schemi pittorici molto più precisi e scientifici
risentendo molto, in questo,
dell’allora trionfante atmosfera illuministica.
Giovanni Antonio Canal
(Mestre 17.10.1697 – Venezia 19.4.1768)
I suoi dipinti brillano ancor oggi
non solo per l’estrema precisione dei dettagli
ma anche per gli splendidi contrasti tra luci ed ombre.
Spesso i suoi dipinti presentano poi colori scuri e carichi
per descrivere atmosfere umide, piovose o grigie.
Bacino di S. Marco – Venezia
La considerazione della sua arte da parte dei critici
ha avuto nel tempo notevoli alti e bassi
ma alla sua epoca era molto apprezzata e ricercata.
Il Tamigi e la City
Le sue opere sono state soprattutto dedicate
alla sua mitica città
ma v’è stato anche un lungo periodo, di circa 10 anni,
che possiamo definire inglese.
Tomaso Giovanni Albinoni (Venezia 8.6.1671 – Venezia 17.1.1750)
Oggi è ricordato comunque soprattutto
come un grande cantore di Venezia col pennello
così come il concittadino e contemporaneo Albinoni
lo è stato con la musica.
Molo Riva degli Schiavoni
In questo bellissimo video che segue potremo ascoltare
Tutti noi che amiamo i dipinti che ci emozionano, ci colpiscono, ci entusiasmano talvolta avremmo voglia di far visita all’atelier dei loro creatori, e magari vederli al lavoro mentre creano una nuova opera d’arte.
E’ solo dal ‘600 che lo studio dell’artista diventa anch’esso oggetto e soggetto di un dipinto a partire dalle opere di Velazquez e Vermeer fino a giungere a quelle di Picasso.
Osservare lo studio di un artista ci consente di entrare nel suo mondo ed osservare le cose che ama, il suo modo di lavorare e talvolta perfino di “leggere” la sua biografia.
Eccezionale ed emblematico di quest’ultimo aspetto è il dipinto di cui di cui parlerò ora.
L’AUTORE
Pierre Subleyras, era un tranquillo giovane pittore francese quando, nel 1727 vinceva un premio, creato dal ministro francese Colbert, dedicato a giovani artisti.
Il premio consisteva in un viaggio a Roma per conoscere le mitiche opere d’arte, rinascimentali e non solo, italiane.
Qui, giunto nel 1728, il nostro riusciva a diventare il ritrattista del papa e ad entrare nei più importanti circoli artistici capitolini ed anche a sposare una celebre miniaturista figlia di un famoso violinista dell’epoca.
Pierre è stato dunque un artista di grande successo… ma breve è stata la sua vita.
La sua fama, notevolissima nel ‘700, però si è molto diradata nei secoli successivi, salvo una rivalutazione avvenuta negli ultimi decenni del secolo scorso.
Qualche tempo prima di lasciare questo mondo decise di ritrarre il proprio atelier, ma, come ora vedremo, il dipinto ci rivela molto, molto di più.
L’ATELIER
L’atelier, dipinto del 1740/41 e conservato presso l’Accademia delle Belle Arti di Vienna, appare illuminato da candele e pieno di opere d’arte che affollano le pareti e non solo.
Colpisce sulla destra in alto una lunghissima scala appoggiata ad una parete che gli serviva per sistemare calchi, gessi e statuette sul cornicione, ma anche la pulizia (inconsueta per un pittore) del pavimento.
Vi sono poi copie, in formato ridotto, di statue famose, alcune sul tavolo e quella di Ercole Farnese a terra in basso, ma anche riproduzioni di dipinti di altri pittori da lui amati.
Ma vi sono poi anche molte sue opere accompagnate da 4 autoritratti che veniamo ora ad identificare.
In basso al centro lo vediamo bambino che dipinge con una matita ed a fianco eccolo giovane artista da poco arrivato a Roma.
A sinistra giù lo vediamo poi maturo trentacinquenne in un dipinto che lui stesso, ormai ultraquarantenne, tiene in mano.
In realtà sembra che i suoi autoritratti siano cinque in quanto sul retro ne sarebbe stato recentemente scoperto un altro che lo mostrerebbe con una matita in bocca.
Non ho trovato in internet quest’ultima immagine (forse una miniatura o uno studio preparatorio) ma la descrizione ci porta a questo suo noto autoritratto, dello stesso periodo, che corrisponde perfettamente ma che si trova altrove (Versailles – Museo del Castello).
Pierre Subleyras (Saint-Gilles, 25.11.1699 – Roma, 28.5.1749) (partic.)
CONCLUSIONE
L’enorme ricchezza e varietà di temi (tutti però relativi all’autore) che vediamo nel dipinto appare un’ampia e mirabile sintesi di tutto il suo mondo artistico.
In esso sono con cura evidenziate sia le opere create da altri che quelle sue personali.
Oggetti, sculture e dipinti rivelano le sue passioni ed in esse coesistono l’arte antica, il rinascimento ed il barocco.
Infine i 4 autoritratti dei vari momenti della sua vita completano questo dipinto autobiografico a 360 gradi.
Egli dunque con questo dipinto racconta, innanzitutto a se stesso, ma anche a noi tutti, l’intera sua vita di artista.
Stavolta vi parlerò di un affascinante dipinto del settecento romano che però ci racconta una storia… falsa.
Come spesso accade per scoprirlo dobbiamo però osservarlo con attenzione e tener anche presente la storia dei soggetti del dipinto.
E’ certo un caso inconsueto nella ritrattistica familiare.
(Roma, 25 aprile 1684 – Roma, 9 aprile 1764)
L’AUTORE
L’opera è di Marco Benefial uno dei più noti pittori dell’epoca ma che, a causa del carattere orgoglioso e duro, non ebbe molta fortuna nonostante le sue indubbie capacità.
Nato a Roma da padre francese e madre romana il suo stile si caratterizzò per la vicinanza a quello dei Carracci ed avverso a quello accademico di quegli anni.
La maggior parte delle sue opere fu realizzata per chiese di Roma e Viterbo.
Addirittura si narra che finì per dipingere opere in Provincia su consiglio di amici pittori che però poi se ne attribuirono loro la paternità.
Per i critici di oggi la sua arte avrebbe meritato maggiore considerazione.
IL DIPINTO.. I PERSONAGGI.. IL SIGNIFICATO E LA VERA STORIA
L’opera ci mostra un bel gruppo di famiglia romano del ‘700 che però non è situato nel classico salone familiare bensì all’aperto in uno strano paesaggio che vorrebbe sembrare esotico (notare la palma).
Non solo, anche gli abbigliamenti sono stranissimi, direi orientaleggianti e per nulla corrispondenti al modo di vestire dell’epoca.
Essi vorrebbero far pensare a vestiti da viaggio in località lontane ed indefinite.
Ma queste sono solo le prime stranezze.
In questo inconsueto ed apparentemente esotico ambiente appare, sulla sinistra di chi guarda, un podio agghindato con un tappeto, sul quale si erge un giovane sacerdote che ha sulla mozzetta la conchiglia del pellegrino ed in mano una croce che mostra a tutti.
Attorno a lui, che sembra essere il personaggio principale, appaiono altre autorevoli figure ecclesiastiche.
Il titolo “LA FAMIGLIA DEL MISSIONARIO” già può darci degli indizi per svelare l’arcano significato del dipinto.
Poi però è servita la ricerca storica e quella artistica per giungere a capire il suo vero significato.
Il dipinto ritrae la nobile, influente ed agiata famiglia Quarantotti composta dai fratelli Antonio e Ludovico (con mogli e figli) ed il giovane religioso Giovanni Battista.
Quest’ultimo appare pronto a partire come missionario per terre lontane ed ignote dove certamente evangelizzerà le locali popolazioni.
Il dipinto ha infatti anche un altro titolo “RITRATTO DELLA FAMIGLIA QUARANTOTTI”
Ma dov’è il… falso?
In realtà la Storia di quella famiglia ci dice che il “missionario” non andrà mai da nessuna parte e che grazie ad una bella carriera nell’ambito della Curia romana collazionerà titoli, onori ed una marea di cariche troppo lunga da elencare ma che si conclude con la nomina a… Cardinale!
Dunque il dipinto era solo agiografico, quasi una pubblicità per esaltare la bella famiglia, ed aveva l’intento di mostrare che al suo interno c’era anche un missionario destinato a grandi cose nel mondo.
Penso che sicuramente i familiari e lo stesso cardinale avranno sorriso ogni volta che avranno riguardato quel dipinto ben sapendo che raccontava una storia ed una scena… mai esistite.
L’opera è visibile presso le Gallerie Nazionali di Arte Antica – Palazzo Barberini – Roma
Tony Kospan
Fonti: Tomaso Montanari (Venerdì Repubblica) e siti vari.
Copyright Tony Kospan vietata la pubblicazione senza indicare autore e blog
Tutti noi che amiamo i dipinti che ci emozionano, ci colpiscono, ci entusiasmano talvolta avremmo voglia di far visita all’atelier dei loro creatori, e magari vederli al lavoro mentre creano una nuova opera d’arte.
E’ solo dal ‘600 che lo studio dell’artista diventa anch’esso oggetto e soggetto di un dipinto a partire dalle opere di Velazquez e Vermeer fino a giungere a quelle di Picasso.
Osservare lo studio di un artista ci consente di entrare nel suo mondo ed osservare le cose che ama, il suo modo di lavorare e talvolta perfino di “leggere” la sua biografia.
Eccezionale ed emblematico di quest’ultimo aspetto è il dipinto di cui di cui parlerò ora.
L’AUTORE
Pierre Subleyras, era un tranquillo giovane pittore francese quando, nel 1727, vinceva un premio dedicato a giovani artisti e creato da Colbert.
Il premio consisteva in un viaggio a Roma per conoscere le mitiche opere d’arte, rinascimentali e non solo, italiane.
Qui, giunto nel 1728, il nostro riusciva a diventare il ritrattista del papa e ad entrare nei più importanti circoli artistici capitolini ed anche a sposare una celebre miniaturista figlia di un famoso violinista dell’epoca.
Pierre è stato un artista di grande successo… ma breve è stata la sua vita.
La sua fama, notevolissima nel ‘700, però si è molto diradata nei secoli successivi, salvo una rivalutazione avvenuta negli ultimi decenni del secolo scorso.
Qualche tempo prima di lasciare questo mondo decise di ritrarre il proprio atelier, ma, come ora vedremo, il dipinto ci rivela molto… molto di più.
L’ATELIER
L’atelier, dipinto del 1740/41 e conservato presso l’Accademia delle Belle Arti di Vienna, appare illuminato da candele e pieno di opere d’arte che affollano le pareti e non solo.
Colpisce sulla destra in alto una lunghissima scala appoggiata ad una parete che gli serviva per sistemare calchi… gessi e statuette sul cornicione, ma anche la pulizia (inconsueta per un pittore) del pavimento.
Vi sono poi copie in formato ridotto di statue famose, alcune sul tavolo e quella di Ercole Farnese a terra in basso, ma anche riproduzioni di dipinti di altri pittori da lui amati.
Ma vi sono poi anche molte sue opere accompagnate da 4 autoritratti che veniamo ora ad identificare.
In basso al centro lo vediamo bambino che dipinge con una matita ed a fianco eccolo giovane artista da poco arrivato a Roma.
A sinistra giù lo vediamo poi maturo trentacinquenne in un dipinto che lui stesso, ormai ultraquarantenne, tiene in mano.
In realtà sembra che i suoi autoritratti siano cinque in quanto sul retro ne sarebbe stato recentemente scoperto un altro che lo mostrerebbe con una matita in bocca.
Non ho trovato in internet quest’ultima immagine (forse una miniatura o uno studio preparatorio) ma la descrizione ci porta a questo suo noto autoritratto, dello stesso periodo, che corrisponde perfettamente ma che si trova altrove (Versailles – Museo del Castello).
Pierre Subleyras (Saint-Gilles, 25.11.1699 – Roma, 28.5.1749) (partic.)
CONCLUSIONE
L’enorme ricchezza e varietà di temi (tutti però relativi all’autore) che vediamo nel dipinto appare un’ampia e mirabile sintesi di tutto il suo mondo artistico.
In esso sono con cura evidenziate sia le opere create da altri che quelle sue personali.
Oggetti, sculture e dipinti rivelano le sue passioni ed in esse coesistono l’arte antica, il rinascimento ed il barocco.
Egli dunque con l’atelier racconta, innanzitutto a se stesso, ma anche a noi tutti, l’intera sua vita di artista quasi come se fosse una sua… autobiografia dipinta.
Il Canaletto non solo è stato un grande artista del ‘700
ma anche un eccezionale innovatore
dell’arte figurativa del paesaggio.
L’innovazione è caratterizzata dall’utilizzo
di schemi pittorici molto più precisi e scientifici
risentendo molto, in questo,
dell’allora trionfante atmosfera illuministica.
Giovanni Antonio Canal
(Mestre 17.10.1697 – Venezia 19.4.1768)
I suoi dipinti brillano ancor oggi
non solo per l’estrema precisione dei dettagli ma anche per gli splendidi contrasti tra luci ed ombre.
Spesso i suoi dipinti presentano poi colori scuri e carichi per descrivere atmosfere umide, piovose o grigie.
Bacino di Venezia
La considerazione della sua arte da parte dei critici ha avuto nel tempo notevoli alti e bassi ma alla sua epoca era molto apprezzata e ricercata.
Il Tamigi e la City
Le sue opere sono state soprattutto dedicate
alla sua mitica città…
ma v’è stato anche un periodo, di circa 10 anni,
che possiamo definire inglese.
Tomaso Giovanni Albinoni
Venezia 8.6.1671 – Venezia 17.1.1750)
Oggi è ricordato comunque soprattutto come un grande cantore di Venezia col pennello così come il concittadino e contemporaneo Albinoni lo è stato con la musica.
Molo Riva degli Schiavoni
In questo bellissimo video che segue potremo ascoltare