Archivio per 29 dicembre 2022
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Il pensiero è ribelle:
impossibile impedirgli di correr dove vuole.
– François Mauriac –


Tamara de Lempicka – Ragazza che dorme – 1935
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SE AVESSI IL DRAPPO
William Butler Yeats
Se avessi il drappo ricamato del cielo,
intessuto dell’oro, dell’argento e della luce,
i drappi dai colori chiari e scuri del giorno e della notte
dai mezzi colori dell’alba e del tramonto,
stenderei quei drappi sotto i tuoi piedi:
invece, essendo povero, ho soltanto i sogni;
e i miei sogni ho steso sotto i tuoi piedi;
cammina leggera, perché cammini sui miei sogni.
Tamara de Lempicka
Guarda che luna – Buscaglione (live)
da Orso Tony
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Rainer Maria Rilke scrittore, poeta e drammaturgo austriaco di origine boema,
è considerato uno dei più importanti poeti di lingua tedesca del XX secolo
Praga 4.12.1875 – Montreux 29.12.1926
Nato a Praga nel 1875 in una modesta famiglia
divenuto giovanetto fuggì dalla carriera militare
alla quale era stato destinato esi dedicò agli studi incoraggiato dalla madre
prima all’Universitè di Praga e poi a Linz, a Monaco ed a Berlino.
Già a 21 anni già dal 1896 collabora con riviste bavaresi
pubblicando racconti, saggi, ballate e drammi.
Al completamento della sua formazione contribuì la stretta relazione
con Lou Andreas-Salomé.. amica e frequentatrice di Nietzsche e di Freud.
Viaggiò in tutta Europa… In Russia conobbe Lev Tolstoi
ed in Francia collaborò (come segretario) col grande scultore Auguste Rodin.
Ben presto le sue pubblicazioni ottennero un gran successo
e già nel 1910 era considerato uno dei più noti autori di lingua tedesca.
Un matrimonio fallito e diversi fallimenti amorosi gli crearono
non pochi problemi psicologici.
Notevole appare in tutta la sua produzione la vicinanza agli aspetti
della Natura che decanta con grande e quasi religiosa sensibilità.
Rilke per questo è definito “il poeta delle rose”
ed infatti ecco cosa volle fosse scritto sulla sua tomba…
“Rosa, oh, contraddizione pura!
Delizia d’essere il sonno di nessuno sotto tante palpebre”
Come sempre il modo migliore per conoscere un poeta ed uno scrittore
(anche se in breve) è però quello di leggere alcune sue opere
e per questo ho selezionato alcune sue poesie.
INTERIORITÁ DI ROSE
Ove è di questo interno
l’esterno? Simile bisso
è fascia a quale infermo?
A qual cielo è specchio lo schermo,
lacustre abisso,
di queste aperte rose,
non pensierose; oh arcano!
ariose fra altre ariose
cose, quasi che mano
tremula dissiparle non possa.
Non sanno, no, temperanza:
a sazietà inclini,
spazio par tracimi
dai grembi, in esuberanza,
per saturarne i giorni
vieppiù ad ogni vespro opimi
finché tutta l’estate formi
una stanza, in sogno, una stanza.
A LOU
Non posso ricordare. Ma quei momenti
puri dureranno in me come
in fondo a un vaso troppo pieno.
Non penso a te, ma esisto per amor tuo
e questo mi dà forza.
Non ti invento nei luoghi
che adesso senza te non hanno senso.
Il tuo non esserci
è già caldo di te, ed è più vero,
più del tuo mancarmi. La nostalgia
spesso non distingue. Perché
cercare allora se il tuo influsso
già sento su di me lieve
come un raggio di luna alla finestra.
SOGNO
O penso: e vedo (o sogno?)
un piccolo villaggio, una gran pace: dentro, un cantar di galli.
E il piccolo villaggio si smarrisce in un fioccar di neve.
Entro il villaggio, in abiti da festa, una casetta bianca.
Furtiva accenna una testina bionda tra le cortine mosse.
Schiudo la porta: e i cardini, stridendo, chiedono fiochi aiuto.
Poi, nella stanza, un timido e sommesso profumo di lavanda.
AI SOSPIRI DELL’AMATA
Ai sospiri dell’amata
la notte intera s’innalza;
una carezza leggera
percorre il cielo stupito.
E allora è come se nell’universo
una forza elementare
ridiventasse la madre
di tutto l’amore smarrito.
SERA D’ESTATE
S’è sciolto in spruzzaglia il gran sole.
La sera d’estate, divampa;
riarde di febbre nel volto.
Sospira di schianto: « Vorrei…. »;
ma quindi ripete – « Son stanca… »
Sussurran preghiere i cespugli.
Nel folto, una lucciola splende
(eterna fiammella) a mezz’aria.
Recinge ogni candida rosa,
vermiglia raggiera – il tramonto.
CONVEGNO
M’è dolce indugiarti d’accanto
in questo raccolto tepore.
Rintoccano trepide l’ore
siccome un lontano
rimpianto
Ripeti parole d’amore;
ma piano… ma piano…
che duri l’incanto.
Non so dove sbocchi (che importa?),
ma certo in effluvii di fiori
(non senti?) la porta.
sui vetri protesa, vermiglia,
origlia
la tacita Sera. Siam qui.
Restiamo in silenzio. Là fuori,
nessuno ci pensa così.
VEGLIA
Già dormono i prati. Non veglia
se non il mio cuore. Null’altro.
La sera ammaìna nel porto
le rosse sue vele di già.
0 veglia sognante, beata!
Incede la Notte su l’erba.
Fiorisce – sbocciandole in mano –
un pallido giglio: la luna.
Infine in questo video la sua nota poesia
CANTO D’AMORE
LA TUA PAGINA DELLA CULTURA CON LEGGEREZZA
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SIAMO TUTTI CASE VUOTE
Kim Ki-duk
Siamo tutti case vuote
e aspettiamo qualcuno
che apra la porta e ci renda liberi.
Un giorno il mio desiderio si avvera.
Un uomo arriva come un fantasma
e mi libera dalla mia prigionia.
E io lo seguo, senza dubbi, senza riserve.
Finché incontro il mio nuovo destino
FERRO TRE – LA CASA VUOTA
CINEMA E… POESIA
By Tony Kospan
I versi iniziali sono di un regista, Kim Ki-duk, un regista capace di donare tali e tante emozioni disarmanti che lasciano lo spettatore sbalordito (nel bene o nel male) insieme ai paesaggi, le musiche, le parole al contagocce, il ritmo mai frenetico dei gesti, le inquadrature degli sguardi dei protagonisti, gli spaccati di vita.
Anche il suo film è un’opera che, con la sua poeticità, tocca il cuore… ed è stato definito un’opera straordinaria che…
insegna ad amare…
ed a farci conoscere e vivere l’amore
ma non un amore qualunque bensì un amore che è un vortice di sensazioni ed è impossibile da rendere con le parole.
Forse l’estrema e migliore sintesi del film può essere proprio quella che ci narra il regista stesso… con la poesia che su apre il post.
Il film è del 2004 e viene considerato un po’ difficile per la sua atmosfera rarefatta, ma se si riesce ad entrare nel clima del film le emozioni vere e profonde si presentano a bizzeffe.
Fu presentato al Festival di Venezia dove ebbe un grande successo di critica… che lo definì appunto un grande film… ma non per tutti.
Segue ora una trama-recensione ed un’altra recensione che a mio parere ben descrivono la profondità e forse la difficoltà del film.
Veniamo ora alla trama descrittaci da “Invisibile“.
Il “Ferro 3” del titolo è la mazza da golf meno utilizzata dal giocatore, che impolverata nell’apposito contenitore testimonia la lontananza da casa; ma è anche il simbolo di un primo incontro teneramente folle, trasformato in ripetizione ossessiva come strana dichiarazione d’amore. Un miracolo di spazi e di sguardi, che cala l’asso nella potenza dell’antitesi: il luogo fisico della Casa, fulcro esistenziale di una borghesia panciuta e violenta, è finalmente dominato dall’uomo che al turbine delle vacue parole prodotte da una crisi di coppia oppone il rumore del silenzio, semplicemente. La comprensione tra amanti viene affidata ad un rapporto di complicità restituito attraverso particolari e docili minuzie, in un crescendo filmico presto emozionante; il timido sfiorarsi dei piedi è il simbolo di una cinepresa ostinatamente platonica, l’accoppiamento fisico è regalato all’intuizione (niente sesso, soltanto un briciolo di onanismo) come se fosse anch’esso invisibile. In questo conatus verso il sentimento, da parte di uno spettro forse sfinito dalla solitudine, il regista solo apparentemente rinuncia alle suggestioni predilette; la sua cosmologia della violenza è sotterranea ma egualmente presente, rarefatta ma chiaramente ineludibile. Esplode un cinema tremendo, che esaltando appieno la scelta silenziosa del protagonista ammazza ogni possibile commento: la pallina da golf sulla testa della donna per scalfire la materia cerebrale, il teorema di violenza domestica suggerito e quindi doppiamente doloroso. Di progressiva perfezione l’evoluzione del protagonista: egli, spezzando l’idillio con la Casa nel delinearsi di quello con la Donna, non ha più ragione di proseguire nelle sue occupazioni e si abbandona all’arresto. Sarà la fine del viaggio verso l’invisibilità, il suo pieno compiersi tra le pareti di una cella carceraria; si dissolve il sogno di comporre la violenza (la sepoltura del cadavere) mentre subirla non fa più male (il prigioniero malmenato), l’uomo invisibile è ormai totalmente estraniato mentre lo spettatore non è mai stato così in empatia. Ciò che non si vede (l’occhio…) è più che mai presente: con dolce ironia ed impeccabile eleganza la pellicola approda all’ultima sequenza, un ritorno alla Casa primaria che tradisce netta circolarità. Kim Ki-duk sotto l’ombrello del film minore firma ad oggi il suo capolavoro: infine appoggia delicatamente sul piatto la contrapposizione ultima e devastante. Il pugno e la carezza, come sempre, in profonda antitesi: Lui non è più neanche un personaggio ma pura pantomima, silenzio ma dialogo dei sensi, un bacio fantasma che appiana i lividi del vivere.
Non è dato sapere se il mondo in cui viviamo
è sogno o realtà.

Questo il parere – recensione di “Silence on tourne“
Il film regala una luminosa certezza, quella del talento vivace e rigoroso di un regista che riesce a innestare senza tentennamenti l’ironia terribile e i sussulti horror dei primi film nel corpo di opere d’inappuntabile equilibrio e inesausta invenzione (il gioco delle cornici e delle superfici trasparenti, gli imprevisti e depistanti movimenti di macchina), lontanissime da ogni bamboleggiante poeticismo e proprio per questo realmente poetiche, di una poesia fatta di carne e di lacrime quanto di soffio etereo, capace di stregare in eguale misura il cuore e il cervello (per tacere dello stomaco).
Ma ora cerchiamo d’aver un’idea del film
guardando questo breve video.
Ciao da Tony Kospan
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Una canzone simpatica ed allegra
con alcuni doppi sensi e dal ritmo incalzante.
Una canzone dal sapore vivace e forte
come un buon caffè
e che, pur avendo oltre cento anni,
appare ancora moderna ed attuale.
Conosciamone la storia,
l’atmosfera, il significato
e poi soprattutto ascoltiamola!
A’ TAZZA E’ CAFE’
ATMOSFERE E NOTE… D’UN TEMPO…
a cura di Tony Kospan
Siamo nel 1918 la tremenda “grande” guerra
è finalmente agli sgoccioli, l’Italia non ne può più,
ma la vita nelle città ferve comunque.
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E’ in quest’anno che nasce questa canzone
che, pur nella sua allegra leggerezza,
fa parte del grande repertorio
della canzone classica napoletana.
STORIA DELLA CANZONE
(L’autore e… Brigida)
L’autore è Giuseppe Capaldo
cameriere del Caffè Portoricco di Napoli.
La cassiera di questo locale,
una certa Brigida,
era un po’ scontrosa
ma donna molto affascinante.
Tra i suoi tanti ammiratori
c’era anche il giovane Giuseppe.

LA MUSICA
La musica è invece del Cav. Vittorio Fassone
che aveva l’hobby di comporre musiche,
soprattutto per la gran passione per le canzoni napoletane.

IL SIGNIFICATO
La canzone (un po’ ottimistica)
ci vuol dire che una corte fatta bene e con costanza
prima o poi farà crollare le resistenze dell’amata
per quanto scontrosa e scostante possa essere.
Ed allora… dolcezze infinite saranno certo… garantite.

Dunque paragona la donna al caffè ancora amaro,
ma con lo zucchero depositato nel fondo.
Caffè che però, girando il cucchiaino nella tazzina,
dolce diverrà e tanto piacere donerà
alle labbra e non solo.
La canzone è quindi intrisa di sensuali doppi sensi
e proprio il suo successo mondiale
ha contribuito a dare ai napoletani
la fama di massimi esperti ed estimatori
della nera bevanda.
Ma ora ascoltiamola cantata,
anzi “cesellata”, da Roberto Murolo.
LA CANZONE
CIAO DA ORSO TONY
COPYRIGHT TONY KOSPAN
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LA BELLA PRINCIPESSA (BIANCA SFORZA) DI LEONARDO ED IL… FRENELLO
Mentre gli enigmi e le sorprese relative alla Gioconda sembrano non finire mai, ora parleremo di un altro dipinto “La bella principessa“, recentemente attribuito al multiforme genio di Leonardo.
La giovanetta del dipinto affascina per la dolcezza ed il colore dell’incarnato oltre che per l’eleganza dell’acconciatura e dei nastri.
L’opera appare un capolavoro luminoso… delicato ed intimo.
Analizzeremo prima le motivazioni dell’attribuzione, poi parleremo della donna raffigurata, Bianca Sforza, ed infine del “frenello” che cinge la sua fronte.
LA BELLA PRINCIPESSA – LE PROVE
La prima prova è la mano mancina dell’autore;
la seconda è l’impronta palmare identica a quella della “Dama dell’Ermellino” (Leonardo usava passare il palmo della mano sui suoi dipinti per sfumare e fissare i colori) ed inoltre anche il frenello* è simile nei 2 dipinti;
la terza è la notoria e attivissima presenza di Leonardo alla corte milanese del Moro;
la prova definitiva è stata però la presenza di tre fori presenti sul margine sinistro del disegno (era la pagina, poi staccata, di un incunabolo) identici a quelli presenti nell’incunabolo “La Sforziade” stampato a Milano presso Antonio Zarotto nel 1490 “Commentarii rerum gestarum Francisci Sfortiae” e conservato a Varsavia presso la Biblioteca Nazionale.
Si hanno anche prove documentali (nel Ligny Memorandum” di Jean Perréal) del fatto che Leonardo chiese a Jean, artista di corte che visitò Milano nel 1494, ragguagli sull’uso della pergamena.
Dunque il dipinto, pensato inizialmente come illustrazione di un codice miniato (forse con poesie) in onore della famiglia Sforza, come si usava all’epoca, venne poi asportato dal volume ed utilizzato come opera a sé stante dopo averlo applicato su una base lignea.
BIANCA SFORZA
Ma chi era la donna dipinta?
La bella giovanetta dipinta di profilo è stata quasi unanimemente riconosciuta come Bianca Sforza, figlia inizialmente illegittima ma poi legittimata del Duca di Milano e di Bernadina de Corradis, donna di umili origini.
Bianca andò in sposa giovanissima (cosa normale all’epoca) a Galeazzo di Sanseverino, amico del Moro, e dopo poco, nel 1496, morì per cause ignote.
Aveva appena 14 anni essendo nata nel 1482.
La sua morte, insieme a quella di Beatrice d’Este, moglie di Ludovico il Moro avvenuta poco dopo, ebbe un ruolo non secondario nel declino della dinastia degli Sforza.
IL FRENELLO*… COSA ERA?
A stento lo troverete in qualche vocabolario e se lo trovate leggerete di un termine marinaro ma in realtà è oggi un termine scomparso in quanto relativo alle acconciature femminili del Rinascimento.
Era infatti un ornamento caratteristico delle capigliature femminili ed era nato, come dice il nome, per frenare o tenere fermi i capelli ma poi col tempo il significato si ampliò.
Era costituito da una fascetta, cordicella o collana che cingeva la fronte o si intrecciava con i capelli delle donne di un certo rango.
A sua volta poteva essere arricchito da gioielli come possiamo vedere anche nella “Dama con l’ermellino“.
Ne parla anche il Boccaccio “chiedi pur tu: o vuogli un paio di scarpette o vuogli un frenello“.
F I N E
Tony Kospan per il Mondo di Orsosognante.
Fonti: numerosi siti web
Copyright Tony Kospan (vietata la copia integrale senza indicare autore e blog)
IL TUO GRUPPO D’ARTE
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Rainer Maria Rilke scrittore, poeta e drammaturgo austriaco di origine boema,
è considerato uno dei più importanti poeti di lingua tedesca del XX secolo
Praga 4.12.1875 – Montreux 29.12.1926
Nato a Praga nel 1875 in una modesta famiglia
divenuto giovanetto fuggì dalla carriera militare
alla quale era stato destinato esi dedicò agli studi incoraggiato dalla madre
prima all’Universitè di Praga e poi a Linz, a Monaco ed a Berlino.
Già a 21 anni già dal 1896 collabora con riviste bavaresi
pubblicando racconti, saggi, ballate e drammi.
Al completamento della sua formazione contribuì la stretta relazione
con Lou Andreas-Salomé.. amica e frequentatrice di Nietzsche e di Freud.
Viaggiò in tutta Europa… In Russia conobbe Lev Tolstoi
ed in Francia collaborò (come segretario) col grande scultore Auguste Rodin.
Ben presto le sue pubblicazioni ottennero un gran successo
e già nel 1910 era considerato uno dei più noti autori di lingua tedesca.
Un matrimonio fallito e diversi fallimenti amorosi gli crearono
non pochi problemi psicologici.
Notevole appare in tutta la sua produzione la vicinanza agli aspetti
della Natura che decanta con grande e quasi religiosa sensibilità.
Rilke per questo è definito “il poeta delle rose”
ed infatti ecco cosa volle fosse scritto sulla sua tomba…
“Rosa, oh, contraddizione pura!
Delizia d’essere il sonno di nessuno sotto tante palpebre”
Come sempre il modo migliore per conoscere un poeta ed uno scrittore
(anche se in breve) è però quello di leggere alcune sue opere
e per questo ho selezionato alcune sue poesie.
INTERIORITÁ DI ROSE
Ove è di questo interno
l’esterno? Simile bisso
è fascia a quale infermo?
A qual cielo è specchio lo schermo,
lacustre abisso,
di queste aperte rose,
non pensierose; oh arcano!
ariose fra altre ariose
cose, quasi che mano
tremula dissiparle non possa.
Non sanno, no, temperanza:
a sazietà inclini,
spazio par tracimi
dai grembi, in esuberanza,
per saturarne i giorni
vieppiù ad ogni vespro opimi
finché tutta l’estate formi
una stanza, in sogno, una stanza.
A LOU
Non posso ricordare. Ma quei momenti
puri dureranno in me come
in fondo a un vaso troppo pieno.
Non penso a te, ma esisto per amor tuo
e questo mi dà forza.
Non ti invento nei luoghi
che adesso senza te non hanno senso.
Il tuo non esserci
è già caldo di te, ed è più vero,
più del tuo mancarmi. La nostalgia
spesso non distingue. Perché
cercare allora se il tuo influsso
già sento su di me lieve
come un raggio di luna alla finestra.
SOGNO
O penso: e vedo (o sogno?)
un piccolo villaggio, una gran pace: dentro, un cantar di galli.
E il piccolo villaggio si smarrisce in un fioccar di neve.
Entro il villaggio, in abiti da festa, una casetta bianca.
Furtiva accenna una testina bionda tra le cortine mosse.
Schiudo la porta: e i cardini, stridendo, chiedono fiochi aiuto.
Poi, nella stanza, un timido e sommesso profumo di lavanda.
AI SOSPIRI DELL’AMATA
Ai sospiri dell’amata
la notte intera s’innalza;
una carezza leggera
percorre il cielo stupito.
E allora è come se nell’universo
una forza elementare
ridiventasse la madre
di tutto l’amore smarrito.
SERA D’ESTATE
S’è sciolto in spruzzaglia il gran sole.
La sera d’estate, divampa;
riarde di febbre nel volto.
Sospira di schianto: « Vorrei…. »;
ma quindi ripete – « Son stanca… »
Sussurran preghiere i cespugli.
Nel folto, una lucciola splende
(eterna fiammella) a mezz’aria.
Recinge ogni candida rosa,
vermiglia raggiera – il tramonto.
CONVEGNO
M’è dolce indugiarti d’accanto
in questo raccolto tepore.
Rintoccano trepide l’ore
siccome un lontano
rimpianto
Ripeti parole d’amore;
ma piano… ma piano…
che duri l’incanto.
Non so dove sbocchi (che importa?),
ma certo in effluvii di fiori
(non senti?) la porta.
sui vetri protesa, vermiglia,
origlia
la tacita Sera. Siam qui.
Restiamo in silenzio. Là fuori,
nessuno ci pensa così.
VEGLIA
Già dormono i prati. Non veglia
se non il mio cuore. Null’altro.
La sera ammaìna nel porto
le rosse sue vele di già.
0 veglia sognante, beata!
Incede la Notte su l’erba.
Fiorisce – sbocciandole in mano –
un pallido giglio: la luna.
Infine in questo video la sua nota poesia
CANTO D’AMORE
LA TUA PAGINA DELLA CULTURA CON LEGGEREZZA
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