Breve ricordo del grandissimo Pittore fiammingo del ‘600
soprattutto con un accenno alla sua duplice personalità,
religiosissima in privato ed erotica nell’arte,
e poi ad uno dei temi da lui amati, i Satiri.
Infine una poesia della poetessa Premio Nobel, Wislawa Szymborska,
dedicata alle mitiche e formose donne dei suoi dipinti.
.
.
Rubens – Il giardino dell’amore
RUBENS
I SATIRI… E LA PITTURA SENSUALE
a cura di Tony Kospan
Sir Pieter Paul Rubens
(Siegen 28 giugno 1577 – Anversa 30 maggio 1640)
Rubens è certamente tra i massimi pittori fiamminghi del XVII secolo.
La sua pittura è definita di genere barocco francese e nord europeo.
Desidero però parlare qui soprattutto di un bel contrasto, alquanto eclatante, che si manifestò soprattutto nelle opere della sua maturità.
Rubens – Borea rapisce Orizia
Mi riferisco al contrasto tra
– il personaggio morigerato, compassato, ossequioso verso la religione (andava a messa tutti i giorni) studioso delle opere classiche e dalla vita matrimoniale assolutamente felice e senza intoppi
e
– l’artista che è stato capace di creare opere di una sensualità unica in cui il fuoco dell’erotismo e la tempesta dei sensi sono in modo evidente assolutamente sovrani.
Rubens – Il ratto delle figlie di Leucippo
Molte delle sue opere hanno fatto parlare perfino di Sindrome di Rubens per la loro, presunta per alcuni e certa per altri, capacità di scatenare impulsi erotici in chi le osserva.
Rubens – Venere allo specchio
Ricordiamo che i temi classici e mitologici erano per gli artisti il migliore e però forse anche l’unico modo per superare i limiti espressivi imposti dalle severe leggi censorie del tempo e dar così libero sfogo al loro estro.
In particolare Rubens scelse per far questo soprattutto il tema dei Satiri e Sileni.
Il Satiro è il compagno di Pan e Dioniso abitante dei boschi ed impersonifica la fertilità e la forza vitale della natura mentre i Sileni sono anche loro divinità dei boschi, presenti nella mitologia greca, ma caratterizzate dal carattere selvaggio e lascivo.
Rubens – Ninfe e Satiri 1635
Tuttavia la sensualità delle sue opere non emana solo da dipinti con immagini esplicite ma spesso in modo chiaro e forte anche in quelle in cui non appaiono per quel che esse lasciano invece immaginare.
Si pensi infatti ad esempio a quest’opera che ha molti ammiratori e che fa molto parlar di sé.
Rubens – Il satiro e la fanciulla – Collez. Principe del Liechtenstein
In questo dipinto, anche se non appare nulla di sensuale in modo esplicito, tuttavia appare evidente che per l’ingenua giovinetta il destino pare ormai tracciato, e certo nessun padre gradirebbe un genero di tal fatta.
Infatti se esaminiamo con attenzione notiamo:
– lo sguardo sì simpatico ma davvero inequivocabile del satiro
– il sorriso mefistofelico da brividi
– il suo corpo nudo benché accostato al cesto “caravaggesco” che pur cerca di attutire un po’ la forza di queste impressioni
– la scena poi parla… da sola…
Ci sono poi diverse altre sue opere in cui il tema dei Satiri è affrontato in modo quasi prepotente come ad esempio la seguente.
Rubens – Due Satiri
In realtà le rotondissime forme dei suoi personaggi non riguardavano solo le donne… come ad esempio il dipinto qui giù.
Gesù e Giovanni Battista bambini con 2 angeli
Prima di esporre una mia conclusione mi fa piacere riportare una bella poesia della poetessa Premio Nobel Wislawa Szymborska dedicata proprio alle sue donne…
LE DONNE DI RUBENS
Ercolesse, fauna femminile,
nude come il fragore di botti.
Fanno il nido in letti calpestati,
nel sonno la bocca si apre al chicchirichì.
Le pupille rovesciate all’indietro
Penetrano dentro le ghiandole
da cui i lieviti stillano nel sangue.
Figlie del barocco, l’impasto si gonfia,
vaporano i bagni, s’arrossano i vini,
nel cielo galoppano porcelli di nuvole,
le trombe nitriscono l’allarme carnale.
O cucurbitose, o esorbitanti,
e raddoppiate dal cader dei veli
e triplicate dalla violenza della posa,
grasse pietanze d’amore!
Le loro magre sorelle si alzarono presto,
prima che nel quadro facesse giorno.
E nessuno le vide incamminarsi in fila
dal lato non dipinto della tela.
Esiliate dello stile. Costole contate,
mani e piedi d’uccello.
Provano a volare sulle scapole sporgenti.
Il Duecento gli avrebbe dato un fondo d’oro.
Il Novecento – uno schermo d’argento.
Ma il Seicento non ha nulla per chi è piatto.
Giacché perfino il cielo è convesso
convessi gli angeli e convesso il dio ―
Febo baffuto che su un destriero
sudato irrompe nell’alcova ribollente.
Rubens – Le tre Grazie – 1635
Concludo con un accenno ad un altro aspetto della pittura di Rubens la modernità…
A mio parere non tanto per la tecnica ma per gli atteggiamenti, i movimenti, la plasticità dei corpi, la naturalezza e la forza delle espressioni davvero sorprendenti dei soggetti dipinti, Rubens anticipa movimenti artistici che si affermarono solo nei secoli successivi.
Rubens – Venus frigida
F I N E
Categoria “Arte” del blog IL MONDO DI ORSOSOGNANTE
Fin dalla sua creazione il dipinto colpì molto coloro che l’osservavano e il Malvasia, nel suo libro “Felsina Pittrice” del 1678, attribuendolo al Carracci lo descriveva così:
«Monsignor Agucchi che in zimarra tenendo una lettera con ambe le mani guarda a noi spettatori»
In effetti l’Agucchi, che appare vestito con una comoda vestaglia mentre legge una lettera seduto al suo scrittoio, alza lo sguardo dalla lettera e fissa attentamente qualcuno entrato nella stanza all’improvviso.
Questo sguardo attento ed intenso in verità appare rivolto allo spettatore cioè a noi ed è quel che maggiormente colpisce.
Il dipinto è considerato una delle pietre miliari della ritrattistica barocca.
Infatti il personaggio ritratto entra in diretta relazione con lo spettatore al quale quasi sembra stia per parlare, a dirla con le parole dello storico dell’arte Tomaso Montanari.
Il quadro, che sembra “vivo“, è altresì definito una delle più brillanti opere ritrattistiche del ‘600.
CHI E’ L’AGUCCHI
Il personaggio rappresentato non è affatto un tipo qualunque.
Infatti Giovanni Battista Agucchi (Bologna 1570 – San Salvatore 1.1.1632) è stato un diplomatico della Santa Sede, arcivescovo, scrittore ed esperto d’arte.
Si interessò di studi astronomici ed ebbe rapporti con Galileo.
Carracci – Venere dormiente con amorini
Scrisse un “Trattato della pittura” ed una celebre descrizione della “Venere dormiente con amorini” proprio del Carracci.
Fu anche amico sia del Carracci che del suo allievo Domenichino.
BREVE STORIA DELL’ATTRIBUZIONE DEL DIPINTO
Esempio di ritratto del Domenichino
Il dipinto inizialmente attribuito al Carracci in seguito per alcuni secoli è stato invece sempre attribuito al Domenichino ma nel 1994 una studiosa, Silvia Ginzburg, esaminando stilisticamente la tela e ripartendo dalle parole del Malvasia, giunge alla conclusione che il ritratto dell’Agucchi è frutto del pennello di Annibale.
Questa è la tesi prevalente in quanto i dipinti del Domenichino appaiono privi di quel “contatto con lo spettatore” di cui ho parlato su, e mostrano invece una, seppur elegante, separazione.
A ciò si aggiunge la considerazione della grande amicizia tra Annibale Carracci e l’Agucchi.
In verità la duplice attribuzione forse è stata generata dalla presenza di una copia d’epoca per cui le documentazioni archivistiche sul dipinto possono essere state da ciò deviate.
Il Bernini non è stato solo l’autore geniale di grandi e stupende sculture ma anche di alcune piccole, altrettanto belle ma poco note.
Questa, di cui ora parlerò, il Busto di Giovanni Vigevano, non è chiusa in un museo ma la sua visione è disponibile a tutti in quanto si trova a Roma nella Basilica Santa Maria sopra Minerva dove sono anche le tombe del Beato Angelico e di Santa Caterina da Sienama anche tantissime altre opere d’arte.
Busto di Giovanni Vigevano
IL PERSONAGGIO SCOLPITO
Certo il suo nome non sarebbe rimasto negli annali della storia se non fosse stato scolpito a tarda età dal Bernini.
Del Vigevano sappiamo infatti solo quello troviamo scritto sotto la nicchia in cui è posta la scultura e cioè che era un ricco borghese piacentino molto ben introdotto tra i principi della Chiesa dell’epoca e che è morto a quasi 90 anni.
Il nostro quindi è scomparso ad un’età avanzatissima, caso molto raro all’epoca, ma la scultura si presume scolpita circa 10 anni prima ed allocata in un primo tempo presso la sua abitazione e solo successivamente nella Basilica vicino alla sua sepoltura.
Tutto ciò si evince dal fatto che la nicchia in cui è inserita dovette essere adattata per ben contenerla.
LE DIFFICOLTA’ CHE IL BERNINI DEVE AFFRONTARE
Il 22enne Bernini che ha già creato memorabili sculture stavolta deve affrontare alcune novità operative:
– scolpire non personaggi antichi, religiosi o mitologici ma una persona vera e dal vero;
– scolpire non una grande opera marmorea ma un piccolo busto (anche se c’era stato il precedente di Papa Paolo V)
– scolpire non la bellezza ma la vecchiaia.
Busto di Papa Paolo V
BREVE ANALISI
Ma l’artista, benché molto giovane, crea anche stavolta un’opera stupefacente per genialità e saggezza.
Il Vigevano appare semplicemente vivo come nell’atto d’incontrarci e difatti sembra che stia per scostare il mantello per salutarci.
In questa stupenda scultura possiamo ben dire che il Bernini sia riuscito a coniugare il suo stile barocco con la realtà della vecchiaia e dunque della vita.
Inoltre egli si dimostra anche un grande “ritrattista” della scultura.