In fondo al mare
c’è una casa
di cristallo.
A un viale
di madrepore
guarda.
Un grande pesce d’oro
alle cinque
viene a salutarmi.
Porta per me
un rosso mazzo
di fiori di corallo.
Dormo in un letto
un pò più azzurro
del mare.
Un polipo
mi fa l’occhiolino
attraverso il cristallo.
Nel bosco verde
che mi circonda
-din don… din dan-
cantano e si dondolano
le sirene
di madreperla verdemare.
E sulla mia testa
bruciano, nel crepuscolo
le irruvidite punte del mare.
Banana Yoshimoto – Tokio 24.7.1964 – Scrittrice Giapponese
VEDERE ENTRAMBI I LATI
Banana Yoshimoto
Io cerco dei vestiti che siano perfetti per me, ma non li trovo da nessuna parte forme, tessuti e colori capaci di esprimere tutto quello che ho dentro vestiti che dicano che sono viva qui, in questo momento provo a mettere insieme tutte le immagini che conosco, ma non funziona in questo paese, oggi, nemmeno i miei genitori riescono a trovarli.
Come una bambola kokeshi
come un uovo sodo senza il guscio
come un feto in attesa di venire alla luce
aspetto qualcosa come un pulcino appena nato ancora bagnato
ho il presentimento delle cose lieti
e delle cose tristi che stanno per accadere
neanche questo riesco a esprimere in parole, non ancora
ma mi batte il cuore, sono viva.
In questo paese, indipendentemente da dove si nasce siamo pressati, incalzati, costretti in una forma anche nella più remota campagna, è un susseguirsi di stradoni diritti e anonimi ed enormi negozi di cattivo gusto ma se guardo il verde delle montagne fitte di alberi mi vengono le lacrime agli occhi una piccola cascata che mi sembra un giocattolo il colore grigio del mare tranquillo come un lago amo questa natura delicata che c’è solo qui da noi.
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Sono tempi in cui può accadere di tutto si organizzano con grande impegno convegni in difesa degli uccellini mentre i bambini uccidono i gatti la gente partecipa con gioia a un’antica festa popolare portando a spalle il palanchino sacro, e intanto qualcuno mette il veleno nel cibo di tutti molti dicono che non sanno più in cosa credere.
Forse non c’entra molto, ma c’è la madre di una mia amica che ha sempre le unghie perfettamente in ordine la sua cucina, che non viene mai usata, è tutta scintillante da loro si mangiano solo cibi comprati già pronti in raffinati negozi di gastronomia e pane francese che si fanno recapitare a casa appena sfornato ma la mia amica è amata.
Mia madre è di famiglia contadina, la mia cucina è sempre schizzata di grasso lei fa da mangiare riso bianco, tempura e verdure in salamoia, 챔 una cuoca fantastica anch’io sono amata. Più che gli aspetti negativi delle differenze conta la possibilità di coltivare l’amore e di capirsi l’uno con l’altro la possibilità di crescere in quest’epoca che si muove vertiginosamente, non faccio che vedere gente, tante persone tutte diverse e posso incontrarle senza paura, da qualunque posto vengano, qualunque sia il loro aspetto seguendo l’istinto, abbandonando i pregiudizi la nostra anima diventa sempre più meravigliosa.
Mi piace mangiare,
prendermela comoda,
stare in salute,
essere approvata dagli altri, il denaro,
evitare di vedere le cose brutte,
ma non è per questo che vivo.
Per fare quello che mi interessa davvero
posso anche non mangiare, avere guai,
ammalarmi,
essere criticata, restare senza un soldo,
vedere un sacco di cose brutte
fa lo stesso.
Sono fiera di questa mia convinzione, per infantile che sia vivere è vedere entrambi i lati delle cose non è mica roba da poco vorrei che tv e giornali smettessero di raccontare solo cose tristi in questo mio nuovo viaggio che è ancora appena all’inizio.
Doveroso ritengo, nell’anniversario della sua nascita,
tracciare un breve ritratto dell’uomo e dello scrittore che,
più e meglio di ogni altro,
è stato capace di narrare la tragica realtà dei lager
trasmettendola alla memoria nostra e delle future generazioni.
(Torino 31.7 .1919 – Torino 11.4.1987)
PRIMO LEVI
TESTIMONE SCRITTORE E… VERO UOMO
Nato a Torino da genitori di religione ebraica, fu brillante studente del liceo classico Massimo D’Azeglio e si laureò in modo encomiabile in Chimica con una tesi però di Fisica per l’ostracismo dei professori nei suoi confronti a seguito delle famigerate e vergognose Leggi Razziali.
Lavorava a Milano come chimico quando nel ’43 fu catturato dai Tedeschi che dopo un pò lo trasferirono ad Auschwitz… luogo di cui lui (come gli altri prigionieri) ignorava tutto…
«Avevamo appreso con sollievo la nostra destinazione.
Auschwitz: un nome privo di significato, allora e per noi»
(P. Levi – Se questo è un uomo)
Primo Levi giovane con amici (ultimo a dx)
Essendo giovane e valido non scomparve subito nel nulla come i vecchi… le donne ed i bambini… ma assegnato ad una fabbrica di gomma.
Nonostante fosse rasato a zero, con vestito a righe, costretto a rigidissime regole e con un numero cucito sulla giacca…, il suo era 174517, all’inizio non capiva quel che davvero stava accadendo.
In breve tempo però la tremenda realtà gli apparve chiara…
Primo Levi con la sorella Anna Maria nel 1947
Le sue conoscenze di tedesco e di chimica gli consentirono però di evitare lavori troppo duri ma l’esperienza vissuta nei campi di concentramento tra rapporti di grande amicizia tra prigionieri e per converso di incredibile violenza fisica e spirituale lo segnarono profondamente.
Fu liberato il 27 gennaio 1945 dai Russi, anche grazie a circostanze fortunate, (era stato spostato nel campo di Buna-Monowitz perché ammalato di scarlattina) ma riuscì a tornar in patria solo nell’ottobre successivo.
Primo Levi è stato dunque tra i pochissimi a tornare dai campi di concentramento.
In Italia, essendo stato testimone di tanta assurda e cieca violenza, sentì l’obbligo di rivelare al mondo quel che nessuno poteva immaginare e quindi nemmeno credere.
In questo modo poteva poi anche elaborare l’immenso dolore da cui non riusciva a liberarsi.
Primo Levi e Philip Roth
Da ciò nacque l’ormai mitico libro “Se questo è un uomo” che in un primo tempo piacque solo ai critici ma poi pian piano venne tradotto in diverse lingue ed apprezzato in tutto il mondo.
Con il libro “La Tregua” vinse la prima edizione del Premio Campiello.
Seguì negli anni la pubblicazione di tante altre sue opere.
Morì l’11 aprile del 1987.
Dirà di lui il letterato Claudio Toscani:
«L’ultimo appello di Primo Levi non dice “non dimenticatemi” ma “non dimenticate”».
Infine, come omaggio al suo ricordo, ecco questo notissimo suo poetico brano.
SE QUESTO E’ UN UOMO
Primo Levi
«Voi che vivete sicuri
Nelle vostre tiepide case,
Voi che trovate tornando a sera
Il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo
Che lavora nel fango
Che non conosce pace
Che lotta per mezzo pane
Che muore per un sì o per un no.
Considerate se questa è una donna,
Senza capelli e senza nome
Senza più forza di ricordare
Vuoti gli occhi e freddo il grembo
Come una rana d’inverno.
Meditate che questo è stato:
Vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
Stando in casa andando per via,
Coricandovi, alzandovi;
Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
La malattia vi impedisca,
I vostri nati torcano il viso da voi».
Anche se non ha ricevuto grandi omaggi da parte della critica
a me, Romano Battaglia noto giornalista e scrittore da poco scomparso,
è sempre piaciuto per l’arguzia, la leggerezza mai banale e la serena fantasia
con cui scriveva racconti poesie riflessioni… etc…
ed infatti spesso pubblico suoi brevi ma “sognanti” brani.
E stato anche un apprezzato conduttore televisivo
ed ha ricevuto diversi premi per le sue opere.
Forse per la sua serena visione delle cose ed
il suo originale e simpatico modo di raccontare,
sempre piacevole e leggero ma mai banale,
la critica è sempre stata fredda nei suoi confronti.
Romano Battaglia
(Marina di Pietrasanta 31.7.1933 – Marina di Pietrasanta 22.7.2012)
Per questo desidero ora rendergli omaggio
con questo suo breve, leggiadro eppur significativo brano.
Ritengo che sia davvero una bella riflessione questa
e penso che faccia bene allo spirito di noi tutti.
SERENATA AL MONDO
Romano Battaglia
Un giorno volevo descrivere il dolore che provai nel veder tagliare gli alberi di un giardino, ma ci riuscì meglio un bambino in sole poche righe.
Una volta volevo rendere la bellezza della neve caduta sulla terra, ma ci riuscì meglio un bambino che abitava sulle montagne.
Un giorno cercai di tradurre in parole il pianto del fiume inquinato, ma le parole più giuste furono quelle di un bambino che abitava sul fiume.
Una sera cercai di scrivere una poesia per un cielo di stelle, ma l’aveva già scritta un bambino che guardava sempre il cielo.
Una volta piansi per la cattiveria e le ingiustizie del mondo, ma le lacrime più vere furono quelle di un bambino.
Le parole di quei bambini, i loro sogni, i loro pensieri sono messaggi di verità:
li affido agli abitanti della terra, spesso stanca e malata, affinché sappiano trarne un insegnamento.
Questo di Coelho, è a parer mio,
un brano davvero sublime
teso a farci comprendere l’importanza di lottare
per la difesa e la vitalità… dei nostri sogni.
Chi ama il sogno come amico e sostegno dei nostri giorni
nonché capace di arricchire la nostra vita,
proponendoci mete realizzabili o meno,
non potrà non apprezzarlo in pieno.
IL BUON COMBATTIMENTO
ovvero
ELOGIO DEL SOGNO P. Coelho
(musica new age)
“Ho combattuto il buon combattimento e ho mantenuto la fede”, dice Paolo in una delle sue epistole.
E sarebbe bene ricordare questo tema, quando un nuovo anno si prospetta davanti a noi.
L’uomo non può mai smettere di sognare.
Il sogno è l’alimento dell’anima come il cibo è l’alimento del corpo.
Tante volte, nella nostra esistenza, vediamo i nostri sogni infranti e i nostri desideri frustrati, ma bisogna continuare a sognare, altrimenti la nostra anima muore e Agape non vi penetra.
Agape è l’amore universale, quell’amore che è più grande e più importante del semplice “piacere” a qualcuno.
Nel suo famoso discorso sui sogni, Martin Luther King ricorda il fatto che Gesù ci chiese di amare i nostri nemici, e non che essi ci piacessero.
Questo amore più grande è quello che ci dà l’impulso per continuare a lottare malgrado tutto, per mantenere la fede e la gioia, e combattere il Buon Combattimento.
Il Buon Combattimento è quello intrapreso perché lo chiede il nostro cuore.
In epoche eroiche, quando gli apostoli giravano nel mondo predicando il vangelo, o al tempo dei cavalieri erranti, questo era più facile: c’erano molte terre da attraversare e tante cose da fare.
Al giorno d’oggi, però, il mondo è cambiato, e il Buon Combattimento è stato trasportato dai campi di battaglia all’interno di noi stessi.
Il Buon Combattimento è quello intrapreso in nome dei nostri sogni.
Quando essi esplodono in noi con tutto il loro vigore – nella gioventù – noi abbiamo molto coraggio, ma non abbiamo ancora appreso a lottare.
Dopo tanti sforzi, finiamo per apprendere a lottare, ma a quel punto non abbiamo più lo stesso coraggio per combattere.
Perciò, ci rivolgiamo contro di noi e combattiamo noi stessi, finendo così per essere il nostro peggior nemico.
Diciamo che i nostri sogni erano infantili, difficili da realizzare, o frutto della nostra ignoranza delle realtà della vita.
Uccidiamo i nostri sogni perché abbiamo paura di intraprendere il Buon Combattimento.
Il primo sintomo che stiamo uccidendo i nostri sogni è la mancanza di tempo.
Le persone più occupate che ho conosciuto in vita mia avevano sempre tempo per tutto.
Quelle che non facevano nulla erano sempre stanche, non tenevano dietro a quel poco di lavoro che dovevano fare e si lamentavano continuamente che il giorno era troppo corto.
In realtà, esse avevano paura di intraprendere il Buon Combattimento.
Il secondo sintomo della morte dei nostri sogni sono le nostre certezze.
Poiché non vogliamo guardare alla vita come ad una grande avventura da vivere, finiamo per giudicarci saggi, giusti e corretti in quel poco che chiediamo all’esistenza.
Guardiamo al di là delle mura del nostro quotidiano e udiamo il rumore di lance che si spezzano, l’odore di sudore e polvere, i grandi crolli e gli sguardi assetati di conquista dei guerrieri.
Ma non avvertiamo mai la gioia, la Gioia immensa che c’è nel cuore di coloro che stanno lottando, giacché per questi ultimi non è importante la vittoria o la sconfitta, ciò che importa è solo intraprendere il Buon Combattimento.
Infine, il terzo sintomo della morte dei nostri sogni è la Pace.
La vita diviene un pomeriggio domenicale, che non ci chiede grandi cose e non esige nulla di più di quanto noi possiamo dare.
Riteniamo allora di essere “maturi”, di avere messo da parte le “fantasie dell’infanzia”, e raggiungiamo la nostra realizzazione personale e professionale.
E siamo stupiti quando qualcuno della nostra età dice di volere ancora questo o quello dalla vita.
Ma, nell’intimo del nostro cuore, sappiamo che ciò che è accaduto è che abbiamo rinunciato a lottare per i nostri sogni, a combattere il Buon Combattimento.
Quando rinunciamo ai nostri sogni e troviamo la pace, abbiamo un periodo di tranquillità.
Ma i sogni morti cominciano a marcire dentro di noi e ad infestare tutto l’ambiente in cui viviamo.
Noi cominciamo a diventare crudeli verso coloro che ci circondano, e infine passiamo a rivolgere questa crudeltà contro noi stessi.
Compaiono le malattie e le psicosi.
Ciò che volevamo evitare nel combattimento – la delusione e la sconfitta – diviene l’unico legato della nostra vigliaccheria.
E un bel giorno, i sogni morti e ormai marciti rendono l’aria difficile da respirare e noi cominciamo a desiderare la morte, la morte che ci liberi dalle nostre certezze, dalle nostre occupazioni, e da quella terribile pace dei pomeriggi domenicali.
Per evitare tutto ciò, dunque, dobbiamo affrontare la vita con la riverenza del mistero e la gioia dell’avventura.
Pittore, architetto, scrittore, ma anche scenografo, decoratore, costruttore di apparati effimeri per i carnevali, matrimoni, etc. il versatile aretino però è stato, e resta, soprattutto una miniera di informazioni storiche, tecniche ed artistiche sul mondo dell’arte rinascimentale oltre che l’inventore del linguaggio dell’arte.
Possiamo dire in poche parole che dopo di lui l’Arte, soprattutto come conoscenza, analisi e storia, non fu più la stessa.
Cercheremo di analizzare, in breve come sempre, la sua figura e le sue opere.
(Arezzo 30.7.1511 – Firenze 27.6.1574)
GIORGIO VASARI
PENNELLO E… PENNA…
a cura di Tony Kospan
Vasari dipinge – Casa di Arezzo
BREVE BIOGRAFIA
Iniziò giovanissimo a frequentare la bottega d’arte di Guglielmo di Marcillat dove incontrò Rosso Fiorentino che ebbe poi grande influenza nelle sue opere.
A soli 13 anni si trasferisce a Firenze, massimo centro culturale ed artistico dell’epoca, dove conobbe diversi grandi artisti tra cui Michelangelo e Andrea del Sarto che completarono la sua formazione artistica.
San Giorgio e il Drago
Qui strinse un sodalizio artistico con il quasi coetaneo Del Salviati Cecchino insieme al quale affrescò, per il cardinale Salviati a Palazzo Salviati, “La vita di Giovanni il Battista” che portò fama soprattutto al Cecchino e col quale fece un viaggio per ammirare opere d’arte in varie città d’Italia tra cui Roma, Napoli e Bologna, ma nelle quali operò anche.
I sei poeti toscani
Il centro principale della sua attività però restò Firenze dove fondò l’Accademia delle arti e del disegno, insieme ad altri artisti, e dove conobbe Cosimo I dei Medici che gli commissionò delle opere architettoniche e, dal 1560 in poi, fu incaricato della Costruzione del Palazzo degli Uffizi, della ristrutturazione di Palazzo Vecchio e del Palazzo degli Anziani di Pisa.
La nascita di Venere
Sue caratteristiche sono in primis il piacere di lavorare in compagnia di altri artisti, al punto che da alcuni è anche stato definito una specie di talent scout, ed un’altra, come dirà egli stesso, è la sua grande celerità nel dipingere.
In tutto il corso della sua vita alternò la creazione di opere d’arte con quella di “opere effimere”.
Cioècurava anche l’organizzazione e le scenografie per matrimoni nobiliari, per manifestazioni teatrali, carnevalesche etc..
Morì nel 1574 a Firenze.
LO STILE DEL VASARI PITTORE
Caino e Abele – Dipinto a Napoli
Può essere considerato fra i maggiori manieristi tosco-romani ma possiamo forse meglio definire il suo stile come una combinazione tra il manierismo, le visioni michelangiolesche e la vivacità dei colori di Rosso Fiorentino.
Il Manierismo è la corrente artistica che si distinse per la ricerca di uno stile fatto di eleganza, armonia e sicurezza che ebbe vita dal 1525 fino al 1563 anche se il termine fu usato dal Vasari principalmente per descrivere il virtuosismo del pittore.
La fucina di Vulcano
In effetti la pittura vasariana è incredibilmente precisa e ricchissima di particolari, anche minimi, come possiamo accorgerci esaminando ad es. capelli, mani, occhi, vesti, oggetti etc…, ed i colori sono sempre vivaci,vari e stupendamente applicati.
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Sala di Cosimo il Vecchio – Palazzo Vecchio – Firenze
Tuttavia la sua pittura, pur elegantissima, appare non manifestare quel pathos, quel calore, che caratterizza le opere dei grandissimi del Rinascimento.
“LE VITE”
E LA NASCITA DELLA STORIA DELL’ARTE
Come si diceva all’inizio, pur essendo stato un valente (ma non geniale) pittore, architetto e non solo, tuttavia la sua fama principale oggi gli viene dalla sua opera letteraria che rappresenta una vera e propria pietra miliare nel campo della storiografia e del linguaggio nel campo dell’Arte.
Eppure il Vasari, in una lettera ad un amico, si lamentava di non esser così bravo con la penna come col pennello!!!!
Allegoria della giustizia
Le vite de’ più eccellenti pittori, scultori e architettori, da Cimabue insino a’ tempi nostri è il titolo originale dell’opera che ebbe 2 edizioni, la prima nel 1550 e la seconda nel 1568, ma che per brevità ormai è da tutti chiamata “Le vite“.
L’opera contiene oltre 160 biografie di artisti ed è quindi un’opera che possiamo definire “monumentale” e la sua importanza è immensa al di là della condivisione o meno di diversi suoi giudizi sugli artisti di cui scrive ed altresì al di là di diversi errori.
Inizia, proprio grazie a “Le vite”, l’interesse per le biografie degli artisti, per la critica e l’analisi delle opere, per le conoscenze delle tecniche pittoriche e per la storia delle “scuole” dal duecento in poi.
Infine appare evidente la consapevolezza, in lui, di tutto quello che il suo secolo rappresentava per l’evoluzione dell’Arte mondiale dato che proprio a lui si deve la creazione del termine “Rinascita“.
Battaglia di Marciano
Ne “Le vite” il Vasari parla anche di se stesso come “Novello Giotto“ e racconta, in alcuni casi con dovizia di particolari (come per il periodo napoletano), ed in altri con strategici silenzi o strategiche amplificazioni la sua vita e le sue opere…
Il testo, a dire il vero, contiene anche diversi e marchiani errori in quanto il Vasari prendeva per buone anche le dicerie e le leggende createsi intorno alle vite degli artisti vissuti nei secoli precedenti ma tuttavia queste inesattezze, che per lungo tempo hanno inficiato l’attendibilità dell’opera, non possono danneggiarne nè l’impianto complessivo nè la precisione e la cura dei “suoi” giudizi estetici e critici come concordemente oggi la critica ha finalmente riconosciuto.
In ogni caso non possiamo sottacere 2 importanti aspetti:
1 – che le vite degli artisti temporalmente a lui più vicini appaiono abbastanza corrette e precise…
2 – che alla sua epoca non c’erano certo i moderni strumenti tecnologici che avrebbero potuto consentirgli più precise ricerche ed analisi scientifiche.
Pertanto, in considerazione dell’assoluta innovazione rispetto al preesistente “vuoto” (o quanto meno “grande dispersione“) di conoscenze nel mondo dell’arte, al Vasari ed alle sue “VITE” va riconosciuto un merito davvero incommensurabile…