Archivio per 6 dicembre 2022
.
.
.
.
Élisabeth Vigée Le Brun
Tutti i giorni son notti per me,
finché io non ti vedo,
e giorni luminosi son le notti
quando mi appari in sogno.
– William Shakespeare –
Élisabeth Vigée Le Brun
DAMMI LA MANO E DANZEREMO
– Gabriela Mistral –
Dammi la mano e mi amerai
come un solo fior saremo
come un solo fiore e niente più.
Lo stesso verso canteremo
allo stesso passo danzerai
Come una spiga onduleremo
come una spiga e niente più.
Tu chiami rosa e io speranza
ma il tuo nome dimenticherai
perché saremo una danza
sulla collina e niente più.
Élisabeth Vigée Le Brun
LA TUA PAGINA DI… SOGNO?
Élisabeth Vigée Le Brun
Mi piace:
Mi piace Caricamento...
Siamo tutti consapevoli (o dovremmo esserlo)
dell’importanza di saper ascoltare
ma nel contempo però, ahimè,
sempre meno concediamo la nostra attenzione a chi parla.
Ecco allora 3 brevi ma bei racconti che parlano
della necessità d’ascoltare e di essere ascoltati.
In questo campo infatti noi tutti possiamo esser
di volta in volta vittime o colpevoli

L’IMPORTANZA DELL’ASCOLTO
3 MINI STORIE PER RIFLETTERE
.
I

Camille Pissarro – Due contadine
Molti anni fa, in Cina, vivevano due amici.
Uno era molto bravo a suonare l’arpa.
L’altro era dotatissimo nella rara arte di saper ascoltare.
Quando il primo suonava o cantava di una montagna, il secondo diceva:
“Vedo la montagna come se l’avessimo davanti”.
Quando il primo suonava a proposito di un ruscello, colui che ascoltava prorompeva:
“Sento scorrere l’acqua fra le pietre”.
Ma un brutto giorno, quello che ascoltava si ammalò e morì.
Il primo amico tagliò le corde della sua arpa e non suonò mai più.
Esistiamo veramente se qualcuno ci ascolta.
Il dono più grande che possiamo fare ad una persona é di ascoltarla “veramente”.
II

Una ragazza molto sensibile parlò con un insegnante di un suo problema molto sentito.
L’insegnante le suggerì di parlarne con i genitori.
La ragazza ci provò, ma, anche di fronte alla sua angoscia e confusione, i suoi avevano minimizzato e avevano cambiato discorso, assicurandole che “stava esagerando”, che “avrebbe superato il problema”, ecc.
Rifiutarono la discussione come se, ignorandolo, il problema potesse risolversi da sé.
Quando la ragazza tentò il suicidio i genitori reagirono:
“Perché non ci hai detto che avevi dei problemi?” le chiesero.
“E voi, perché non avete ascoltato quando ve lo dicevo?”.

III

.
.
Una bambina ha scritto:
“Alla sera, quando sono a letto, mi volto verso il muro e mi parlo,
perché io… mi ascolto“…
Cosa ne pensate?
Ciao da Tony Kospan
UN MODO DIVERSO DI VIVER LA POESIA E LA CULTURA
Mi piace:
Mi piace Caricamento...
IL FARO
NASCITA STORIA ED EVOLUZIONE
L’ORIGINE DEI FARI
Un tempo le coste di notte erano oscure e raramente si poteva scorgere qualche flebile lumicino su di esse, indicazione di presenza umana a terra.
Era facile allora segnalare ai naviganti la presenza di pericoli o la strada da seguire per arrivare in porto semplicemente accendendo un bel falò in una posizione conosciuta.
La cosa si prestava comunque anche alla pirateria, dal momento che bastava falsare la posizione dell’indicazione per far andare in secca i vascelli da depredare, come accadde spesso lungo le coste del Mare del Nord nei secoli passati.
Niente di più logico quindi che si pensasse a un opportuno e sicuro segnalamento marittimo per dirigere i naviganti in sicurezza.
Nell’antichità i fari erano collocati all’entrata di porti importanti per agevolare l’approdo di notte.
Erano funzionanti saltuariamente e solo quando era necessario, data la difficoltà di alimentare le fiamme con legna e pece.
Il Faro di Alessandria
IL FARO NELL’ANTICHITA’
Di essi si ricordano quello famoso di Alessandria d’Egitto (si ritiene che la prima vera e propria torre-faro, quella che ha dato a tutte le altre il nome e il modello, sia stata proprio questa).
Venne costruita nel III secolo a.C. un’alta torre sulla quale un enorme braciere veniva acceso risultando visibile da molto lontano.
La torre si ergeva con i suoi 120 metri proprio all’ingresso del porto su un’isoletta, il cui nome era (ed è tuttora) Pharos (da cui il nome Faro).
Architetto ne fu Sostrato di Cnido, figlio di Dexifane, il quale lavorò sotto i primi due Tolomei.
La costruzione del Faro iniziò probabilmente nel 297 a.C., sebbene in epoca più tarda il cronista Eusebio, vescovo di Cesarea, che era stato prigioniero in Egitto, citi nella sua Cronaca la costruzione del faro nell’anno 283 o 282 a.C.
L’inaugurazione ebbe luogo sotto il secondo Tolomeo, Filadelfo, tra il 280 e il 279 a.C.
Il Faro era stato consacrato a favore dei navigatori agli dei salvatori, come diceva l’epigrafe dedicatoria, che poteva facilmente essere scorta da chiunque entrasse o uscisse dal porto.
La fiamma del Faro, vista isolata e alta sull’orizzonte, come una stella, sembrava ad essi l’apparizione della divinità protettrice.
Assai presto si diffuse nel mondo antico la fama della torre luminosa sorta sulla spiaggia dell’Egitto, torre che in verità era annoverata tra le più colossali costruzioni dei re greci.
La torre di Alessandria non fu la sola nell’antichità a rappresentare il primo sistema nautico inventato dall’uomo per la sicurezza sul mare.
Altra analoga realizzazione fu per esempio il cosiddetto “Colosso di Rodi”, enorme costruzione di forma umana all’ingresso del porto dell’ “isola delle rose”, annoverata fra le sette meraviglie dell’antichità.

Il colosso di Rodi
Particolare curioso del faro originale antico era la capacità del sistema di emettere anche suoni, quasi fosse un antenato dei moderni “fog horn” (corni da nebbia).
Infatti un ingegnoso sistema di contenitore con acqua, riscaldata dal braciere, consentiva la fuoriuscita di getti vapore che funzionavano né più né meno come le attuali sirene delle navi.
Un altro faro di grandi dimensioni, di cui ancor a metà del ’700 esistevano imponenti rovine, fu costruito sulla Manica a Boulogne dall’imperatore Caligola.
I romani ne costruirono anche nell’Adriatico, uno p.es. a Brindisi, un altro in prossimità della foce del Po, di cui esiste ancor oggi il basamento di metri 7 x 7 posto su pali, un altro ad Ancona, etc.

Colonna Traiana (partic.)
Certamente esistevano fari anche in Dalmazia se sulla colonna Traiana è riprodotto uno in prossimità dell’approdo, dove scese l’imperatore Traiano nel suo viaggio verso l’Oriente.
I porti importanti erano dotati di lanterne prossime al centro abitato che quando erano in funzione bruciavano – come nell’antichità – legna e pece.
Nel Medio Evo non si costruivano fari isolati lungo le coste, non potendosene garantire permanentemente la sicurezza.
L’EVOLUZIONE DEI FARI
I segnali emessi erano in origine esclusivamente luminosi, e stabili.
L’applicazione di uno specchio (e poi di una lente) alla fonte luminosa, in modo da estendere la portata luminosa del manufatto, fu per lungo tempo la sua unica evoluzione sostanziale.
Si aggiunsero poi meccanismi di rotazione, lenti per la colorazione della luce e così via. Il salto tecnologico si ebbe con l’aggiungersi, ai fari luminosi, di altri “ausili alla navigazione“, in particolare dei c.d. “ausili radioelettrici” – radiofari e risponditori radar.
I fari italiani costituiscono una risorsa storica e culturale per il nostro patrimonio architettonico ma anche per il paesaggio costiero regionale.
Ogni faro è univoco nel contesto della sua posizione geografica, sono progettati per durare nei secoli e segnare i caratteri del luogo esaltandone i valori ambientali e naturali attraverso il loro stile e la loro natura architettonica.
Un patrimonio poco conosciuto, studiato in maniera specialistica da pochi.

CIAO DA TONY KOSPAN
IL SALOTTO DEI RICORDI SU FB
.
.
..
.

ll Faro di Alessandria
Mi piace:
Mi piace Caricamento...
Spesso l’arte ci propone belle sorprese con nuove scoperte o, come in questo caso, riscoperte.
Esce finalmente dal buio, in cui l’aveva inspiegabilmente costretta la Storia dell’arte, un’altra notevole pittrice italiana del 500/600.
In verità Fede Galizia non è stata solo una pittrice notissima ed apprezzatissima ai suoi tempi ma anche tanto altro.
(Milano, 1578 – Milano, 1630) Busto su Palazzo Ranzi a Trento
Bella, artista a tuttotondo, imprenditrice d’arte, donna indipendente e “single” per decisione (lei stessa spiega che il motivo era la sua libertà ben sapendo che non sarebbe stata mai accettata da nessun marito).
Tutto questo avvenne in un’epoca severa e oscura come quella della “Controriforma” in cui le difficoltà per le donne, anche se artiste, non erano poche.
E’ però strano che il suo percorso artistico, pur simile a quello di altre grandissime pittrici più o meno coeve come Lavinia Fontana, Sofonisba Anguissola e Elisabetta Sirani, si sia perso nei meandri del tempo e sia quasi scomparso dalla Storia dell’arte.
Di questo però parleremo alla fine dopo aver conosciuto meglio un po’ lei e le sue opere.
E’ da premettere che di lei si conosce più la sua attività artistica che la vita privata… ma alcune notizie le abbiamo.
BREVE BIOGRAFIA
Nata nel 1578 (o giù di lì) a 12 anni già lavorava nella bottega del padre Nunzio, attivo artista trentino, dove oltre alla pittura imparava l’arte dell’incisione e della miniatura.
Si sa anche che si esercitava nel creare ritratti dei suoi familiari e conoscenti di cui però si sono perse le tracce.
La sua prima opera nota è l’incisione del volto dello storico milanese Gherardo Borgogni, per alcune sue pubblicazioni, ed ora alla Pinacoteca Ambrosiana.
Gherardo Borgogni
Già in questo ritratto si ammira l’estrema precisione nei dettagli in particolare sia del volto che degli occhiali su cui appare perfino il riflesso delle finestre (il che mostra la conoscenza dell’arte fiamminga).
Questa precisione ancor meglio la possiamo notare nell’altra sua opera giovanile “Giuditta con la testa di Oloferne”, dove l’accurata descrizione della veste e dei gioielli ed il volto deciso e fiero di Giuditta quasi nascondono il significato drammatico dell’episodio biblico.
Giuditta con la testa di Oloferne
Non solo, in questo dipinto, che rimane il suo più ammirato, sulla lama del coltello lei inserisce il suo nome e la data (1596).
Per tutto questo la maggior parte degli storici d’arte vede nel volto di Giuditta dipinto proprio il volto della pittrice di cui non risulta noto alcun autoritratto.
Dopo questo dipinto la sua fama aumentò ed anche grazie all’appoggio del mitico Arcimboldo, alla giovanissima Galizia vennero commissionate alcune pale d’altare, come “Noli me tangere”, ma anche altri dipinti.
La sua attività artistica continuò poi, sempre con successo ed ammirazione sia all’estero (corte di Rodolfo II d’Asburgo) che in Italia (corte dei Savoia), con ritratti, dipinti, pale e soprattutto nature morte.
Noli me tangere
Ma da artista poliedrica qual era non tralasciò le incisioni, i disegni, le medaglie, la creazione di ventagli alla moda etc.
Fu poi anche un’imprenditrice d’arte ante litteram creando pale d’altare in serie da inviare alle chiese di mezza Italia.
La sua vita laboriosa continuò così senza particolari scossoni o avvenimenti degni di nota fino al 1630 (epoca della famosa peste manzoniana) quando redasse il testamento e si presume che morì.
Federico Zuccari
STILE E TEMI
Lo stile di Fede Galizia, pur essendo un’autodidatta, è quello classico dell’epoca… il Barocco… ma legato al Manierismo emiliano-lombardo di fine Cinquecento.
Non mancano comunque gli influssi del Correggio e del Parmigianino e di altri artisti dell’epoca come si evince dal suo testamento in cui parla anche di Leonardo.
Da un punto di vista tecnico lei opera “a punta di pennello” ed usa colori accesi ma con una resa sobria ed austera secondo la tradizione italiana del tempo.
La maggior parte delle sue opere è legata alle nature morte… tema che iniziava ad affermarsi nel tardo manierismo… ma non mancano numerosi soggetti religiosi e ritratti di personaggi dell’epoca come quello di Ludovico Settala, il medico della peste di cui parla il Manzoni.
Un’altra sua caratteristica era quella di firmare sempre le sue opere.
Ludovico Settala
I POSSIBILI MOTIVI DEL SUO OBLIO
E’ stata un’artista paragonabile senz’altro alle 3 grandi pittrici sue contemmporanee su elencate. Ma come mai il suo ricordo ha avuto un esito così diverso?
Certo la sua vita tranquilla dedita solo all’arte ed all’azienda familiare senza accadimenti clamorosi, benché con tantissime frequentazioni con personaggi ed artisti dell’epoca (tra cui il su ricordato Arcimboldo che la fece conoscere all’imperatore asburgico Rodolfo II).
Forse il motivo del suo oblio nel secoli successivi può esssere ravvisato nel fatto che, mentre Sofonisba Anguissola fu chiamata alla Corte del Re di Spagna, Lavinia Fontana alla Corte dei Papi e Artemisia Gentileschi fu notissima a causa dello stupro, la nostra artista, nonostante i successi, rimase ai margini delle cronache eclatanti.
Finalmente una recente mostra, tenutasi al Castello del Buonconsiglio di Trento (Fede Galizia. Mirabile pittoressa), l’ha riportata agli onori che merita.
Vediamo infine alcune sue nature morte.
Tony Kospan
Copyright Tony Kospan – Vietata copia del post senza indicare autore e blog
PER LE NOVITA’ DEL BLOG
SE… TI PIACE… ISCRIVITI
Mi piace:
Mi piace Caricamento...
Un brano breve ma molto interessante
sul rapporto tra amore e scrittura
(Poesie racconti, riflessioni etc.).
Lo ritengo assolutamente degno d’esser letto
e per questo mi fa piacere condividerlo con voi.
L’AMORE TRIONFA… ALMENO SULLA CARTA
Scrivere per amore o scrivere dell’amore non fa molta differenza perché si tratta in entrambi i casi della fiamma che accende la vita.
E’ per questo che gli antichi consideravano Eros il più potente di tutti gli dei.
Tutto quel che conosciamo dell’amore, diceva la grande scrittrice Emily Dickinson, è che l’amore è tutto.
E su questo tutto, che ciascuno sente e che nessuno sa spiegare, si versano da sempre fiumi di inchiostro nella speranza che quella corrente che travolge, destabilizza e guarisce resti impigliata nella rete delle nostre parole.
Per questo da che mondo è mondo scriviamo d’amore per amore.
Marino Niola (Venerdì di Repubblica)
E’ chiaro che, se trionfa da millenni sulla carta
(o sui nuovi supporti tecnologici),
ahimè certo non si può dire che questo accada sempre nella realtà.
Tony Kospan
Mi piace:
Mi piace Caricamento...
.
.
.

Oggi è l’anniversario della nascita di Nicola Arigliano
un cantante che ci ha accompagnati per lunghi anni
dagli anni ’50 in poi…
.
Col suo modo di cantare, anche se un po’ particolare,
è stato accanto noi in tv, al cinema e.. nella pubblicità
avendo sempre sullo sfondo però
il grande amore della sua vita… il
jazz.
.
Nicola Arigliano (Squinzano 6 12 1923 – Calimera 30 3 2010)
Nato in provincia di Lecce da giovanissimo inizia a cantare..
ed a suonare il sax ed il contrabbasso… a Milano…
dove era andato in cerca di fortuna.
.
Viene notato dal critico musicale Marshall Brown
che gli consiglia d’andare al Festival di Newport.
.
Da quel momento inizia la sua vera carriera,
a Roma dove s’era intanto trasferito,
di artista a tutto tondo ed intrattenitore di piano bar.
Sono del 1956 le sue prime incisioni…
ma il primo vero successo fu “Simpatica“.
.
Grazie ad esso
partecipa a storiche trasmissioni televisive come
Canzonissima… Cantatutto e Sentimentale.
Proprio la sigla di Sentimentale… con lo stesso titolo…
fu il suo secondo successo… a cui seguono molti altri.
.
Ricordiamo… anche altri successi come…
Amorevole, Tre volte baciami,
My wonderful bambina… e 20 km al giorno…
Partecipa anche al famosissimo Carosello
pubblicizzando per molti anni il digestivo Antonetto.
Fa pure una notevole apparizione nel cinema…
col film di Monicelli… “La grande Guerra”
e recita anche in alcune serie tv.
.
L’ultima sua importante partecipazione televisiva
è a Sanremo con
Colpevole, nel 2005 ad 82 anni,
con cui vince il Premio della Critica.
Lo ricordiamo come il cantante
dalle sonorità fini ed eleganti….
del tutto diverse rispetto a quelle classiche
della musica leggera italiana…
ma anche
come il cantante della modestia e della simpatia.
.
E’ giunto il momento di omaggiarlo
riascoltandolo in “Arrivederci“
Orso Tony
PER LE NOVITA’ DEL BLOG
SE TI PIACE… ISCRIVITI
Mi piace:
Mi piace Caricamento...