Archivio per l'etichetta ‘ARCHEOLOGIA’

La tecnologia moderna ci consente
cose davvero impensabili
fino a pochi decenni fa.

Abbiamo ora la ricostruzione del volto del mitico faraone
ed anche nuove rivelazioni sulla causa della sua morte:
una cancrena.
IL CAIRO – Un team di esperti francesi, statunitensi ed egiziani è riuscito a ricostruire il volto di Tutankhamon, attraverso una tomografia computerizzata della mummia del faraone vissuto nel XIV secolo a.C..
Dalla ricostruzione il faraone egiziano appare un uomo giovane, di circa di 19 anni, dalle labbra carnose.
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Il volto del faraone
Gli studi sulle spoglie di Tutankamon erano iniziati a gennaio quando un equipe di scienziati sotto la direzione del segretario generale dell’Amministrazione archeologica del Cairo, Zahi Hawwas, ha estratto dal sarcofago che si trova nella Valle dei Re, la mummia del faraone.
Una delle riproduzioni mostra un giovane dalla faccia di bambino, dalle guance paffute e dal mento rotondo, con una rassomiglianza con la famosa maschera d’oro dello stesso regnante, rinvenuta nella sua tomba nel 1922 dall’archeologo britannico Howard Carter.
Gli studiosi hanno realizzato a computer modelli del viso del faraone-ragazzo, basati su circa 1.700 scansioni ad alta risoluzione ricavate dalla tomografia computerizzata della mummia, al fine di rivelare le sembianze dell’antico re al momento della sua morte, circa 3.300 anni fa.
La forma del viso e del teschio sono notevolmente simili ad un famoso ritratto di Tutankhamon da ragazzo – ha precisato Zahi Hawass – , quando fu mostrato come il dio Sole all’alba, sorgente da un germoglio di loto».

Il volto del faraone Tutankhamon ricostruito al computer (Ap)
Le indagini hanno svelato anche che il leggendario re egiziano morì di una cancrena fulminante, dopo essersi rotto una gamba.
Dopo esserci consultati con esperti italiani e svizzeri e scienziati egiziani – spiegano gli studiosi che hanno realizzato l’impresa – abbiamo concluso che una frattura alla gamba sinistra del re, procurata il giorno precedente la sua morte, era infettata dalla cancrena e fu la causa del decesso.
E ancora: La frattura non si verificò durante il processo di mummificazione né fu il risultato di un danneggiamento della mummia, come sostenuto dall’archeologo britannico Howard Carter, ovvero colui che nel 1922 scoprì il sarcofago del leggendario faraone.
Gli scienziati non hanno trovato prove che il faraone fosse stato colpito alla testa, né che fosse stato ucciso, come è stato detto in passato.

Testo dal
Impaginaz. e coordinam. T.K.
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P.S. Non c’è da meravigliarsi del fatto che nella ricostruzione virtuale
del volto il faraone appaia truccato dato che
nell’Antico Egitto il trucco era usato anche dagli uomini. (NTK)
Ciao da Tony Kospan
PER CHI AMA I RICORDI LA STORIA E LE ATMOSFERE DI UN TEMPO
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A volte il maltempo, invece di rovinare i beni archeologici all’aperto,
può far scoprire aspetti poco noti della vita di una città di 2000 anni fa.
E’ questo il caso di un manifesto elettorale (scritta sul muro)
apparso a Pompei qualche anno fa,
dopo insistenti piogge e conseguente sbriciolamento dell’antica calcina.
La scritta, di colore rosso, rinvenuta in Via Dell’Abbondanza,
(all’epoca ci tenevano a tener puliti i muri della città)
era stata coperta da intonaco antico subito dopo le elezioni.
L’epigrafe ed i dintorni
Pur non essendo molto leggibile,
anche perché in parte ancora coperta,
l’epigrafe è stata letta ed interpretata dagli archeologi
come l’invito a votare Lucio Ceio
candidato alla Magistratura degli edifici pubblici.
Affresco della casa di Lucio Ceio
da romanoimpero.com
Lucio Ceio proprietario di una bella abitazione dell’insula 1,
fu eletto certamente perché qualche anno dopo
poté candidarsi alla carica,
ancora più prestigiosa, di duoviro.
Pompei – Via dell’Abbondanza
Ora la scritta e la parete sono state messe in sicurezza
per poterne garantire la conservazione.
Ciao da Tony Kospan
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La concezione del tempo per gli antichi greci non era unica né univoca, come potremo ora leggere, e come sempre, per spiegarne i vari significati, si servivano della mitologia.
Kairos (momento favorevole) è in particolare un interessante ed originale aspetto del tempo per la cultura dell’antica Grecia.
Ora lo conosceremo e vedremo i significati e le immagini anche delle altre 2 espressioni del tempo:
Kronos (il tempo in senso lato) e Aion (il tempo in senso filosofico).
Il tempo, come sappiamo, è un’entità astratta (non si vede e non si sente né si tocca) che però ha effetti reali… e misurabili.
E’ un flusso continuo che nella nostra vita inizia nel momento della nascita e termina in quello della scomparsa.
Questo continuo ed anonimo flusso presenta però numerosissimi momenti particolari (di gioia, di dolore, di noia, di attività, di sorpresa, di emozioni etc. etc.).
Il momento di cui parlerò per primo e che era considerato molto importante dagli antichi greci, è il “Kairos“.
KAIROS
Possiamo definirlo momento propizio, momento opportuno, quello in cui bisogna cogliere l’occasione ed anche quello da vivere appieno in ogni modo.
Oggi potremmo chiamarlo anche “momento giusto” ed in certi casi fortunati “momento magico“.
Kronos – Dipinto di Giulia Lama
KRONOS (O CHRONOS)
Per Eraclito, filosofo greco, Kronos: “E’ un bambino che gioca, che muove le pedine” intendendo, con questa definizione un po’ criptica, che i suoi effetti su di noi sono misteriosi, casuali e paragonabili ad un lancio di dadi.
Ma soprattutto Kronos è la dimensione tempo composta da passato, presente e futuro che non si ferma mai che passa ineluttabile e scivola via.
Era raffigurato come un gigante che divora i figli indicando in tal modo che il tempo crea oggetti, situazioni, emozioni etc. ma poi scorrendo… scorrendo… distrugge tutto quello che crea.
“Tout passe… tout lasse… tout casse” (tutto passa, tutto ci lascia e tutto si cancella) dicono i francesi.
Tutto sommato Kronos si avvicina molto alla nostra moderna concezione del tempo.
Aion
AION
Subordinato a Kronos, e con valenza generale secondaria, era poi “Aion” il cui complesso e misterioso significato era di carattere filosofico ed esoterico.
Era definito in vari modi ma, semplificando al massimo, forse possiamo definirlo “il momento presente, l’eterno presente o il tempo fuori dal tempo“.
Era raffigurato come un uomo con la testa leonina, che ha tra le mani uno scettro (suggestiva e significativa è anche l’altra mano che appare oltre la cornice), ed accanto una chiave ed un fulmine.
KAIROS… SIGNIFICATO E RAFFFIGURAZIONE
Ma torniamo a Kairos che, come abbiamo detto su, indica il tempo favorevole… il tempo positivo… il momento magico per…
Ovviamente per cogliere il momento buono bisogna avere doti di sensibilità, di intuizione e la capacità di valutare bene la situazione per non commettere errori e quindi per non sciuparlo.
Nella mitologia greca era raffigurato come un giovanetto con ali sulla schiena e ai piedi che regge con la mano sinistra una mezzaluna su cui v’è una bilancia, mentre con la destra fa pendere la bilancia dal suo lato (ecco l’azione, anche furba, a volte necessaria per poi cogliere l’occasione).
FINE
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Eccezionale, per la sua rarità, il ritrovamento nel fiume Rodano di una ruota di legno intatta di un carro romano.
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Aveva accanto reperti di grande valore: monete d’oro, elementi architettonici, marmi, statue (tra cui uno splendido ritratto di Giulio Cesare), ed una una misteriosa cassa di legno e bronzo.
Eccola

La ruota, di circa 1 mt di diametro, presenta dieci raggi.
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Ci si domanda se sia stata una piena del Rodano a travolgere il carro ed il suo carico prezioso.
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La ruota rappresenta un ulteriore elemento che consente di conoscere la realtà della Gallia Romana del IV secolo.
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Esempio di carro romano
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Ruote di carri con dieci raggi non erano frequenti ma erano già state riscontrate nell’antichità .
Si ricordano quella conservata nel mausoleo di Igel in Germania, quella scolpita su una stele in Panonnie (Austria), quelle visibili nel mosaico di Boscéaz Orbe in Svizzera e sull’altare dedicato a Giove nel lapidario di Avignone.
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Il reperto è poi stato rimosso dal fiume con molta cura e molte difficoltà per non danneggiarlo.
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E’ stato poi prelevato da specialisti del Museo delle Antichità di Arles e del laboratorio Arc-Nucléart a Grenoble per esser poi lì conservato.
Tony Kospan
– Fonti web –
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Non tutti sanno che i Moai della misteriosa Isola di Pasqua
nascondono sotto il terreno un enorme corpo scolpito!
L’ISOLA DI PASQUA… ED I SUOI MISTERI
Tony Kospan
Ma cosa sono i Moai
e perché è interessante quest’Isola?
Cerchiamo però prima di conoscere, in breve,
la lontanissima isola in cui si trovano
L’ISOLA DI PASQUA
In verità l’isola ha altri 2 nomi:
– Rapa Nui (isola di roccia) e
– Te Pito o Te Henua (ombelico del mondo)
E’ un’isola più piccola dell’Elba con i suoi 171 kmq.
E’ situata in pieno OCEANO PACIFICO
ed è anche uno dei luoghi più isolati del mondo
dato che la località più vicina si trova a circa 2000 km.
Ha forma triangolare, presenta diversi vulcani
ed un clima subtropicale.
Al momento della sua scoperta
vi vivevano circa 4000 abitanti
e non c’era alcun albero… ma solo arbusti.
Gli abitanti, di origine polinesiana,
si nutrivano di polli e praticavano il cannibalismo
e per questo diversi esploratori preferirono non esplorarla.
Ma l’isola ha avuto nei secoli precedenti alla sua scoperta
una fase di grande splendore ed una civiltà abbastanza evoluta.
Poi però una serie di errori (disboscamento insensato),
guerre interne e forse altre cause ancora ignote
portarono alla scomparsa degli alberi
e dunque alla rovina dell’ecosistema dell’isola.
La conseguenza fu che la popolazione dell’Isola
era quasi estinta quando, nel 1722, Jacob Roggeveen,
un ammiraglio olandese, superato lo sconcerto
per le incredibili abitudini degli isolani
decise di esplorarla.
Dopo una serie di varie vicende storiche
oggi l’isola fa parte del Cile.
Quello che però rende affascinante quest’isola
è la presenza di poco meno di un migliaio di Moai.
oltre al mistero della scomparsa degli alberi.
COSA SONO I MOAI ?
Sono statue monolitiche,
cioè ricavate e scavate da un unico blocco di pietra.
Di essi sono visibili solo le teste… o poco più.
ECCO LA PARTE INTERRATA DEI MOAI
Contrariamente a quanto si pensava,
i Moai presentano anche un corpo interrato altrettanto scolpito
che rende queste statue altissime (in media 10 metri)
e pesantissime (in media dalle 75 alle 86 tonnellate).
Sui corpi, che recenti scavi hanno portato alla luce,
sono stati poi rintracciati dei simboli in “rongorongo”.
IL SIGNIFICATO DEI MOAI
Il loro significato è ancora incerto
e ci sono diverse teorie.
La più diffusa è che i Moai
sono stati scolpiti tra il XII e il XVII secolo,
come omaggio verso gli antenati,
in modo che il loro potere soprannaturale
fosse di aiuto ai loro discendenti.
I MISTERI DELL’ISOLA
In ogni caso
nonostante la scoperta dei geroglifici e dei disegni
nelle parti interrate dei Moai
e diverse altre nuove scoperte,
i misteri di quest’isola sono più fitti che mai.
Tony Kospan
FONTI: VARI SITI WEB
Copiryght Tony Kospan
IL MONDO DI ORSOSOGNANTE E’ LA TUA PAGINA FB!
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La città della Mesopotamia assediata e distrutta
da una pioggia di palle d’argilla e di materiale incendiario
Hamoukar, Siria, 5.500 anni fa
la battaglia più antica della Storia
Ma ancora non si sa ancora da chi venne attaccata
LUIGI BIGNAMI
LA BATTAGLIA PIU’ ANTICA DELLA STORIA
Forse fu la prima guerra – o comunque tra le prime – che l’umanità combattè in modo organizzato e che causò la distruzione di una città sotto il “fuoco” di palle di argilla e materiale incendiario.
Le testimonianze di quell’evento sono venute alla luce in Siria, là dove un tempo si estendeva la Mesopotamia.
La città si chiama Hamoukar.
La battaglia che la mise sotto assedio e la distrusse si svolse circa 3.500 anni prima di Cristo.

Scavi di Hamoukar
La scoperta è stata realizzata dall’Oriental Institute dell’Università di Chicago e dal Dipartimento delle Antichità della Siria.
Hamoukar era un centro dove si costruivano manufatti in ossidiana (una roccia derivata da lave vulcaniche) forse già 4.500 anni prima di Cristo (una delle città più antiche mai costruite dall’umanità) e questo le diede una certa prosperità.
Si trova nel nord est della Siria a meno di 10 chilometri dal confine con l’Iraq, ma ovviamente a quel tempo questi confini non avevano alcun valore.
Il lavoro dei ricercatori era quello di capire quale fosse il ruolo delle città di quest’area che fino ad oggi si pensava ricoprissero un posizione periferica rispetto a quelle presenti nel sud dell’Iraq, che erano ancor più antiche e potenti e che alcune si erano riunite in imperi.
Le ricerche, ancora in corso, hanno dimostrato che anche quelle siriane, invece, avevano un ruolo culturale e spesso anche economico molto importante, tant’è che con esse si era aperto un vero e proprio commercio che a volte aveva portato anche a conflitti di una certa intensità.
Le armi di pietra
Spiega Clemens Reichel dell’Università di Chicago: “Ciò che accadeva nelle città del nord non può essere spiegato come semplice espansione delle culture del sud dell’Iraq, ma che al loro interno si è avuto una propria evoluzione culturale”.
Le città portate alla luce fino ad oggi, come Tell Brak, Habuba Kabira e la stessa Hamoukar erano molto più grandi e più antiche di quanto ci si aspettava e lo dimostrerebbe anche l’industria dell’ossidiana sorta a Hamoukar.
Le ricerche in quest’ultima città sono attive dal 1999 e hanno messo in luce che i 160mila metri quadrati che formavano la città erano circondati da mura spesse 3,5 m. Tuttavia la presenza di materiale derivato dalla produzione di ossidiana si estende per oltre 3 milioni di metri quadrati.

Ora Reichel ha portato alla luce le testimonianze che un giorno la città venne posta sotto assedio e che una vera e propria battaglia fece collassare gli edifici e causò incendi che andarono presto fuori controllo che bruciarono quasi l’intera città.
Secondo lo studioso, la città venne bersagliata da una vera pioggia di pallottole di argilla compressa di alcuni decimetri di diametro. In un solo edificio, considerato di importanza amministrativa, ne sono stati trovati più di 1.000 e almeno uno era riuscito a perforare le mura composte da fango compresso.

Sicuramente vi furono numerosi morti, tant’è che sono state trovate una dozzina di tombe successive alla battaglia al cui interno vennero deposte alcune vittime.
Fino ad oggi si pensava che la città fosse stata distrutta da un terremoto, ma la scoperta delle “pallottole” sconfessa questa ipotesi.
Ma chi invase la città? Ad oggi il nemico rimane un mistero, anche se Secondo Reichel dato il tipo di armi esso doveva provenire dal Sud.
(da repubblica.it – impaginaz. t.k.)
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Le armi di pietra rinvenute
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Il tesoro, scoperto solo nel 1922 da un archeologo inglese,
è costituito da oggetti raffinatissimi e di gran pregio,
come letti e sedie, dorati, intarsiati e disegnati.

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Inoltre vi sono monili ed oggettistica d’oro,
insieme a mobili, giochi, statue, etc.

Lo stesso sarcofago, di oltre cento kg, è d’oro
come anche la famosissima maschera sul volto di Tutankhamon
di una bellezza superba.

Ora possiamo ammirar questo tesoro ancor meglio grazie
a questo video davvero bellissimo per chi ama l’antico Egitto.
Qui potremo ammirare non solo reperti archeologici
ma anche oggetti di immensa bellezza e senza tempo.
Nel video, insieme ad una bella musica, ci sono le immagini classiche,
che ben conosciamo di Tutankhamon,
ma anche tante altre del tutto nuove e sorprendenti.
Il video è fantastico e davvero imperdibile…
e ci consente di approfondire la conoscenza del tesoro.
Buona visione
IL GRUPPO DI CHI AMA LA STORIA ED I RICORDI

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Casa della Venere in conchiglia.
La cenere del Vesuvio, in una drammatica vicenda,
ci ha conservato, quasi intatta,
la realtà della vita di una città di 2000 anni fa,
Pompei (ed Ercolano),
come una precisa ampia reale fotografia.
Non parlerò dell’arte considerata “scandalosa”
(ma che per i costumi dell’epoca non lo era affatto)
perché il blog ha una vocazione generalista
e quindi desidero evitare che alcune immagini “forti”
possano dar fastidio a qualcuno.
Dunque affronterò l’argomento da un punto di vista
archeologico, artistico e relativo alla vita sociale dell’epoca.
LE PITTURE PARIETALI NELL’ANTICA POMPEI
La constatazione che tutte le case presentavano dipinti
di grande interesse alle pareti è l’aspetto più straordinario di Pompei.
La varietà di stili nella decorazione pittorica
che riveste le pareti delle case pompeiane è evidente.
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Essi si estendono dalla sobria ripartizione in riquadri colorati,
a scenari architettonici, talora semplici… talora molto complessi,
fino alla visione di prospettive assolutamente fantastiche,
a scene figurate ed alla ornamentazione pura.
Coppa con frutti – Casa di Giulia Felice – 79 d.C
La decorazione pittorica non era considerata
un qualcosa in più
ma l’abbellimento della parete era essenziale
in ogni casa.
La ragazza con l’orecchino di perla
Le pareti in tal modo cercano di deliziare, e ci riescono,
facendoci ritenere anche che fosse stato raggiunto
un elevato livello di civiltà visiva, ampiamente generalizzata,
che si estendeva fino ai gradini più bassi della scala sociale.
Maschere Dionisiache
Una civiltà dell’immagine mai superata in alcuna epoca posteriore
e sempre sensibilmente superiore a quanto si possa
oggi trovare in una qualsiasi città di dimensioni paragonabili.
Casa dei Vettii
I dipinti a carattere figurativo di Pompei sono quasi sempre copie,
di solito tratte da altre copie di capolavori celebri dell’arte greca
che purtroppo sono andati perduti.

Frisso ed Elle
Alcuni ritengono che l’arte pompeiana
sia in un certo senso come la proiezione nella Campania Felix
della corrente filoellenica dell’arte romana.
Marte e Venere
Ma a causa della notevole varietà degli stili
sono stati fatti molti studi per decidere
se e quali delle pitture di Pompei, Ercolano, Stabiae e Oplontis
possano dirsi essere sicuramente nate dalle influenze
greche, campane e/o sannitiche.
In realtà esse potrebbero essere definite
come appartenenti a tutt’e tre le scuole, con la considerazione
che mentre alcune tipologie erano conosciute ancora prima
che venissero introdotte a Roma viceversa,
l’arte romana in seguito esercitò
una notevole influenza sugli artisti campani dell’epoca.

Cesto di fichi
A mio parere assume, in questo contesto, una certa rilevanza il fatto che
accanto ad opere rifacentisi certamente all’arte ed alla mitologia greca
molti sono anche i dipinti che rappresentano invece scene di vita quotidiana.
Bellerofonte e Pegaso – La casa dei dioscuri
“La tecnica utilizzata per la realizzazione delle pitture parietali (affresco)
consisteva nell’applicare al muro due o tre strati ben fatti
di intonaco calcareo, mescolato con sabbia e calcite.
Quindi si dipingeva prima il fondo e si lasciava asciugare.
Quando il tutto si era ben essiccato, si aggiungevano le decorazioni.
I colori venivano mescolati con calcare, mentre,
per conferire brillantezza alla superfice,
si aggiungevano anche colla e cera (encausto).
Con tali mezzi le pitture acquistavano durevolezza e lucentezza.
Tra l’altro, i pigmenti usati nell’antichità erano costituiti
soprattutto da terre colorate come le ocre,
da tinte minerali come il carbonato di rame e, infine,
da tinte di origine vegetale e animale.

Non era affatto facile acquistare padronanza della tecnica,
ed era necessaria una grande avvedutezza da parte del pittore,
il quale doveva riuscire a mettere in atto le sue idee
con rapidità per ricoprire la massima superfice nel minor tempo.”
(testo presente in vari siti web)
Tradizionalmente comunque le pitture delle città vesuviane
sono state assegnate a quattro stili diversi,
susseguentisi nel tempo
anche se qualche volta si sono sovrapposti.
Natura morta con bicchiere o caraffa trasparente
Oggi si pensa però che tale suddivisione sia del tutto inadeguata
a rappresentare la grande varietà delle tecniche pittoriche.
F I N E
Fonti: vari siti web – impaginaz. e coordinam. t.k.
Tony Kospan
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LA NASCITA DELLE SCARPE
E L’EVOLUZIONE DEL PIEDE
Uno studio affronta il problema
del periodo in cui gli uomini primitivi
iniziarono ad usare scarpe
Sandali egizi di papiro intrecciato
Lo studio dimostra che le prime rudimentali scarpe
apparvero circa 40.000 anni fa
e modificarono le ossa dei piedi dei nostri antenati
Una delle calzature ritrovate nelle grotte di Promontory nello Utah (Foto: Wikimedia)
ESAME DELLE OSSA DEI PRIMITIVI
Esaminando le ossa dei piedi dei primi uomini primitivi (Homo neanderthalensis) e di quelli successivi (Homo sapiens) vissuti rispettivamente 100.000 e 10.000 anni fa, lo scienziato ha stabilito che i primitivi vissuti nel periodo intermedio del Paleolitico (tra i 100.000 e 40.000 anni fa) avevano ossa più pesanti e più forti, mentre coloro che trascorsero la loro esistenza 26.000 anni fa, nell’epoca del Paleolitico superiore, avevano ossa messo spesse e meno resistenti.

Per testare questa teoria lo scienziato ha preso come riferimento anche i primi nativi americani che andavano scalzi e i contemporanei Inuiti, popolazione che vive in Alaska e che invece indossavano stivali di foca.
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EVOLUZIONE E… SCARPE
L’apparizione delle prime scarpe coincide con un periodo storico ricco di progressi per il genere umano.
Secondo il professore Paul Mellas, ordinario di storia primitiva all’Università di Cambridge, in quest’epoca ci furono «drammatici cambiamenti» nella vita dei nostri antenati.
«Circa 35.000 anni fa e via di seguito gli uomini producono le prime forme d’arte, i primi arnesi in pietra, le prime decorazioni personali e i primi gioielli.
Non sarebbe una sorpresa scoprire che la comparsa delle prime scarpe sia avvenuta proprio in queste epoca».
ALCUNE IMMAGINI DI SCARPE USATE NELL’ANTICHITA’
Scarpa di Otzi (l’uomo scoperto qualche anno fa sulle Alpi tra Italia e Austria)
Scarpe dell’antico Egitto
I sandali di Tutankamon
Sandalo di legionario romano
F I N E
testo dal Corriere della Sera con mini modifiche – Immagini dal web – Impaginazione t.k.
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I CAMPI FLEGREI TRA STORIA… MITO E LETTERATURA
– II PARTE –
Lasciandoci alle spalle il golfo di Pozzuoli, incontriamo la sagoma del monte Nuovo, cosi denominato poiché si formò in pochi giorni nel 1538 durante un’eruzione vulcanica che distrusse il villaggio e le terme romane di Tripergole.

Monte Nuovo
Il monte è ora ricoperto da una folta e profumata vegetazione di macchia mediterranea, si può raggiungere la cima attraverso un sentiero che lo costeggia fino ad una chiesetta dalla quale si può ammirare un panorama mozzafiato del golfo di Pozzuoli e dell’area archeologica circostante.
E’ purtroppo anche visibile lo scempio edilizio degli anni ’50 in puro palazzinaro-style.
Procedendo ancora verso oriente ci imbattiamo in un piccolo lago anticamente unito al mare da un canale ed adibito a vivaio di pesci e di ostriche.
Balneum Tripergulae – Terma di Tripergola
Lì fioriva un ricco commercio ed infatti il nome del lago di Lucrino, così si chiama, deriva dal verbo latino “lucrare”.
Il secondo lago che incontriamo è il tenebroso lago d’Averno che il mito connette con l’oltretomba: natura ostile e violenta, ostilità tra uomo e natura, esalazioni mefitiche che vengono dal sottosuolo.
Mosaico con pesci proveniente da Pompei
Lucrezio, in un suo poema, narra che gli uccelli che volavano sul lago non battevano più le ali e cadevano morti .
Il lago d ‘Averno (dal greco: senza uccelli), ci racconta Virgilio nell’Eneide, è posto al centro del cratere di un vulcano spento ed è anche il luogo dal quale, attraverso un antro tenebroso, si raggiungevano gli Inferi, in quel luogo dimoravano i trapassati.
Leggendo il suo poema sentiamo i personaggi e la natura vibrare con la stessa emozione che suscita quel luogo. Anche Dante colloca l’entrata ali Inferi nella selva del lago d’Averno che ancora oggi suscita questo patos nelle persone che lo visitano.
Dal lago, attraverso un arco ed una strada romana sul cui lastricato ancora si vedono gli antichi segni delle ruote dei carri, si arriva alla mitica Cuma su cui si erge l’Acropoli e l’antro della enigmatica Sibilla Cumana., sacerdotessa del Dio Apollo.
Turner – Il lago d’Averno con Enea e la Sibilla Cumana
Raramente si incontra un luogo che unisce in sé passato, presente e futuro, uomini eroi e dei, storia e natura tutti tra di loro uniti e strettamente avvinti nella magia dell’incanto Virgiliano.
Conosceva Virgilio la grandiosa e tenebrosa cripta?
E’ inevitabile dare un luogo al paesaggio che ispirò al poeta la discesa della Sibilla e di Enea agli inferi:
”Andavamo oscuri per la notte solitaria attraverso l’ombra, attraverso le case vuote di Dite e i vari regni, come quando attraverso l’incerta luna, sotto luce maligna si apre un sentiero per la selva, dove Giove nasconde il cielo nell’ombra e la notte toglie il colore alle cose”.
In questo luogo estremamente suggestivo, nelle “Metamorfosi”, Ovidio chiede alla Sibilla la sua storia personale.
“Io ero una giovane donna amata da Apollo che, in cambio della mia verginità, mi concesse il dono di vivere tanti anni ancora quanti granelli di sabbia stringeva il mio pugno”.
Moltissimi anni dopo nel 1922, anche il drammaturgo T.S. Eliot nel suo romanzo ”The waist land” incontra la Sibilla vecchissima ed immortale e le chiede:
“Sibilla cosa vuoi?” ed essa interrogata risponde: “Voglio morire”.
Ancora Petronio nel “Satyricon” ci descrive la tristissima storia della Sibilla Cumana.
Apollo e la Sibilla Cumana
L’importanza e la peculiare bellezza dei Campi Flegrei era nota fin dai tempi più remoti.
Nell’antico vetro di Odemira, ritrovato durante gli scavi, si specchiano i monumenti di Pozzuoli e sulle fiaschette vitree del Museo di Piombino, che si vendevano come souvenir, sono dipinti i principali monumenti della costa flegrea da Miseno a Baia e della striscia da Baia a Pozzuoli:
gli “Ostriaria” (allevamenti di ostriche), la villa imperiale di Baia, il complesso termale ed il grandioso circo.
Antro della Sibilla Cumana
Così i Campi Flegrei, come negli antichi vetri, si riflettono nelle testimonianze letterarie, nella prosa e nella poesia della Repubblica e dell’Impero di romano e, a sua volta, nei Campi Flegrei si rispecchia l’alta società di Roma. Sul litorale da Miseno a Stabia fiorivano le “ville marittime”…
Ricerca e testo di Valentine – impaginazione Tony Kospan
Continua…
PER LEGGERE LA I PARTE
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