Lo sanno tutti: febbraio è l’unico mese dell’anno
che non è costituito da 30 o da 31 giorni.
Di giorni ne ha infatti solo 28,
che diventano 29 negli anni bisestili.
Ma perché?
Non era più naturale avere meno mesi da 31 giorni
e allungare a 30 giorni anche febbraio?
Qual è l’origine di questa anomalia?
Il calendario che adottiamo oggi per lo più nel mondo, il calendario gregoriano,
è una riforma del calendario giuliano promulgato da Giulio Cesare nel 46 a.C.
che a sua volta derivava dagli antichi calendari romani.
Prima della riforma di Giulio Cesare
i calendari in uso nell’antica Roma subirono diversi cambiamenti,
ripercorrendo i quali si intuiscono le risposte alle nostre domande.
Il calendario di Romolo era costituito da dieci mesi
con 30 e 31 giorni ciascuno,
iniziava con il mese di marzo (Martius) e terminava con dicembre (December):
Calendario di Romolo
Martius
Aprilis
Maius
Iunius
Quintilis
Sextilis
September
October
November
December
Il calendario contava soltanto 304 giorni.
I giorni invernali non venivano assegnati a nessun mese,
essendo per i romani poco rilevanti visto che
l’attività bellica veniva sospesa in attesa della primavera.
I primi quattro mesi erano dedicati
alle divinità Marte, Afrodite, Maia e Giunone
mentre per gli altri
il nome ricordava la loro posizione nel calendario.
Nel 713 a.C. Numa Pompilio modificò il calendario
aggiungendo i mesi di gennaio e febbraio
che vennero posti alla fine dell’anno, dopo dicembre.
A febbraio, ultimo mese, furono assegnati 29 giorni.
Per questo motivo ancora oggi
i mesi di settembre, ottobre, novembre e dicembre
si chiamano così nonostante non siano più
il settimo, l’ottavo, il nono e il decimo mese del calendario.
Successivamente Giulio Cesare fissò l’inizio dell’anno il 1º gennaio
e introdusse gli anni bisestili.
Nell’anno 8 a.C., il Senato romano decise di rinominare
il mese di sextilis in augustus (Agosto),
in onore dell’imperatore Augusto.
Precedentemente era già stato fatto lo stesso con Giulio Cesare,
rinominando quintilis in iulius (Luglio).
Siccome luglio aveva 31 giorni e agosto ne aveva 30,
si decise di aggiungere un giorno ad agosto togliendolo a febbraio.
Questo grande poeta e scrittore irlandese
è considerato il creatore della letteratura moderna
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James Augustine Aloysius Joyce
(Dublino 2.2.1882 – Zurigo 13.1.1941)
JAMES JOYCE
L’UOMO – LE OPERE – L’ULISSE…
ED ALCUNE POESIE
a cura di Tony Kospan
Cercare adagio, umilmente, costantemente di esprimere,
di tornare a spremere dalla terra bruta o da ciò ch’essa genera,
dai suoni, dalle forme e dai colori,
che sono le porte della prigione della nostra anima,
un’immagine di quella bellezza che siamo giunti a comprendere:
questo è l’arte. J. J.
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BREVE BIOGRAFIA
Nato in una famiglia cattolica con problemi economici studiò presso i Gesuiti per esser avviato al sacerdozio.
Non solo non divenne sacerdote ma fu sempre molto critico nei confronti della Chiesa e degli ambienti cattolici.
Abbandonati gli studi universitari e le turbolenze giovanili, girò un po’ qua ed un po’ là per l’Europa, dedicandosi a diversi lavori ma soprattutto insegnando l’inglese, con Nora, la donna irlandese che l’accompagnò per tutta la vita.
La statua di Joyce a Trieste
Fu con lei a lungo anche a Trieste dal 1904 al 1915 (dove nacque il suo primo figlio Giorgio).
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Qui nella città dell’alto adriatico Joyce migliorò il suo stile e la sua arte letteraria grazie all’ispirazione che gli diedero le storie, le persone ed i luoghi elaborando i quali creò le sue opere, per l’epoca, rivoluzionarie.
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J. J. da giovane
Da Nora ebbe 3 figli… tra cui Lucia che s’ammalò di mente influenzando così in vario modo sia la vita di Joyce che della sua famiglia.
Oltre che a Trieste visse a Roma, a Parigi ed infine, dopo l’inizio della guerra, a Zurigo dove morì.
Non trascurò però di tornare diverse volte a Dublino.
L’UOMO
Durante la sua vita fu sempre in compagnia dell’alcool, del suo spirito anticonformista e delle difficoltà economiche, anche quando raggiunse il successo, a causa della sua leggerezza nello spendere il denaro.
INFLUENZA SULLA LETTERATURA DEL 900
ED IL MODERNISMO
E’ considerato il padre del modernismo in letteratura.
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Il modernismo fu una delle tante correnti d’avanguardia (futurismo, dadaismo, cubismo, surrealismo etc.) dell’inizio del secolo scorso.
Essa si caratterizzava per l’ampio svecchiamento degli anchilosati stili ottocenteschi.
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In particolare ricercava: l’avvicinarsi alla lingua parlata, l’uso di simboli anche psicoanalitici, la riscoperta dei miti, la trattazione di temi tabù… soprattutto sessuali (Joyce per “Nausicaa” fu oggetto di un processo a New York e l’opera fu condannata per oscenità), e la sperimentazione di nuove tecniche espressive.
ll carattere delle sue opere fu insieme profondamente irlandese ma nel contempo anche veramente europeo.
LE OPERE PRINCIPALI
Poesie:
Musica da camera, Poesie da un soldo, Collected Poems
Racconti:
Gente di Dublino Teatro:
Esuli
Romanzi:
Ritratto dell’artista da giovane o Dedalus,
Ulisse, Finnegans Wake, Stefano eroe
L’ULISSE
E’ la sua opera principale…
Si tratta di una reinterpretazione della vicenda omerica nella Dublino del 900.
L’opera presenta un linguaggio pressoché rivoluzionario per l’epoca, come il monologo interiore, l’esame di coscienza, enigmi nascosti, la parodia etc…
Ma non basterebbero queste tecniche a farne un capolavoro, infatti a ciò si aggiunge la verità e vivacità dei personaggi, dei paesaggi e delle vicende narrate in un’atmosfera che genialmente crea tensione, inquietudine perché porta alla luce l’immensa varietà dei sentimenti umani dai più nobili ai più perversi.
ALCUNE SUE POESIE
Infine ricordiamolo con 3 sue belle poesie…
Jan Van Beers
NELLA BUIA PINETA
Nella buia pineta
Vorrei con te giacere,
Nella frescura dell’ombra densa
A mezzogiorno.
Là com’è dolce distendersi,
Soave baciarsi,
Della vasta pineta
Sotto le navate.
Jan Van Beers
NEL CREPUSCOLO SOAVE
Nel crepuscolo soave,
ascolta il canto del tuo amante,
ascolta la chitarra.
Bella, bella signora,
raccogli in fretta il tuo mantello,
perché il tuo amante possa gustare
la dolcezza dei tuoi capelli…
Aldo Palazzeschi, ma il suo vero nome era Aldo Pietro Vincenzo Giurlani,
considerato uno dei maggiori poeti italiani del primo novecento,
ha scritto poesie famose soprattutto per la loro simpatica originalità
come potremo ora leggere… ma è stato anche un apprezzato scrittore.
(Firenze 2.2.1885 – Roma 17.8.1974)
ALDO PALAZZESCHI
L’UOMO… LA POETICA… ED ALCUNE POESIE
a cura di Tony Kospan
BREVE BIOGRAFIA
Nato a Firenze in una famiglia di commercianti Aldo Gìurlani
frequentò gli studi di ragioneria per volontà del padre
ma anche una scuola di recitazione e forse proprio fu proprio per questo,
per non dar problemi alla famiglia che non amava l’ambiente teatrale,
che scelse come nome d’arte Palazzeschi (cognome della nonna materna).
Ben presto però la sua strada divenne quella della poesia
a ciò aiutato dai familiari al punto di pubblicare a loro spese
il primo volume di poesie “I cavalli bianchi“.
Molto si è discusso sulla sua partecipazione al Futurismo…
Certo è che i contatti ci furono… ed anche stretti e numerosi…
ma furono dovuti soprattutto all’entusiasmo da parte di Marinetti
per le sue poesie ed in particolare per quelle che avevano
la caratteristica d’esser controcorrente e sorprendenti
(v. qui giù ad es. Lasciatemi divertire).
Egli si adeguò al mondo Marinettiano… e per un po’ partecipò alla corrente
ma ben presto, appena si rese conto che i Futuristi erano favorevoli alla guerra,
se ne allontanò.
Ma poi alla guerra partecipò ugualmente.. sebbene nelle retrovie.
Nel 1941 si trasferì a Roma
dove visse fino alla morte, avvenuta nel ’74,
quando mancava ormai poco al suo 90° compleanno.
Qui è con Montale
POETICA
La sua poetica, avvicinata ora a quella dei crepuscolaristi
ed ora a quella dei futuristi, per la profonda intima ironia
in realtà rimane sempre originale ed indipendente.
Per più di un cinquantennio,
con le sue sempre originali poesie ed altre opere,
la più famosa delle quali è il romanzo “Le sorelle Materassi“,
è stato un notevole ed autorevole esponente
del mondo letterario italiano.
ALCUNE POESIE
CHI SONO?
Son forse un poeta?
No, certo.
Non scrive che una parola, ben strana,
la penna dell’anima mia:
“follia”.
Son dunque un pittore?
Neanche.
Non ha che un colore
la tavolozza dell’anima mia:
“malinconia”.
Un musico, allora?
Nemmeno.
Non c’è che una nota
Nella tastiera dell’anima mia:
“nostalgia”.
Son dunque…che cosa?
Io metto una lente
davanti al mio cuore
per farlo vedere alla gente.
Chi sono?
Il saltimbanco dell’anima mia.
MOVIMENTO
Io vo… tu vai… si va…
Ma non chiedere dove
ti direbbero una bugia:
dove non si sa.
E è tanto bello quando uno va.
Io vo… tu vai… si va…
perchè soltanto andare
in un mondo di ciechi
è la felicità.
RIO BO
Tre casettine
dai tetti aguzzi,
un verde praticello,
un esiguo ruscello: Rio Bo,
un vigile cipresso.
Microscopico paese, non è vero?
Paese da nulla; ma però,
c’è sempre di sopra una stella,
una grande magnifica stella,
che a un di presso
occhieggia con la punta del cipresso
di Rio Bo.
Una stella innamorata! Chi sa
se nemmeno ce l’ha
una grande città.
Boccioni – La risata
LASCIATEMI DIVERTIRE
Tri tri tri,
fru fru fru,
uhi uhi uhi,
ihu ihu ihu.
Il poeta si diverte,
pazzamente,
smisuratamente.
Non lo state a insolentire,
lasciatelo divertire
poveretto,
queste piccole corbellerie
sono il suo diletto.
Cucù rurù,
rurù cucù,
cuccuccurucù!
Cosa sono queste indecenze?
Queste strofe bisbetiche?
Licenze, licenze,
licenze poetiche!
Sono la mia passione.
Farafarafarafa,
tarataratarata,
Paraparaparapa,
Laralaralarala!
Sapete cosa sono?
Sono robe avanzate,
non sono grullerie,
sono la spazzatura
delle altre poesie.
Bubububu,
fufufufu.
Friù!
Friù!
Se d’un qualunque nesso
son prive,
perché le scrive
quel fesso?
bilobilobilobilobilo
blum!
Filofilofilofilofilo
flum!
Bilolù. Filolù.
U.
Non è vero che non voglion dire,
voglion dire qualcosa.
Voglion dire…
come quando uno si mette a cantare
senza saper le parole.
Una cosa molto volgare.
Ebbene, così mi piace di fare.
Aaaaa!
Eeeee Iiiii!
Ooooo!
Uuuuu!
A! E! I! O! U!
Ma giovinotto,
diteci un poco una cosa,
non è la vostra una posa,
di voler con così poco
tenere alimentato
Un sì gran foco?
Huisc…Huiusc…
Huisciu… sciu sciu,
Sciukoku Koku Koku,
Sciu
ko
ku.
Ma come si deve fare a capire?
Avete delle belle pretese,
sembra ormai che scriviate in giapponese.
Abì, alì, alarì.
Riririri!
Ri.
Lasciate pure che si sbizzarrisca,
anzi è bene che non la finisca.
Il divertimento gli costerà caro,
gli daranno del somaro.
Labala
falala
eppoi lala.
elalala, lalalalala lalala.
Certo è un azzardo un po’ forte,
scrivere delle cose così,
che ci son professori, oggidì,
a tutte le porte.
Ahahahahahahah!
Ahahahahahahah!
Ahahahahahahah!
Infine,
io ho pienamente ragione,
i tempi sono cambiati,
gli uomini non domandono più nulla
dai poeti:
e lasciatemi divertire!