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Poesie di alcuni millenni fa – Liriche d’amore dell’Antico Egitto – VII STANZA (UOMO)   Leave a comment

 
 
 

DAL PAPIRO CHESTER BEATTY I




 
 
 



Siamo giunti ormai alla fine
di questo breve viaggio
nella poesia d’amore dell’Antico Egitto







 
  

 


scriba       Liriche d’amore    scriba

dal papiro Chester Beatty I







STANZA SETTIMA (uomo)



 

 



Sono sette giorni


che non ho visto l’amata.


E’ entrata in me la malattia,


sono diventato con le membra pesanti,


ho dimenticato lo stesso mio corpo.


Se i medici vengono da me,


non mi soddisferanno i loro rimedi.


I maghi non trovano espedienti,


non si scopre la mia malattia.


Il dire: “Eccola!” mi rende la vita.


Il suo nome mi risolleva,


l’andirivieni dei suoi messaggeri


fa vivere il mio cuore.


L’amata è per me meglio delle medicine,


è per me meglio di un formulario magico.


La sua venuta è il mio amuleto:


quando la vedo, ritorno in salute.


Quando apre gli occhi,


diventa giovane il mio cuore,


quando parla,


divento forte.


Quando l’abbraccio,


allontana da me la malattia.


Ed è lontana da me da sette giorni.








PER LEGGER LA POESIA DELLA VI STANZA

E DA LI’ TUTTE LE PRECEDENTI…

Frecce2039




Scritti raccolti da Danny Fan-impagin. t.k.




F I N E




Ciao da Tony Kospan






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Una bella visita virtuale al Museo Egizio del Cairo per vedere i tesori dell’Antico Egitto   Leave a comment



Un’ottima occasione per un tuffo
nell’affascinante mondo
dell’Antico Egitto.









FANTASTICA VISITA VIRTUALE
AL FAMOSO MUSEO EGIZIO DEL CAIRO









Chi ama l’Egitto antico e non può andarvi,
o può andarvi 
ma teme il complesso clima sociale di questi tempi, 
o chi c’è già stato ma vuol rivedere
le incredibili opere
prodotte da quella millenaria civiltà,
avrà piacere, penso, 
di ammirarle o riammirarle grazie a questo video.








Sono le opere dall’incredibile fascino
e dall’indiscutibile valore artistico e storico
custodite nel Museo egizio del Cairo.




Frecce2039



CIAO DA TONY KOSPAN


ARCOBALEN99
STORIA.. RICORDI E ATMOSFERE DI UN TEMPO
frecce052





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Il racconto del naufrago – Dall’Antico Egitto ecco una favola di 4.000 anni fa!   Leave a comment

 

 

 

 
 

Questa favola è stata trovata in un unico manoscritto
il papiro 1115, dell’Ermitage di Leningrado, in scrittura ieratica,
risalente alla XII dinastia (ca. 2000 a.C.)
 
 
I suoi significati sono di vario tipo
ma il racconto riesce soprattutto a donarci l’atmosfera
di quell’antichissima epoca.

Leggiamola.
 

 

  

 

 


IL RACCONTO DEL NAUFRAGO

 

 

Disse allora l’ottimo cortigiano:
“Gioisci, o principe, vedi, abbiamo raggiunto la patria, afferrato il martello, il paletto è stato fissato.
La cima di prua è stata gettata in terra, si levano inni di lode, si ringrazia Dio, ognuno abbraccia il suo compagno.
Poichè il nostro equipaggio è tornato sano e salvo, non ci sono state perdite fra la nostra truppa.
 Abbiamo raggiunto il confine della Nubia, abbiamo passato l’isola Bigga.
Vedi, siam tornati felicemente, la nostra terra, l’abbiamo raggiunta.
Ma ascoltami, o principe,  non esagero: lavati, versa acqua sulle tue dita, rispondi a ciò che ti si chiede, parla al re con cuore raccolto, rispondi senza balbettio, perchè la bocca dell’uomo è in grado di salvarlo. Il suo discorso gli guadagna indulgenza.
Ma agisci come vuoi, è stancante consigliarti.

 
 
 

 
 
 

Piuttosto ti racconto qualcosa di simile, una cosa a me stesso accaduta: ero partito per le miniere del re, ero uscito in mare con una nave.
Era lunga centoventi cubiti e larga quaranta, imbarcava centoventi mariani,l’élite d’Egitto.
Osservavano il cielo, osservavano la terra e il loro cuore era impavido più di quello dei leoni.
Allora annunciarono una tempesta, prima ancora che giungesse, e un temporale, prima che scoppiasse.
La tempesta ci colse che eravamo ancora in mare prima che potessimo raggiungere la terraferma.
Ancora veleggiavamo, quando il vento raddoppiò e sospinse un’onda di otto cubiti.
Mi scagliò addosso un pezzo di legno, la nave affondò.
Non si salvò nessuno dell’equipaggio, io solo fui gettato su un’isola da un’onda.
Vi trascorsi tre giorni in solitudine, col mio cuore unico compagno.
Dormii nell’incavo di un albero e (di giorno) cercavo l’ombra.
Mi accinsi poi a cercare qualcosa da poter mettere in bocca.
Trovai lì dei fichi e dell’uva e ogni sorta di porri, sicomori, maturi e acerbi e cetrioli, come fossero stati piantati.
C’erano anche pesci e uccelli, in breve: nulla vi mancava.
Mangiai a sazietà e qualcosa la gettai via, perchè avevo troppo sulle mie braccia.
Feci poi un bastoncino per il fuoco, ne accesi uno e bruciai un olocausto agli dèi.
Udii poi il rimbombo di un tuono e pensai:” E’ un’onda del mare”.
Alberi si schiantavano, la terrra tremò.
Mi scoprii il volto e lo riconobbi: era un serpente (un dio serpente), che si avvicinava.
Era lungo trenta cubiti la sua barba era lunga più di due cubiti.
Il suo corpo era rivestito d’oro le sue ciglia di vero lapislazzuli… 
Spalancò la sua bocca su di me mentre io ero sdraiato sulla pancia dinnanzi a lui.
Mi disse:”Chi ti ha portato, chi ti ha portato bricconcello, chi ti ha portato (qui)?
Se esiti a dirmi chi ti ha portato in quest’isola, farò in modo che ti  trovi incenerito, diventato un qualcosa che non si può guardare”.
(Io risposi:) “E’ a me che parli, ma non riesco a sentirti. Sono davanti a te, ma non mi riconosco più”.
Allora mi afferrò con la bocca, mi trascinò nella sua tana. 
Lì mi posò, illeso, ero sano e salvo, non mi aveva staccato nulla. Spalancò la sua bocca verso di me, mentro io ero prostrato davanti a lui.
Poi mi parlò: “Chi ti ha portato, chi ti ha portato? Bricconcello, chi ti ha portato su quest’isola del mare che sta in mezzo alle acque?”.
Allora gli risposi, le mie mani rispettosamente piegate. Gli dissi:” Andò così: ero uscito per raggiungere le miniere su incarico del re
(ero in mare con una nave).
Era lunga centoventi cubiti e larga quaranta, imbarcava centoventi marinai, l’élite d’Egitto. Osservavano il cielo, osservavano la terra e il loro cuore era impavido più di quello dei leoni. Allora preannunciarono una tempesta, prima ancora che giungesse, e un temporale prima che si formasse.
Ognuno di loro era più coraggioso e forte del proprio camerata. Fra di loro non c’era un balordo. La tempesta arrivò che eravamo ancora in mare prima che potessimo raggiungere la costa.
Quando ancora navigavamo, il vento raddoppiò e formò un’onda di otto cubiti che mi rovesciò addosso un pezzo di legno.
La nave affondò. Nessuno dell’equipaggio si salvò, a parte me, ed eccomi da te.
Fui portato su quest’isola da un’onda del mare”.
Allora mi disse: “Non temere, non temere, bricconcello, il tuo viso non deve impallidire, perchè è da me che tu sei giunto. Vedi, è stato un dio che ti ha fatto sopravvivere e che ti ha portato su quest’isola paradisiaca. Non c’è nulla che vi manchi, è piena di buone cose. Ebbene: vi trascorrerai un mese dopo l’altro fin quando non ne saranno trascorsi quattro. Allora verrà una nave dalla tua patria, con marinai che tu conosci.
Con loro navigherai verso casa, e potrai morire nella tua città.
Com’è felice chi può raccontare quello che ha passato, una volta superato il pericolo!
Adesso ti voglio raccontare qualcosa di simile accaduto su quell’isola.

 
 
 

 
 
 

Ero su di essa con la mia stirpe, fra di loro dei bambini; tutti insieme eravamo settantacinque serpenti, i miei bambini e la mia schiatta.
Nulla ti dirò di una figlioletta, donatami in seguito a una preghiera. Allora una stella cadde (dal cielo) e tutti perirono tra le fiammme!
Ma accadde che io non fossi tra quelli bruciati, perchè in quel momento non ero con loro:
Quando perciò li vidi tutti morti, su un unico mucchio, fu come se fossi morto anche’io.
Se saprai essere forte e vincerai il tuo cuore, allora riabbraccerai i tuoi bambini… bacerai  tua moglie e rivedrai la tua casa.
E’ la cosa più bella di tutte, ritornare nella tua patria; raggiungere la tua stirpe”.
Allora mi prosternai e toccai la terra dinnanzi a lui.
Gli dissi: “Parlerò della tua gloria al mio signore e gli racconterò della tua grandezza.
Ti farò portare ladano, oli di Hekenu, profumo, balsamo, incenso per il tempio, con i quali ogni dio si fa benigno.
Racconterò quello che mi è succeso e quello che ho visto del tuo potere.
Sì (il re) loderà dio per te nella sua residenza, davanti ai funzionari di tutto il paese.
Sacriferò dei tori in tuo onore e li brucerò, tirerò  il collo alle oche. Ti invierò delle navi, cariche di tutti i tesori d’Egitto, come si fa per un dio che ama gli uomini in un paese straniero, sconosciuto agli uomini”.
Allora egli rise per colpa mia, (più precisamente) per ciò che avevo detto e che per lui era così stolto.
Mi disse:” Non sei affatto ricco di mirra o di altri tipi di incenso.
Io sono il signore di Punt e la mirra mi appartiene.
Quell’olio di Hekenu che promettevi di portarmi è proprio il tesoro di quest’isola.
Inoltre, quando lascerai questo posto non lo rivedrai mai più, perchè diverrà acqua.

 
 
 

 
 
 
 
 
 
Poi venne quella nave, come egli aveva predetto. mi incamminai verso un grande albero e riconobbi quelli che erano a bordo.
Tornai indietro per informarlo, ma vidi che già sapeva.
Allora mi disse:”Ritorna sano e salvo a casa, bricconcello, per rivedere i tuoi bambini.
Parla bene di me nella tua città: vedi, questo è ciò che desidero da te”.
Allora mi prosternai dinnanzi a lui, con le braccia rispettosamente piegate.
Mi diede un carico di mirra, oli di Hekenu, profumo e balsamo; erbe di Tischepse, essenze e ombretto, code di giraffa, grandi pezzi d’incenso e zanne d’elefante, levrieri, cercopitechi, babbuini e ogni sorta di oggetti preziosi.
Caricai tutto sulla nave e mi prosternai per ringraziarlo.
Allora mi disse:”Vedi, fra due mesi raggiungerai la tua patria, abbraccerai i tuoi bambini e potri ringiovanire nella tua bara”.
A quel punto scesi verso la riva, vicino alla nave e parlai all’equipaggio.
Lungo la riva intonai poi un inno di ringraziamento al signore dell’isola e quelli che erano sulla nave fecero la stessa cosa.
Navigammo dunque verso nord, verso la residenza del signore che raggiungemmo dopo due mesi, proprio come lui aveva predetto.
Entrai poi (nel palazzo), mi presentai al cospetto del signore e gli diedi i doni che avevo portato dall’isola.
Allora di fronte a tutti i funzionari egli mi ringraziò, mi promosse suo cortigiano e mi diede duecento schiavi.
Pensa a come stavo dopo aver raggiunto la terra, quando mi voltavo a guardare ciò che avevo passato.
Ascoltami! E’ bene che gli uomini ascoltino.

 
 
 
 

 

 

 

Lui però (il principe) rispose soltanto: ” Non ti sforzare troppo amico mio.
Chi dà da mangiare a un’oca prima dell’alba, quando il mattino stesso le tireranno il collo?”.
 
 
 
 
 
 
 
 
 

DAL WEB – IMPAGINAZIONE T.K.
 
 
 

Ciao da Tony Kospan




barrafiorita

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Frecce (174)


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La plurimillenaria storia letteraria dell’Antico Egitto in una breve sintesi   2 comments



Nei suoi 3000 anni circa
 la civiltà egizia ha avuto tantissime forme culturali e letterarie…
 
 
Non potendo approfondire, nello stretto spazio di un post,
tutta l’enorme mole di documentazione giunta a noi…
ecco un breve excursus sulla storia letteraria
di quella grandissima civiltà…
 
 
 
 
 
 


  




MINI STORIA LETTERARIA DEGLI EGIZI


 


 


La storia letteraria dei popoli egizi riflette la complessità di uno sviluppo storico caratterizzato da continuità culturali ma anche da cesure, riprese, periodi di ricchezza e vigore e periodi di regresso e decadenza. 
E’ un processo che ha radici antichissime: gli egizi sono tra i popoli di cui sappiamo di più , per cui riusciamo ad “arrivare” più indietro nel tempo. 
E anche per la sua posizione geografica è stata una cultura di cui i popoli europei hanno conosciuto nei suoi elementi principale, anche se non sappiamo esattamente quanto ne siano stati influenzati.
 

 


 

 
 
Sinteticamente, per quanto riguarda i prodotti letterari di questi popoli nelle epoche precedenti le prime testimonianze letterarie conosciute dei popoli europei, si distinguono cinque periodi.
 

 


 
 
 

 

 
 
 

Al periodo 2778/2250 (-) circa appartengono testi delle piramidi e delle mastaba. I “Testi delle piramidi” sono iscrizioni funerarie: inni, rituali, frasi magiche, testi religiosi scolpite in geroglifico sulle pareti della camera sepolcrale dei sovrani della V dinastia (secolo XXV-) e di re e regine successive. I testi furono scoperti a Saqqarah da *A. Mariette nel 1880-1+ e pubblicati per la prima volta da G. Maspero nel 1894. 
Si tratta di più di 700 formule. Dovevano servire per aiutare il sovrano a superare gli ostacoli nel suo viaggio verso il cielo per essere assunto tra gli dei.
I mastaba erano tumuli bassi, con due stele e una camera per le offerte, in cui erano sepolti personaggi illustri e nobili. 
Vi sono testi che esplicitano quanto è raffigurato sulle pareti, ma anche testi biografici (l’autobiografia di Uni).
A questo periodo appartengono raccolte sapienziali di detti di saggi: di Imhotep e Hardedef, di Ptahotep, uno attribuito al figlio del faraone Cheope.
 

 
 


 
 
 

 
 

MERIKARA
 
Nel 2250/2160 (-) circa, un periodo di crisi caratterizzato da profondi mutamenti sociali. Nelle Ammonizioni di un saggio il principe Ipu con passione rimpiange il passato e descrive incisivamente il presente. 
Nel Dialogo di un disperato con la sua anima un saggio discute dell’inutilità di restare in vita in un mondo triste e duro.
Nel Canto dell’arpista le traversie della vita fanno parte delle leggi naturali per cui è inutile rimpiangere il passato e non si deve disperare del presente.
L’Insegnamento per Merikara presenta il sovrano nelle sue qualità umane e approfondisce il senso del divino. 
L’Oasita eloquente è la storia di un contadino defraudato da un funzionario che chiede giustizia a un alto dignitario della corte e viene posto nell’ufficio del funzionario che lo aveva defraudato.
 

 


 
 
 

 
 
 

SCRIBA
 
Nel 2160/1580 (-) due generi letterari: politico e narrativo. Significativo l’elegante testo ‘profetico’ di Neferty per l’avvento al trono di Amenemhet I fondatore della XII dinastia.
Kethy è autore dell’Insegnamento di Amenemhet I al figlio Sesostri I imperniato sul concetto amaro che chi fa del bene non raccoglie bene, e della Satira dei mestieri, elogio della carriera di scriba e satira delle altre professioni.
Testo narrativo è Avventure di Sinuhe, divenuto poi un classico nelle scuole egizie. 
E’ stato rinvenuto in vari papiri. Dopo la morte misteriosa di Amenemhet I (20001970), Sinuhe fugge, visita i paesi dell’Asia vicina. 
Si stabilisce nel paese di Retenu (Siria), diventa un ricco capo tribù amato e stimato da tutti, ma diventato vecchio la nostalgia della sua terra e il desiderio di conquistare il favore del nuovo sovrano Sesostri I (figlio e successore di Amenemhet I) lo spingono a tornare in Egitto. 
Accolto con grandi onori dal faraone, Sinuhe attende serenamente la morte. Il racconto, svolto sotto la forma di un’epigrafe autobiografica in cui Sinuhe parla in prima persona, era considerato presso gli antichi egizi capolavoro della narrativa antica per vivacità descrittiva e eleganza di stile. Simile è il Racconto di un naufrago.
I Racconti del papiro Westcar sono una raccolta di storie meravigliose del passato, narrate a turno da principi, alla presenza del faraone Cheope.

 
 


 
 
 
 

 
 

INNO AL SOLE
 
Nel 1580/1320 (-) il periodo dei faraoni liberatori del delta del Nilo dagli asiatici e conquistatori: Ahmose, Tutmosi I, Tutmosi III, Tutankhamon. 
Anche in letteratura è un periodo di splendore.
Alla letteratura di corte appartiene il racconto della concezione divina della regina Hatshepsut, la narrazione dell’impresa di Tutmosi III a Meghiddo.
Alla produzione religiosa… l’istruzione al sommo sacerdote di Ptahotep, l’Inno al sole, il grande Inno al dio Amon, e il celebre Inno ad Aton dio solare.
Di carattere morale è l’Insegnamento di Any.
 
 

 
 


 
 
 

 
 


A partire dal XVI secolo (-) e cioè dalla 18° dinastia, cominciarono a essere deposti nelle tombe, appoggiato al sarcofago oppure meso tra le bende che avvolgevano il morto delle formule magico-funerarie su papiro. 
Convenzionalmente si dà il nome di “Libro dei morti” a queste iscrizioni, ma gli egizi le chiamavano Libro dell’uscire alla luce. Destinate a assicurare un aldilà senza incertezze, i manoscritti del “libro” furono scritti prima in geroglifico corsivo, poi in ieratico (dalla 21° dinastia), poi in demotico. 
Ne sono pervenuti in gran numero, per lo più illustrati con vignette, vere e proprie miniature. I temi erano incentrati sul mito di Osiri signore dell’oltretomba, sul giudizio del defunto (psicostasia) e sulla esistenza dopo la morte. 
L’esemplare più antico del “Libro dei morti” è il Papiro di Torino, di epoca tolemaica. Suddiviso in 165 formule. E’ stato edito da K.R. Lepsius (1842+).  

 
 


 
 
 

 
 


Nel 1320/950, l’inserimento della borghesia mercantile e artigiana in posti di responsabilità, la diffusione della cultura media con la formazione di un gran numero di funzionari, i maggiori contatti con le culture asiatiche produce nuovi generi letterari e forme espressive. 
La lingua usata aveva conservato lo stesso tipo di struttura morfologica: ora muta sotto l’influsso del parlato.
A proposito di questa lingua nuova e di questa nuova letteratura si parla di neoegizio.
Tra i testi di questo periodo sono Il racconto dei due fratelli e La disputa tra Horo e Seth aspiranti all’eredità del defunto Osiri.
E una vasta produzione letteraria di carattere amoroso, idillica, sensuale, erotica.

 
 
 
 
 
 
 
 



testo dal web – impaginazione t.k. 


 
 
 
CIAO DA TONY KOSPAN









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DAL PAPIRO CHESTER BEATTY I




 
 
 



Siamo giunti ormai alla fine
di questo breve viaggio
nella poesia d’amore dell’Antico Egitto







 
  

 


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dal papiro Chester Beatty I







STANZA SETTIMA (uomo)



 

 



Sono sette giorni


che non ho visto l’amata.


E’ entrata in me la malattia,


sono diventato con le membra pesanti,


ho dimenticato lo stesso mio corpo.


Se i medici vengono da me,


non mi soddisferanno i loro rimedi.


I maghi non trovano espedienti,


non si scopre la mia malattia.


Il dire: “Eccola!” mi rende la vita.


Il suo nome mi risolleva,


l’andirivieni dei suoi messaggeri


fa vivere il mio cuore.


L’amata è per me meglio delle medicine,


è per me meglio di un formulario magico.


La sua venuta è il mio amuleto:


quando la vedo, ritorno in salute.


Quando apre gli occhi,


diventa giovane il mio cuore,


quando parla,


divento forte.


Quando l’abbraccio,


allontana da me la malattia.


Ed è lontana da me da sette giorni.








PER LEGGER LA POESIA DELLA VI STANZA

E DA LI’ TUTTE LE PRECEDENTI…

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Scritti raccolti da Danny Fan-impagin. t.k.




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Il racconto del naufrago – Dall’Antico Egitto ci giunge una favola di saggezza di 4.000 anni fa!   Leave a comment

 

 

 

 
 

Questa favola è stata trovata in un unico manoscritto
il papiro 1115, dell’Ermitage di Leningrado, in scrittura ieratica,
risalente alla XII dinastia (ca. 2000 a.C.)
 
 
I suoi significati sono di vario tipo
ma il racconto riesce soprattutto a donarci l’atmosfera
di quell’antichissima epoca.

Leggiamola.
 

 

  

 

 


IL RACCONTO DEL NAUFRAGO

 

 

Disse allora l’ottimo cortigiano:
“Gioisci, o principe, vedi, abbiamo raggiunto la patria, afferrato il martello, il paletto è stato fissato.
La cima di prua è stata gettata in terra, si levano inni di lode, si ringrazia Dio, ognuno abbraccia il suo compagno.
Poichè il nostro equipaggio è tornato sano e salvo, non ci sono state perdite fra la nostra truppa.
 Abbiamo raggiunto il confine della Nubia, abbiamo passato l’isola Bigga.
Vedi, siam tornati felicemente, la nostra terra, l’abbiamo raggiunta.
Ma ascoltami, o principe,  non esagero: lavati, versa acqua sulle tue dita, rispondi a ciò che ti si chiede, parla al re con cuore raccolto, rispondi senza balbettio, perchè la bocca dell’uomo è in grado di salvarlo. Il suo discorso gli guadagna indulgenza.
Ma agisci come vuoi, è stancante consigliarti.

 
 
 

 
 
 

Piuttosto ti racconto qualcosa di simile, una cosa a me stesso accaduta: ero partito per le miniere del re, ero uscito in mare con una nave.
Era lunga centoventi cubiti e larga quaranta, imbarcava centoventi mariani,l’élite d’Egitto.
Osservavano il cielo, osservavano la terra e il loro cuore era impavido più di quello dei leoni.
Allora annunciarono una tempesta, prima ancora che giungesse, e un temporale, prima che scoppiasse.
La tempesta ci colse che eravamo ancora in mare prima che potessimo raggiungere la terraferma.
Ancora veleggiavamo, quando il vento raddoppiò e sospinse un’onda di otto cubiti.
Mi scagliò addosso un pezzo di legno, la nave affondò.
Non si salvò nessuno dell’equipaggio, io solo fui gettato su un’isola da un’onda.
Vi trascorsi tre giorni in solitudine, col mio cuore unico compagno.
Dormii nell’incavo di un albero e (di giorno) cercavo l’ombra.
Mi accinsi poi a cercare qualcosa da poter mettere in bocca.
Trovai lì dei fichi e dell’uva e ogni sorta di porri, sicomori, maturi e acerbi e cetrioli, come fossero stati piantati.
C’erano anche pesci e uccelli, in breve: nulla vi mancava.
Mangiai a sazietà e qualcosa la gettai via, perchè avevo troppo sulle mie braccia.
Feci poi un bastoncino per il fuoco, ne accesi uno e bruciai un olocausto agli dèi.
Udii poi il rimbombo di un tuono e pensai:” E’ un’onda del mare”.
Alberi si schiantavano, la terrra tremò.
Mi scoprii il volto e lo riconobbi: era un serpente (un dio serpente), che si avvicinava.
Era lungo trenta cubiti la sua barba era lunga più di due cubiti.
Il suo corpo era rivestito d’oro le sue ciglia di vero lapislazzuli… 
Spalancò la sua bocca su di me mentre io ero sdraiato sulla pancia dinnanzi a lui.
Mi disse:”Chi ti ha portato, chi ti ha portato bricconcello, chi ti ha portato (qui)?
Se esiti a dirmi chi ti ha portato in quest’isola, farò in modo che ti  trovi incenerito, diventato un qualcosa che non si può guardare”.
(Io risposi:) “E’ a me che parli, ma non riesco a sentirti. Sono davanti a te, ma non mi riconosco più”.
Allora mi afferrò con la bocca, mi trascinò nella sua tana. 
Lì mi posò, illeso, ero sano e salvo, non mi aveva staccato nulla. Spalancò la sua bocca verso di me, mentro io ero prostrato davanti a lui.
Poi mi parlò: “Chi ti ha portato, chi ti ha portato? Bricconcello, chi ti ha portato su quest’isola del mare che sta in mezzo alle acque?”.
Allora gli risposi, le mie mani rispettosamente piegate. Gli dissi:” Andò così: ero uscito per raggiungere le miniere su incarico del re
(ero in mare con una nave).
Era lunga centoventi cubiti e larga quaranta, imbarcava centoventi marinai, l’élite d’Egitto. Osservavano il cielo, osservavano la terra e il loro cuore era impavido più di quello dei leoni. Allora preannunciarono una tempesta, prima ancora che giungesse, e un temporale prima che si formasse.
Ognuno di loro era più coraggioso e forte del proprio camerata. Fra di loro non c’era un balordo. La tempesta arrivò che eravamo ancora in mare prima che potessimo raggiungere la costa.
Quando ancora navigavamo, il vento raddoppiò e formò un’onda di otto cubiti che mi rovesciò addosso un pezzo di legno.
La nave affondò. Nessuno dell’equipaggio si salvò, a parte me, ed eccomi da te.
Fui portato su quest’isola da un’onda del mare”.
Allora mi disse: “Non temere, non temere, bricconcello, il tuo viso non deve impallidire, perchè è da me che tu sei giunto. Vedi, è stato un dio che ti ha fatto sopravvivere e che ti ha portato su quest’isola paradisiaca. Non c’è nulla che vi manchi, è piena di buone cose. Ebbene: vi trascorrerai un mese dopo l’altro fin quando non ne saranno trascorsi quattro. Allora verrà una nave dalla tua patria, con marinai che tu conosci.
Con loro navigherai verso casa, e potrai morire nella tua città.
Com’è felice chi può raccontare quello che ha passato, una volta superato il pericolo!
Adesso ti voglio raccontare qualcosa di simile accaduto su quell’isola.

 
 
 

 
 
 

Ero su di essa con la mia stirpe, fra di loro dei bambini; tutti insieme eravamo settantacinque serpenti, i miei bambini e la mia schiatta.
Nulla ti dirò di una figlioletta, donatami in seguito a una preghiera. Allora una stella cadde (dal cielo) e tutti perirono tra le fiammme!
Ma accadde che io non fossi tra quelli bruciati, perchè in quel momento non ero con loro:
Quando perciò li vidi tutti morti, su un unico mucchio, fu come se fossi morto anche’io.
Se saprai essere forte e vincerai il tuo cuore, allora riabbraccerai i tuoi bambini… bacerai  tua moglie e rivedrai la tua casa.
E’ la cosa più bella di tutte, ritornare nella tua patria; raggiungere la tua stirpe”.
Allora mi prosternai e toccai la terra dinnanzi a lui.
Gli dissi: “Parlerò della tua gloria al mio signore e gli racconterò della tua grandezza.
Ti farò portare ladano, oli di Hekenu, profumo, balsamo, incenso per il tempio, con i quali ogni dio si fa benigno.
Racconterò quello che mi è succeso e quello che ho visto del tuo potere.
Sì (il re) loderà dio per te nella sua residenza, davanti ai funzionari di tutto il paese.
Sacriferò dei tori in tuo onore e li brucerò, tirerò  il collo alle oche. Ti invierò delle navi, cariche di tutti i tesori d’Egitto, come si fa per un dio che ama gli uomini in un paese straniero, sconosciuto agli uomini”.
Allora egli rise per colpa mia, (più precisamente) per ciò che avevo detto e che per lui era così stolto.
Mi disse:” Non sei affatto ricco di mirra o di altri tipi di incenso.
Io sono il signore di Punt e la mirra mi appartiene.
Quell’olio di Hekenu che promettevi di portarmi è proprio il tesoro di quest’isola.
Inoltre, quando lascerai questo posto non lo rivedrai mai più, perchè diverrà acqua.

 
 
 

 
 
 
 
 
 
Poi venne quella nave, come egli aveva predetto. mi incamminai verso un grande albero e riconobbi quelli che erano a bordo.
Tornai indietro per informarlo, ma vidi che già sapeva.
Allora mi disse:”Ritorna sano e salvo a casa, bricconcello, per rivedere i tuoi bambini.
Parla bene di me nella tua città: vedi, questo è ciò che desidero da te”.
Allora mi prosternai dinnanzi a lui, con le braccia rispettosamente piegate.
Mi diede un carico di mirra, oli di Hekenu, profumo e balsamo; erbe di Tischepse, essenze e ombretto, code di giraffa, grandi pezzi d’incenso e zanne d’elefante, levrieri, cercopitechi, babbuini e ogni sorta di oggetti preziosi.
Caricai tutto sulla nave e mi prosternai per ringraziarlo.
Allora mi disse:”Vedi, fra due mesi raggiungerai la tua patria, abbraccerai i tuoi bambini e potri ringiovanire nella tua bara”.
A quel punto scesi verso la riva, vicino alla nave e parlai all’equipaggio.
Lungo la riva intonai poi un inno di ringraziamento al signore dell’isola e quelli che erano sulla nave fecero la stessa cosa.
Navigammo dunque verso nord, verso la residenza del signore che raggiungemmo dopo due mesi, proprio come lui aveva predetto.
Entrai poi (nel palazzo), mi presentai al cospetto del signore e gli diedi i doni che avevo portato dall’isola.
Allora di fronte a tutti i funzionari egli mi ringraziò, mi promosse suo cortigiano e mi diede duecento schiavi.
Pensa a come stavo dopo aver raggiunto la terra, quando mi voltavo a guardare ciò che avevo passato.
Ascoltami! E’ bene che gli uomini ascoltino.

 
 
 
 

 

 

 

Lui però (il principe) rispose soltanto: ” Non ti sforzare troppo amico mio.
Chi dà da mangiare a un’oca prima dell’alba, quando il mattino stesso le tireranno il collo?”.
 
 
 
 
 
 
 
 
 

DAL WEB – IMPAGINAZIONE T.K.
 
 
 

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Frecce (174)


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Questa… in breve sintesi… la plurimillenaria storia letteraria dell’Antico Egitto   Leave a comment



Nei suoi 3000 anni circa
 la civiltà egizia ha avuto tantissime forme culturali e letterarie…
 
 
Non potendo approfondire, nello stretto spazio di un post,
tutta l’enorme mole di documentazione giunta a noi…
ecco un breve excursus sulla storia letteraria
di quella grandissima civiltà…
 
 
 
 
 
 


  




MINI STORIA LETTERARIA DEGLI EGIZI


 


 


La storia letteraria dei popoli egizi riflette la complessità di uno sviluppo storico caratterizzato da continuità culturali ma anche da cesure, riprese, periodi di ricchezza e vigore e periodi di regresso e decadenza. 
E’ un processo che ha radici antichissime: gli egizi sono tra i popoli di cui sappiamo di più , per cui riusciamo ad “arrivare” più indietro nel tempo. 
E anche per la sua posizione geografica è stata una cultura di cui i popoli europei hanno conosciuto nei suoi elementi principale, anche se non sappiamo esattamente quanto ne siano stati influenzati.
 

 


 

 
 
Sinteticamente, per quanto riguarda i prodotti letterari di questi popoli nelle epoche precedenti le prime testimonianze letterarie conosciute dei popoli europei, si distinguono cinque periodi.
 

 


 
 
 

 

 
 
 

Al periodo 2778/2250 (-) circa appartengono testi delle piramidi e delle mastaba. I “Testi delle piramidi” sono iscrizioni funerarie: inni, rituali, frasi magiche, testi religiosi scolpite in geroglifico sulle pareti della camera sepolcrale dei sovrani della V dinastia (secolo XXV-) e di re e regine successive. I testi furono scoperti a Saqqarah da *A. Mariette nel 1880-1+ e pubblicati per la prima volta da G. Maspero nel 1894. 
Si tratta di più di 700 formule. Dovevano servire per aiutare il sovrano a superare gli ostacoli nel suo viaggio verso il cielo per essere assunto tra gli dei.
I mastaba erano tumuli bassi, con due stele e una camera per le offerte, in cui erano sepolti personaggi illustri e nobili. 
Vi sono testi che esplicitano quanto è raffigurato sulle pareti, ma anche testi biografici (l’autobiografia di Uni).
A questo periodo appartengono raccolte sapienziali di detti di saggi: di Imhotep e Hardedef, di Ptahotep, uno attribuito al figlio del faraone Cheope.
 

 
 


 
 
 

 
 

MERIKARA
 
Nel 2250/2160 (-) circa, un periodo di crisi caratterizzato da profondi mutamenti sociali. Nelle Ammonizioni di un saggio il principe Ipu con passione rimpiange il passato e descrive incisivamente il presente. 
Nel Dialogo di un disperato con la sua anima un saggio discute dell’inutilità di restare in vita in un mondo triste e duro.
Nel Canto dell’arpista le traversie della vita fanno parte delle leggi naturali per cui è inutile rimpiangere il passato e non si deve disperare del presente.
L’Insegnamento per Merikara presenta il sovrano nelle sue qualità umane e approfondisce il senso del divino. 
L’Oasita eloquente è la storia di un contadino defraudato da un funzionario che chiede giustizia a un alto dignitario della corte e viene posto nell’ufficio del funzionario che lo aveva defraudato.
 

 


 
 
 

 
 
 

SCRIBA
 
Nel 2160/1580 (-) due generi letterari: politico e narrativo. Significativo l’elegante testo ‘profetico’ di Neferty per l’avvento al trono di Amenemhet I fondatore della XII dinastia.
Kethy è autore dell’Insegnamento di Amenemhet I al figlio Sesostri I imperniato sul concetto amaro che chi fa del bene non raccoglie bene, e della Satira dei mestieri, elogio della carriera di scriba e satira delle altre professioni.
Testo narrativo è Avventure di Sinuhe, divenuto poi un classico nelle scuole egizie. 
E’ stato rinvenuto in vari papiri. Dopo la morte misteriosa di Amenemhet I (20001970), Sinuhe fugge, visita i paesi dell’Asia vicina. 
Si stabilisce nel paese di Retenu (Siria), diventa un ricco capo tribù amato e stimato da tutti, ma diventato vecchio la nostalgia della sua terra e il desiderio di conquistare il favore del nuovo sovrano Sesostri I (figlio e successore di Amenemhet I) lo spingono a tornare in Egitto. 
Accolto con grandi onori dal faraone, Sinuhe attende serenamente la morte. Il racconto, svolto sotto la forma di un’epigrafe autobiografica in cui Sinuhe parla in prima persona, era considerato presso gli antichi egizi capolavoro della narrativa antica per vivacità descrittiva e eleganza di stile. Simile è il Racconto di un naufrago.
I Racconti del papiro Westcar sono una raccolta di storie meravigliose del passato, narrate a turno da principi, alla presenza del faraone Cheope.

 
 


 
 
 
 

 
 

INNO AL SOLE
 
Nel 1580/1320 (-) il periodo dei faraoni liberatori del delta del Nilo dagli asiatici e conquistatori: Ahmose, Tutmosi I, Tutmosi III, Tutankhamon. 
Anche in letteratura è un periodo di splendore.
Alla letteratura di corte appartiene il racconto della concezione divina della regina Hatshepsut, la narrazione dell’impresa di Tutmosi III a Meghiddo.
Alla produzione religiosa… l’istruzione al sommo sacerdote di Ptahotep, l’Inno al sole, il grande Inno al dio Amon, e il celebre Inno ad Aton dio solare.
Di carattere morale è l’Insegnamento di Any.
 
 

 
 


 
 
 

 
 


A partire dal XVI secolo (-) e cioè dalla 18° dinastia, cominciarono a essere deposti nelle tombe, appoggiato al sarcofago oppure meso tra le bende che avvolgevano il morto delle formule magico-funerarie su papiro. 
Convenzionalmente si dà il nome di “Libro dei morti” a queste iscrizioni, ma gli egizi le chiamavano Libro dell’uscire alla luce. Destinate a assicurare un aldilà senza incertezze, i manoscritti del “libro” furono scritti prima in geroglifico corsivo, poi in ieratico (dalla 21° dinastia), poi in demotico. 
Ne sono pervenuti in gran numero, per lo più illustrati con vignette, vere e proprie miniature. I temi erano incentrati sul mito di Osiri signore dell’oltretomba, sul giudizio del defunto (psicostasia) e sulla esistenza dopo la morte. 
L’esemplare più antico del “Libro dei morti” è il Papiro di Torino, di epoca tolemaica. Suddiviso in 165 formule. E’ stato edito da K.R. Lepsius (1842+).  

 
 


 
 
 

 
 


Nel 1320/950, l’inserimento della borghesia mercantile e artigiana in posti di responsabilità, la diffusione della cultura media con la formazione di un gran numero di funzionari, i maggiori contatti con le culture asiatiche produce nuovi generi letterari e forme espressive. 
La lingua usata aveva conservato lo stesso tipo di struttura morfologica: ora muta sotto l’influsso del parlato.
A proposito di questa lingua nuova e di questa nuova letteratura si parla di neoegizio.
Tra i testi di questo periodo sono Il racconto dei due fratelli e La disputa tra Horo e Seth aspiranti all’eredità del defunto Osiri.
E una vasta produzione letteraria di carattere amoroso, idillica, sensuale, erotica.

 
 
 
 
 
 
 
 



testo dal web – impaginazione t.k. 


 
 
 
CIAO DA TONY KOSPAN









Poesie che ci giungono da lontano – Liriche d’amore dell’Antico Egitto – VII Stanza (Uomo)   Leave a comment

 
 
 

DAL PAPIRO CHESTER BEATTY I




 
 
 



Siamo giunti ormai alla fine
di questo breve viaggio
nella poesia d’amore dell’Antico Egitto







 
  

 

       Liriche d’amore    

dal papiro Chester Beatty I







STANZA SETTIMA (uomo)



 

 



Sono sette giorni


che non ho visto l’amata.


E’ entrata in me la malattia,


sono diventato con le membra pesanti,


ho dimenticato lo stesso mio corpo.


Se i medici vengono da me,


non mi soddisferanno i loro rimedi.


I maghi non trovano espedienti,


non si scopre la mia malattia.


Il dire: “Eccola!” mi rende la vita.


Il suo nome mi risolleva,


l’andirivieni dei suoi messaggeri


fa vivere il mio cuore.


L’amata è per me meglio delle medicine,


è per me meglio di un formulario magico.


La sua venuta è il mio amuleto:


quando la vedo, ritorno in salute.


Quando apre gli occhi,


diventa giovane il mio cuore,


quando parla,


divento forte.


Quando l’abbraccio,


allontana da me la malattia.


Ed è lontana da me da sette giorni.








PER LEGGER LA POESIA DELLA VI STANZA

E DA LI’ TUTTE LE PRECEDENTI…




Scritti raccolti da Danny Fan-impagin. t.k.




F I N E




Ciao da Tony Kospan





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Stupenda visita virtuale al museo egizio del Cairo per vedere i tesori dell’Antico Egitto   Leave a comment



Un’ottima occasione per un tuffo
nell’affascinante mondo
dell’Antico Egitto.









FANTASTICA VISITA VIRTUALE
AL FAMOSO MUSEO EGIZIO DEL CAIRO









Chi ama l’Egitto antico e non può andarvi,
o può andarvi 
ma teme il complesso clima sociale di questi tempi, 
o chi c’è già stato ma vuol rivedere
le incredibili opere
prodotte da quella millenaria civiltà,
avrà piacere, penso, 
di ammirarle o riammirarle grazie a questo video.








Sono le opere dall’incredibile fascino
e dall’indiscutibile valore artistico e storico
custodite nel Museo egizio del Cairo.




Frecce2039



CIAO DA TONY KOSPAN


ARCOBALEN99
STORIA.. RICORDI E ATMOSFERE DI UN TEMPO
frecce052





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Il racconto del naufrago – Dall’Antico Egitto una favola di saggezza di 4.000 anni fa!   1 comment

 

 

 

 
 

Favola trovata in un unico manoscritto…
il papiro 1115, dell’Ermitage di Leningrado, 
in scrittura ieratica,
risalente alla XII dinastia (ca. 2000 a.C.)
 
 
I suoi significati sono di vario tipo
ma il racconto riesce soprattutto a donarci l'atmosfera
di quell'antichissima epoca.
 

 

  

 

 


IL RACCONTO DEL NAUFRAGO

 

 

Disse allora l’ottimo cortigiano:
“Gioisci, o principe, vedi, abbiamo raggiunto la patria, afferrato il martello, il paletto è stato fissato.
La cima di prua è stata gettata in terra, si levano inni di lode, si ringrazia Dio, ognuno abbraccia il suo compagno.
Poichè il nostro equipaggio è tornato sano e salvo, non ci sono state perdite fra la nostra truppa.
 Abbiamo raggiunto il confine della Nubia, abbiamo passato l’isola Bigga.
Vedi, siam tornati felicemente, la nostra terra, l’abbiamo raggiunta.
Ma ascoltami, o principe,  non esagero: lavati, versa acqua sulle tue dita, rispondi a ciò che ti si chiede, parla al re con cuore raccolto, rispondi senza balbettio, perchè la bocca dell’uomo è in grado di salvarlo. Il suo discorso gli guadagna indulgenza.
Ma agisci come vuoi, è stancante consigliarti.

 
 
 

 
 
 

Piuttosto ti racconto qualcosa di simile, una cosa a me stesso accaduta: ero partito per le miniere del re, ero uscito in mare con una nave.
Era lunga centoventi cubiti e larga quaranta, imbarcava centoventi mariani,l’élite d’Egitto.
Osservavano il cielo, osservavano la terra e il loro cuore era impavido più di quello dei leoni.
Allora annunciarono una tempesta, prima ancora che giungesse, e un temporale, prima che scoppiasse.
La tempesta ci colse che eravamo ancora in mare prima che potessimo raggiungere la terraferma.
Ancora veleggiavamo, quando il vento raddoppiò e sospinse un’onda di otto cubiti.
Mi scagliò addosso un pezzo di legno, la nave affondò.
Non si salvò nessuno dell’equipaggio, io solo fui gettato su un’isola da un’onda.
Vi trascorsi tre giorni in solitudine, col mio cuore unico compagno.
Dormii nell’incavo di un albero e (di giorno) cercavo l’ombra.
Mi accinsi poi a cercare qualcosa da poter mettere in bocca.
Trovai lì dei fichi e dell’uva e ogni sorta di porri, sicomori, maturi e acerbi e cetrioli, come fossero stati piantati.
C’erano anche pesci e uccelli, in breve: nulla vi mancava.
Mangiai a sazietà e qualcosa la gettai via, perchè avevo troppo sulle mie braccia.
Feci poi un bastoncino per il fuoco, ne accesi uno e bruciai un olocausto agli dèi.
Udii poi il rimbombo di un tuono e pensai:” E’ un’onda del mare”.
Alberi si schiantavano, la terrra tremò.
Mi scoprii il volto e lo riconobbi: era un serpente (un dio serpente), che si avvicinava.
Era lungo trenta cubiti la sua barba era lunga più di due cubiti.
Il suo corpo era rivestito d’oro le sue ciglia di vero lapislazzuli… 
Spalancò la sua bocca su di me mentre io ero sdraiato sulla pancia dinnanzi a lui.
Mi disse:”Chi ti ha portato, chi ti ha portato bricconcello, chi ti ha portato (qui)?
Se esiti a dirmi chi ti ha portato in quest’isola, farò in modo che ti  trovi incenerito, diventato un qualcosa che non si può guardare”.
(Io risposi:) “E’ a me che parli, ma non riesco a sentirti. Sono davanti a te, ma non mi riconosco più”.
Allora mi afferrò con la bocca, mi trascinò nella sua tana. 
Lì mi posò, illeso, ero sano e salvo, non mi aveva staccato nulla. Spalancò la sua bocca verso di me, mentro io ero prostrato davanti a lui.
Poi mi parlò: “Chi ti ha portato, chi ti ha portato? Bricconcello, chi ti ha portato su quest’isola del mare che sta in mezzo alle acque?”.
Allora gli risposi, le mie mani rispettosamente piegate. Gli dissi:” Andò così: ero uscito per raggiungere le miniere su incarico del re
(ero in mare con una nave).
Era lunga centoventi cubiti e larga quaranta, imbarcava centoventi marinai, l’élite d’Egitto. Osservavano il cielo, osservavano la terra e il loro cuore era impavido più di quello dei leoni. Allora preannunciarono una tempesta, prima ancora che giungesse, e un temporale prima che si formasse.
Ognuno di loro era più coraggioso e forte del proprio camerata. Fra di loro non c’era un balordo. La tempesta arrivò che eravamo ancora in mare prima che potessimo raggiungere la costa.
Quando ancora navigavamo, il vento raddoppiò e formò un’onda di otto cubiti che mi rovesciò addosso un pezzo di legno.
La nave affondò. Nessuno dell’equipaggio si salvò, a parte me, ed eccomi da te.
Fui portato su quest’isola da un’onda del mare”.
Allora mi disse: “Non temere, non temere, bricconcello, il tuo viso non deve impallidire, perchè è da me che tu sei giunto. Vedi, è stato un dio che ti ha fatto sopravvivere e che ti ha portato su quest’isola paradisiaca. Non c’è nulla che vi manchi, è piena di buone cose. Ebbene: vi trascorrerai un mese dopo l’altro fin quando non ne saranno trascorsi quattro. Allora verrà una nave dalla tua patria, con marinai che tu conosci.
Con loro navigherai verso casa, e potrai morire nella tua città.
Com’è felice chi può raccontare quello che ha passato, una volta superato il pericolo!
Adesso ti voglio raccontare qualcosa di simile accaduto su quell’isola.

 
 
 

 
 
 

Ero su di essa con la mia stirpe, fra di loro dei bambini; tutti insieme eravamo settantacinque serpenti, i miei bambini e la mia schiatta.
Nulla ti dirò di una figlioletta, donatami in seguito a una preghiera. Allora una stella cadde (dal cielo) e tutti perirono tra le fiammme!
Ma accadde che io non fossi tra quelli bruciati, perchè in quel momento non ero con loro:
Quando perciò li vidi tutti morti, su un unico mucchio, fu come se fossi morto anche’io.
Se saprai essere forte e vincerai il tuo cuore, allora riabbraccerai i tuoi bambini… bacerai  tua moglie e rivedrai la tua casa.
E’ la cosa più bella di tutte, ritornare nella tua patria; raggiungere la tua stirpe”.
Allora mi prosternai e toccai la terra dinnanzi a lui.
Gli dissi: “Parlerò della tua gloria al mio signore e gli racconterò della tua grandezza.
Ti farò portare ladano, oli di Hekenu, profumo, balsamo, incenso per il tempio, con i quali ogni dio si fa benigno.
Racconterò quello che mi è succeso e quello che ho visto del tuo potere.
Sì (il re) loderà dio per te nella sua residenza, davanti ai funzionari di tutto il paese.
Sacriferò dei tori in tuo onore e li brucerò, tirerò  il collo alle oche. Ti invierò delle navi, cariche di tutti i tesori d’Egitto, come si fa per un dio che ama gli uomini in un paese straniero, sconosciuto agli uomini”.
Allora egli rise per colpa mia, (più precisamente) per ciò che avevo detto e che per lui era così stolto.
Mi disse:” Non sei affatto ricco di mirra o di altri tipi di incenso.
Io sono il signore di Punt e la mirra mi appartiene.
Quell’olio di Hekenu che promettevi di portarmi è proprio il tesoro di quest’isola.
Inoltre, quando lascerai questo posto non lo rivedrai mai più, perchè diverrà acqua.

 
 
 

 
 
 
 
 
 
Poi venne quella nave, come egli aveva predetto. mi incamminai verso un grande albero e riconobbi quelli che erano a bordo.
Tornai indietro per informarlo, ma vidi che già sapeva.
Allora mi disse:”Ritorna sano e salvo a casa, bricconcello, per rivedere i tuoi bambini.
Parla bene di me nella tua città: vedi, questo è ciò che desidero da te”.
Allora mi prosternai dinnanzi a lui, con le braccia rispettosamente piegate.
Mi diede un carico di mirra, oli di Hekenu, profumo e balsamo; erbe di Tischepse, essenze e ombretto, code di giraffa, grandi pezzi d’incenso e zanne d’elefante, levrieri, cercopitechi, babbuini e ogni sorta di oggetti preziosi.
Caricai tutto sulla nave e mi prosternai per ringraziarlo.
Allora mi disse:”Vedi, fra due mesi raggiungerai la tua patria, abbraccerai i tuoi bambini e potri ringiovanire nella tua bara”.
A quel punto scesi verso la riva, vicino alla nave e parlai all’equipaggio.
Lungo la riva intonai poi un inno di ringraziamento al signore dell’isola e quelli che erano sulla nave fecero la stessa cosa.
Navigammo dunque verso nord, verso la residenza del signore che raggiungemmo dopo due mesi, proprio come lui aveva predetto.
Entrai poi (nel palazzo), mi presentai al cospetto del signore e gli diedi i doni che avevo portato dall’isola.
Allora di fronte a tutti i funzionari egli mi ringraziò, mi promosse suo cortigiano e mi diede duecento schiavi.
Pensa a come stavo dopo aver raggiunto la terra, quando mi voltavo a guardare ciò che avevo passato.
Ascoltami! E’ bene che gli uomini ascoltino.

 
 
 
 

 

 

 

Lui però (il principe) rispose soltanto: ” Non ti sforzare troppo amico mio.
Chi dà da mangiare a un’oca prima dell’alba, quando il mattino stesso le tireranno il collo?”.
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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