L’amore è l’unica cosa bella che ci sia nella vita,
e noi la sciupiamo pretendendo l’impossibile.
– Guy De Maupassant –
Childe Hassam – Improvvisazione
EMOZIONI
Gino Rodi
Nell’acquario siderale dello sguardo
frammenti d’immagini azzurre.
Attraverso cristalli di lacrime
ho visto la grandezza del cielo
e la luce delle parole mai dette.
La speranza mi vestì da maschera
a camminare il credo del cuore,
ma nelle fiamme, abbandonate dal sole,
le vibrazioni raschiavano il silenzio
per la cieca libertà del vivere.
Poi, vidi la verità.
Stava seduta sulla nuda roccia
come un’amante segreta
a tracciare sentieri d’infinito.
Il cielo, aperto al nuovo domani,
m’apparve con i colori dell’arcobaleno,
si soffermò nel vento dell’ignoto
e incominciò a ricacciare le paure
per abbracciare la purezza
e l’ingenua incoscienza degli eroi.
Chimiche reazioni si fecero insistenti
per divenire sabbia già caduta
dalla parte più bassa della clessidra.
Édouard Manet (Parigi 23.1.1832 – Parigi 30.4.1883)
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BREVE BIOGRAFIA
Nato a Parigi in una famiglia ricca e colta fu iscritto al Collegio Rollin dove incontrò Antonin Proust di cui divenne amico per la vita.
Qui si appassionò a varie forme d’arte.
Il padre, magistrato, avrebbe voluto che lui intraprendesse la sua stessa carriera ma in Manet era troppo forte l’amore per la pittura a cui aveva già iniziato ad interessarsi.
Allora il padre lo fece imbarcare su di nave dove lavorò per un anno e dove forse ebbe origine quella grave malattia reumatica che lo perseguitò sempre.
Al ritorno a casa il padre comprese la forza della sua passione e l’iscrisse all’atelier di Thomas Couture noto pittore dell’epoca.
Argenteuil
Dopo alcuni anni Manet abbandonò questo atelier perché troppo accademico e formale, e passò allo studio di Léon Bonnat pittore allora in auge, dove fece amicizia prima con Berthe Morisot e poi con un gruppo di giovani innovatori…
Questo gruppo era composto tra altri da Degas, Monet, Renoir, Sisley, Cézanne e Pissarro… cioè dai futuri mitici impressionisti.
Poco dopo, nel 1856, aprì un suo atelier.
Colazione nello studio di prima mattina
Fece anche viaggi in Germania, Italia, Spagna e Paesi Bassi per studiare le opere dei grandi pittori dell’epoca e del passato.
Con le sue opere divenne una figura di spicco e di riferimento del mondo impressionista che contribuì a creare, anche se non volle mai identificarsi nella corrente, affermando la sua totale libertà espressiva.
Chi volesse leggere un’analisi di questo suo mitico dipinto
La ferrovia
Ebbe molti problemi di salute oltre a quelli di natura reumatica, come la sifilide, e soprattutto dal 1879 l’atassia, che in pochi anni lo condusse alla morte.
Nel 1881 il governo francese, su proposta dell’amico Proust, lo insignì della Legion d’onore.
Seppure con grandi difficoltà fisiche, dipinse fino alla morte.
Emile Zola
OPERE PRINCIPALI… CRITICHE E SCANDALI
– Il bevitore di assenzio… prima sua opera originale che piacque moltissimo a Baudelaire ed in cui è chiara
l’influenza di Diego Velázquez fu criticatissima per il suo realismo e rifiutata al Salon del 1859.
Manet stesso disse che se invece di un parigino avesse disegnato un uomo spagnolo forse sarebbe stata compresa molto meglio.
– Dejeuner sur l’herbe, famosissima, destò scandalo al Salon del 1863, non tanto per i 2 uomini vestiti e le 2 donne nude ma per il fatto che l’abbigliamento maschile era contemporaneo!
– L’Olympia pure sollevò molto scandalo perché il soggetto era una prostituta vista sul “posto di lavoro”, per il suo sguardo provocante
e per la mano sul pube che avrebbe offeso le virtù tradizionali femminili mentre i critici dichiararono errate le scelte dei colori.
ANALISI DELLO STILE
Fin dalle sue prime opere appare evidente l’innovazione del suo linguaggio pittorico rispetto al classicismo e dopo un certo tempo in cui restò nell’ambito della pittura d’atelier passò a quella che si definisce “en plein air“.
Manet abbandona infatti le classiche modalità del chiaroscuro e della prospettiva per creare dipinti con macchie di colore stese in modo uniforme.
Autoritratto con tavolozza
Manet è quello che ha operato il taglio più incisivo rispetto al precedente modo di dipingere.
Suol dirsi che dopo di lui la pittura non è stata più la stessa.
Per gli storici dell’arte questo suo contributo alla modernità vale perfino più del suo pur grande contributo allanascita dell’impressionismo.
La sofferenza… il silenzio… il pensiero della morte
e la lotta agli assurdi formalismi della società umana
sono stati i cardini della sua visione artistica
in totale controtendenza
rispetto alle principali correnti del suo tempo.
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Nel giardino – 1902
BREVISSIMA BIOGRAFIA
Nato in Norvegia che ovviamente è lontanissima da Parigi,
capitale mondiale dell’arte nel secondo 800 e nel primo 900,
Edvard Munch tuttavia ha poi ricoperto un ruolo importante
nella storia dell’arte con i suoi temi esistenziali
che hanno prima anticipato e poi affiancato l’espressionismo.
Løten 12.12.1863 – Oslo 23.1.1944
Fin da ragazzo visse tristi esperienze familiari
che si susseguiranno durante tutta la sua vita
unite a persistenti problemi di salute.
A 17 annni iniziò a studiare pittura.
(Per approfondire la storia e l’analisi di questo dipinto)
La fanciulla malata
Nel 1885 fu a Parigi per un breve periodo
e negli anni successivi girò per vari paesi europei
compresa l’Italia conoscendo così
le opere dei grandi artisti del passato
e frequentando gli artisti dell’epoca.
Notte d’estate. Inger davanti al mare – 1889
Le sue opere iniziarono ad essere apprezzate
prima dalle avanguardie e poi ben presto da molti.
Donne sul ponte – 1902
Il luogo da lui preferito per dipingere
era Asgårdstrand, sul fiordo di Oslo,
i cui paesaggi egli spesso riporta sulle tele.
Casa vicina al fiordo – 1902
Dopo un ricovero per una malattia nervosa
negli anni 1908/1909 da cui guarì del tutto
si trasferì a Kragero dove ebbe notevoli commesse
da parte di enti pubblici.
Autoritratto con bottiglia di vino 1906
Nel 1920 si trasferì a Ekely dove però
si isolò quasi del tutto fino alla sua morte.
Fertilità – 1899/1900
ANALISI DELLA SUA OPERA
Ai silenzi ed alle malinconie connaturati nei popoli scandinavi Munch aggiunge
un forte senso di dolore… una costante presenza del pensiero della morte…
insieme ad una insofferenza per i valori formali della società.
La danza della vita
In lui si riconoscono pertanto tutti i temi della cultura nordica
ai quali aggiunge la sua visione angosciosa e disperata.
Il bacio
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Il grande pittore norvegese infonde nei dipinti
il suo modo di essere e di sentire
attraverso l’uso di colori vivaci
associati a notevoli distorsioni lineari.
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Bohemians – 1925 26
I suoi tormenti egli li riporta intatti e con forza sulle sue tele
ma a differenza di quelli di altri grandi artisti
essi sono i tormenti di una persona comune,
e cioè di chi si sente tale e quale
a ciascun altro uomo di questo mondo…
Scena di un bordello, 1897-99
Le sue opere considerate per questo “degenerate” dal nazismo
furono vendute dai musei tedeschi a quelli di altre nazioni.
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Sera sulla via Karl Joan
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LA SUA OPERA PIU’ FAMOSA – L’URLO
Questo video ci consente un’approfondita “lettura”
è stato un punto di riferimento per l’arte fotografica,
sia negli Stati Uniti che nel mondo.
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WALTER ROSENBLUM
ARTE FOTOGRAFICA… E TESTIMONIANZA SOCIALE
Walter Rosenblum (New York, 1 ottobre 1919 – 23 gennaio 2006)
DIAMO PRIMA UN’OCCHIATA AD ALCUNE TRA LE SUE FOTO PIU’ FAMOSE
BREVE BIOGRAFIA
Walter Rosenblum fu testimone attivo di alcuni dei più significativi eventi dell’età moderna e sperimentò personalmente, durante gli anni giovanili, le condizioni degli immigrati in America; visse la grande Depressione, la seconda Guerra Mondiale e la repressione del maccartismo.
In tempi più recenti poté osservare il mutarsi delle condizioni di vita delle minoranze di New York e la crescita di una consapevolezza politica ed estetica nel Terzo Mondo. Rosenblum usò occhi e apparecchio fotografico per cercare di capire il corso delle vicende umane e celebrare i sentimenti egli uomini.
All’età di diciassette anni entrò a far parte della Photo League di New York dove incontrò Lewis Hine e studiò con Paul Strand, che contribuirono in modo fondamentale alla formazione della sua visione sull’arte e sulla vita.
In particolare egli condivise con Hine la convinzione che con la fotografia fosse possibile dimostrare che la dignità è un sentimento universale, che non si possono fare differenze fra gli uomini in base alla razza, alle religioni, alla nazionalità o alle condizioni economiche.
Fotografo dell’esercito nel corso della seconda guerra mondiale, sbarcò il D Day in Normandia, dove, per la morte di un cineoperatore nel corso dello sbarco, ne dovette prendere il posto per tutto il conflitto attraversando così la Francia, la Germania,l’Austria e realizzando il primo film sul campo di concentramento di Dachau appena liberato.
Per le coraggiose azioni svolte durante il combattimento fu anche insignito della “Silver Star”, della “Bronze Star”, del “Purple Heart” e la Unit Citation presidenziale, divenendo uno dei fotografi più decorati della Seconda Guerra Mondiale.
Sbarco in Normandia
Prigionieri tedeschi
Ma Rosenblum nel suo percorso professionale non mancò di fotografare i quartieri dove vivevano gli immigrati di New York e del South Bronx con gli insediamenti della nuova immigrazione, e in seguito spingendosi anche ad Haiti, Francia, Italia, Cuba, Cina, nell’ Unione Sovietica e in Brasile.
Da quest’immensa ricchezza di esperienze e dal prolungato rapporto con le diverse culture la visione fotografica di Rosenblum divenne testimone della condizione umana come di una comunità globale in cui i bisogni fondamentali, i valori e le aspirazioni esistenziali sono universalmente condivisi.
Rosenblum cercò così di sottolineare la dignità dell’essere umano, con i suoi soggetti mai semplici vittime, ma persone integre e complesse, la cui umanità sopravvive intatta malgrado le circostanze avverse.
La sua macchina fotografica fu strumento affinché gli uomini si potessero riconoscere nelle loro azioni e comportamenti, nella speranza che la comprensione delle dinamiche interpersonali, potesse estinguere ignoranza e paura e le principali cause di tante ingiustizie sociali.
Le opere di Walter Rosenblum sono conservate in prestigiose collezioni, quali il J.Paul Getty Museum di Malibù, alla Library of Congress di Washington, al MoMA, al Metropolitan Museum of Art e all’ICP di New York, alla Bibliotheque Nazionale de France di Parigi ed altri ancora.
grande scrittore francese del 1800 innamorato dell’Italia,
attraverso un accenno alle sue opere letterarie
e poi con la storia del suo sfortunato amore milanese
indice comunque del suo grande impeto romantico.
BREVE RICORDO DELLO SCRITTORE
Amante dell’arte e appassionato dell’Italia, dove visse a lungo,
esordì in letteratura nel 1815 con le biografie su Haydn, Mozart e Metastasio,
seguite nel 1817 da una Storia della pittura in Italia
e dal libro di ricordi e d’impressioni su Roma, Napoli e Firenze.
Quest’ultimo fu firmato per la prima volta con lo pseudonimo di Stendhal,
nome forse ispirato alla città tedesca di Stendhal,
dove nacque l’ammirato storico e critico d’arte Johann Joachim Winckelmann.
I suoi romanzi, caratterizzati dalla ricerca della verità psicologica
dei personaggi, fanno di Stendhal uno dei maggiori rappresentanti
del romanzo francese del XIX secolo.
I protagonisti dei suoi romanzi
“Il rosso e il nero”, “La Certosa di Parma e l’incompiuto “Lucien Leuwen”,
sono giovani romantici che aspirano alla realizzazione di sé
attraverso il desiderio della gloria e l’affermazione di sentimenti appassionati.
(da Wikipedia con modifiche)
Grenoble 23.1.1783 – Parigi 23.3.1842
IL GRANDE AMORE DI STENDHAL.. IL MILANESE
Tony Kospan
Perché possiamo chiamare “milanese“ Stendhal pseudonimo dello scrittore franceseHenri Beyle uno dei più grandi romanzieri dell’800?
Semplice… perché amava Milano (e l’Italia) al punto che sulla sua tomba volle che fosse scritto “Arrigo Beyle – Milanese – Scrisse – Amò – Visse“
Iniziò a frequentare Milano nel 1800 e dopo un po’ vi si stabilì vivendo alla grande la fervente vita milanese d’allora che oggi chiameremmo movida, fatta però di incontri artistici, letterari, musicali e non ultimi, anzi, amorosi.
Stendhal giovane
Ma in verità amava tutta l’Italia che girò in lungo ed in largo per ammirarne le bellezze paesaggistiche storiche ed artistiche.
Dicevamo che la sua passione però era Milano che elesse a città della sua felicità, ma qui ebbe però anche forse la più grande delusione d’amore della sua vita, quella per Metilde.
Ma andiamo con ordine. Chi era Metilde?
Métilde Viscontini Dembowski è stata una notevole figura del Risorgimento italiano amica di Foscolo, Pellico, Confalonieri etc.
incerto ritratto di Metilde
Fu anche arrestata dagli Austriaci ma non rivelò mai i nomi degli altri patrioti.
Di ottima famiglia milanese Metilde ha 28 anni quando Stendhal, che ne ha 35, il 4.3.1818 la vede per la prima volta.
Madre di 2 figli è la moglie separata di un Ufficiale Napoleonico della Legione polacca ma di lei si hanno pochissime ed incerte immagini.
E’, per Stendhal, un vero e proprio colpo di fulmine per una donna davvero bella e cortese.
Ma non è affatto un colpo di fulmine per lei che subito si mostra fredda.
Stendhal non capisce più niente cerca in ogni modo di incontrarla di approcciarla arrivando a fermarla per strada ma sempre senza esito.
Una volta lei, dopo aver ascoltato le sue parole d’amore, gli consigliò d’andar a veder il Duomo.
Sempre in preda alla passione allora le scrisse una lettera disperata in cui chiedeva almeno di poterla incontrare, anche solo da amico, una volta al giorno.
Lei gli concesse solo 2 incontri al mese ma nei salotti e tra altre persone.
Stendhal era convinto che la sua resistenza fosse dovuta al fatto che una sua cugina aveva parlato male di lui.
Ad un certo punto però le cose peggiorarono addirittura.
Egli venne a sapere che lei si sarebbe recata a Volterra per incontrare i figli che erano in collegio e lui la raggiunse lì nascosto da occhiali verdi.
Lei lo riconobbe subito e lo cacciò in malo modo e per sempre.
In preda al suo immenso dolore scrisse allora di getto il breve romanzo “Roman“ in cui lo stesso Stendhal ci racconta tutto il suo amore e tutto il suo dolore.
Ma lei non lo lesse mai.
Metilde morì giovanissima a 35 anni.
Lui non la dimenticherà mai e ne parlerà ogni tanto nei suoi romanzi.