Siamo nei primi anni successivi alla seconda guerra mondiale e precisamente nel 1952.
Un esponente dell’antica nobiltà partenopea dal nome lunghissimo, il Principe Francesco Saverio Gaspare Melchiorre Baldassarre Caravita di Sirignano, ma noto a tutti come Pupetto che allora era molto in vista nell’élite italiana (pilota di auto da corsa, pianista, imprenditore – di insuccesso – , amico di Tomasi di Lampedusa etc) era in giro nella Costiera Sorrentina con un amico, il nobile francese Conte Fred Chandon de Briailles a sua volta uomo di mondo, di alta cucina ed alta enologia (Moet Chandon).
Principe Caravita di Sirignano
Ad un certo punto i due si fermano ad una trattoria della Marina di Nerano (paesino in fondo alla costiera sorrentina).
Aspettando di cenare i 2 stavano discutendo di gastronomia quando il francese lanciò una provocazione:
“Insomma, la cucina italiana è ottima, niente da dire, ma bisogna ammettere una cosa: in un modo o nell’altro finite sempre a mangiare spaghetti al pomodoro!”.
Conte Fred Chandon de Briailles
Calò un evidente e generale silenzio nella trattoria.
Il Principe era però più imbarazzato per la possibile reazione della titolare della trattoria che per sé.
Nerano
Ma la signora non lo era affatto e chiamò Pupetto in cucina.
Dopo una ventina di minuti uscirono con un piatto, sì di spaghetti, ma con le zucchine (e non solo)!
Era un piatto così elegante, originale e saporito che parlava da solo e lasciò il francese a bocca aperta.
Era nato in quel momento uno dei piatti più famosi della gastronomia italiana… gli spaghetti alla Nerano.
Chi fosse interessato alla ricetta me la chieda, la metterò nei commenti.
Tony Kospan
F I N E
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Casa della Venere in conchiglia.
La cenere del Vesuvio, in una drammatica vicenda,
ci ha conservato, quasi intatta,
la realtà della vita di una città di 2000 anni fa,
Pompei (ed Ercolano),
come una precisa ampia reale fotografia.
Non parlerò dell’arte considerata “scandalosa”
(ma che per i costumi dell’epoca non lo era affatto)
perché il blog ha una vocazione generalista
e quindi desidero evitare che alcune immagini “forti”
possano dar fastidio a qualcuno.
Dunque affronterò l’argomento da un punto di vista
archeologico, artistico e relativo alla vita sociale dell’epoca.
LE PITTURE PARIETALI NELL’ANTICA POMPEI
La constatazione che tutte le case presentavano dipinti
di grande interesse alle pareti è l’aspetto più straordinario di Pompei.
La varietà di stili nella decorazione pittorica
che riveste le pareti delle case pompeiane è evidente.
.
Essi si estendono dalla sobria ripartizione in riquadri colorati,
a scenari architettonici, talora semplici… talora molto complessi,
fino alla visione di prospettive assolutamente fantastiche,
a scene figurate ed alla ornamentazione pura.
Coppa con frutti – Casa di Giulia Felice – 79 d.C
La decorazione pittorica non era considerata
un qualcosa in più
ma l’abbellimento della parete era essenziale
in ogni casa.
La ragazza con l’orecchino di perla
Le pareti in tal modo cercano di deliziare, e ci riescono,
facendoci ritenere anche che fosse stato raggiunto
un elevato livello di civiltà visiva, ampiamente generalizzata,
che si estendeva fino ai gradini più bassi della scala sociale.
Maschere Dionisiache
Una civiltà dell’immagine mai superata in alcuna epoca posteriore
e sempre sensibilmente superiore a quanto si possa
oggi trovare in una qualsiasi città di dimensioni paragonabili.
Casa dei Vettii
I dipinti a carattere figurativo di Pompei sono quasi sempre copie,
di solito tratte da altre copie di capolavori celebri dell’arte greca
che purtroppo sono andati perduti.

Frisso ed Elle
Alcuni ritengono che l’arte pompeiana
sia in un certo senso come la proiezione nella Campania Felix
della corrente filoellenica dell’arte romana.
Marte e Venere
Ma a causa della notevole varietà degli stili
sono stati fatti molti studi per decidere
se e quali delle pitture di Pompei, Ercolano, Stabiae e Oplontis
possano dirsi essere sicuramente nate dalle influenze
greche, campane e/o sannitiche.
In realtà esse potrebbero essere definite
come appartenenti a tutt’e tre le scuole, con la considerazione
che mentre alcune tipologie erano conosciute ancora prima
che venissero introdotte a Roma viceversa,
l’arte romana in seguito esercitò
una notevole influenza sugli artisti campani dell’epoca.

Cesto di fichi
A mio parere assume, in questo contesto, una certa rilevanza il fatto che
accanto ad opere rifacentisi certamente all’arte ed alla mitologia greca
molti sono anche i dipinti che rappresentano invece scene di vita quotidiana.
Bellerofonte e Pegaso – La casa dei dioscuri
“La tecnica utilizzata per la realizzazione delle pitture parietali (affresco)
consisteva nell’applicare al muro due o tre strati ben fatti
di intonaco calcareo, mescolato con sabbia e calcite.
Quindi si dipingeva prima il fondo e si lasciava asciugare.
Quando il tutto si era ben essiccato, si aggiungevano le decorazioni.
I colori venivano mescolati con calcare, mentre,
per conferire brillantezza alla superfice,
si aggiungevano anche colla e cera (encausto).
Con tali mezzi le pitture acquistavano durevolezza e lucentezza.
Tra l’altro, i pigmenti usati nell’antichità erano costituiti
soprattutto da terre colorate come le ocre,
da tinte minerali come il carbonato di rame e, infine,
da tinte di origine vegetale e animale.

Non era affatto facile acquistare padronanza della tecnica,
ed era necessaria una grande avvedutezza da parte del pittore,
il quale doveva riuscire a mettere in atto le sue idee
con rapidità per ricoprire la massima superfice nel minor tempo.”
(testo presente in vari siti web)
Tradizionalmente comunque le pitture delle città vesuviane
sono state assegnate a quattro stili diversi,
susseguentisi nel tempo
anche se qualche volta si sono sovrapposti.
Natura morta con bicchiere o caraffa trasparente
Oggi si pensa però che tale suddivisione sia del tutto inadeguata
a rappresentare la grande varietà delle tecniche pittoriche.
F I N E
Fonti: vari siti web – impaginaz. e coordinam. t.k.
Tony Kospan
LA TUA PAGINA DI FB DI SOGNO
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La fine della storia ed il suo oblio totale.
Poi all’improvviso la riscoperta da parte della nipote.
La Vague (L’Onda) – Claudel
RODIN E CLAUDEL
– STORIA D’ARTE AMORE E DOLORE… –
a cura di Tony Kospan
III PARTE
Ho scelto la scultura della Vague (l’Onda), nota e bella opera di Claudel,
come immagine iniziale di questa 3° ed ultima parte
perché mi appare come il simbolo (profetico o reale) del travolgere degli eventi.
Claudel al lavoro
Dunque dopo aver raccontato nella 1° parte
l’amore travolgente e la passione trionfante,
e nella 2° l’insorgere dei contrasti
e delle incomprensioni tra i 2 grandi artisti
(sempre in un tripudio di grandi sculture e veri capolavori)
parleremo ora delle ultime vicende di Claudel.
Ma parlerò anche del modo in cui questa storia
sia del tutto scomparsa dalla memoria collettiva
ed infine del come e perché sia poi tornata alla luce.
Infine un mio modesto parere su questa incredibile storia.
L’abbandono – Claudel
GLI ULTIMI ANNI DI CLAUDEL
In quel manicomio Claudel visse 30 anni di lucida tremenda consapevolezza della forzata prigione del suo genio creativo interrotti solo da inutili continui e drammatici appelli per un suo ritorno alla libertà.
Ritorno che, benché la sua guarigione fosse certificata dai medici, fu sempre rifiutato dall’arcigna madre e dai fratelli.
In una lettera del 1935 scriveva ad un amico che la sua vita era stata:
“un romanzo… un’epopea come l’Iliade e l’Odissea. Ci vorrebbe Omero per raccontarla, sono caduta dentro un baratro, vivo in uno strano mondo… dal sogno che è stata la mia vita, ora è rimasto solo l’incubo…”.
L’ultima foto di Claudel
Morì nel 1943. Rodin era morto molto tempo prima, nel 1917.
Rodin al lavoro in tarda età
Suo fratello Paul noto scrittore ed intellettuale cattolico ma certo non esempio di brillante coraggio ed umanità nonché complice insieme agli altri della sua famiglia dell’amara fine di Claudel scrisse con una certa impudenza:
“Mia sorella Camille aveva una bellezza straordinaria, ed inoltre un’energia, un’immaginazione, una volontà del tutto eccezionali. E tutti questi doni superbi non sono serviti a nulla; dopo una vita estremamente dolorosa, è pervenuta a un fallimento completo”.
Collage di opere di Camille Claudel…
LA RISCOPERTA DI C. CLAUDEL
Ma quello che la sua famiglia le tolse, una persona della stessa famiglia glie lo ha ridato dopo la morte.
Negli anni 80 infatti proprio una pronipote ventenne, Reine-Marie Paris, ha scritto la sua biografa.

La famiglia di Camille ne aveva cancellato ogni traccia considerandola una pecora nera per cui quando Reine-Marie chiese informazioni della zia ecco cosa accadde.
Ce lo racconta lei stessa:
“cercando per la mia tesi di laurea dettagli su mia zia, si scatenò un silenzio imbarazzante.
Camille mi apparve come un personaggio “maledetto” all’interno della famiglia”.
Scoprì quindi tutta la storia e divenne la ricercatrice e la curatrice delle opere di Camille con lo scopo di creare un museo in cui potessero essere conservate le sue opere e di riabilitare completamente la sua figura.
Ha poi anche creato un sito in suo onore…


Reine-Marie Paris
IL FILM
Tornata la storia alla ribalta, grazie alla nipote, divenne anche un soggetto cinematografico.
Il fascino, rosso di passione e nero di dolore, di questa storia è stato quindi raccontato in un film con Gerard Depardieu di cui possiamo vedere una bella scena che testimonia anche l’enorme interesse che suscitò la vicenda in Francia ed in tutto il mondo.
IN CONCLUSIONE UN MIO PENSIERO
Sono davvero contento d’aver conosciuto ed approfondito questa incredibile storia d’amore e d’arte… ma anche un po’ triste per aver con evidenza constatato quanto immenso dolore possa dare viltà e crudeltà oltretutto nell’ambito familiare.
Tornando alla storia d’amore… debbo dire che ci troviamo dinanzi ad una coppia di artisti – Claudel/Rodin – davvero geniali (Rodin è riconosciuto quale uno dei massimi esponenti della scultura d’ogni tempo) uniti da una passione assoluta e travolgente ma anche da una complicatissima “convivenza”.

Fugit amor – Rodin
Le grandi difficoltà furono causate sia dalle loro notevoli diversità caratteriali che dall’intrinseco conflitto tra la grande modernità di pensiero, unita però a forte intransigenza caratteriale di Claudel, e la ricerca delle “convenienze” del classico “quieto vivere” da parte di Rodin, a sua volta dotato di altrettanto forte personalità.
Tony Kospan
copyright t.k.
F I N E

SE SI DESIDERA LEGGERE L’INIZIO DELLA STORIA
SE SI DESIDERA LEGGERE LA SECONDA PARTE
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IL GRUPPO DEGLI AMANTI DELL’ARTE
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Tagore è stato un grande poeta indiano (India),
ma anche drammaturgo, scrittore e filosofo.
Le sue poesie sono tuttora amatissime nel web
(e da me pubblicate spessissimo).
Calcutta 6.5.1861 – Santiniketan 7.8.1941
Nato in una ricca famiglia indiana studiò in Inghilterra
ed al suo ritorno in India si dedicò alla cura
delle sue proprietà ed alle sue passioni artistiche.
Tagore… è stato baciato dal genio poetico,
universalmente riconosciuto,
nonostante una vita travagliata da tragici lutti.
Definito poeta dell’Armonia e del Sogno…
vinse il Premio Nobel per la Letteratura nel 1913
ed è stato amatissimo dalla cultura occidentale.
A differenza di Gandhi egli si impegnò molto
nel tentativo di conciliare la cultura del suo paese
con quella del mondo anglosassone.
Visse purtroppo il dolore della perdita
di diversi familiari a lui carissimi.
Nelle sue poesie Tagore esprime i suoi sentimenti
sempre tesi verso il sogno, l’armonia e la bellezza
nonostante le tante difficoltà
e gli enormi dolori che la vita gli riservò.
E’ stata davvero ammirabile la sua capacità di metabolizzare,
senza perdere mai il suo amore per la vita,
le grandi tragedie che lo colpirono.
Questo è avvenuto grazie ad una grandissima forza d’animo
illuminata dalla magica luce del suo stupendo mondo poetico.
Egli ha una incredibile e rara capacità di…
volare alto… e di farci volare con lui…
con parole semplici e naturali.
Ritengo che non ci possa esser miglior omaggio
ad un poeta che ricordarlo attraverso alcune sue poesie.
belle, dolci e delicate come farfalle.
BARCHE DI CARTA
Ogni giorno faccio galleggiare
le mie barche di carta a una a una
giù per la corrente del fiume.
Su di esse scrivo il mio nome
e il nome del villaggio dove vivo
in grandi lettere nere.
Io spero che un giorno qualcuno
in qualche paese straniero
le trovi, e sappia chi sono.
Carico le mie barchette con fiori
di shiuli,
colti dal nostro giardino,
e spero che quei fiori del mattino
sian portati nel paese della notte.
Io varo le mie barchette di carta
e osservo nel cielo le nuvolette
che spiegano le loro bianche vele.
Non so quale mio compagno di giochi
su in cielo le mandi giù per l’aria
a gareggiare con le mie barchette!
Quando scende la notte affondo la faccia
nelle braccia, e comincio a sognare
che le mie barchette di carta
galleggiano sotto le stelle.
In esse viaggian le fate del sonno,
e il carico è cesti pieni di sogni.
TU SEI LA NUVOLA DELLA SERA
Tu sei la nuvola della sera
che vaga nel cielo dei miei sogni.
Io ti dipingo e ti modello
con i miei desideri d’amore.
Tu sei mia, solo mia,
l’abitatrice dei miei infiniti sogni!
I tuoi piedi sono rosso-rosati
per la vampa del mio desiderio,
spigolatrice dei miei canti
al tramonto!
Le tue labbra sono dolci-amare
del sapore del mio vino di dolore.
Tu sei mia, solo mia,
abitatrice dei miei solitari sogni!
Ho oscurato i tuoi occhi
con l’ombra della mia passione,
frequentatrice della profondità
del mio sguardo!
T’ho presa e ti stringo, amore mio,
nella rete della mia musica.
Tu sei mia, solo mia,
abitatrice dei miei immortali sogni!

Emile Vernon
FIORE D’AMORE
Qualcuno mi ha segretamente
lasciato in mano un fiore d’amore.
Qualcuno mi ha rubato il cuore
e l’ha sfogliato in cielo.
Io non so se l’ho trovato
o se vado a cercarlo ovunque
e se c’è tremore di gioia o pena
TALVOLTA LA MIA GIOIA
Talvolta
la mia gioia
ti spaventa
amore mio
nasce dal nulla
e si nutre di poco
di larve invisibili
che il vento trasporta
di frammenti di paura
che si fondono in tepore
di briciole di serenità
cadute
dalla mensa dei poveri
di un raggio di sole
che risveglia lucciole
addormentate
in gocce di rugiada
se mi ami
amore mio
perdona la mia gioia
IL MIO CUORE
Il mio cuore, uccello del deserto,
ha trovato il suo cielo nei tuoi occhi.
Essi sono la culla del mattino,
essi sono il regno delle stelle.
I miei canti si perdono nella loro profondità.
Lascia che io squarci le sue nuvole
e stenda le ali al suo sole.
Tony Kospan
UN MODO DIVERSO DI VIVER
LA POESIA E LA CULTURA
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