a quelli che si credono, ostentando una ridicola prosopopea,
perfetti conoscitori di tutti i “segreti” del vino.
Penso che tutti noi ne conosciamo qualcuno eh eh
Ma leggiamolo.
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GLI ESPERTI DEL… VINO
by Luciana Littizzetto…
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Io un saltino lì l’avrei fatto.
Giusto così.
Per bermi un bicchiere di vino e godermi lo spettacolo.
Pieno di pubblico e intenditori così.
Tutti a Verona Vinitaly, tutti a dire la loro.
Già, perché i veri intenditori sono pochi.
La maggior parte son gadani che si credono esperti e poi non sanno distinguere una coca da un chinotto.
Però fanno i fighi.
Stan lì a sventolare i polsi, a girare il bicchiere come se dovessero far sciogliere l’aspirina.
Gente che fino ad un giorno prima non distingueva il grignolino dal cherosene, di colpo parla di annate:
«Eh ma quella del 2002 non ha niente a che fare con quella del 1998…»
Ma taci…
Ma che ne sai… io non mi ricordo neanche se nel ‘98 ero già fidanzata!
Ma non hai una mazza, da ricordarti di più sensato?
Sono quelli che per bere un goccio di vino ti fan due sfere dei ching così…
E poi annusano.
Mettono il canapione dentro e tiran su di narice.
Cosa fai? L’areosol?
Cosa vuoi che ci sia lì dentro? Pipì?
Son quelli che se ti sbagli a chiedergli: Com’è sto vino?
Loro cominciano: «Dunque… questo Brachetto ha buona personalità e voglia di dimostrare le proprie qualità».
Un bicchiere di Brachetto? Ma si dice una roba così di un vino?
Ma al limite del produttore! E quando il vino non è granché allora cosa devi dire?
’Sto Barbera non si applica, ’sto Grignolino non si impegna, ’sto Zibibbo è distratto e macchia le tovaglie?
«Naso complesso con bouquet di frutti neri e fiori appassiti».
E che gusto sanno i fiori appassiti? Scusa tesoro amore.
Ma secondo te io nella vita passo il tempo ad assaggiare le rose spuflite e poi a chiedermi che gusto sanno?
«Un vino sapido con un finale lunghissimo».
Che finale può esserci dopo un bicchiere di vino?
Un rutto? Stiamo parlando di un vino…
Semplifica ciciu…
Dì che se lo bevi è buono…
Dì che non ti fa venire il mal di testa, che ti resta un buon sapore in bocca e che però devi stare attento al fondo perché viene giù quella segaturina schifida che te lo rovina.
Con quelle manine bianche e curatine che si vede che non fai una mazza dalla mattina alla sera…
Sempre lì tirarti il vino sulla medaglia… a tirar giù golate e a fare sciac sciac sciac con la bocca come paperino…
Sai cosa mi fai venire voglia di fare, tu? Te lo dico. Di bere.
Ma sai cosa? Un bicchiere di coca.
Una media di coca fredda. Con delle bolle grosse come palloni.
E quando annusano il tappo? Io divento matta. T
e lo dico io che odore ha il tappo, amore. Odore di vino.
Pensa un po’. Il tappo sa di vino. Credimi.
Son sicura. Son poche cose sicure al mondo.
Che la macchina di uno che ha il cane sa di selvatico, che i calzini puliti dopo una giornata di Clark san di gorgonzola, e che il tappo di una bottiglia di vino sa di vino, credimi sulla parola..
E poi io mi dico: coi vini non sarà come coi profumi?
Che magari io sento un gusto e tu ne senti un altro?
Come con le ascelle. Ognuno ha le sue. E una diversa dell’altra.
Se su di te il Pico Srabam sta da dio, su di me magari sa odore di margarina rancida.
Se su di me il Fanfaluc sa di bouquet, su di te prende il retrogusto di sgombro sott’olio.
E’ universalmente definito poeta “maledetto”
in quanto simbolo della difficoltà del vivere
per una continua lotta interiore tra luce e tenebre.
Riuscì però a cogliere in modo magistrale
la complessità del proprio IO…
che poi, se davvero vogliamo guardarci dentro,
non è poi tanto dissimile dal nostro.
OMAGGIO A BAUDELAIRE
a cura di Tony Kospan
Parigi 9 aprile 1821 – Parigi 31 agosto 1867
BREVE BIOGRAFIA
Diventato molto presto orfano di padre ebbe
un’infanzia difficile a causa dei complicatissimi rapporti
col patrigno e, non volendo iniziare la classica
vita borghese, si rifugiò in quella “bohemienne”
del Quartiere Latino parigino.
La sua vita fu breve ma intensa e tempestosa…
tra tentativi di suicidio, amori sregolati, alcool e droghe.
Fu però anche nel contempo molto attiva negli ambienti
culturali parigini, soprattutto simbolisti,
dove ebbe modo di confrontarsi con gli altri grandi
letterati, artisti e intellettuali del vivace 800 francese.
Henri Fantin-Latour (Qui è con altri grandi artisti dell’epoca)
Prova evidente della sua attiva presenza
nel mondo culturale parigino è questo dipinto qui su
di Henri Fantin-Latour “Hommage à Delacroix”
in cui lo riconosciamo (ultimo a destra in basso),
tra altri personaggi come lo stesso Henri Fantin-Latour,
Édouard Manet, Félix Bracquemond ed altri.
Il suo libro di poesie più famoso
ed in un certo senso “rivoluzionario” è LES FLEURS DU MAL – I FIORI DEL MALE
del 1857 (per il quale subì condanna e censura).
Courbet – Ritratto di Baudelaire
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Abbiamo visto che frequentava i grandi artisti
del suo tempo ma amava anche, davvero e molto, l’arte
al punto di scrivere anche libri in materia
come “Curiosità estetiche” del 1868
e “L’arte romantica” 1868-1870
in cui manifestò il suo pensiero.
Le sue stelle comete, anche in questo campo,
erano il romanticismo ed il simbolismo.
Caspar David Friedrich (Romanticismo)
Tuttavia i suoi versi parlavano di qualsiasi aspetto
della vita reale (ad esempio delle nascenti industrie
con l’immagine di «fiumi di carbone salgono in cielo»).
Con la sua ultima opera – Spleen di Parigi –
sperimentò poi anche la poesia… in prosa.
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Morì nel 1867 a soli 46 anni
dopo una paralisi ed un tremenda agonia.
Fu sepolto in forma anonima nella tomba di famiglia…
e solo nel 1949 la Corte di Cassazione Francese
ha finalmente riabilitato le sue opere e la sua memoria.
La sua opera che ancor oggi risplende
d’immensa luce propria è certo I FIORI DEL MALE.
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Quest’opera è talmente bella
che Carlo Dossi, dopo averla letta,
si convinse a non scriver più poesie!
Prima di passare alla sua più nota e più bella poesia
leggiamone un’altra che invece lascia trapelare
la sua visione del conflitto
tra la dura realtà umana ed il sogno.
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Manet – Jeanne Duval (il grande amore di Baudelaire)
TI ADORO
T’adoro al pari della volta notturna,
o vaso di tristezza, o grande taciturna!
E tanto più t’amo quanto più mi fuggi,
o bella, e sembri, ornamento delle mie notti,
ironicamente accumulare la distanza
che separa le mie braccia dalle azzurrità infinite.
Mi porto all’attacco, m’arrampico all’assalto
come fa una fila di vermi presso un cadavere e amo,
fiera implacabile e cruda, sino la freddezza
che ti fa più bella ai miei occhi.
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Ascoltiamo ora in questo video la poesia
“Albatros“,
davvero fantasticamente profonda,
in cui simbolicamente è tratteggiata
proprio la figura del Poeta,
spesso schernita e criticata dalla cd. “Società per bene“,
che non ne comprende la grandezza
proprio perché è troppo più avanti
rispetto alla banalità del pensiero corrente.
E, se ci va, ora leggiamola anche,
per coglierne meglio
ogni piccola o grande sfumatura.
L’ALBATRO
Spesso, per divertirsi, le ciurme
catturano degli albatri, grandi uccelli marini,
che seguono, compagni di viaggio pigri,
il veliero che scivola sugli amari abissi.
E li hanno appena deposti sul ponte,
che questi re dell’azzurro, impotenti e vergognosi,
abbandonano malinconicamente le grandi ali candide
come remi ai loro fianchi.
Questo alato viaggiatore, com’è goffo e leggero!
Lui, poco fa così bello, com’è comico e brutto!
Qualcuno gli stuzzica il becco con la pipa,
un altro scimmiotta, zoppicando, l’infermo che volava!
Il poeta è come il principe delle nuvole
che abituato alla tempesta ride dell’arciere;
esiliato sulla terra fra gli scherni,
non riesce a camminare per le sue ali di gigante.
ed oggi ricorrerebbe la simpatica ed antica tradizione
del Pesce d’Aprile.
Vista la situazione non so se essa sarà rinnovata
data la guerra e l’ancora presente pandemia
anche se forse sarà possibile farlo
nei social e nelle chat se ci sarà la voglia.
Ripercorriamo comunque la storia della tradizione
e ricordiamo alcuni scherzi famosi
insieme ad alcune vignette.
PESCE D’APRILE
STORIA VIGNETTE E BURLE FAMOSE
LA STORIA
Alcuni ne fanno risalire l’origine al XVI secolo, e precisamente al 1582 quando, con la riforma del Calendario ad opera di Gregorio XIII, il Capodanno – che prima si festeggiava in Primavera e precisamente nel periodo che andava dal 25 marzo al 1 aprile – venne di colpo spostato al 1 gennaio.
Ma essendo un periodo in cui non c’erano radio, giornali, tv e internet a diffondere e ricordare variazioni e nuove regole, molti o ignoravano del tutto la cosa, o se la dimenticavano: così i burloni si divertivano a invitare questi distratti malcapitati a inesistenti banchetti, feste e cerimonie per il nuovo anno.
Più probabile è che l’origine del Pesce di aprile si ricolleghi al fatto che proprio in questa data, in tutta Europa, veniva aperta ufficialmente la pesca, nel senso che venivano tolti quei divieti governativi che impedivano durante il resto dell’anno di pescare determinate qualità (ad esempio i bianchetti).
Era quindi un momento felice per i pescatori, che veniva festeggiato con particolari lazzi e sfottò rivolti ai colleghi che tornavano con le reti vuote.
Linguisticamente, tutto si risolve nel fatto che come il pesce “abbocca” stupidamente all’amo, così gli uomini “abboccano” stoltamente a false notizie (bufale).
In Italia l’uso di fare scherzi il 1° di aprile è relativamente recente; ne troviamo i primi brevi cenni intorno al 1840 nei diari e documenti marittimi dei commercianti navali genovesi, che a loro volta riportavano documenti francesi.
Per tradizione, il Pesce di aprile è sempre stato legato alla stampa, alla radio, alla televisione e più di recente a internet cioè agli strumenti più adatti a diffondere una notizia.
Persino la terribile beffa che Orson Welles fece agli americani da una stazione radio il 30 ottobre del 1938 (lo sbarco dei marziani), era stata progettata per il 1° aprile di quell’anno e poi rinviata.
SCHERZI FAMOSI ED ALTRE VIGNETTE
Uno degli scherzi più antichi e riusciti fu fatto ai fiorentini nel 1878; la “Gazzetta d’Italia” pubblicò la notizia dell’improvvisa morte avvenuta in città di un maharajah indiano e annunciava che, secondo la tradizione induista, questo sarebbe stato cremato il 1° di aprile su un’alta pira costruita appositamente nel parco delle Cascine. Ovviamente una grande folla si riunì nel luogo stabilito, e rimase in attesa per ore sino a quando dai cespugli sbucarono torme di giovanotti vestiti da pescatori che si misero a girare per la folla gridando “Pesci d’Arno fritti!”.
Altri scherzi rimasti famosi: 1957. La BBC fece un reportage riguardante la grandiosa e abbondantissima raccolta degli spaghetti coltivati nella campagna Svizzera. Molti spettatori telefonarono per sapere come si potesse fare per ordinarne qualche kg.
1961. Il quotidiano “La Notte” di Milano annunciò un’ordinanza del Comune che imponeva le luci segnaletiche e di posizione per i cavalli circolanti per le strade della città o dei paesi limitrofi. Molti cittadini portarono il loro animale dall’elettrauto per dotarlo di fari.
1993. Nelle strade di Milano e Torino comparirono manifesti che annunciavano una nuova “tassa di circolazione” imposta dai Comuni da pagare in base al… peso corporeo dei cittadini.
2001. Il portale sportal.it annunciò che il Senatore Umberto Bossi era il nuovo presidente dell’Avellino Calcio; il colore della maglietta… verde padania… lo aveva convinto.
Anche Google è autore di annuali scherzi!
Nel 2010 ha organizzato un pesce d’aprile con il proprio ufficio giapponese ideando e lanciando una nuova applicazione, chiamata Google Voice per animali. Il “prodotto” era stato presentato con tanto di sito ufficiale e video! Google Voice avrebbe permesso di tradurre (come Google Translator) la voce degli animali!!!!
TESTO DA VARI SITI WEB ADATTATO DA T.K.
Comunque sembra che il vero pesce d’aprile di questi anni, data la crisi, è ormai questo…
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IL VIDEO
Ed infine vediamo altri famosi pesci d’aprile in questo video:
Nelle prime ore del mattino, i vigili del fuoco sono stati chiamati per un incendio in una casa di Santa Rosa de Temuco (Cile) ed hanno assistito a qualcosa di incredibile.
Una cagnolina, Amanda, ha rischiato la vita per salvare i suoi cuccioli rimasti ancora nella casa in fiamme.
La cagna va avanti e indietro per mettere i suoi dieci cuccioli in sicurezza nel camion dei pompieri.
Lei non smette di correre fino a quando tutti i cuccioli sono al sicuro e lontani dal fuoco.
I vigili del fuoco sulla scena non potevano credere ai loro occhi!
La maggior parte delle persone non aveva mai visto un cane così coraggioso!
Dopo aver salvato tutti i suoi cuccioli dalle fiamme, la madre giaceva accanto a loro per rassicurarli e proteggerli.
I cittadini li hanno portati in una clinica veterinaria per curarli tutti.
Ora tutta la famigliola è in gran forma.
CHE FANTASTICO ESEMPIO DI CORAGGIO E DI AMORE MATERNO!
Tony Kospan
F I N E
Testo ed immagini da Chienmitié e da altri siti –
Traduz. e coordinam. t.k. per il blog IL MONDO DI ORSOSOGNANTE
Ma, pur senza approfondire i significati storici e religiosi
del testo, una cosa mi appare a prima vista
davvero stupefacente ed è
la modernissima concezione dell’archetipo femminile
tutto concentrato su accesi e forti contrasti.
Certo il tutto è velato e coperto dalla simbologia
di Iside e Osiride (la luna ed il sole).
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L’inno è stato trovato nel Papiro di Ossirinco
n.1380, 1. 214-216, risalente al II secolo a.C.
ma ovviamente si ignora
se sia stato scritto proprio in quell’epoca
o sia stato riportato da scritture di epoche anteriori.
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Ma ora leggiamolo.
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INNO A ISIDE
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Perché io sono la prima e l’ultima,
Io sono la venerata e la disprezzata,
Io sono la prostituta e la santa,
Io sono la sposa e la vergine,
Io sono la madre e la figlia,
Io sono le braccia di mia madre,
Io sono la sterile, eppure numerosi sono i miei figli.
Io sono la donna sposata e la nubile,
Io sono colei che dà la luce e colei che non ha mai procreato,
Io sono la consolazione dei dolori del parto.
Io sono la sposa e lo sposo,
E fu il mio uomo che mi creò.
Io sono la madre di mio padre,
Io sono la sorella di mio marito,
Ed egli è il mio figliolo respinto.
Rispettatemi sempre,
Poichè io sono la scandalosa e la magnifica.
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Se ci va possiamo anche ascoltarlo in questo video
Il simbolo della festa della donna è, com’è noto, la mimosa, ovvero l’acacia dealbata, ma ciò accade soprattutto in Italia.
Ma perché e da chi fu scelta?
La storia… tutta italiana risale al 1946
Siamo in Italia a Roma e l‘UDI (Unione Donne Italiane) doveva scegliere un simbolo floreale per festeggiare il primo 8 marzo postbellico così come il garofano rosso era stato scelto per la Festa del lavoro.
Le donne, essendo i giardini pieni di mimose, fiori durevoli e profumati, (e dunque sempre facilmente reperibili in marzo) optarono per le mimose.
Ma non fu una scelta semplice, bensì complessa, che a raccontarla oggi appare come una bella leggenda.
Infatti le donne volevano scegliere l’orchidea ma Teresa Mattei, che l’anno dopo avrebbe fatto parte dell’Assemblea Costituente, per evitar la scelta di un fiore costoso come quello, s’inventò una leggenda cinese… raccontando che la mimosa per quel popolo rappresentava il calore della famiglia ed era il simbolo la gentilezza femminile.
La cosa piacque molto e convinse tutte le donne.
Fu così che la mimosa… vinse.
LA PIANTA
LA MIMOSA – ACACIA DEALBATA
Pianta originaria della Tasmania, fa parte del genere Acacia e della famiglia delle Leguminose, ed in particolare alla sottosspecie delle Mimosacee.
E‘ un albero da fiori gialli e a grappolo, con un profumo dolce e fragrante che fu Introdotto in Europa nel 1800.
U S I
(MEDICINALI E PROFUMI)
La sua corteccia è stata adoperata, nell’uso medicinale, come astringente e antidiarroica mentre i fiori nella ccreazione di profumi.
Inoltre possiede tannini ed un olio usato per l’aromaterapia e per il trattamento di alcune malattie cutanee.
COLTIVAZIONE
E’ possibile acquistare un piccolo alberello di mimosa e piantarlo in giardino o in un vaso.
Così ogni anno avrete la mimosa pronta per la festa della Donna.
CONSERVAZIONE
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Eliminare del tutto le foglie dagli steli poi appendere il mazzolino a testa in giù in un locale asciutto, poco luminoso e con buon ricambio d’ aria e tenerlo così finché non è seccato.
LA CANZONE
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Auspico però una festa che non sia vista in modo banale, come purtroppo spesso accade, ma come omaggio al ricordo delle lotte fatte per il raggiungimento dell’uguaglianza e per cancellare i residui di vetero maschilismo ancora radicati nella nostra società… solo apparentementeevoluta.
Elizabeth Barret nacque in una ricca famiglia che però poi ebbe grossi problemi economici.
Ben presto iniziò a scrivere e pubblicare con successo poesie e traduzioni dal greco.
A 32 anni incappò in una grave malattia che le creò gravi difficoltà di deambulazione ma nello stesso periodo s’innamorò del poeta Robert Browning dopo una intensa corrispondenza.
Robert Browning
A causa dell’opposizione paterna lo sposò di nascosto e con lui scappò in Italia.
A circa 43 anni a sua salute migliorò e divenne madre di un bimbo.
Visse sempre a Firenze.
Firenze nell’800
Fu anche una sostenitrice del nostro Risorgimento ed in particolare di Camillo Benso di Cavour.
La sua opera più ampia è il lungo poema Aurora Leigh, del 1857, in cui esalta in modo poetico la necessità dell’emancipazione femminile.
Morì a 54 anni ed è sepolta nel Cimitero degli Inglesi.
2 SUE POESIE SUBLIMI
Tornando alle poesie esse sono un inno sincero e profondo al suo amore per Robert.
I suoi versi, come sempre accade quando una poesia è davvero sublime, ci inoltrano, con parole semplici ma precise e suggestive, in una dimensione assoluta e ultraterrena in cui il sentimento più bello che c’è… brilla d’immensità.
Il Vero Amore, ci dice Elizabeth,non può esser legato a fattori esterni o concreti o a nostre comodità… o interessi… ma si nutre di assoluta interiorità… al di là di ogni contingenza… ed in tal modo esso potrà non aver mai fine…
John Everett Millais
Ma ora leggiamole…
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SE DEVI AMARMI
Se devi amarmi,
per null’altro sia che per amore.
Mai non dire:
“L’amo per il sorriso, per lo sguardo,
la gentilezza del parlare,
il modo di pensare così conforme al mio,
che mi rese sereno un giorno”.
Queste son tutte cose che posson mutare.
Amore mio, in sé stesso o per te,
un amore così nato potrebbe poi morire.
E non amarmi per pietà di lacrime
che bagnino il mio volto.
Può scordare il pianto
chi ebbe a lungo il tuo conforto,
e perderti.
Soltanto per amore amami
per sempre e per l’eternità.
John Everett Millais
COME TI AMO?
Come ti amo? – Come ti amo?
Lascia che ti annoveri i modi.
Ti amo fino agli estremi di profondità,
di altura e di estensione che l’anima mia
può raggiungere, quando al di là del corporeo
tocco i confini dell’Essere e della Grazia Ideale.