Archivio per 10 ottobre 2022
Claude Monet – Terrazza sul mare a Saint-Adresse
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L’uomo è l’unico animale che arrossisce.
Ma è anche l’unico che ne abbia bisogno!
– Mark Twain –

Claude Monet – Camille Monet in giardino con la bimba
TERZO RICORDO
Rafael Alberti
Ancora i valzer del cielo
non avevano sposato il gelsomino e la neve,
né i venti riflettuto
la possibile musica dei tuoi capelli,
né decretato il re
che la violetta fosse sepolta in un libro.
No.
Era l’età nella quale viaggiava la rondine
senza le nostre iniziali nel becco.
Quando convolvoli e campanule
morivano senza balconi da scalare né stelle.
L’età
nella quale sull’omero di un uccello
non c’era fiore che posasse il capo.
Allora, dietro al tuo ventaglio,
la nostra prima luna.
Claude Monet – Il giardino
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(Come prima – Modugno)
a tutti da Orso Tony

Claude Monet – Donna che legge
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Un lieto brindisi… si prevede alla fine del pranzo…
che la signora, dipinta da Matisse (più giù), sta preparando.
Matisse (Le Cateau-Cambrésis 31.12.1869 – Nizza 3 .1.1954)
Ammiriamola mentre sta terminando di apparecchiare la tavola
in questo primo dipinto di Matisse.
Seguiranno altri suoi dipinti dedicati alla musica
in questo post che associa arte e classica.
Henri Matisse – Dinner Table
Ed un brindisi è anche questo… dalla Traviata… di Verdi…
e che brindisi!!!!
Matisse – Pianista e giocatori di dama
E’ una musica fantastica che non ha bisogno di presentazione.
Essa appare nel contempo dolce e scintillante
ed infatti questo brano è considerato tra i più belli
di tutta la musica classica
oltre ad essere uno dei grandi capolavori di Verdi.
(Roncole Verdi 10.10.1813 – Milano 27.1.1901)
Possiamo ora ascoltarlo e gustarlo
in questa scenografica regia curata da Zeffirelli
con la voce di Placido Domingo.
Matisse – Lezione di musica
o se preferiamo
nell’interpretazione della Callas.
Matisse – Il liuto
Ciao da Tony Kospan
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Breve ricordo di colei che
“ogni volta che canta
sembra che strappi la sua anima per l’ultima volta”
questa la definizione della sua voce
da parte di Jean Cocteau
EDITH PIAF UNA CANTANTE NEL MITO
(Parigi 19.12.1915 – Grasse 10.10.1963)
La ricorderò con una brevissima biografia
e con 2 sue mitiche canzoni la
“L’himne à l’amour“ e “Non je ne regrette rien“
BREVE BIOGRAFIA
La sua vita è stata davvero romanzesca,
nel senso più vero del temine,
con grandissime luci e grandissime ombre.

Nata in una famiglia in cui la madre era molto “allegra”
ed il padre un artista del circo, fu così trascurata dai genitori,
che non si accorsero nemmeno che stava per diventare cieca.
Il problema fu scoperto solo quando,
affidata ad una zia che era cuoca di un bordello,
le “professioniste” se ne accorsero.
La sua vita fu un continuo e forte alternarsi
di grandi successi e di momenti difficili
sia nel campo artistico che affettivo ed economico.
Finì poi quasi in miseria.
Qui è con il suo amato pugile che però morì in un incidente aereo.
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L’unica cosa che non cambiò mai
fu la sua inimitabile ed indimenticabile voce
al punto che, uscendo da lei che era così piccola e minuta,
le fece avere il soprannome di “ragazza uccellino“.
Ma ora è giunto il momento di ascoltar per prima,
la canzone scritta da lei stessa
per la morte del suo amato pugile Marcel Cerdan
che fu il più grande amore della sua vita.
E’ una musica che emoziona ed affascina ancor oggi.
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In quest’altro video d’epoca, possiamo invece ammirarla
nella sua interpretazione di un altro trionfo che pure ha superato
i confini del tempo
ed è ancor oggi la canzone più amata dai francesi.
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Come si può vedere non c’è qui la mitica VIE EN ROSE
il suo vero successo mondiale.
Chi volesse conoscerne la bella storia e riascoltarla.


CIAO DA TONY KOSPAN
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E’ considerato
uno dei padri della fotografia italiana
GIANNI BERENGO GARDIN
fotografia & arte
L’EMOZIONE DELLA QUOTIDIANITA’
Santa Margherita Ligure – 10 ottobre 1930
Negli anni cinquanta la ricostruzione culturale e morale portò l’estetica verso il realismo, un’evoluzione voluta da molti artisti e stimolata dai bisogni materiali di una generazione frustrata da vent’anni di teorie moderniste e chiusure di regime.
Le prime influenze internazionali brandirono così la spada del risveglio e grazie ai rappresentanti d’oltreoceano (e non solo) i fotografi italiani edificarono il Neorealismo.


Scrisse efficacemente Cesare Pavese ne L’influsso degli eventi, in La letteratura americana, 1946:
“Noi scoprimmo l’Italia […] cercando gli uomini e le parole in America, in Russia, in Francia e nella Spagna”.



E’ bene quindi ripensare a quel periodo della cultura fotografica italiana cercando all’interno delle sue principali caratteristiche le evoluzioni della poetica dello stesso Gardin e di tutti coloro che direttamente o indirettamente entrarono i contatto con il Neorealismo.
(Questa di Migliori e le successive testimonianze sono riprese dalle interviste presenti in: AA.VV., Gli anni del Neorealismo. Tendenze della fotografia italiana, Prato, Fiaf, 1998, n.d.r.).
Nel 1963 il grande maestro della fotografia italiana impresse uno scatto – non lontano da Siena – che racchiude l’essenza del mutamento. Una strada bianca s’inerpica nella campagna toscana. Pochi alberi ne seguono il tracciato. Un uomo e una donna camminano verso l’orizzonte.
A riguardarla dopo trentacinque anni, Berengo Gardin riesce ancora a emozionarsi. “E’ come rivedere un figlio”, ammette e racconta di come questo scatto “racchiuda in sé il valore del documento”.
Poi, spiega: “Sono ripassato per questa stessa strada dieci anni dopo e non esisteva praticamente più: per prima cosa è stata asfalta correggendo una delle curve, poi è stato costruito il guard rail.
Infine gli alberi sono morti con la gelata del 1985″.

Intorno proprio alla questione del Neorealismo è interessante leggere proprio la posizione in merito dello stesso Berengo Gardin, sempre ricordando che capire l’opera di un autore richiede un approfondimento, seppur minimo, sul periodo nel quale è vissuto e sulle influenze culturali che quel periodo è stato in grado di imprimere nella poetica e nell’estetica:
“Forse non avevamo la consapevolezza di aderire al Neorealismo fotografico, etichetta che, beninteso, non ci dispiace affatto, si trattava di un esperienza irrinunciabile, di una risposta espressiva ad uno stato d’animo comune a tutti.”
Ritiene poi che le influenze di – Life – e dei fotografi della Farm Security Administration, alla fine degli anni trenta, abbiano cambiato molte cose e impressionato molti animi.
Il manifesto pubblicato proprio su Life nel ’36 esprimeva quei concetti che furono propri del successivo realismo italiano: “Vedere la vita, vedere il mondo, essere testimoni oculari di grandi eventi, osservare i volti dei poveri e i gesti dei superbi. Vedere e gioire nel vedere, vedere ed essere sorpresi, vedere e apprendere”.
Una lezione ancora valida che crea nei discorsi di Berengo Gardin, tuttora, grande suggestione e gli permette di affermare: “Fotografia di reportage – o, se preferite, Neorealismo fotografico – come possibilità di fotografare e interpretare le cose che accadono in modo che esse assumano e poi riescano a comunicare ulteriori significati.”
La fotografia di questo autore è in definitiva una storia di luoghi e di volti, un lavoro costante che ripropone oggi, nella sua varia complessità, avvenimenti e situazioni di un’Italia povera, di un’Italia in continuo movimento ed evoluzione.
Nei volti e nelle situazioni si riscoprono atmosfere lontane, luoghi fermi nel tempo, volti di statuaria memoria.

Le sue fotografie sono state insignite del prestigioso Lucie Awards, la massima onoreficenza per la fotografia che, in precedenza, era stata data a grandi maestri come Henri Cartier-Bresson, Gordon Parks, William Klein e Wily Ronis.
Testo estratto da un articolo di Andrea L. Casiraghi su New Cult Frame
– impaginazione Tony Kospan
CIAO DA TONY KOSPAN
IL MONDO DEGLI ARTISTI
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