Archivio per 25 agosto 2022

Giovedì sera in poesia “In pena per un cielo infranto” Eluard – arte Carrier-Belleuse – canzone “Parlami di te”   Leave a comment

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Pierre Carrier-Belleuse

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Di là dalle idee,
di là da ciò che è giusto e ingiusto, 
c’è un luogo. 
Incontriamoci là. 
– Rumi –
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Pierre Carrier-Belleuse

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IN PENA PER UN CIELO INFRANTO

Paul Eluard


In pena per un cielo infranto


per la pioggia che ci bagnerà


vado pensando alla gioia grande


che se vorremo ci prenderà.


Tra dovere ed inquietudine


esita questa vita rude.


(è una pena molto grande confessarlo, ora)


Qui ogni cosa odora d’erba.


Su tutto il cielo, in cielo,


il volo delle rondini


ci distrae, ci fa pensare…


Io penso una speranza quieta.

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Pierre Carrier-Belleuse – Ballerine

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da Orso Tony

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fre bia pouce    musical notes
Pierre Carrier-Belleuse





SOLO UN SOGNO? – Una poesia di Tony Kospan (anche in video)   Leave a comment

 
 

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SOLO UN SOGNO?
Tony Kospan
 
 
Da lontani misteri… venuti
o da storie dipinte dal cielo
– del mondo sembra la fine –
tra bruni colori e lampi abbaglianti
sullo scoglio di un mare avvolgente
abbracciati… l’infinito ci prende.



E mentre il sogno al reale s’arrende
velata te ne vai tra le onde della vita.
 
Di te solo mi resta… una rosa appassita.

 
Ma seppur mesta al mio dolore… resisti
felice è il mio cuore di sapere che esisti.


 
 




L’amica Maria Antonietta volle dedicar un video
a questa mia poesia e di ciò la ringrazierò sempre.



Frecce (174)



 
 
 

Moda maschile – Ecco la lunga storia della cravatta dall’antichità ai giorni nostri   Leave a comment

Moda maschile – La lunga storia della cravatta dall’antichità ai giorni nostri

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Non solo le Nazioni, i popoli, le persone etc.
hanno una loro storia
bensì anche le cose e gli oggetti (pure i più umili)
che vivono o hanno vissuto nel tempo con noi.

Ed anch’essi subiscono diverse vicissitudini
potendosi evolversi col tempo
o… anche scomparire.



 
 
 
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Ed allora stavolta parliamo di una cosa da… uomini
la cravatta.
 

 
 
 
 
 


Essa è stata mia… compagna fedele per oltre 40 anni.
 
 
Devo però dire che era ed è ancora
per me naturalissimo indossarla.


 

 
 
 

 
 
Non mi ha mai dato alcun fastidio
però oggi, che sono in “ferie permanenti” (ah ah),
cerco di vestire molto più casual.
 
 
Dunque ecco una breve storia dell’amica cravatta.

 




 
 
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LA STORIA DELLA CRAVATTA



Così come la camicia, che da semplice indumento ” intimo”, come veniva considerato nei tempi antichi, ha assunto con il passare dei secoli, sempre maggiore importanza fino a diventare vero e proprio segno distintivo di eleganza e raffinatezza, anche la cravatta, nata inizialmente come semplice fazzoletto, ha conquistato ben presto un posto di rilievo nella vita dell’uomo. Ornamento indispensabile all’eleganza maschile, spesso portata anche dalle donne, esprime la personalità di chi l’indossa e diviene strumento di grande importanza nelle relazioni sociali.





Ricostruzione del vestiario di un soldato romano

 
 

 
La cravatta nasce inizialmente come pezzo di stoffa che i legionari romani portavano, per motivi igienici o climatici, legato intorno al collo, con il nome di “focale”.
Secoli dopo i francesi adottarono questo ” fazzoletto”, mutuando a loro volta l’idea, da quello indossato dai mercenari croati durante la guerra dei Trent’anni.
Nel 1661 Luigi XIV istituisce la carica di “cravattaio” del re, gentiluomo cui era assegnato il compito i aiutare il sovrano ad abbellire ed annodare la cravatta.





La cravatta di Luigi XIV




Nove anni dopo nel ’61 la duchessa di Lavallière, favorita del re, è la prima donna ad indossare una cravatta.
Nel XIX secolo sarà dato il suo nome alla più aggraziata delle cravatte maschili.









Nel1925, il cravattaio americano Jesse Langdorsf brevettò una cravatta lunga, meno sgualcita e più stabile: 
era nata la cravatta attuale, confezionata con tre segmenti di tessuto e tagliata di sbieco.

 
 
 


 

Oscar Wilde


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Parlando di cravatte non si può non menzionare il nodo.

Oscar Wilde nel suo “L’Importanza di Chiamarsi Ernesto” diceva: “Una cravatta bene annodata è il primo passo serio nella vita”.

Il gesto quotidiano dell’annodarsi la cravatta assume un significato simbolico e quasi magico che si perde nella notte dei tempi.

Nell’iconografia simbolica maschile il nodo rappresenta l’unione, il matrimonio, la fertilità e quindi la vita.

Come Léonor dice ad Ariste ne “La scuola delle mogli ” di Molière, “Un sacro nodo da domani ci unirà”.

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Cravatta ai tempi della Belle Epoque



Ma come si annoda una cravatta?

Un Semplice gesto che con poche regole base, diventa facile come allacciarsi le scarpe.

Non sempre si sa che per fare il “nodo semplice”, il più diffuso, occorre posizionare l’estremità più larga, 30 cm. più in basso, e se si è destri posizionarla sulla destr o sulla sinistra per i mancini. 

Concludendo possiamo riassumere l’essenza della cravatta con questo aforisma di un anonimo francese del 1820. “Della cravatta ho una cura perfetta: è il vero canone dell’eleganza. Mi adopero per ore con costanza perché appaia annodata in tutta fretta

 

 

 

Come fare il nodo Windsor


 

 


Testo dal web… impaginazione t.k.












Oggi tra le cravatte più ricercate e famose, per la loro raffinata eleganza, sono certamente quelle di Marinella.

Esse sono tutte fatte a mano e sono richieste ed utilizzate da VIP, Capi di Stato di tutto il mondo e da chi vuole indossare una cravatta davvero unica.

La storia delle cravatte Marinella inizia nel 1914 a Piazza Vittoria sull’elegante Riviera di Chiaia di Napoli dove ancor oggi si trova il negozio.



 
 
 
 
 

 



Ciao da Orso Tony





ARANCIO divfar
STORIA RICORDI ED ATMOSFERE DI UN TEMPO
Frecce2039








Violino tzigano – La storia… l’atmosfera e le 2 vite di una grande canzone di un tempo   Leave a comment

 
 
 
 
 
 
 
 
 

La riscoperta delle grandi canzoni che hanno segnato
tempi ormai lontani, ma non lontanissimi,
ci porta stavolta a conoscer meglio la suggestiva,
ed ancor amata da molti
VIOLINO TZIGANO
 

 
 

 

 

 

VIOLINO TZIGANO

ATMOSFERE E NOTE D’UN TEMPO
a cura di Tony Kospan

 

 

 

 

 

 

LA STORIA DELLA CANZONE

 
La canzone, un tango, è del 1934
ed è opera dell’allora già noto duo
Cherubini (paroliere) e Bixio (compositore).

Fu scritta e musicata per il film sonoro Melodramma
(il cinema sonoro era nato pochi anni prima)
con protagonista Elisa Merlini che la cantò per prima.







Subito dopo però fu cavallo di battaglia
anche di Milly, Carlo Buti, Ada Neri
e del tenore Fernando Orlandis.


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Il successo fu clamoroso anche all’estero
e nemmeno il tempo ne scalfì il fascino ed il successo
tanto che nel 1962 era di nuovo ai primi posti
della classifica dei dischi più venduti
grazie a Connie Francis
che la fece conoscere ed apprezzare anche negli USA.
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La canzone emana vibrazioni profonde…
e ci riporta ad emozioni nuove ed antiche…
 
 

 
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ATMOSFERA DEL 1934
 
 
 
Il 1934 è l’anno in cui l’Italia vinse
 i suoi primi mondiali di calcio
 
 
 
 

 
 
 
Diamo ora un’occhiata ad altre immagini di quell’epoca.


 
 

 

 

 

 

 

 

 

 
Moda 1934
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IL TESTO DELLA CANZONE


 
Oh tzigano dall’aria triste e appassionata,
che fai piangere il tuo violino fra le dita,
suona ancora, come una dolce serenata,
mentre, pallida, nel silenzio ascolterò
questo tango che, in una notte profumata,
il mio cuore ad un altro cuore incatenò.
Suona solo per me,
oh violino tzigano.
Forse pensi anche tu
a un amore laggiù
sotto un cielo lontan.
Se un segreto dolor
fa tremar la tua mano,
questo tango d’amor
fa tremare il mio cuor,
oh violino tzigano.
Tu che sogni la dolce terra d’Ungheria,
suona ancora con tutta l’anima tzigana.
Voglio piangere, come te, di nostalgia
nel ricordo di chi il mio cuore abbandonò.
Come il canto che tu diffondi per la via
con il vento, la mia passione dileguò.
Questo tango è d’amor,
ma il mio amore è lontano.
Suona, suona per me
pur se piango con te,
oh violino tzigano.

 
 
 
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LA CANZONE NELLE 2 VERSIONI
 
 
Ascoltiamola ora nel video qui giù
cantata da uno dei suoi primi famosi interpreti
Carlo Buti (1934)


 
 

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e poi qui, in una versione un po’ più moderna,
nella rivisitazione di Connie Francis (1962)


 
 

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CIAO DA TONY KOSPAN




ARANCIO divfar

STORIA… RICORDI ED ATMOSFERE DI UN TEMPO

Frecce2039

 
 
 
 
 


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Umberto Saba.. grande poeta triestino – Biografia.. alcune belle poesie e l’omaggio di Strehler   Leave a comment



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E’ stato uno dei più grandi poeti italiani del primo novecento.


Possiamo definirlo:
il poeta della semplicità…
dell’umanità… e della triestinità.

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Ripartiamo dall’ordinario che è già straordinario
(U. Saba)


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Umberto Saba (vero cognome Poli) Trieste 9 marzo 1883 – Gorizia 25 agosto 1957
 
 
 
 

BREVE BIOGRAFIA

  
 
 
Nato a Trieste da Rachel Coen (ebrea) e Ugo Poli (cattolico) 
fu presto
abbandonato dal padre e la madre l’affidò ad una balia slovena, 
nota come “Peppa Sabaz” 
che l’allevò come un figlio e che lui definì “madre di gioia”.

Fu proprio per lei che scelse lo pseudonimo “Saba”.

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Saba bambino
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Rientrato in famiglia dalla madre,
con cui però ebbe sempre un rapporto conflittuale, 
interruppe il ginnasio per iniziare a lavorare.

La sua formazione culturale avvenne
dunque con “sterminate letture” di classici.



Saba a Firenze



Trasferitosi a Firenze frequentò gli ambienti intellettuali dell’epoca.


Dopo il servizio militare svolto a Salerno (1907/1908) si sposa con
Carolina Wölfler (
la Lina del Canzoniere).

 

 

Saba con la moglie

 
 
 
Nel 1910 pubblica il suo primo libro di poesie.

Tornato a Trieste visse gestendo una vecchia Libreria
e scrivendo.

Poi si trasferì a Milano e successivamente a Roma.

 

 

 
 

Ebbe molte traversie al tempo delle famigerate leggi razziali
e durante la guerra ma fu aiutato da molti intellettuali antifascisti.

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Dopo la guerra ebbe molti riconoscimenti… tra cui
il premio dell’Accademia dei Lincei nel 1951
e la laurea honoris causa dell’università di Roma nel 1953.








Dopo la morte della moglie
si convertì al cattolicesimo nel 1957.

Purtroppo la sua vita
 fu connotata anche da frequenti problemi neurologici.

Morì a Trieste nel 1957.




Saba con Lina… l’amata moglie

 



LA SUA POETICA


La sua vita interiore fu caratterizzata 
da un grande amore per la conoscenza
mentre la sua poetica ricevette sempre giudizi contrastanti.

Se per Pasolini era un poeta “difficile”
a Palazzeschi invece appariva “semplice e puro”.

In realtà la sua è una poetica assolutamente
indipendente rispetto alle mode ed agli stili del suo tempo
e tesa, attraverso la ricerca interiore,
ad esprimere vere ed universali emozioni.




 

 
 
 
 
 
ALCUNE SUE BELLE POESIE
 
 
 
Segnalo la seconda che è considerata la sua più bella
e l’ultima che possiamo considerare 
una mini biografia della sua vita poetica.






 
 
 
 
FANCIULLE
 
Maria ti guarda con gli occhi un poco
come Venere loschi.
Cielo par che s’infoschi
quello sguardo, il suo accento è quasi roco.
Non è bella, né in donna ha quei gentili
atti, cari agli umani;
belle ha solo le mani,
mani da baci, mani signorili.
Dove veste, sue vesti son richiami
per il maschio, un’asprezza
strana di tinte. è mezza
bambina e mezza bestia. Eppure l’ami.
Sai ch’è ladra e bugiarda, una nemica
dei tuoi intimi pregi;
ma quanto più la spregi
più la vorresti alle tue voglie amica.

 


Sua moglie e sua figlia in una rara foto
 
 

A MIA MOGLIE
 
Tu sei come una giovane
una bianca pollastra.
Le si arruffano al vento
le piume, il collo china
per bere, e in terra raspa;
ma, nell’andare, ha il lento
tuo passo di regina,
ed incede sull’erba
pettoruta e superba. 
E’ migliore del maschio. 
E’ come sono tutte
le femmine di tutti
i sereni animali
che avvicinano a Dio.
Così, se l’occhio, se il giudizio mio
non m’inganna, fra queste hai le tue uguali,
e in nessun’altra donna.
Quando la sera assonna
 le gallinelle
 mettono voci che ricordan quelle,
dolcissime, onde a volte dei tuoi mali
ti quereli, e non sai
che la tua voce ha la soave e triste
musica dei pollai.
Tu sei come una gravida giovenca;
libera ancora e senza
gravezza, anzi festosa;
che, se la lisci, il collo
volge, ove tinge un rosa
tenero la tua carne.
Se l’incontri e muggire
l’odi, tanto è quel suono
lamentoso, che l’erba
strappi, per farle un dono.
è così che il mio dono
t’offro quando sei triste.
Tu sei come una lunga
cagna, che sempre tanta
dolcezza ha negli occhi,
e ferocia nel cuore.
Ai tuoi piedi una santa
sembra, che d’un fervore
indomabile arda,
e così ti riguarda
come il suo Dio e Signore.
Quando in casa o per via
segue, a chi solo tenti
avvicinarsi, i denti
candidissimi scopre.
Ed il suo amore soffre
di gelosia.
Tu sei come la pavida
coniglia. Entro l’angusta
gabbia ritta al vederti
 s’alza
 e verso te gli orecchi
alti protende e fermi;
che la crusca e i radicchi
tu le porti, di cui priva
in sé si rannicchia,
cerca gli angoli bui.
Chi potrebbe quel cibo
ritoglierle? chi il pelo
che si strappa di dosso,
per aggiungerlo al nido
dove poi partorire?
Chi mai farti soffrire?
Tu sei come la rondine
che torna in primavera.
Ma in autunno riparte;
e tu non hai quest’arte.
Tu questo hai della rondine:
le movenze leggere:
questo che a me, che mi sentiva
  ed era vecchio, annunciavi
un’altra primavera.
Tu sei come la provvida
formica. Di lei, quando
escono alla campagna,
parla al bimbo la nonna
che l’accompagna.
E così nella pecchia
ti ritrovo, ed in tutte
le femmine di tutti
i sereni animali
che avvicinano a Dio;
e in nessun’altra donna.

 
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Miguel Mackinlay 
 
 
 

RITRATTO DELLA MIA BAMBINA
 
La mia bambina con la palla in mano,
con gli occhi grandi colore del cielo
e dell’estiva vesticciola: Babbo
mi disse voglio uscire oggi con te.
Ed io pensavo: di tante parvenze
che s’ammirano al mondo, io ben so a quali
posso la mia bambina assomigliare.
Certo alla schiuma, alla marina schiuma
che sull’onde biancheggia, a quella scia
ch’esce azzurra alle nubi , insensibili nubi
che si fanno e disfanno in chiaro cielo:
e ad altre cose leggiere e vaganti.

 
 
 
Chagall
 

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AMAI
 
Amai trite parole che non uno
osava. M’incantò la rima fiore
amore,
la più antica, difficile del mondo.
Amai la verità che giace al fondo,
quasi un sogno obliato, che il dolore
riscopre amica. Con paura il cuore
le si accosta, che più non l’abbandona.
Amo te che mi ascolti e la mia buona 
carta lasciata al fine del mio gioco.

 
 
 
 
IL VIDEO IN CUI STREHLER LO RICORDA
 
 
 
fre bia pouce
 
 
 
 
 
 
TONY KOSPAN



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Trieste nei primi anni del ‘900 
 
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