come una delle più belle canzoni italiane… di sempre
e gli autori, come vedremo, sono tutti notissimi.
SE TELEFONANDO
– GRANDE CANZONE POESIA –
Si tratta davvero di un mixage stupendo costituito da:
– una stupenda interpretazione di Mina,
– una bellissima musica, opera del maestro Ennio Morricone,
ed
– un testo “poetico” che dobbiamo a Maurizio Costanzo e Ghigo De Chiara.
Questo disco (un 45 giri in vinile) è del 1966 ed è ormai divenuto uno stupendo… indimenticabile classico.
Il testo è in verità anche audace, di tipo intellettuale… e risente della liberazione sessuale degli anni ’60.
Ci parla infatti di un rapporto d’amore intenso, passionale, ma di una sola notte e senza futuro, ma che ha lasciato solo il bel ricordo delle emozioni vissute.
Il brano musicale si accompagna magicamente a queste emozioni con un continuo “crescendo” finale… che sembra non finire.
SE TELEFONANDO
Lo stupore della notte
spalancata
sul mar
ci sorprese che eravamo sconosciuti
Poi nel buio le tue mani
d’improvviso
sulle mie…
É cresciuto troppo in fretta
questo nostro
amor…
Se telefonando io potessi dirti addio
ti chiamerei…
Se io rivedendoti fossi certa che non soffri
ti rivedrei…
Se guardandoti negli occhi sapessi dirti basta
ti guarderei…
Ma non so spiegarti
che il nostro amore appena nato
è già finito…
Se telefonando io volessi dirti addio
ti chiamerei…
Se io rivedendoti fossi certa che non soffri
ti rivedrei…
Se guardandoti negli occhi sapessi dirti basta
ti guarderei…
Ma non so spiegarti
che il nostro amore appena nato
è già finito…
Ed ora è giunto il momento di ascoltarla in questo bel video…
CIAO DA TONY KOSPAN
PER LE NOVITA’ DEL BLOG
Mina (Mina Anna Maria Mazzini) – Busto Arsizio, 25 marzo 1940
Chi ha scritto questa classicissima canzone napoletana
è infatti il grande poeta Salvatore Di Giacomo
e la poesia è dedicata alla sua donna… Elisa.
La storia di questa canzone ce la racconta direttamente
il giornalista e scrittore Raffaele La Capria
che la raccontò sul “Corriere della Sera“
descrivendo però anche la storia del loro complicato amore.
LA STORIA DEL LORO AMORE
CHE ORIGINO’ LA POESIA E POI LA CANZONE
“Quando si conobbero (nel 1905) Salvatore ed Elisa, lui era un uomo di quarantacinque anni, lei una ragazza di 26.
Salvatore era un bell’ uomo, un vero napoletano dagli occhi sognanti, un poeta già celebre, riconosciuto, i suoi versi erano cantati dovunque, e tutto questo creava intorno alla sua persona un’ aura romantica, un fascino che poteva fare innamorare qualsiasi ragazza, soprattutto una ragazza come Elisa.
Elisa era «’ na giovane vestuta / cu ‘ na vesta granata, auta e brunetta» (una giovane vestita / con una veste granata, alta e brunetta ntk).
Studiava per diventare insegnante e ancor più per essere indipendente, per emanciparsi dalla protezione familiare, cosa poco comune a Napoli in quel tempo.
Ardita ed emancipata doveva essere davvero se, dopo qualche incontro con Salvatore Di Giacomo alla Biblioteca Lucchesi Palli – da lui diretta – gli scrisse una lettera talmente intraprendente per una ragazza di quell’ambiente e di quell’ educazione, da lasciare stupiti.
«Mio buono e caro signor Di Giacomo… se non fossimo stati in mezzo alla gente ve lo avrei detto ieri stesso quanto sto per dirvi ora. Io vi amo: ecco la verità, e lo so e lo sapevo da un pezzo, e non volevo confessarlo né a voi né a me. Io vi amo, e ora ve lo dico così com’ è. E’ bene, è male dirvelo? Che cosa ne penserete? Io non so…
Sappiatela tutt’intera questa verità, sappiatela così rudemente, così bruscamente com’è sempre l’ impeto dell’anima mia: sappiatela e fate quel che volete…».
Salvatore non era libero, Elisa aveva una rivale, una tremenda rivale: mammà.”
Per amor di brevità essendo l’articolo lunghetto ne sintetizzo la parte centrale per riprenderne poi il finale.
– Il loro amore fu molto tormentato prima per l’invadenza della madre e poi per le liti in cui il poeta accusava Elisa di civetterie… tradimenti etc…
Si amarono così d’un amore molto tormentato ma tenace per 11 anni e continuarono ad amarsi, sempre in questo modo, anche dopo il matrimonio… fino a quando Salvatore, costretto all’immobilità ed amorevolmente curato da lei, si spense…
Elisa impazzita dal dolore distrusse tutte le lettere che lui le aveva inviato ma per caso dimenticò in un cassetto “quelle che vanno dal luglio del 1906 al dicembre del 1911 e che ci hanno permesso di raccontare la storia di questo strano amore.”
Ecco l’ultima parte dell’articolo di La Capria che qui racconta anche la nascita di questa poesia:
“Voglio chiudere il mio racconto con una delle poesie scritte da Di Giacomo, una di quelle che più amo, e una di quelle certamente dedicate ad Elisa: Palomma ‘e notte.
Il poeta una sera vede una farfallina girare e rigirare intorno a una candela accesa.
E l’ avverte: questa è una fiamma, ti può bruciare le ali, non è una rosa e nemmeno un gelsomino.
Va’ via, torna all’ aria fresca, non vedi che anche io resto abbagliato dalla fiamma e per allontanarti mi brucio?
E’ chiaro che la farfallina è Elisa e chi vorrebbe allontanarla bruciandosi la mano, è Salvatore.”
La poesia, scritta nel 1904, divenne una canzone nel 1907.
La musica fu composta da Francesco Buongiovanni… e direi che si tratta proprio di un’accoppiata sublime.
E’ considerata una delle più belle canzoni della grande tradizione classica napoletana.
LA POESIA (IN ITALIANO)
Guarda questa farfalla,
Come gira, come svolazza,
Come torna un’altra volta
A tentare questa candela!
Farfallina, questo è un lume,
Non è rosa o gelsomino,
E tu per forza qua vicino
Ti vuoi mettere a volare!
Vattene da là!
Vattene, pazza!
Va’, farfallina, e torna,
E torna a quest’aria
Così fresca e bella!
Lo vedi che anch’io
Mi abbaglio piano piano
E che mi brucio la mano
Per volerti cacciare via?
Carolina, per un capriccio,
Tu vuoi fare scontento un altro
E poi, quando l’hai lasciato,
Tu, da un altro, vuoi volare.
Troppi cuori stai stringendo
Con queste tue mani piccole,
Ma finisce che queste ali
Anche tu ti puoi bruciare.
Vattene da là!
Vattene, pazza!
Va’, farfallina, e torna,
E torna a quest’aria
Così fresca e bella!
Lo vedi che anch’io
Mi abbaglio piano piano
E che mi brucio la mano
Per volerti cacciare via?
Torna, va’, farfalla di notte,
Nell’ombra dove sei nata!
Torna a quest’aria imbalsamata
Che ti sa consolare!
Nel buio e solo per me
Questa candela arde e si strugge,
Ma che arda tutti e due,
Non lo posso sopportare!
Vattene da là!
Vattene, pazza!
Va’, farfallina, e torna,
E torna a quest’aria
Così fresca e bella!
Lo vedi che anch’io
Mi abbaglio piano piano
E che mi brucio la mano
Per volerti cacciare via?
tradotto da Natalia Cernega
Qui di seguito possiamo ascoltarla cantata prima da Peppino di Capri.
e poi se lo si desidera… la si può ascoltare anche nella versione più classica di Sergio Bruni…
ed infine anche in quest’altra versione ancora più raffinata e ricercata, benché moderna, di Gianni Lamagna che mi è stata segnalata, nei commenti, da un visitatore del Blog… che ringrazio.
Appare a me, ma non solo a me,
come una delle sue canzoni più incisive
più sensuali, più romantiche e più intriganti.
Direi che rappresenta un vero e proprio unicum,
proprio per questi aspetti,
tra le canzoni di questo mitico cantautore
vero mito della gioventù… degli anni 60
E’ bello ascoltarla sia nella versione
maschile sofferta e profonda del grande Luigi…
che nella versione femminile
cantata con la consueta sensualità ed intensità
dalla classica Ornella Vanoni.
Prima però… leggiamo il testo
per apprezzarne il valore “poetico”.
IO SI’
– Tenco –
Io sì,
che t’avrei fatto vivere
una vita di sogni
che con lui non puoi vivere
Io sì,
avrei fatto sparire
dai tuoi occhi la noia
che lui non sa vedere
ma ormai…
Io sì,
t’avrei detto il mio amore
cercando le parole
che lui non sa trovare
Io sì,
t’avrei fatta invidiare
dalle stesse tue amiche
che di lui ora ridono,
ma ormai…
Io sì,
t’avrei fatta arrossire
dicendoti “ti amo”
come lui non sa dire
Io sì,
da te avrei voluto
quella tua voce calda
che a lui fa paura
ma ormai…
Io sì,
t’avrei fatto capire
che il bello della sera
non è soltanto uscire
Io sì,
t’avrei insegnato
che si incomincia a vivere
quando lui vuol dormire,
ma ormai…
Io sì,
che t’avrei insegnato
qualcosa dell’amore
che per lui è peccato
Io sì,
t’avrei fatto sapere
quante cose tu hai
che mi fanno impazzire
ma ormai…
Ascoltiamola dunque cantata dall’autore
e, se ci va,
anche nella bella interpretazione della Vanoni
Ciao da Tony Kospan
PER CHI AMA LA STORIA.. I RICORDI E LE ATMOSFERE DI UN TEMPO
« …pensavo è bello che dove finiscono le mie dita
debba in qualche modo incominciare una chitarra. » Fabrizio De André, Amico fragile
OMAGGIO A DE ANDRE’
POESIA, LIBERO PENSIERO E… MUSICA
Genova 18.2.1940 – Milano 11.1.1999
Fin dall’inizio De André si caratterizzò come un cantautore certo…
ma amante di un genere… sì musicale…
ma denso di contenuti poetici ed umani
nel solco di artisti internazionali
come Jacques Brel, Leonard Cohen, Bob Dylan etc.
I testi delle sue canzoni, nelle quali ha raccontato storie di emarginati,
ribelli, prostitute e persone spesso ai margini della società
sono ritenute delle vere e proprie… belle poesie
(tanto che alcuni di essi sono in alcune antologie scolastiche di letteratura).
Era conosciuto anche come Faber,
un soprannome datogli dall’amico d’infanzia Paolo Villaggio.
Il suo primo grande successo è La canzone di Marinella,
brano interpretato da Mina nel 1965 che divenne subito un best seller.
Durante tutta la sua attività musicale ha prodotto tredici album in studio,
più alcune canzoni inedite
pubblicate solo come singoli oppure in antologie. (wikipedia)
Ma il suo amore per la poesia e la cultura si è manifestato, tra l’altro,
anche con la traduzione (e la trasposizione in musica)
del famoso ed originale poema americano SPOON RIVER
ma anche di altre opere….
Non possiamo quindi non rendere anche noi… nel nostro piccolo…
un omaggio al grande De André, forse uno dei pochissimi, che ha saputo
coniugare la canzone con la letteratura e la musica con la… vera poesia.
Qui è con Dori Ghezzi
Ho scelto alcuni suoi pensieri ed il testo di Giugno ’73
solo come esempi… del suo stile e della sua poetica
oltre ad alcune note canzoni.
Io penso che un uomo senza utopia, senza sogno, senza ideali,
vale adire senza passioni e senza slanci
sarebbe un mostruoso animale fatto semplicemente di istinto e di raziocinio,
una specie di cinghiale laureato in matematica pura. Fabrizio De André
Il canto ha ancora oggi, in alcune etnie cosiddette primitive,
il compito fondamentale di liberare dalla sofferenza,
di alleviare il dolore, di esorcizzare il male. Fabrizio De André
Giugno ’73
GIUGNO 73 Faber
Tua madre ce l’ha molto con me
perché sono sposato e in più canto
però canto bene e non so se tua madre
sia altrettanto capace a vergognarsi di me.
La gazza che ti ho regalato
è morta, tua sorella ne ha pianto,
quel giorno non avevano fiori, peccato,
quel giorno vendevano gazze parlanti.
E speravo che avrebbe insegnato a tua madre
A dirmi “Ciao come stai “, insomma non proprio a cantare
per quello ci sono già io come sai.
I miei amici sono tutti educati con te
però vestono in modo un po’ strano
mi consigli di mandarli da un sarto e mi chiedi
“Sono loro stasera i migliori che abbiamo “.
E adesso ridi e ti versi un cucchiaio di mimosa
Nell’imbuto di un polsino slacciato.
I miei amici ti hanno dato la mano,
li accompagno, il loro viaggio porta un po’ più lontano.
E tu aspetta un amore più fidato
il tuo accendino sai io l’ho già regalato
e lo stesso quei due peli d’elefante
mi fermavano il sangue
li ho dati a un passante.
Poi il resto viene sempre da sé
i tuoi “Aiuto” saranno ancora salvati
io mi dico è stato meglio lasciarci
che non esserci mai incontrati.
Il pescatore
Certo è impossibile nel breve spazio di un post raccontare tutta la vita…
tutta la sua personalità (molto riservata) e tutte le sue canzoni
per cui concludo questo breve ricordo con il video di un’altra sua mitica canzone
Scritta da Roby Facchinetti e Valerio Negrini,
fu presentata dallo storico gruppo
al Festival di Sanremo del 1990,
e vinse quella manifestazione canora.
Il tema, la solitudine,
è stupendamente raccontato in poesia e musica…
IL TESTO
Li incontri dove la gente viaggia, e va a telefonare,
col dopobarba che sa di pioggia, e la ventiquattro ore,
perduti nel corriere della sera,
nel va e vieni di una cameriera,
ma perché ogni giorno viene sera?
A volte un uomo è da solo perché ha intesta strani tarli,
perché ha paura del sesso o per la smania di successo.
Per scrivere il romanzo che ha di dentro,
perché la vita l’ha già messo al muro,
o perché in un mondo falso è un uomo vero.
Dio delle città
e dell’immensità,
se è vero che ci sei
e hai viaggiato più di noi,
vediamo se si può imparare questa vita,
e magari un po’ cambiarla,
prima che ci cambi lei.
Vediamo se si può,
farci amare come siamo,
senza violentarci più,
con nevrosi e gelosie.
Perché questa vita stende,
e chi è steso o dorme o muore,
oppure fa l’amore.
Ci sono uomini soli per la sete d’avventura,
perché han studiato da prete o per vent’anni di galera,
per madri che non li hanno mai svezzati,
per donne che li han rivoltati e persi,
o solo perché sono dei diversi.
Dio delle città
e dell’immensità,
se è vero che ci sei
e hai viaggiato più di noi,
vediamo se si può
imparare queste donne
e cambiare un po’ per loro,
e cambiare un po’ per noi.
Ma Dio delle città
e dell’immensità,
magari tu ci sei
e problemi non ne hai.
Ma quaggiù non siamo in cielo,
e se un uomo perde il filo,
è soltanto un uomo solo.
di cui possiamo ora legger il testo e veder il video.
.
.
.
MUSICA E POESIA…
OVUNQUE PROTEGGI
UN CLASSICO DI VINICIO CAPOSSELA
ENTRIAMO NEL SUO SIGNIFICATO PIU’ PROFONDO
Chi è che deve proteggere il protagonista della canzone
che è alle prese con la fine di un amore?
E’ l’Amore stesso (in senso sublime) con la sua capacità
di curare, addolcire e donare una nuova speranza!
Ovunque Proteggi
– Vinicio Capossela –
Non dormo ho gli occhi aperti per te,
guardo fuori, guardo intorno,
come è gonfia la strada di polvere e vento,
nel viale del ritorno.
Quando arrivi,quando verrai per me,
guarda l’angolo del cielo,
dove è scritto il tuo nome,
ed è scritto nel ferro del cerchio di un anello.
E ancora mi innamora e mi fa sospirare così,
adesso e per quando tornerà l’incanto…
E se mi trovi stanco,e se mi trovi spento,
se il meglio è già venuto
e non ho saputo tenerlo dentro me.
I vecchi già lo sanno il perchè,
e anche gli alberghi tristi,
che troppo per poco e non basta ancora
ed è una volta sola.
E ancora proteggi, la grazia del mio cuore,
adesso e per quando tornerà l’incanto,
l’incanto di te,di te vicino a me.
Sassi nelle scarpe e polvere sul cuore,
freddo nel sole,e non bastan le parole.
Mi spiace se ho peccato,
mi spiace se ho sbagliato,
se non ci sono stato,se non sono tornato.
Ma ancora proteggi la grazia del mio cuore,
adesso e per quando tornerà nel tempo,
il tempo per partir,il tempo di restare,
il tempo di lasciare,il tempo di abbracciare,
ricchezza e fortuna in pene e in povertà
nella gioia e nel clamore,nel lutto e nel dolore,
nel freddo e nel sole,nel sonno e nel rumore,
ovunque proteggi la grazia del mio cuore,
ovunque proteggi la grazia del tuo cuore..
Ovunque proteggi,proteggimi nel male,
ovunque proteggi la grazia del tuo cuore..
questa che è certo una delle più belle e più note canzoni
di Antonello Venditti
Roma – 8 marzo 1949
In essa il “matrimonio” tra testo e musica
è davvero felice… anzi direi fantastico…
e pieno di magiche suggestioni.
La canzone, che è stata eletta tra le più belle 30
canzoni australiane di sempre, è del 1991
ed in Italia era semisconosciuta.
Antonello ebbe la capacità di comprenderne la bellezza
e poi di cantarla adattandola alla lingua italiana.
Ancor oggi è uno dei suoi brani più ricordati.
La canzone originaria “Don’t Dream It’s Over”
– genere pop rock –
era stata scritta dal neozelandese Neil Finn
ed interpretata dal gruppo australiano Crowded House
IL TESTO ITALIANO
ALTA MAREA
Autostrada deserta al confine del mare
sento il cuore più forte di questo motore
Sigarette mai spente sulla radio che parla
io che guido seguendo le luci dell’alba
Lo so lo sai la mente vola
fuori dal tempo e si ritrova sola
senza più corpo né prigioniera
nasce l’aurora
Tu sei dentro di me come l’alta marea
che scompare e riappare portandoti via
Sei il mistero profondo, la passione, l’idea
sei l’immensa paura che tu non sia mia.
Lo so lo sai il tempo vola
ma quanta strada per rivederti ancora
per uno sguardo per il mio orgoglio
quanto ti voglio
Tu sei dentro di me come l’alta marea
che scompare e riappare portandoti via
Sei il mistero profondo, la passione, l’idea
sei l’immensa paura che tu non sia mia.
Lo so lo sai il tempo vola
ma quanta strada per rivederti ancora
per uno sguardo per il mio orgoglio
quanto ti voglio
…per dirti quanto ti voglio
…per dirti quanto ti voglio
…per dirti quanto ti voglio
Spunta la Luna dal monte è la versione italiana della canzone Disamparados, scritta da Luigi Marielli, dei Tazenda che fu cantata ancora inedita da Pierangelo Bertoli al Festival di Sanremo del 1991 che aveva provveduto ad unire alla versione originale quella in italiano.
Il brano ebbe subito molto successo sia da parte del pubblico che della critica ricevendo anche la Targa Tenco.
Il testo originale è la descrizione dolce poetica e crepuscolare di un paesaggio sardo in cui mentre Luna sorge dietro le montagne dei bambini poveri e disadattati “Disamparados” giocano in un prato.
La musica poi ha vibrazioni e sonorità che sembrano venire dal cielo… anzi dalla Luna per donarci dei brividi sublimi…
IL TESTO IN ITALIANO ED IN SARDO
Notte scura, notte senza la sera
notte impotente, notte guerriera
per altre vie, con le mani le mie
cerco le tue, cerco noi due.
Spunta la luna dal monte
spunta la luna dal monte.
Tra volti di pietra tra strade di fango
cercando la luna, cercando
danzandoti nella mente,
sfiorando tutta la gente
a volte sciogliendosi in pianto
un canto di sponde sicure
ben presto dimenticato
voce dei poveri resti di un sogno mancato
In sos muntonarzos, sos disamparados
chirchende ricattu, chirchende
in mesu a sa zente, in mesu
a s’istrada dimandende.
Sa vida s’ischidat pranghende
bois fizus ‘e niunu
in sos annos irmenticados
tue n’dhas solu chimbantunu
ma paren’ chent’ annos.
Coro meu, fonte ‘ia, gradessida
gai purudeo, potho bier’sa vida.
Dovunque cada l’alba sulla mia strada
senza catene, vi andremo insieme.
Spunta la luna dal monte
beni intonende unu dillu
spunta la luna dal monte
spunta la luna dal monte
beni intonende unu dillu
spunta la luna dal monte
beni intonende unu dillu
In sos muntonarzos, sos disamparados
chirchende ricattu, chirchende
in mesu a sa zente, in mesu
a s’istrada dimandende.
Sa vida s’ischidat pranghende
Tra volti di pietra tra strade di fango
cercando la luna, cercando
danzandoti nella mente,
sfiorando tutta la gente
a volte sedendoti accanto
un canto di sponde sicure
di bimbi festanti in un prato
voce che sale più in alto
di un sogno mancato
In sos muntonarzos, sos disamparados
chirchende ricattu, chirchende
ma anche una poesia… anche se intrisa di impegno civile
Annie Louisa Swynnerton
.
.
Essa infatti vuol dirci tante… tante cose…
Per questo ho inserito anche il testo…
che non contiene, a parer mio,
solo l’idea di ripudiare la guerra
ma anche tanto altro….
Infatti se ci guardiamo davvero intorno…
se osserviamo attentamente la realtà dei nostri giorni…
senza farci abbagliare
dalle apparenze, dalle mode, dai pensieri urlati
e dai “rumors” orchestrati televisivi…
direi che essa, pur scritta nel 1966,
è in pratica attualissima
e rivela lo spirito ed il clima della gioventù dell’epoca
che poi sfociò nel famoso.. 68!
E SE CI DIRANNO
Luigi Tenco
E se ci diranno che per rifare il mondo
c’è un mucchio di gente da mandare a fondo.
Noi che abbiamo troppe volte visto ammazzare
per poi dire troppo tardi che è stato un errore
noi risponderemo, noi risponderemo
NO NO NO NO NO NO NO NO
E se ci diranno che nel mondo la gente
o la pensa in un modo o non vale niente
noi che non abbiamo finito ancora di contare
quelli che il fanatismo ha fatto eliminare
noi risponderemo, noi risponderemo
NO NO NO NO NO NO NO NO
E se ci diranno che è un gran traditore
chi difende la gente di un altro colore
noi che abbiamo visto gente con la pelle chiara
fare cose di cui ci dovremmo vergognare
noi risponderemo, noi risponderemo
NO NO NO NO NO NO NO NO
E se ci diranno che è un destino della terra
selezionare i migliori attraverso la guerra
noi che ormai sappiamo bene che i più forti
sono stati sempre i primi a finir morti
noi risponderemo, noi risponderemo
NO NO NO NO NO NO NO NO