La pittrice che amava (dipingere) le donne
e che era amata dalle donne (per i suoi ritratti).
Questa affascinante pittrice ha attraversato
con coraggio ed intraprendenza, e soprattutto con grandi successi,
la storia a cavallo tra il 700 e l’800,
ma poi era caduta nell’oblio fino a qualche decennio fa.
La figlioletta Giulia
Negli ultimi anni i suoi dipinti, per la loro leggiadria,
raffinatezza ed introspezione dei soggetti hanno conquistato il web
e solo di recente le bellissime mostre di Parigi e New York
l’hanno consacrata come grande artista della sua epoca.
(Parigi, 16.4.1755 – Louveciennes, 30.3.1842)
BREVE BIOGRAFIA
Doveva proprio avere il fuoco dell’arte nelle vene se già all’età di 6 anni disegnava dappertutto oltre che sui suoi quaderni, stupendo tutti per la sua bravura ed il padre, modesto pittore, ne comprese subito il talento.
Rimasta ben presto orfana fu portata in convento da cui uscì a 11 anni e, per seguire la sua passione artistica, iniziò a visitare le collezioni reali e quelle private aperte al pubblico, per affinare la sua formazione.
Da adolescente pare che si sentisse bruttina ed inadeguata, ma a 15 anni era già una delle più belle donne di Parigi e già si stava affermando come notevole pittrice.
Autoritratto giovanile
La bellezza dei suoi dipinti la fece entrare nelle grazie di 2 nobildonne che la presero sotto le loro ali.
Questo era solo l’inizio del suo successo presso le donne che durò tutta la sua lunga e complicata vita.
Il fascino personale, la nuova situazione familiare (la madre si era risposata con un ricco gioielliere) e l’eleganza dei suoi dipinti la fanno ben presto entrare in modo dirompente nel bel mondo parigino dell’epoca.
2 Marchese con i loro figli
Nel 1775, eccezionalmente, 2 suoi dipinti furono accolti dalla “Accademia Reale di Pittura e Scultura” all’epoca chiusa alle donne e lei fu ammessa, con la pittrice Adélaïde Labille-Guiard, sua rivale, a seguire lì dei corsi.
Nel 1776 venne incaricata di ritrarre il Conte di Provenza, fratello del Re, e ciò le consentì di entrare negli ambienti reali.
M.me Spencer Perceval
Nello stesso anni sposò Jean-Baptiste-Pierre Le Brun, pittore sfaccendato e donnaiolo, ma esperto d’arte che le diede ottimi consigli tecnici.
Inoltre il marito era ben introdotto tra i mercanti d’arte e l’aiutò molto nella commercializzazione dei suoi quadri.
La Regina Maria Antonietta
Nel 1778 dipinse la mitica Regina Maria Antonietta che rimase entusiasta di come Louise Elisabeth l’aveva ritratta e la fece nominare pittrice di Corte.
Questo le consentì di essere accolta nell’Accademia Reale di Pittura e di esporre i suoi dipinti nel “Salon” di pittura che era la più grande vetrina artistica ell’epoca.
Non mancarono però delle critiche da parte degli ambienti della Corte per aver, lei donna, dipinto qualche nudo benché di carattere mitologico, in quanto cosa sconveniente o per aver dipinto la Regina talvolta in pose e vesti troppo “naturali”.
Anche in questi casi però lei mostrò il suo carattere forte non curandosi delle critiche ed anzi contribuendo a cambiare molti pregiudizi esaltando la naturalezza dell’istante benché sempre con la massima graziosità.
La pace che porta abbondanza
La Regina divenne poi anche sua amica in quanto avevano la stessa età, 23 anni, gli stessi sogni e lo stesso amore per la bellezza e la raffinatezza.
Era all’apice del suo successo artistico e mondano quando la Rivoluzione Francese, che cambierà il mondo, intervenne a cambiarle del tutto la vita.
La Regina Maria Antonietta
A differenza della sua rivale, che riuscì ad integrarsi nel mondo rivoluzionario, lei, per l’amicizia con la Regina, fu malvista e colpita dall’ira popolare.
Scappò allora con la sua figlioletta in Italia dove potè ammirare le opere dei grandi artisti italiani visitando le nostre più importanti città d’arte e poi girò per tutta Europa.
La pittrice con la figlioletta Giulia
Fu per lei un lungo ed amaro periodo in cui soffrì da esiliata, ma nel contempo festoso per i successi delle sue opere presso tutte le Corti Europee.
Durò 13 anni questo peregrinare dorato e a 54 anni, tornata in Patria, prese a vivere tra Parigi e Louveciennes, in una casa di campagna accanto al castello di Madame du Barry.
La Contessa Catherine Vassilievna Skavronskaia
Aprì a Parigi un salotto letterario (come si usava all’epoca) e scrisse i suoi ricordi “Souvenirs” che, nonostante gli errori grammaticali dovuti alle iniziali carenze educative, allora piacquero molto e sono ancor oggi un documento molto interessante sulla sua vita e le sue opere, ma anche sugli artisti, su quell’importante periodo storico e sui grandi personaggi d’allora.
Morì a 87 anni… cosa rara per quei tempi.
CONSIDERAZIONE PERSONALE
Questa pittrice mi affascinò non appena vidi, diversi anni fa, un suo dipinto.
La forte lucentezza degli incarnati, la scelta di pose molto dolci, la precisione nel dipingere vesti e ornamenti, la morbidezza dei toni e dei colori sono lampanti conferme di un’incredibile padronanza virtuosistica.
La sua arte va certo inquadrata nell’ambito di una visione molto elitaria… ma ciò non deve stupire, visti gli ambienti da lei frequentati tutta la vita.
La sua grandezza, oggi riconosciuta, le deriva a mio parere oltre che per la sua tecnica sopraffina anche per aver saputo rendere belli e veri in modo incomparabile tutti i personaggi da lei dipinti cogliendone però nel contempo anche i loro aspetti psicologici.
Berthe Morisot è stata forse (o senza forse)
la vera donna dell’impressionismo
e non solo come pittrice.
Giorno d’estate
BERTHE MORISOT
OVVERO L’IMPRESSIONISMO AL FEMMINILE
Tony Kospan
L’importanza del suo ruolo è stata davvero misconosciuta
sia ai suoi tempi che nel corso degli anni
(per il solo fatto che era una donna)
e soltanto da poco
sta riavendo la grande considerazione che merita.
Qui è ritratta da E. Manet
.
.
.
Nata in una famiglia bene e di notevole cultura di Bourges (era anche nipote del noto pittore Jean-Honoré Fragonard)
si trasferì nel 1855 a Parigi dove iniziò gli studi
di disegno mostrando subito notevoli qualità.
.
.
Il marito Eugene Manet con la figlia Julie
Non potendosi iscrivere all’Ecole des Beaux-Arts perché donna,
i suoi genitori allora iniziarono ad invitare nella loro casa
amici artisti e soprattutto pittori che le dessero degli insegnamenti.
Bourges 14.1.1841 – Parigi 2.3.1895
Successivamente frequentò gli sudi
di diversi pittori molto in voga all’epoca.
.
.
.
Nel 1864 venne ammessa al Salon, e nel 1868 conobbe
il grande Edouard Manet che divenne subito un grande ammiratore
sia della sua bellezza che delle sue opere
e con cui strinse un “sodalizio” pittorico e non solo
che durò molto a lungo anche se poi
lei ne sposerà il fratello Eugène.
L’amicizia con Manet l’influenzò molto
e l’avvicinò al mondo impressionista.
In questo periodo l’uso frequentissimo del bianco
unito a colori intensi e vibranti
le consentiva di raggiungere effetti luminosi e delicati.
La favola
Ma per le tragedie della guerra franco-prussiana
a partire dal 1870 questi colori luminosi vennero meno
per tornare però dopo la guerra con l’aggiunta
geniale anche di pennellate capaci di mostrare
anche il movimento e la fluidità dell’acqua.
Nel 1874 partecipa alla mitica mostra di Nadar…
la prima degli Impressionisti.
Il marito Eugene Manet con la figlia Julie
.
.
.
La mostra ebbe grande successo ma le sue opere
ebbero sia commenti entusiastici che derisioni.
.
Ma da quel momento
per tutti divenne “la donna dell’impressionismo“.
.
Nel 1879 nacque sua figlia Julie.
.
Qui è ritratta da E. Manet
.
Dopo la morte del marito, nel 1892,
si dedicò ancor di più alla pittura
mentre i critici, che l’avevano sempre freddamente valutata,
incominciarono ad apprezzare le sue opere.
La tematica delle sue opere è molto spesso.
classicamente femminile.
La toletta
Lo specchio
Morì nel 1895 a soli 54 anni
rimpianta da tutto il mondo dell’impressionismo.
.
.
.
Il poeta Paul Valery scrisse di lei:
“La particolarità di Berthe Morisot
fu quella di vivere la sua pittura
e di dipingere la sua vita”
Per la sua personalità forte e non banale
e per esser una pittrice fu costretta
a vivere sempre lottando contro le maldicenze
degli ambienti più retrogradi ed ottusi dell’epoca
(che purtroppo non mancavano alloracome non mancano oggi).
Nonostante la precoce scomparsa (a soli 38 anni!)
il suo è stato un grande percorso nel mondo dell’arte
riuscendo ad affermarsi come uno dei più grandi
avvennero presso l’Istituto delle Belle Arti di Napoli
dal quale però fu espulso per indisciplina.
De Nittis – Giornata d’inverno
Insofferente nei confronti dello stile verista ma formale,
allora dominante negli ambienti artistici napoletani,
entrò a far parte della “Scuola di Portici” nella quale
il “verismo” si diradava in toni e colori più sfumati
e diventando, come ebbe a scrivere, “maestro di se stesso”.
De Nittis – Appuntamento al bosco di Portici
Il maestro A. Cecioni, suo grande ammiratore
per la spontanea eleganza dei suoi dipinti,
lo prese sotto le sue ali
e divenne anche la sua guida.
Si trasferì poi per un po’ a Firenze
dove ebbe contatti, influenze… ma anche contrasti,
con gli ambienti dei Macchiaioli.
De Nittis – Colazione in giardino
Dopo aver girato per varie parti d’Italia
si trasferì infine a Parigi dove avvenne poi la maggior parte
della sua grande produzione artistica
e dove ebbe notevoli successi
sia da parte del pubblico che della critica.
De Nittis – Effetto neve
Fu anche amico, tra gli altri, degli impressionisti Manet e Degas
e si inserì molto bene nei salotti eleganti ed aristocratici della città.
Fu anche acquarellista ed acquafortista.
De Nittis – Sul lago dei 4 Cantoni
Morì improvvisamente a causa di un ictus.
E’ sepolto a Parigi, nel cimitero di Père-Lachaise.
De Nittis – Avenue du Bois in Boulogne – 1874
IL SUO STILE
Pur influenzato dai Veristi, dai Macchiaioli e dagli Impressionisti
il grande pittore barlettano mantenne però sempre un suo stile indipendente.
La sua è unanimemente considerata una pittura elegante e “poetica”.
De Nittis – Donna con cappello e veletta
I suoi soggetti preferiti sono i paesaggi naturali…
agresti o cittadini, i salotti eleganti e le donne affascinanti.
Ha in comune con Renoir, nato pure lui il 25 febbraio,
il piacere di dipingere la gioia, la bellezza e l’eleganza.
Berthe Morisot è stata forse (o senza forse)
la vera donna dell’impressionismo
e non solo come pittrice.
Giorno d’estate
BERTHE MORISOT
OVVERO L’IMPRESSIONISMO AL FEMMINILE
Tony Kospan
L’importanza del suo ruolo è stata davvero misconosciuta
sia ai suoi tempi che nel corso degli anni
(per il solo fatto che era una donna)
e soltanto da poco
sta riavendo la grande considerazione che merita.
Qui è ritratta da E. Manet
.
.
.
Nata in una famiglia bene e di notevole cultura di Bourges (era anche nipote del noto pittore Jean-Honoré Fragonard)
si trasferì nel 1855 a Parigi dove iniziò gli studi
di disegno mostrando subito notevoli qualità.
.
.
Il marito Eugene Manet con la figlia Julie
Non potendosi iscrivere all’Ecole des Beaux-Arts perché donna,
i suoi genitori allora iniziarono ad invitare nella loro casa
amici artisti e soprattutto pittori che le dessero degli insegnamenti.
Bourges 14.1.1841 – Parigi 2.3.1895
Successivamente frequentò gli sudi
di diversi pittori molto in voga all’epoca.
.
.
.
Nel 1864 venne ammessa al Salon, e nel 1868 conobbe
il grande Edouard Manet che divenne subito un grande ammiratore
sia della sua bellezza che delle sue opere
e con cui strinse un “sodalizio” pittorico e non solo
che durò molto a lungo anche se poi
lei ne sposerà il fratello Eugène.
L’amicizia con Manet l’influenzò molto
e l’avvicinò al mondo impressionista.
In questo periodo l’uso frequentissimo del bianco
unito a colori intensi e vibranti
le consentiva di raggiungere effetti luminosi e delicati.
La favola
Ma per le tragedie della guerra franco-prussiana
a partire dal 1870 questi colori luminosi vennero meno
per tornare però dopo la guerra con l’aggiunta
geniale anche di pennellate capaci di mostrare
anche il movimento e la fluidità dell’acqua.
Nel 1874 partecipa alla mitica mostra di Nadar…
la prima degli Impressionisti.
Il marito Eugene Manet con la figlia Julie
.
.
.
La mostra ebbe grande successo ma le sue opere
ebbero sia commenti entusiastici che derisioni.
.
Ma da quel momento
per tutti divenne “la donna dell’impressionismo“.
.
Nel 1879 nacque sua figlia Julie.
.
Qui è ritratta da E. Manet
.
Dopo la morte del marito, nel 1892,
si dedicò ancor di più alla pittura
mentre i critici, che l’avevano sempre freddamente valutata,
incominciarono ad apprezzare le sue opere.
La tematica delle sue opere è molto spesso.
classicamente femminile.
La toletta
Lo specchio
Morì nel 1895 a soli 54 anni
rimpianta da tutto il mondo dell’impressionismo.
.
.
.
Il poeta Paul Valery scrisse di lei:
“La particolarità di Berthe Morisot
fu quella di vivere la sua pittura
e di dipingere la sua vita”
Per la sua personalità forte e non banale
e per esser una pittrice fu costretta
a vivere sempre lottando contro le maldicenze
degli ambienti più retrogradi ed ottusi dell’epoca
(che purtroppo non mancavano alloracome non mancano oggi).
Toulouse-Lautrec è stato uno degli artisti più importanti
della scintillante e sognante Parigi di fine ‘800
di cui ha “narrato”, con calore e verità, vizi e virtù.
BREVE BIOGRAFIA
Henri Marie Raymond de Toulouse-Lautrec nacque in una nobile famiglia discendente addirittura da Carlo Magno.
Fin da piccolo fu sofferente di una malattia alle ossa che ne impedì la crescita in altezza e gli rese la testa molto grande rispetto al corpo in cui soprattutto le gambe restarono molto piccole.
Albi 24.11.1864 – Saint-André-du-Bois 9.9.1901
Per questo fece gli studi nella casa paterna, da dove in pratica usciva raramente, dedicandosi fin da piccolo alla pittura.
Visto questo suo interesse fu inviato a studiare pittura presso studi di alcuni noti pittori.
A 19 anni aprì il suo primo atelier a Montmartre (Parigi) noto per esser il quartiere degli artisti e dei bohemiens.
Fu proprio questo mondo fatto di caffè, bordelli e bistrot, che ha creato il mito della Belle Époque, ad ispirare la massima parte dei suoi dipinti.
Fece una vita economicamente disordinata, e quasi sempre in compagnia dell’alcool (e non solo), ma ci tenne sempre a differenziare i propri guadagni di pittore dall’appannaggio familiare.
Pur disponendo di notevoli risorse economiche egli amava frequentare gli ambienti più poveri e diseredati alloggiando spesso nei bordelli dove amava dipingere le prostitute nei loro atteggiamenti più spregiudicati.
Le sue opere, con il loro calore… i loro colori… ma anche con la loro verità, mostrano una forte vicinanza umana ai soggetti dipinti.
Nel 1893 la sua prima mostra ebbe subito successo e piacque anche ai critici.
Da quel momento in poi pian piano divenne ben presto un notevole punto di riferimento nel mondo artistico parigino.
Tuttavia, nonostante i successi artistici delle sue opere, rimase sempre schiavo dell’alcoolismo.
Morì a soli 36 anni a seguito di complicazioni causate dalla sifilide in un corpo già debilitato.
Al Moulin Rouge con autoritratto
SINTETICA ANALISI DELLA SUA ARTE
All’inizio le sue opere presentano caratteristiche simili a quelle degli impressionisti ed in questo molta influenza ebbero soprattutto Edgar Degas ma anche Cézanne, Renoir e Manet.
Egli poi però ben presto inizierà a tener sempre differenziata la figura umana dall’ambiente di sfondo nei suoi dipinti e proprio per questo è definito un post-impressionista.
Infatti egli stesso affermava:
“Non esiste che la figura, il paesaggio è nulla, non dovrebbe che essere un accessorio.
Il paesaggio dovrebbe essere usato solo per rendere più intelligibile il carattere della figura.”
Bevitori di assenzio
Possiamo dunque dire che per lui viene prima di ogni altra cosa la persona e molte persone, da lui dipinte, sono divenute poi, grazie a lui, immortali.
Egli usava diversi supporti per le sue opere ed è infatti considerato anche uno dei più geniali autori di manifesti e stampe dei suoi tempi.
Toulouse-Lautrec è stato uno degli artisti più importanti
della scintillante e sognante Parigi di fine ‘800
di cui ha “narrato”, con calore e verità, vizi e virtù.
BREVE BIOGRAFIA
Henri Marie Raymond de Toulouse-Lautrec nacque in una nobile famiglia discendente addirittura da Carlo Magno.
Fin da piccolo fu sofferente di una malattia alle ossa che ne impedì la crescita in altezza e gli rese la testa molto grande rispetto al corpo in cui soprattutto le gambe restarono molto piccole.
Albi 24.11.1864 – Saint-André-du-Bois 9.9.1901
Per questo fece gli studi nella casa paterna, da dove in pratica usciva raramente, dedicandosi fin da piccolo alla pittura.
Visto questo suo interesse fu inviato a studiare pittura presso studi di alcuni noti pittori.
A 19 anni aprì il suo primo atelier a Montmartre (Parigi) noto per esser il quartiere degli artisti e dei bohemiens.
Fu proprio questo mondo fatto di caffè, bordelli e bistrot, che ha creato il mito della Belle Époque, ad ispirare la massima parte dei suoi dipinti.
Fece una vita economicamente disordinata, e quasi sempre in compagnia dell’alcool (e non solo), ma ci tenne sempre a differenziare i propri guadagni di pittore dall’appannaggio familiare.
Pur disponendo di notevoli risorse economiche egli amava frequentare gli ambienti più poveri e diseredati alloggiando spesso nei bordelli dove amava dipingere le prostitute nei loro atteggiamenti più spregiudicati.
Le sue opere, con il loro calore… i loro colori… ma anche con la loro verità, mostrano una forte vicinanza umana ai soggetti dipinti.
Nel 1893 la sua prima mostra ebbe subito successo e piacque anche ai critici.
Da quel momento in poi pian piano divenne ben presto un notevole punto di riferimento nel mondo artistico parigino.
Tuttavia, nonostante i successi artistici delle sue opere, rimase sempre schiavo dell’alcoolismo.
Morì a soli 36 anni a seguito di complicazioni causate dalla sifilide in un corpo già debilitato.
Al Moulin Rouge con autoritratto
SINTETICA ANALISI DELLA SUA ARTE
All’inizio le sue opere presentano caratteristiche simili a quelle degli impressionisti ed in questo molta influenza ebbero soprattutto Edgar Degas ma anche Cézanne, Renoir e Manet.
Egli poi però ben presto inizierà a tener sempre differenziata la figura umana dall’ambiente di sfondo nei suoi dipinti e proprio per questo è definito un post-impressionista.
Infatti egli stesso affermava:
“Non esiste che la figura, il paesaggio è nulla, non dovrebbe che essere un accessorio.
Il paesaggio dovrebbe essere usato solo per rendere più intelligibile il carattere della figura.”
Bevitori di assenzio
Possiamo dunque dire che per lui viene prima di ogni altra cosa la persona e molte persone, da lui dipinte, sono divenute poi, grazie a lui, immortali.
Egli usava diversi supporti per le sue opere ed è infatti considerato anche uno dei più geniali autori di manifesti e stampe dei suoi tempi.
Nonostante la precoce scomparsa (a soli 38 anni!)
il suo è stato un grande percorso nel mondo dell’arte
riuscendo ad affermarsi come uno dei più grandi
avvennero presso l’Istituto delle Belle Arti di Napoli
dal quale però fu espulso per indisciplina.
De Nittis – Giornata d’inverno
Insofferente nei confronti dello stile verista ma formale,
allora dominante negli ambienti artistici napoletani,
entrò a far parte della “Scuola di Portici” nella quale
il “verismo” si diradava in toni e colori più sfumati
e diventando, come ebbe a scrivere, “maestro di se stesso”.
De Nittis – Appuntamento al bosco di Portici
Il maestro A. Cecioni, suo grande ammiratore
per la spontanea eleganza dei suoi dipinti,
lo prese sotto le sue ali
e divenne anche la sua guida.
Si trasferì poi per un po’ a Firenze
dove ebbe contatti, influenze… ma anche contrasti,
con gli ambienti dei Macchiaioli.
De Nittis – Colazione in giardino
Dopo aver girato per varie parti d’Italia
si trasferì infine a Parigi dove avvenne poi la maggior parte
della sua grande produzione artistica
e dove ebbe notevoli successi
sia da parte del pubblico che della critica.
De Nittis – Effetto neve
Fu anche amico, tra gli altri, degli impressionisti Manet e Degas
e si inserì molto bene nei salotti eleganti ed aristocratici della città.
Fu anche acquarellista ed acquafortista.
De Nittis – Sul lago dei 4 Cantoni
Morì improvvisamente a causa di un ictus.
E’ sepolto a Parigi, nel cimitero di Père-Lachaise.
De Nittis – Avenue du Bois in Boulogne – 1874
IL SUO STILE
Pur influenzato dai Veristi, dai Macchiaioli e dagli Impressionisti
il grande pittore barlettano mantenne però sempre un suo stile indipendente.
La sua è unanimemente considerata una pittura elegante e “poetica”.
De Nittis – Donna con cappello e veletta
I suoi soggetti preferiti sono i paesaggi naturali…
agresti o cittadini, i salotti eleganti e le donne affascinanti.
Ha in comune con Renoir, nato pure lui il 25 febbraio,
il piacere di dipingere la gioia, la bellezza e l’eleganza.
Poi all’improvviso la riscoperta da parte della nipote.
La Vague (L’Onda) – Claudel
RODIN E CLAUDEL
– STORIA D’ARTE AMORE E DOLORE… –
a cura di Tony Kospan
III PARTE
Ho scelto la scultura della Vague (l’Onda), nota e bella opera di Claudel,
come immagine iniziale di questa 3° ed ultima parte
perché mi appare come il simbolo (profetico o reale) del travolgere degli eventi.
Claudel al lavoro
Dunque dopo aver raccontato nella 1° parte
l’amore travolgente e la passione trionfante,
e nella 2° l’insorgere dei contrasti
e delle incomprensioni tra i 2 grandi artisti
(sempre in un tripudio di grandi sculture e veri capolavori)
parleremo ora delle ultime vicende di Claudel.
Ma parlerò anche del modo in cui questa storia
sia del tutto scomparsa dalla memoria collettiva
ed infine del come e perché sia poi tornata alla luce.
Infine un mio modesto parere su questa incredibile storia.
L’abbandono – Claudel
GLI ULTIMI ANNI DI CLAUDEL
In quel manicomio Claudel visse 30 anni di lucida tremenda consapevolezza della forzata prigione del suo genio creativo interrotti solo da inutili continui e drammatici appelli per un suo ritorno alla libertà.
Ritorno che, benché la sua guarigione fosse certificata dai medici, fu sempre rifiutato dall’arcigna madre e dai fratelli.
In una lettera del 1935 scriveva ad un amico che la sua vita era stata:
“un romanzo… un’epopea come l’Iliade e l’Odissea. Ci vorrebbe Omero per raccontarla, sono caduta dentro un baratro, vivo in uno strano mondo… dal sogno che è stata la mia vita, ora è rimasto solo l’incubo…”.
L’ultima foto di Claudel
Morì nel 1943. Rodin era morto molto tempo prima, nel 1917.
Rodin al lavoro in tarda età
Suo fratello Paul noto scrittore ed intellettuale cattolico ma certo non esempio di brillante coraggio ed umanità nonché complice insieme agli altri della sua famiglia dell’amara fine di Claudel scrisse con una certa impudenza:
“Mia sorella Camille aveva una bellezza straordinaria, ed inoltre un’energia, un’immaginazione, una volontà del tutto eccezionali. E tutti questi doni superbi non sono serviti a nulla; dopo una vita estremamente dolorosa, è pervenuta a un fallimento completo”.
Collage di opere di Camille Claudel…
LA RISCOPERTA DI C. CLAUDEL
Ma quello che la sua famiglia le tolse, una persona della stessa famiglia glie lo ha ridato dopo la morte.
Negli anni 80 infatti proprio una pronipote ventenne, Reine-Marie Paris, ha scritto la sua biografa.
La famiglia di Camille ne aveva cancellato ogni traccia considerandola una pecora nera per cui quando Reine-Marie chiese informazioni della zia ecco cosa accadde.
Ce lo racconta lei stessa:
“cercando per la mia tesi di laurea dettagli su mia zia, si scatenò un silenzio imbarazzante.
Camille mi apparve come un personaggio “maledetto” all’interno della famiglia”.
Scoprì quindi tutta la storia e divenne la ricercatrice e la curatrice delle opere di Camille con lo scopo di creare un museo in cui potessero essere conservate le sue opere e di riabilitare completamente la sua figura.
Ha poi anche creato un sito in suo onore…
Reine-Marie Paris
IL FILM
Tornata la storia alla ribalta, grazie alla nipote, divenne anche un soggetto cinematografico.
Il fascino, rosso di passione e nero di dolore, di questa storia è stato quindi raccontato in un film con Gerard Depardieu di cui possiamo vedere una bella scena che testimonia anche l’enorme interesse che suscitò la vicenda in Francia ed in tutto il mondo.
IN CONCLUSIONE UN MIO PENSIERO
Sono davvero contento d’aver conosciuto ed approfondito questa incredibile storia d’amore e d’arte… ma anche un po’ triste per aver con evidenza constatato quanto immenso dolore possa dare viltà e crudeltà oltretutto nell’ambito familiare.
Tornando alla storia d’amore… debbo dire che ci troviamo dinanzi ad una coppia di artisti – Claudel/Rodin – davvero geniali (Rodin è riconosciuto quale uno dei massimi esponenti della scultura d’ogni tempo) uniti da una passione assoluta e travolgente ma anche da una complicatissima “convivenza”.
Fugit amor – Rodin
Le grandi difficoltà furono causate sia dalle loro notevoli diversità caratteriali che dall’intrinseco conflitto tra la grande modernità di pensiero, unita però a forte intransigenza caratteriale di Claudel, e la ricerca delle “convenienze” del classico “quieto vivere” da parte di Rodin, a sua volta dotato di altrettanto forte personalità.
E lo afferma in una lettera ad un’amica: “C’è sempre qualche cosa di assente che mi tormenta…”.
Le sembra di non riuscire ad emergere dalla dolce ombra in cui la tiene, seppur amorevolmente, Rodin…
Siamo ormai nel 1891 e Claudel sente di non riuscire ad esprimere tutta la sua modernità di donna e tutta la sua genialità d’artista.
Claudel… all’opera
Arriva a sentirsi quasi una “favorita“ del sultano e non riesce a non trattenere il suo orgoglio quando scrive parlando di alcune opere del Maestro…
“Queste mani, questi piedi, questi fianchi, questa sensualità straziante è tutta opera mia”!
La mano di Dio – Rodin
Ormai l’intensa passione tra i due, artisticamente espressa con l’opera “La Valse” di Camille (una coppia che balla un valzer appassionatamente), inizia a vivere sempre maggiori difficoltà.
Camille Claudel – La Valse – 1891
Coppia in bronzo, avvinghiata in un walzer trascinante
in cui non solo i loro corpi, ma anche le loro anime
si fondono in un movimento che sembra sfidare le leggi della gravità.
Camille arrivò ad avere una breve relazione col celebre compositore Claude Debussy (incontrato nel salotto del poeta Mallarmé), forse anche per ingelosire Rodin.
Claude Debussy
LA ROTTURA
Nel 1892 arriva la rottura finale… causata forse da un aborto a cui Rodin la costringe e dal fatto che lui non si decide a lasciare la convivente… “la vecchiaccia“… (così Claudel definiva la convivente di Rodin) mentre contemporaneamente la sua arte, sempre più indipendente, viene scoperta dai critici che si accorgono delle differenze tra i loro stili….
Suo fratello Paul definì l’opera di Camille “la scultura dell’interiore”.
Auguste Rodin
La separazione però dal “grande Rodin”, ahimè, la allontana anche dagli ambienti artistici “à la page” e dai grandi collezionisti.
Tuttavia questi anni di fine 800 sono gli anni dei suoi più grandi grandi capolavori… ed infatti oltre alla “Valse“… ci fu “Sakuntala” o Vertumne et Pomone
Claudel – Vertumne et Pomone
Questo gruppo in bronzo, opera sensuale ispirata al poema indiano del V° secolo, che narra le vicende della ninfa Sakuntala alla ricerca dell’amato sposo scomparso per un sortilegio, le fruttò il primo grande riconoscimento pubblico..
E poi un’altra famosa opera “La piccola castellana“.
Claudel – La petite Châtelaine – 1892-98
Con quest’opera in marmo, che ritrae la piccola Therese Courcelles, Claudel trasfigura il suo desiderio di maternità.
C’è poi… un altro suo capolavoro… l’AGE MUR
Camille Claudel – L’Age mur (L’’età matura)
Una vera e propria opera narrativa in bronzo,
realizzata tra il 1894 e il 1900.
Quest’altra scultura narra, con accenti drammatici, proprio la sua tremenda storia d’amore sconfitta dalle avversità del destino.
Benché il numero e la qualità dei suoi capolavori insieme all’interesse dei critici stiano diventando molto elevati, Camille inizia ad isolarsi sempre di più.
Il suo grande amore per Rodin diventa acceso risentimento, quasi una fissazione che esprime pubblicamente ed in ogni modo.
Iniziano anche le difficoltà economiche unite al ricorso all’alcool ed ad una certa instabilità psicologica.
Camille Claudel
La sua intransigenza nel non voler scendere ad alcun compromesso, in nome del suo genio, insieme all’alcool ed ad una vita sbandata aggraveranno le sue condizioni psicologiche al punto che in nome del “rispetto” la madre ed il fratello (diplomatico e rappresentante dell’intellighenzia cattolica francese), pochi giorni dopo la morte del padre, suo strenuo paladino, la fecero rinchiudere, nel marzo del 1913, nel manicomio di Ville-Evrard.