Archivio per la categoria ‘POESIA MONDO E GRANDI POESIE

“Tacete o maschi” – Le sorprendenti poetesse femministe italiane del 300! Conosciamole e leggiamo i loro versi   Leave a comment






Innanzitutto devo dire che non intendo adeguarmi al recente vezzo di nominare “poete” quelle che per secoli abbiamo chiamato ed onorato come “poetesse” non apparendo, a mio avviso, nel classico termine alcunché di dispregiativo, come invece alcuni sostengono.

Ma veniamo a conoscere queste poetesse e femministe ante litteram la cui esistenza era, fino a poco fa, perfino negata.

Tuttavia nonostante i tentativi di molti, ed anche di qualche grande poeta, di negare la loro esistenza in quanto pareva impossibile che esistessero all’epoca (Medio Evo) delle donne che scrivessero poesie e fossero perfino rivendicatrici della parità, i documenti alla fine hanno smentito questa posizione molto maschilista, ed a mio parere, anche molto sgradevole in quanto basata solo su pregiudizi e preconcetti.






Le donne del ‘300, per loro, potevano essere solo casalinghe o oggetto dei desideri maschili.

Prima delle 4 poetesse marchigiane, Leonora della Genga, Ortensia di Guglielmo, Livia da Chiavello ed Elisabetta Trebbiani storicamente conosciamo solo l’esistenza di Compiuta Donzella considerata la prima poetessa in volgare (italiano).







La nuova pubblicazione, di cui parlerò alla fine, dunque ci consente oggi un approfondimento di alcuni aspetti poco noti della letteratura italiana delle origini ma non solo.

Infatti queste donne non solo scrivevano poesie ma erano anche molto attive negli ambienti culturali marchigiani dell’epoca.

Ma quello che è ancora più sorprendente è la loro moderna visione della parità dei sessi e della parità artistica tra maschi e femmine.






Certo queste poetesse, dato il clima dell’epoca, non potevano che essere un’eccezione, una grande e bella eccezione ma sono anche la testimonianza della presenza, in giro per l’Italia, di minoranze culturali attive e controcorrente.

Leggiamo ora 2 sonetti che più di mille parole evidenziano tutto quanto sto affermando.

Iniziamo con un sorprendente inno femminista ante litteram.





TACETE O MASCHI
Leonora Della Genga

Tacete, o maschi, a dir, che la Natura
a far il maschio solamente intenda,
e per formar la femmina non prenda,
se non contra sua voglia alcuna cura.

Qual’ invidia per tal, qual nube oscura
fa, che la mente vostra non comprenda,
com’ella in farle ogni sua forza spenda,
onde la gloria lor la vostra oscura?

Sanno le donne maneggiar le spade,
sanno regger gl’Imperi, e sanno ancora
trovar il cammin dritto in Elicona.

In ogni cosa il valor vostro cade,
uomini, appresso loro. Uomo non fora
mai per torne di man pregio, o corona.


Proseguiamo poi con quest’altro che rivendica invece il diritto delle donne di non dedicarsi solo “all’ago e al fuso, più che al lauro o al mirto“
e cioè di scrivere poesie e cercar la gloria letteraria proprio come i poeti maschi.







VORREI PUR DRIZZAR QUESTE MIE PIUME
Ortensia di Guglielmo

Io vorrei pur drizzar queste mie piume
colà, signor, dove il desio m’invita,
e dopo morte rimanere in vita,
col chiaro di virtute inclito lume.

Ma ‘l volgo inerte che dal rio costume
vinto, ha d’ogni suo ben la via smarrita,
come digna di biasimo ognor m’addita,
ch’ir tenti d’Elicona al sacro fiume,

all’ago, al fuso, più che al lauro o al mirto,
come che qui non sia la gloria mia,
vuol ch’abbia sempre questa mente intesa.

Dimmi tu ormai che per più via dritta via
a Parnaso ten vai, nobile spirito,
dovrò dunque lasciar sì degna impresa?



Chi volesse approfondire l’argomento e leggere altre poesie può farlo in questo recente libro:
“Tacete o maschi. Le poetesse marchigiane del Trecento” (64 pagine € 18,00) della casa editrice Argolibri.

Tony Kospan






Copyright Tony Kospan
Vietata la copia integrale senza indicare autore e sito


Frecce (51)







“Quando 40 inverni” – Questo sonetto di Shakespeare non vale per le quarantenni di oggi ma…   Leave a comment




Questa volta la poesia di cui desidero parlare,
e che propongo anche alla vostra riflessone,
è del sommo Shakespeare.

Leggiamola prima.



Elizabeth Sonrel


QUANDO QUARANTA INVERNI
~  Sonetto 2° ~ William Shakespeare ~


Quando quaranta inverni assedieranno la tua fronte
e profonde trincee solcheranno il campo della tua bellezza,
l’orgoglioso manto della gioventù, ora ammirato,
sarà a brandelli, tenuto in nessun conto.
Allora, se richiesto dove la tua bellezza giace,
dove il tesoro dei tuoi gagliardi giorni,
rispondere ch’essi s’adagiano infossati nei tuoi occhi
per te vergogna bruciante sarebbe e ridicolo vanto.
Quanta più lode meriterebbe la tua bellezza,
se tu potessi replicare: “Questo mio bel bambino
pareggia il conto e fa perdonare il passare degli anni”,
dando prova che la sua bellezza da te fu data.
Sarebbe questo un sentirsi giovane quando sei vecchio,
mirare il tuo sangue caldo quand’esso nelle tue vene è freddo.




Elizabeth Sonrel




Il grande William consiglia dunque alla donna ultraquarantenne
di non preoccuparsi per lo sfiorir “di sua giovanile gran beltà”
ma anzi d’esser felice dato che la sua grazia
sta passando al/la figlio/a.


Però il Sommo, anche stavolta,
nonostante i 40 inverni ormai non siano più validi
ci dona un esempio di profondità di pensiero.








Non possiamo non scorgere in questi versi infatti
il consiglio d’accettar lo scorrer del tempo
in modo sereno… anche perché diversamente
vivremmo molto male gli anni
pochi o molti…che ci restano.


Infatti se ci fermassimo a rimpianger
la bellezza e la forza della nostra gioventù
che giorno per giorno s’allontana sempre più
rischieremmo di cadere nella depressione.



Elizabeth Sonrel



UNA PICCOLA RIFLESSIONE 
E LE QUARANTENNI DI OGGI

Dando uno sguardo al significato del sonetto,
possiamo subito osservare come l’idea di una donna quarantenne 
piena di rughe (e forse di acciacchi) oggi stride e stupisce
anzi ci appare quasi incomprensibile.



Elizabeth Sonrel


Oggi la donna quarantenne è poco più che giovanetta…
e dunque opterei in questo caso,
date le modifiche avvenute nel corso degli ultimi secoli
riguardo alla durata e tenuta della nostra vita,
per una diversa rappresentazione,
delle immagini poetiche del Sommo.

La donna di cui parla il Sommo William
oggi non sarebbe quarantenne ma settantenne
ed il piccolo sarebbe… il nipotino… eh eh.

Se ci guardiamo intorno, anche nel nostro mondo web,
il numero di nonne giovani e pimpanti
è in incredibile e costante aumento…
(ma in verità anche di nonni)






Come sempre, cari amici,
la mia è una opinabilissima interpretazione
e come sempre sono curioso di legger
vostre diverse impressioni e valutazioni.


Tony Kospan

F I N E 





stel etoile060stel etoile060stel etoile060
PER LE NOVITA’ DEL BLOG
Frecce (174)
SE… IL BLOG TI PIACE… I S C R I V I T I




G. G. Savoldo


Totò con la sua “Preghiera del clown” ci svela la vera anima dei comici – Testo e video   Leave a comment


.
.I grandi artisti, quando sono davvero grandi,
non eccellono solo in una particolare arte ma
il loro genio spazia spesso in vari campi..

.
.

.

.
.

TOTO’ POETA
– LA PREGHIERA DEL CLOWN –
a cura di Tony Kospan





Uno di questi è, per me, Totò (Antonio de Curtis)

che, accanto alla sua attività teatrale e cinematografica

di grande attore comico e non solo,

ha lasciato un segno indelebile

anche nel campo della musica e della poesia.

.


.


.
Totò e Pasolini

.
.

Ecco allora una sua poesia
in cui ci parla di sé in modo sorprendente
e che rivela l’acuto contrasto
tra la sua maschera… super sorridente
e la sua realtà intima spesso triste.

Penso che possa farci riflettere un attimo
e ricordarci che dietro la maschera del clown
c’è una persona con i nostri stessi problemi.

.
.
.

.
.
.

Ma ora leggiamola ascoltando, se ci va, 
prima una musica da clown
e poi guardando il video in cui lo stessoTotò,
recita questa poesia.




fre bia pouce   accordeon      Musica da circo

The sad clown – (autore non noto)



LA PREGHIERA DEL CLOWN 
Antonio de Curtis

Più ho voglia di piangere
e più gli uomini si divertono,
ma non importa, io li perdono,
un po’ perché essi non sanno,
un po’ per amor Tuo
e un po’ perché hanno pagato il biglietto.
Se le mie buffonate servono
ad alleviare le loro pene,
rendi pure questa mia faccia
ancora più ridicola,
ma aiutami a portarla in giro
con disinvoltura.
C’è tanta gente
che si diverte
a far piangere l’umanità,
noi dobbiamo soffrire
per divertirla.
Manda, se puoi,
qualcuno su questo mondo,
capace di far ridere me
come io faccio ridere gli altri.



fre bia pouce Video di Totò che recita questa poesia






Ciao da Tony Kospan




domenica153domenica153domenica153domenica153

PER CHI AMA LA STORIA.. I RICORDI E LE ATMOSFERE DI UN TEMPO
Gif Animate Frecce (39)







Un poetico omaggio al mondo femminile con “La ballata delle donne” di E. Sanguineti (anche in musica)   1 comment

 




.


Un piccolo ma ormai classico e poetico omaggio alle donne

in prossimità della loro festa.







LA BALLATA DELLE DONNE


La poesia di Edoardo Sanguineti
e la musica Massimiliano D’Ambrosio



Edoardo Sanguineti  (Genova 9.12.1930 – Genova 18.5.2010)
.
.
.
.
.

Quando ci penso, che il tempo è passato,
le vecchie madri che ci hanno portato,
poi le ragazze, che furono amore,
e poi le mogli e le figlie e le nuore,
femmina penso, se penso alla gioia
pensare al maschio, pensarci mi annoia.


Quando ci penso, che il tempo è venuto,
la partigiana che qui ha combattuto,
quella colpita, ferita una volta,
e quella morta, che abbiamo sepolta,
femmina penso, se penso alla pace
pensare al maschio, pensarci non piace.


Quando ci penso, che il tempo ritorna,
che arriva il giorno che il giorno raggiorna,
penso che è culla una pancia di donna,
e casa è pancia che tiene una gonna,
e pancia è cassa, che viene al finire,
che arriva il giorno che si va a dormire.


Perché la donna non è cielo, è terra
carne di terra che non vuole guerra
ed è la terra, in cui fui seminato,
vita vissuta che dentro ho piantato,
qui cerco il caldo che il cuore ci sente,
la lunga notte che divento niente.


Femmina penso, se penso l’umano
la mia compagna, la prendo per mano.









135135



Possiamo ora anche ascoltarla in questo video
con immagini storiche delle battaglie combattute
dalle donne del secolo scorso.



fre bia pouce    musicAnimata


giallo image090

000500050005
PER LE NOVITA’

Frecce2039
LOGHI FIRME ORSETTI ORSO TONY
SE IL BLOG TI PIACE
I S C R I V I T I








Capodanno (Bevo a…)- Poesia inusuale di Erri De Luca per chi vive capodanni diversi   Leave a comment







Una stupenda poesia che non merita commenti
perché parla da sé
e ci racconta la realtà di coloro 
che vivono capodanni diversi 
da quelli a cui pensiamo in genere.

Cioè quelli di chi è in difficoltà
o di chi oggi lavora o aiuta gli altri… etc.






CAPODANNO – BEVO A…
Erri De Luca

Bevo a chi è di turno, in treno, in ospedale,
cucina, albergo, radio, fonderia,
in mare, su un aereo, in autostrada,
a chi scavalca questa notte senza un saluto,
bevo alla luna prossima, alla ragazza incinta,
a chi fa una promessa, a chi l’ha mantenuta,
a chi ha pagato il conto, a chi lo sta pagando,
a chi non è invitato in nessun posto,
allo straniero che impara l’italiano,
a chi studia la musica, a chi sa ballare il tango,

a chi si è alzato per cedere il posto,
a chi non si può alzare, a chi arrossisce,
a chi legge Dickens, a chi piange al cinema,
a chi protegge i boschi, a chi spegne un incendio,
a chi ha perduto tutto e ricomincia,
all’astemio che fa uno sforzo di condivisione,
a chi è nessuno per la persona amata,
a chi subisce scherzi e per reazione un giorno sarà eroe,
a chi scorda l’offesa, a chi sorride in fotografia,
a chi va a piedi, a chi sa andare scalzo,

a chi restituisce da quello che ha avuto,
a chi non capisce le barzellette,
all’ultimo insulto che sia l’ultimo,
ai pareggi, alle ics della schedina,
a chi fa un passo avanti e così disfa la riga,
a chi vuol farlo e poi non ce la fa,
infine bevo a chi ha diritto a un brindisi stasera
e tra questi non ha trovato il suo.









Catherine Pozzi.. poetessa parigina di origini italiane – Mini ricordo ed una sua poesia   Leave a comment




Ho conosciuto per caso questa poetessa poco nota
ed omonima della mitica poetessa milanese Antonia Pozzi.


Mi ha incuriosito il suo mondo
e desidero farla conoscere anche a voi
con una mini biografia ed una sua poesia.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Catherine Pozzi è stata una poetessa francese di origini italiane.
 
 
La sua famiglia faceva parte dell’alta società parigina.
 
 
 
 
 
(Parigi 13.7.1882 – Parigi 3.12.1934)
 
 
 
 
E’ stata a lungo ricordata solo per esser stata l’amante
del poeta Paul Valery
(relazione intensa e molto burrascosa).
 
 
Pur avendo un carattere solitario ebbe però
molte frequentazioni soprattutto di carattere epistolare 
con molti grandi scrittori e poeti tra cui Rainer Maria Rilke
il famoso “poeta delle rose“.
 
 
 
 
 
 
Rainer Maria Rilke
 
 
 
 
Ora leggiamo questa che fu
la sua unica poesia pubblicata in vita, nel 1929.

Attraverso questi versi potremo
avvicinarci al suo cuore.

 
 
 
 
 
 
 
 

AVE 
Catherine Pozzi
 
 
 
Altissimo amore, se mai accadesse che io muoia
 
Senza aver saputo dove vi possedevo,
 
In quale sole stava la vostra dimora
 
In quale passato il vostro tempo, in quale ora
 
Io vi amavo.
 
 
 
Altissimo amore che fuggite la memoria,
 
Fuoco senza focolare di cui ho fatto tutta la mia luce,
 
In quale destino tracciavate la mia storia,
 
In quale sonno si vedeva la vostra gloria,
 
O mia dimora.
 
 
 
Quando sarò per me stessa perduta
 
E divisa nell’abisso infinito,
 
Infinitamente, quando sarò sconfitta
 
Quando il presente di cui sono rivestita
 
Avrà tradito,
 
 
 
Per l’universo in mille corpi frantumata
 
Di innumerevoli istanti non ancora riuniti,
 
Di cenere setacciata nei cieli fino al nulla,
 
Rifarete per una strana stagione
 
Un solo tesoro
 
 
 
Rifarete il mio nome e la mia immagine
 
Con mille corpi portati alla luce,
 
Viva unità senza nome e volto,
 
Cuore dello spirito, oh centro del miraggio
 
 
 
Altissimo amore.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Solo dopo la sua morte furono pubblicate altre sue opere
soprattutto grazie a Jean Paulhan della “Nouvelle Revue Française
suo amico ed ammiratore della sua poetica raffinata.

 
 
 
Tony Kospan
 










“9 Marzo 2020” di M. Gualtieri – La più bella poesia dedicata al “lockdown” è di un’italiana   Leave a comment








E’ di un’italiana la più bella poesia dedicata al “lockdown”

Ha iniziato in sordina a fare il giro nel web
ma poi pia piano è stata tradotta in diverse lingue 
ed è ormai diventata la poesia regina 
della nostra (e di tutto il mondo) “fermata” per la pandemia.








Ora però leggiamola e poi dirò qualche mio pensiero
sui motivi che l’hanno fatta accogliere con entusiasmo
dai lettori di ogni dove.








9 MARZO DUEMILAVENTI
– Mariangela Gualtieri – 

Questo ti voglio dire
ci dovevamo fermare.
Lo sapevamo. Lo sentivamo tutti
ch’era troppo furioso
il nostro fare. Stare dentro le cose.
Tutti fuori di noi.
Agitare ogni ora – farla fruttare.
Ci dovevamo fermare
e non ci riuscivamo.
Andava fatto insieme.
Rallentare la corsa.
Ma non ci riuscivamo.
Non c’era sforzo umano
che ci potesse bloccare.
E poiché questo
era desiderio tacito comune
come un inconscio volere –
forse la specie nostra ha ubbidito
slacciato le catene che tengono blindato
il nostro seme. Aperto
le fessure più segrete
e fatto entrare.
Forse per questo dopo c’è stato un salto
di specie – dal pipistrello a noi.
Qualcosa in noi ha voluto spalancare.
Forse, non so.
Adesso siamo a casa.
è portentoso quello che succede.
E c’è dell’oro, credo, in questo tempo strano.
Forse ci sono doni.
Pepite d’oro per noi. Se ci aiutiamo.
C’è un molto forte richiamo
della specie ora e come specie adesso
deve pensarsi ognuno. Un comune destino
ci tiene qui. Lo sapevamo. Ma non troppo bene.
O tutti quanti o nessuno.
è potente la terra. Viva per davvero.
Io la sento pensante d’un pensiero
che noi non conosciamo.
E quello che succede? Consideriamo
se non sia lei che muove.
Se la legge che tiene ben guidato
l’universo intero, se quanto accade mi chiedo
non sia piena espressione di quella legge
che governa anche noi – proprio come
ogni stella – ogni particella di cosmo.
Se la materia oscura fosse questo
tenersi insieme di tutto in un ardore
di vita, con la spazzina morte che viene
a equilibrare ogni specie.
Tenerla dentro la misura sua, al posto suo,
guidata. Non siamo noi
che abbiamo fatto il cielo.
Una voce imponente, senza parola
ci dice ora di stare a casa, come bambini
che l’hanno fatta grossa, senza sapere cosa,
e non avranno baci, non saranno abbracciati.
Ognuno dentro una frenata
che ci riporta indietro, forse nelle lentezze
delle antiche antenate, delle madri.
Guardare di più il cielo,
tingere d’ocra un morto. Fare per la prima volta
il pane. Guardare bene una faccia. Cantare
piano piano perché un bambino dorma. Per la prima volta
stringere con la mano un’altra mano
sentire forte l’intesa. Che siamo insieme.
Un organismo solo. Tutta la specie
la portiamo in noi. Dentro noi la salviamo.
A quella stretta
di un palmo col palmo di qualcuno
a quel semplice atto che ci è interdetto ora –
noi torneremo con una comprensione dilatata.
Saremo qui, più attenti credo. Più delicata
la nostra mano starà dentro il fare della vita.
Adesso lo sappiamo quanto è triste
stare lontani un metro.








BREVE MIA ANALISI


La poetessa osserva il rallentar dei convulsi ed affannosi battiti della moderna società e riflette sui limiti pericolosi che l’Umanità sta raggiungendo e ne evidenzia i rischi.

Questa “fermata”, ci dice, è sì dolorosa e però è anche un’occasione per tornare ai nostri valori più veri e profondi e per riscoprire la bellezza delle cose naturali e semplici.

Con parole forti, suggestive e significative ci parla di una nuova consapevolezza e della riscoperta di un comune desiderio di amore (in senso ampio), vicinanza, fratellanza, senso di comunità, e di visione di un possibile destino nuovo per l’Umanità.










Infine aggiungo questo bel video che ci consente una rilettura accompagnata da belle immagini e da una soffusa musica di sottofondo.




frebiapouce.gif




f377f93a

Frecce (174)







Nadia Anjuman uccisa in Afghanistan perché poetessa – Un ricordo ed alcune sue poesie   4 comments

 
 
.
.
 

.
.
.
 
 
 
1313
 
 
 
 
 
 

Non possiamo non parlare, tra noi che amiamo davvero la poesia, di un episodio raccapricciante come questo.
 
 
E’ strano il silenzio che, dopo un primo clamore più che giustificato, ha avvolto questa drammatica vicenda già all’epoca in cui accadde.
Una giovane uccisa per amore della… poesia!
  
Nel 2005, epoca della vicenda, si rinvenivano in giro solo alcuni cenni in pochissimi siti o blog.

L’attuale drammatica situazione in Afghanistan fa tremare i polsi soprattutto per la situazione femminile ma la violenza istituzionalizzata e culturale contro le donne è stata sempre presente, anche se in forme più o meno larvate con qualunque regime di quel Paese.

 
 
 

 
 

 
NADIA ANJUMAN
UCCISA PERCHE’ POETESSA –
 
 
Un ricordo ed un omaggio alla sua memoria
Tony Kospan


 
 
 

 
 
 

IL FATTO
 


Nadia Anjuman, poetessa afgana venticinquenne e madre di una bimba di pochi mesi, viene uccisa dal marito a suon di percosse il 4 novembre 2005, in Afghanistan ad Herat (chiamata… oh qual fatal ed incredibile combinazione… Città dei Poeti!!!)  per aver letto in pubblico alcune poesie dal libro “Fiore rosso scuro”  da lei scritto quand’era ancora ragazza.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Quando accadde ciò lei era già molto conosciuta come poetessa e la cosa più grave è che la giustizia afgana ha avuto l’incredibile capacità di assolvere e giustificare il marito che, tra l’altro e la cosa stupisce ed indigna ancora di più, pur lavorava in ambito universitario!


 

Era l’epoca in cui da poco tempo era terminato in quel paese il regime dei talebani ma non la loro guerriglia. 

 

Nadia ci ha lasciato 2 libri di poesie scritte in lingua Farsi lingua usata in quella regione afgana.

 

Ma chi era poi Nadia?

 

Ecco come si descrive lei stessa in questo breve brano autobiografico.

 

 

 

 

 

“Nacqui a Harat negli anni più agghiaccianti della rivoluzione; portai a termine i miei studi in anticipo, di due anni, nella scuola superiore “Mahbubeh haravi”. 
Attualmente frequento il secondo anno della facoltà di Letterature e Scienze Umanistiche dell’Università di Harat. 
Da quando ho memoria di me so di aver amato la poesia. 
L’amore per la poesia e le catene di sei anni di schiavitù dell’era dei Talebani, che mi avevano legato le gambe, hanno fatto sì che appoggiandomi alla penna e zoppicando, componessi passi ed entrassi nel territorio della poesia. 
Il sostegno dei miei amici e di coloro che condividevano i miei stessi orizzonti mi hanno permesso di continuare su questo sentiero, ma… ahimè… tuttora, ogniqualvolta che compongo un nuovo passo, sento il tremore della mia penna e con essa trema anche la mia anima. 
Forse perché non mi sento indenne, temo ancora di sdrucciolarmi lungo il percorso; è difficile la strada che ho davanti a me ed i miei passi non sono ancora, abbastanza, fermi”. *



 
 



Sembra, leggendo le sue parole, quasi che lei presentisse il dramma ma nel contempo notiamo la forza e la determinazione nell’andare avanti.
 
A mio parere quanto accaduto è la dimostrazione della incredibile forza della poesia e della grande paura che essa genera nelle forze oscurantiste.
 
A volte però proprio coloro che tra noi sbandierano amore per la poesia ai 4 venti sono poi i primi a non comprenderne la forza rivoluzionaria in senso culturale e sociale.
 
Leggiamo ora in suo onore ed in suo ricordo queste 2 sue poesie.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
IMPRIGIONATA IN QUESTO ANGOLO
 
Sono imprigionata in questo angolo
Piena di malinconia e di dispiacere.
 
Le mie ali sono chiuse e non posso volare. *
 
 
 
 
 
 
 
 
 
NESSUNA VOGLIA DI PARLARE

 
 
Che cosa dovrei cantare?
Io, che sono odiata dalla vita.
Non c’è nessuna differenza tra cantare e non cantare.
Perché dovrei parlare di dolcezza?
Quando sento l’amarezza.
L’oppressore si diletta.
Ha battuto la mia bocca.
Non ho un compagno nella vita.
Per chi posso essere dolce?
Non c’è nessuna differenza tra parlare, ridere,
Morire, esistere.
Soltanto io e la mia forzata solitudine
Insieme al dispiacere e alla tristezza.
Sono nata per il nulla.
La mia bocca dovrebbe essere sigillata.
Oh, il mio cuore, lo sapete, è la sorgente.
E il tempo per celebrare.
Cosa dovrei fare con un’ala bloccata?
Che non mi permette di volare.
Sono stata silenziosa troppo a lungo.
Ma non ho dimenticato la melodia,
Perché ogni istante bisbiglio le canzoni del mio cuore
Ricordando a me stessa il giorno in cui romperò la gabbia
Per volare via da questa solitudine
E cantare come una persona malinconica.
Io non sono un debole pioppo
Scosso dal vento
Io sono una donna afgana
E la (mia) sensibilità mi porta a lamentarmi.*

 
 
 
 
 
 
(Traduzione dal ‘Farsi in inglese di Mahnaz Badihian,
traduzione dall’inglese in italiano di Cristina Contilli).
 
 
 
 
 
 
 
 
L’Umanità in questo caso non si è ahimè rivelata
lasciando il posto alla più crudele disumanità.
 
 
Speravo che le gocce del suo sangue innocente,
nel terreno in cui sono cadute, potessero far germogliare
nuovi valori e nuove libertà in quelle popolazioni
ma quel che sta accadendo uccide ogni speranza 
quanto meno per il prossimo futuro.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
* POESIE E NOTA AUTOBIOGRAFICA DA:
CONTILLI – SCARPAROLO – “ELEGIA PER NADIA ANJUMAN” – TORINO – EDIZIONI CARTA E PENNA
 
COMMENTO DI TONY KOSPAN
 
 
 
 
Tony Kospan
 
 
 
 
 

 

“ROMANZA DELLA LUNA – LUNA” – Poesia molto bella ma non nota di Garcia Lorca   1 comment

 
 
 
 
 
 
 Questa poesia del mitico Garcia Lorca…
quando, alcuni anni fa, la lessi per la prima volta,
era quasi del tutto sconosciuta
e faticai molto a trovarne traccia in internet.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
ROMANZA DELLA LUNA – LUNA
 
FEDERICO GARCIA LORCA 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
M’era stata segnalata e richiesta
 
da un’amica del mio gruppo di poesia di fb
 
IL FANTASTICO MONDO DELLA POESIA
 
ma poi l’ho vista sempre più spesso in giro.
 
 
 
Non fu facile allora trovarla in italiano
 
e ci stavo rinunciando
 
ma alla fine, per puro caso, la trovai
 
e, per colmo di fortuna,
 
 pure in una traduzione… d’autore!
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
  
La poesia mi appare come un lunare dipinto fantasy
 
o, se si preferisce,
 
un fantastico omaggio in movimento al bianco lume. 
 
 
 
Il poeta si lascia andare infatti a disegnare
 
momenti e movimenti quasi musicali… e danzanti
 
di bambini e  gitani…
 
insieme all’astro che illumina le nostre notti…
 
 
 
 
  
Ma ora leggiamola…
 
 
  
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 ROMANZA DELLA LUNA – LUNA 
Garcia Lorca

 
La luna venne alla fucina
col suo sellino di nardi.
Il bambino la guarda, guarda.
Il bambino la sta guardando.

Nell’aria commossa
la luna muove le sue braccia
e mostra, lubrica e pura,
i suoi seni di stagno duro.

Fuggi luna, luna, luna.
Se venissero i gitani
farebbero col tuo cuore
collane e bianchi anelli.

Bambino, lasciami ballare.
Quando verranno i gitani,
ti troveranno nell’incudine
con gli occhietti chiusi.

Fuggi, luna, luna, luna
che già sento i loro cavalli.
Bambino lasciami, non calpestare
il mio biancore inamidato.

Il cavaliere s’avvicina
suonando il tamburo del piano.
nella fucina il bambino
ha gli occhi chiusi.

Per l’uliveto venivano,
bronzo e sogno, i gitani.
le teste alzate
e gli occhi socchiusi.

Come canta il gufo,
ah, come canta sull’albero!
Nel cielo va luna
con un bimbo per mano.

Nella fucina piangono,
gridano, i gitani.
Il vento la veglia, veglia.
Il vento la sta vegliando.
 

 

 

 

 
A Conchita García Lorca
 
1924
 
da “Romancero gitano”
 
 
 
Traduzione di Carlo Bo 
 
 
 
 
 
 
 
 

 

Chagall
 
 
 
 
 
Come sempre mi piacerebbe leggere
vostre impressioni… vostre sensazioni.
 
Tony Kospan
 
 
 
 

 

barrafiorita
PER LEGGERE LE NOVITA’ DEL BLOG
Frecce (174)

 

 
 
 
 
 
 
 
    
 

Dall’agosto 2020.. dopo 200 anni.. di nuovo aperte le stanze private di Leopardi nel Palazzo di Recanati!   Leave a comment








Una bella notizia per i “Leopardiani” arrivò l’agosto del 2020!

Finalmente anche le stanze private del Leopardi venivano aperte al pubblico. 








Dopo circa 200 anni finalmente potevamo entrare nel cosiddetto “piano nobile” di Casa Leopardi

Non saremmo stati così costretti a visitare solo la sua grande biblioteca, il museo, fare il percorso multimediale e recarci alla casa di Silvia come si poteva fare fino ad allora.




 



Potevamo quindi visitare anche le stanze private del palazzo di Recanati, il salone di rappresentanza, la galleria d’arte con tanti dipinti, i giardini che gli suggerirono nel 1829 i suggestivi versi delle “Ricordanze“, la cucina, il salottino in cui i fratellini giocavano e, questa è la cosa più bella, anche la sua camera da letto dalla quale ammirava i dintorni della casa, il cielo, la luna e le stelle.







LE RICORDANZE (Incipit)

Vaghe stelle dell’Orsa, io non credea
Tornare ancor per uso a contemplarvi
Sul paterno giardino scintillanti,
E ragionar con voi dalle finestre
Di questo albergo ove abitai fanciullo,
E delle gioie mie vidi la fine. 








Il nuovo percorso s’intitola “Ove abitai fanciullo” ed è un venire a contatto con la storia della sua famiglia, con i suoi libri, conoscere gli oggetti, le collezioni d’arte e tante altre splendide curiosità tra le quali, e con le quali, visse.


In tal modo possiamo immergerci nel suo mondo infantile e giovanile e “sentire” quasi le dolci prime emozioni d’amore per Silvia e Nerina. 








Quando anni fa andai a Recanati tutto questo non era possibile e sinceramente ci rimasi male.

So per certo che entrare nell’intimità del mondo del grande poeta recanatese era il sogno dell’immenso stuolo di ammiratori e adoratori dei suoi versi (tra cui il sottoscritto).








Ora tutto questo è stato invece reso possibile quasi ogni giorno grazie alla Contessa Olimpia Leopardi che merita i nostri ringraziamenti.

Il percorso “Ove abitai fanciullo” può essere visitato dal martedì alla domenica previa prenotazione (salvo modifiche).








donna fiore fee01110donna fiore fee01110donna fiore fee01110donna fiore fee01110
Frecce2039








%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: