Archivio per 6 giugno 2022
Pierre August Cot – Il temporale (partic.)
Una coppia non è un uomo più una donna:
è una terza persona che formano insieme.
– Francoise Giroud –

Pierre August Cot – La Bohemienne
TI RICORDO COME ERI
– Pablo Neruda –
Ti ricordo come eri nell’ultimo autunno.
Eri il berretto grigio e il cuore in calma.
Nei tuoi occhi lottavano le fiamme del crepuscolo.
E le foglie cadevano nell’acqua della tua anima.
Stretta alle mie braccia come un rampicante,
le foglie raccoglievano la tua voce lenta e in calma.
Fuoco di stupore in cui la mia sete ardeva.
Dolce giaciglio azzurro attorto alla mia anima.
Sento viaggiare i tuoi occhi edè distante l’autunno:
berretto grigio, voce d’uccello e cuore di casa
verso cui emigravano i miei profondi aneliti
e cadevano i miei baci allegri come brage.
Cielo da un naviglio. Campo dalle colline:
il tuo ricordo è di luce, di fumo, di stagno in calma!
Oltre i tuoi occhi ardevano i crepuscoli.
Foglie secche d’autunno giravano nella tua anima.
Pierre August Cot – Tempo di primavera (partic.)
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Dante Gabriel Rossetti
LA VERA STORIA DI PAOLO E FRANCESCA
Giovanni Malatesta, chiamato Gianciotto (ma anche Giovanni lo zoppo) era notoriamente poco attraente, oltre che zoppo per questo i Signori di Rimini e Ravenna che avevano deciso il matrimonio organizzarono l’inganno.
Quindi, volendo eliminare le resistenze di Francesca, a chiedere la sua mano fu mandato a Ravenna suo fratello Paolo, detto il bello.
Francesca convinta di sposare Paolo accettò ma poi scoprì l’amara verità.
Non solo non era bello Gianciotto ma anche rozzo, cattivo e volgare a differenza di Paolo che era pure colto e gentile.
Non era dunque imprevedibile il tradimento che puntualmente avvenne e Gianciotto secondo le regole del tempo lavò l’onta con l’uccisione degli amanti.
Questa non è una storia di fantasia ma avvenne davvero e si verificò nel Castello di Gradara a Rimini.
Dante quasi certamente conobbe Paolo che per un periodo era stato Capitano del Popolo a Firenze tra il 1282 e il 1283.
Ary Scheffer
DANTE E L'INCONTRO CON GLI AMANTI NEL V CANTO
La vicenda dei due amanti è ormai, anche grazie ai versi del Sommo, divenuta simbolo mondiale e poetico dell’amore passionale.
Le parole di Dante, perplesso, turbato e dubbioso, per la gravità della pena data agli innamorati, mi hanno da sempre colpito.
Leggiamo ora l’intero “cuore” del mitico passo.
….
Amor, ch’al cor gentil ratto s’apprende,
prese costui de la bella persona
che mi fu tolta; e ’l modo ancor m’offende.
Amor, ch’a nullo amato amar perdona,
mi prese del costui piacer sì forte,
che, come vedi, ancor non m’abbandona.
Amor condusse noi ad una morte.
Caina attende chi a vita ci spense”.
Queste parole da lor ci fuor porte.
Quand’io intesi quell’anime offense,
china’ il viso e tanto il tenni basso,
fin che ’l poeta mi disse: “Che pense?”.
Quando rispuosi, cominciai: “Oh lasso,
quanti dolci pensier, quanto disio
menù costoro al doloroso passo!”.
Poi mi rivolsi a loro e parla’ io,
e cominciai: “Francesca, i tuoi martiri
a lagrimar mi fanno tristo e pio.
Ma dimmi: al tempo d’i dolci sospiri,
a che e come concedette amore
che conosceste i dubbiosi disiri?”.
E quella a me: “Nessun maggior dolore
che ricordarsi del tempo felice
ne la miseria; e ciò sa ’l tuo dottore.
Ma s’a conoscer la prima radice
del nostro amor tu hai cotanto affetto,
dirò come colui che piange e dice.
Noi leggiavamo un giorno per diletto
di Lancialotto come amor lo strinse;
soli eravamo e sanza alcun sospetto.
Per più fiate li occhi ci sospinse
quella lettura, e scolorocci il viso;
ma solo un punto fu quel che ci vinse.
Quando leggemmo il disiato riso
esser basciato da cotanto amante,
questi, che mai da me non fia diviso,
la bocca mi basciò tutto tremante.
Galeotto fu ’l libro e chi lo scrisse:
quel giorno più non vi leggemmo avante”.
Mentre che l’uno spirto questo disse,
l’altro piangëa; sì che di pietade
io venni men così com’io morisse.
E caddi come corpo morto cade.
Amos Cassioli
Dante, certo collega la pena al mancato rispetto delle regole ma poi di fronte alla forza del vero amore, come mai più gli accadrà nella Commedia, non se ne capacita e prova grande compassione per gli amanti di fronte ad una pena così dura per un peccato d’amore ed in pratica… sviene perfino.
io venni men così com’io morisse.
E caddi come corpo morto cade.
Gabriele Dell'otto
Ebbene la lettura dei mitici ed amatissimi versi danteschi mi portarono un giorno a scrivere la poesia che segue e che un addetto ad un noto sito di poesie, che non nomino per carità di patria, non voleva pubblicarla perché c’erano (ohibò) i nomi propri di persone e solo dopo una corrispondenza si rese conto che erano quelli dei personaggi della Divina Commedia.
Sir Joseph Noel Paton
LA MIA POESIA – PAOLO E FRANCESCA
Quale arcana forza
Paolo spinse
tra l'amorevoli braccia
della dolce Francesca
così rompendo
d'umane leggi il muro?
Qual'irresisitibil forza
Francesca spinse
tra le calde braccia
dell'amato Paolo
così rompendo
d'antico dogma il vincolo?
Questa forza così grande
così vigorosa
così esplosiva
così intensa
così travolgente
così entusiasmante
così magica
così invincibile
caro grande Dante
che sconvolto
“cadesti come corpo morto cade”
mossa non fu
da terrena passione
ma da divina
nulla contr'essa potendo
le inermi difese
degl'infelici amanti.
Sull'altare
di tal sovrumano richiamo,
sensuali purezze immortali
incarnando,
all'amaro destino
s'immolarono
poetico simbolo eterno
diventando
dell'infinito… assoluto
AMORE.
– Tony Kospan –
Tony Kospan
F I N E
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Se è vero che l’inizio della misurazione del tempo
ha origini molto antiche, forse babilonesi,
è nel mondo greco-romano che lo scorrere del tempo
assume una grandissima importanza.
Si narra che Plauto invocasse la maledizione degli dei
contro colui che installò per primo la meridiana in città per indicare l’ora
togliendo così la spensieratezza ai Romani.
Esaminiamo allora,
sul tema “tempo” e sui suoi effetti sulla nostra vita
(cosa di cui spesso discutiamo nel web),
la visione poetica e filosofica dei nostri antenati.

IL SENSO DEL TEMPO PER
I POETI E GLI SCRITTORI CLASSICI
Musica new age da ascoltare leggendo (se si vuole)
L’Uomo, il senso della caducità e della brevità dell’esistenza, con l’imperturbabile e ciclica Natura sullo sfondo, sono i protagonisti di una bellissima elegia (Frag. 2 West) di Mimnermo (VII-VI sec. a C.), in cui il poeta greco dipinge, toccando vette di intensissima drammaticità (riprese poi da Leopardi, frammento XLI dei Canti) tutta la fragilità dell’esistenza umana:
“Noi, quali le foglie che la primavera, stagione ricca di fiori, produce, quand’ecco che crescono ai raggi del sole: simili a queste per il tempo di un cubito dei fiori della giovinezza possiamo godere, ignorando da parte degli dei sia il bene che il male. Vicine dimorano le Sorti nere, l’una che tiene il termine della vecchiaia penosa, l’altra della morte.
Ma quando questo termine di stagione è trascorso, subito l’essere morti è meglio della vita: molti sono i mali nell’animo, talora i beni si dilapidano, ed i prodotti della povertà ci affliggono; uno sperimenta la mancanza dei figli, e scende sotto terra nell’Ade desiderandoli con tutto il cuore; un altro è consumato da una malattia che gli ruba l’animo; non esiste alcun mortale cui Zeus non dia molti mali”.
LA GIOVINEZZA
G. Leopardi
Ma la giovinezza onorata è cosa di breve durata come un sogno:
e la vecchiaia sgradevole ed informe subito incombe sul capo,
nemica e allo stesso tempo senza onore,
la vecchiaia che rende l’uomo irriconoscibile
ed annebbia gli occhi e la mente avvolgendoli.
|
La giovinezza – questa è la massima convinzione ed al contempo disperazione dei lirici greci – è solo un sogno di breve durata, afferma ancora Mimnermo in un celebre suo frammento (Mimn., Frag. 5):
“Ma la giovinezza onorata è cosa di breve durata come un sogno: e la vecchiaia sgradevole ed informe subito incombe sul capo, nemica e allo stesso tempo senza onore, la vecchiaia che rende l’uomo irriconoscibile ed annebbia gli occhi e la mente avvolgendoli”.
Il tema della fragilità della vita umana, espresso attraverso la caducità delle foglie su un ramo, pronte a cadere al primo alito di vento, sembra essere caro al modo di pensare dei greci e si trova ad esempio già nell’Iliade (VI, 144 e seguenti), dove Glauco così risponde a Diomede, con il quale sta per venire a duello:
“Magnanimo figlio di Tideo (Diomede), perchè mi domandi quale sia la mia stirpe? Come stirpi di foglie, così le stirpi degli uomini; delle foglie il vento getta alcune a terra, mentre altre sono nutrite al tempo di
primavera dalla selva in fiore; così le stirpi degli uomini: nasce una, l’altra scompare”.

Eraclito e Democrito – Bramante
Ora, sempre restando nel mondo ellenico, facciamo un piccolo excursus verso la filosofia che mostra l’enorme importanza abche per i pensatori dell’epoca della dimensione del Tempo… e parlando del famoso “Panta Rei”…
Panta rei os potamòs (dal greco πάντα ῥεῖ ὡς ποταμός), cioè… “Tutto scorre come un fiume” è il celebre aforisma attribuito ad Eraclito, ma in realtà mai esplicitamente formulato in questi termini da quel che si legge nei suoi scritti a noi pervenuti.
Eraclito (Efeso 535 a.C. – 475 a.C.) è considerato il filosofo del Divenire in contrapposizione con la filosofia dell’Essere di Parmenide e questa nota espressione nasce da una sintesi di un frammento del suo trattato “Sulla natura”:
« Non si può discendere due volte nel medesimo fiume e non si può toccare due volte una sostanza mortale nel medesimo stato, ma a causa dell’impetuosità e della velocità del mutamento essa si disperde e si raccoglie, viene e va. » (91 Diels-Kranz).
Eraclito vuol evidenziare come l’uomo non possa mai fare la stessa esperienza per due volte, giacché ogni cosa è sottoposta alla legge inesorabile del tempo.
Louis Jean Francois Lagrenee – Malinconia
Ma torniamo alla Poesia… e torniamo al tema della caducità della vita umana… vista nel mondo latino.
Foglie al vento sono anche le anime dei defunti che si affollano sulle rive dell’Acheronte nell’Eneide:
“quam multae glomerantur aues, ubi frigidus annus trans pontum fugat et terris immittit apricis. stabant orantes primi transmittere cursum tendebantque manus ripae ulterioris amore” (Virgilio, Aen. VI, 311-314), immagine che sarà ripresa quasi testualmente anche da Dante per descrivere le anime in attesa del nocchiero Caronte in Inferno, 3.
DIVINA COMMEDIA – INFERNO – CANTO 3°
OMISSIS
“Ed ecco verso noi venir per nave
un vecchio, bianco per antico pelo,
gridando: «Guai a voi, anime prave!
Non isperate mai veder lo cielo:
i’ vegno per menarvi a l’altra riva
ne le tenebre etterne, in caldo e ‘n gelo.
E tu che se’ costì, anima viva,
pàrtiti da cotesti che son morti».
Ma poi che vide ch’io non mi partiva,
disse: «Per altra via, per altri porti
verrai a piaggia, non qui, per passare:
più lieve legno convien che ti porti».
E ‘l duca lui: «Caron, non ti crucciare:
vuolsi così colà dove si puote
ciò che si vuole, e più non dimandare”
|
Il tempo è poi l’ossessione di Orazio (Carmina II 14), che, in questi versi, ricorda come breve sia la vita dell’uomo prima che la vecchiaia e poi la morte lo colgano:
“Ohimè, Postumo, Postumo, gli anni si dissolvono fuggendo via a tradimento e la pietà non riuscirà a ritardare le rughe e la vecchiaia che incombe e la morte indomabile”.
E ancora, nello stesso carme, per rafforzare questa idea con un’immagine viva e dunque di intensa drammaticità, il poeta riprende:
“Il tuo erede, più degno di te, si prenderà le anfore di Cecubo che cento chiavi proteggono e di vino superbo colorerà il pavimento, un vino migliore di quello delle cene dei pontefici”.
Nello spreco che altri faranno di quanto faticosamente (e vanamente, perchè dalla morte e dall’oblio non c’è scampo) noi abbiamo accumulato c’è tutta la disperazione del poeta, che infatti, nel suo anelito di immortalità, nel suo desiderio di lasciare di sè memoria imperitura, affida le sue opere ai posteri.
Sempre Orazio a proposito del tempo:
“Mentre parliamo, già sarà fuggito il tempo invidioso : cogli il giorno, fidandoti il meno possibile del domani” (Carmina, I,11), forse nella scia di Simonide, che ricorda: “Da uomo quale sei, non dire mai quale sarà il domani; nè, vedendo un uomo felice, per quanto lo sarà. Neppure il guizzo della mosca dalle ali distese è così rapido” (Frag. 521/16, 615/110 Page).

Trionfo di Bacco ed Arianna
Terminiamo questa breve analisi del tempo visto dai classici con la famosa poesia di Lorenzo de’ Medici… (Firenze, 1º gennaio 1449 – Firenze, 9 aprile 1492) che riprende alla grande il tema della fugacità della giovinezza… qui riportata, per brevità, solo nella mitica strofa.
Debbo dire che condivido in pieno il pensiero di Lorenzo ed ho sempre condiviso il… “carpe diem” anche se però… “ragionato“.
TRIONFO DI BACCO ED ARIANNA
« Quant’è bella giovinezza,
Che si fugge tuttavia!
Chi vuol essere lieto, sia:
Di doman non c’è certezza»
|
Libero adattamento del testo di “Antiquitas”
Impaginazione T.K.
Infine una poesia-riflessione di un grande autore molto più recente e Premio Nobel per la letteratura nel 1948 ma già considerato un classico.
IL TEMPO
Thomas Stears Eliot
Il tempo presente e il tempo passato
son forse presenti entrambi nel tempo futuro,
E il tempo futuro è contenuto nel tempo passato.
Se tutto il tempo è eternamente presente
tutto il tempo è irrimediabile.
“Ciò che poteva essere” è un’astrazione
che resta una possibilità perpetua
solo nel mondo delle ipotesi.
Ciò che poteva essere e ciò che è stato
tendono ad un solo fine, che è sempre presente.
Passi echeggiano nella memoria
lungo il corridoio che non prendemmo
verso la porta che non aprimmo mai
sul giardino delle rose:
Le mie parole echeggiano
Così nella vostra mente.
F I N E
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Il grande poeta
Aleksandr Puskin
viene definito anche
“La grande anima russa“.
Mosca 6 giugno 1799 – San Pietroburgo 10 febbraio 1837
(ma le date sono diverse per il calendario giuliano)
Vissuto nella prima parte dell’800
Puskin ha raggiunto con le sue opere un altissimo livello poetico,
manifestando altresì la capacità di comprendere e di esporre
tutti i temi che riguardano noi umani.
E’ definito il padre della letteratura russa
perché è stato sì un grande poeta
ma ha anche scritto testi di grande qualità
nell’ambito di quasi di tutti i generi letterari
(novelle, romanzi storici, opere teatrali).
Inoltre ha avuto anche notevoli meriti linguistici
avendo egli creato quella lingua scritta
che è stata seguita poi da tutti gli scrittori russi.
Dostojevskj lo definì per questo…
“Principio di tutti i princìpi“
Eppure la sua vita è stata molto breve
perché è morto a soli 38 anni per un duello
a seguito di accuse di infedeltà della moglie..
.
La moglie.
.
Penso che il miglior modo di conoscere
uno scrittore… un poeta… sia attraverso le sue opere
entrando in tal mondo nel suo cuore e nella sua mente.
Ecco alcune sue belle poesie.
RICORDO IL MAGICO ISTANTE
Ricordo il magico istante:
Davanti m’eri apparsa tu,
Come fuggevole visione,
Genio di limpida beltà.
Nei disperati miei tormenti,
Nel chiasso delle vanità,
Tenera udivo la tua voce,
Sognavo i cari lineamenti.
Anni trascorsero. Bufere
Gli antichi sogni poi travolsero,
Scordai la tenera tua voce,
I tuoi sublimi lineamenti.
E in silenzio passavo i giorni
Recluso nel vuoto grigiore,
Senza più fede e ispirazione,
Senza lacrime, né vita e amore.
Tornata è l’anima al risveglio:
E ancora mi sei apparsa tu,
Come fuggevole visione,
Genio di limpida beltà.
E nell’ebbrezza batte il cuore
E tutto in me risorge già
E’ la fede e l’ispirazione
E la vita e lacrime e amore.
RINASCITA
Un barbaro artista il quadro annerisce
Di un genio con mano indolente,
E il suo disegno iniquo egli traccia
Su quel quadro assurdamente.
Ma, con gli anni, come vecchie scaglie,
Si stacca l’estraneo colore,
E l’opera del genio ci appare
Nel suo primitivo splendore.
Così nell’anima mia travagliata
Scompaiono gli errori compiuti,
E tornano in essa le visioni
Dei limpidi giorni vissuti.
IO VI HO AMATA
Io vi ho amata: e ancora forse l’amore
Nell’anima del tutto non ho spento;
Ma che esso non sia per voi tormento;
Non voglio che alcunché vi dia tristezza.
Io vi ho amata in silenzio, senza speranza,
Di timidezza soffrendo, di gelosia;
io vi ho amata davvero, e così teneramente
Come Dio vi conceda d’essere amata da un altro.
Valery Vetshteyn
IL POETA
Finché Apollo non sacrifica
Il poeta sul suo altare,
Nelle pene del vano mondo
Egli spaurito deve aspettare.
E’ muta la sua sacra lira,
L’anima freddi sogni assapora,
Dei miseri figli della terra,
Forse egli è più misero ancora.
Ma appena la parola divina
Il sensibile udito toccherà,
Come un’aquila risvegliata,
L’anima del poeta si alzerà.
E’ triste nei trastulli del mondo,
Fugge via dalla gente chiassosa,
Davanti all’idolo delle masse
Non china la testa orgogliosa.
Corre, selvaggio e severo,
Pieno di sgomento e di canti,
Fin sulle onde del deserto,
Nel bosco di querce fruscianti.
L’UCCELLINO
Osservo fedele un’antica usanza
Anche in una terra a me straniera:
Lasciare libero un uccellino
Nella chiara festa di primavera.
Ho provato un grande conforto,
Mio Dio, e una vera felicità,
Quando anche a una sola creatura
Ho potuto donare la libertà!
F I N E
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Las meninas
DIEGO VELAZQUEZ
IL PIU’ GRANDE PITTORE SPAGNOLO DEL ‘600
BREVE BIOGRAFIA
Nato in una buona famiglia ebbe un’ottima istruzione
ma ben presto mostrò passione per la pittura
per cui già da ragazzo iniziò a frequentare la “bottega”
del pittore Francisco de Herrera che gli insegnò le tecniche di base.
A 12 anni passò alla scuola di un altro pittore, Francisco Pacheco,
artista ed insegnante di Siviglia la cui pittura era di un semplice realismo,
ma che fu capace di fargli conoscere l’uso delle proporzioni e delle prospettive
e gli consentì di frequentare gli ambienti artistici della città.
Diego Velazquez
(Siviglia 6.6.1599 – Madrid 6.8.1660)
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Ben presto divenne noto per le sue notevoli capacità tecniche
per cui poco più che ventenne (1622-1623) il Conte Duca di Olivares,
suo ammiratore, gli diede l’incarico di pittore di camera.

La Regina Isabella (Part.)
Divenuto ben presto Pittore di Corte
nel 1629 fece un viaggio in Italia (finanziato dal Re di Spagna)
percorrendola dal nord al sud fino a Napoli
per approfondire la conoscenza e lo studio dell’arte italiana.
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Festa di Bacco
Tornò poi una seconda volta in Italia nel 1649 e vi restò fino al 1651
incontrando tra l’altro a Napoli il suo amico e collega Ribera.
La critica d’arte, nell’analisi delle sue opere,
divide (anche se a grandi linee)
la sua produzione pittorica in 3 periodi…
I – Prima del primo viaggio in Italia…
II – Dopo il primo viaggio in Italia e
III – Dopo il secondo viaggio
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Contadini a tavola
Rientrato in Spagna dopo poco tempo fu nominato dal Re
Gran Maresciallo di Palazzo
cosa che, seppur lo distolse un po’ dalla pittura,
non gli fece perdere certo né la sua passione né la sua bravura
ed anzi creò proprio in questo periodo molte delle sue opere più belle.

Cristo nella casa di Marta e Maria
Il prestigioso incarico e la sua notorietà gli fece però subire gli effetti negativi
del rigidissimo formalismo e del severo puritanesimo della Corte spagnola
fino al punto che neppure l’appoggio del Re poté aiutarlo in certi frangenti.
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Le tessitrici
Tra l’altro fu sottoposto a ben 3 anni di indagini per accertare
la purezza del suo sangue e se aveva fatto commercio di dipinti (!)
per ottenere la conferma dell’onorificenza della Croce Rossa dell’Ordine di Santiago.
Venere e Cupido
Riuscì nel corso della sua vita artistica a dipingere (ed a fatica)
un solo ritratto di nudo Venere e Cupido (1644-1648 qui su)
e questo gli riuscì solo perché era sotto l’ala protettrice del re.
BREVE ANALISI DELLA SUA ARTE
Possiamo ritenere, a grandi linee, che il successo delle sue opere
sia stato dovuto ad una certa (anche se vaga) vicinanza allo stile del Caravaggio
ma soprattutto alla sua appassionata ricerca estetica
con un continuo tentativo di armonizzare linee e colori
nonché alla sua capacità di render con precisione distanze e prospettive.
L’infante Baltazar Carlos ed il suo pony
Infatti il Velazquez risente sì della lezione caravaggesca,
ma poi miscela il suo realismo con l’armonia delle parti cromatiche.
Benché poi sia stato anche ammiratore dei grandi pittori veneziani
il suo stile, avvolto in una calda atmosfera barocca,
appare a tutti sempre e comunque indipendente e originale.
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IL SUO CAPOLAVORO – LAS MENINAS
LAS MENINAS
Il suo massimo capolavoro è “Las Meninas”, del 1656.
Il titolo dell’opera nasce dalla parola portoghese «menina»,
e vuol quindi significare «damigelle d’onore».
In verità il dipinto, che apparentemente doveva privilegiare
la figlia maggiore della regina,
ritrae invece tutta la famiglia del re di Spagna, e cioè
Filippo IV e sua moglie Marianna d’Austria (nello specchio)
dame e personaggi di corte, 2 nani con un cane ai loro piedi
e… lo stesso Velazquez mentre dipinge.
L’originalità e la genialità del quadro è nel totale ribaltamento
di ciò che vediamo in un normale dipinto.
Cioè qui l’immagine della scena è vista non con con l’occhio del pittore
bensì con quello di chi è dipinto e cioè dei sovrani in posa (nello specchio).
VELAZQUEZ E GLI ARTISTI DEL ‘900
Papa Innocenzo X (dipinto poi rivisitato da Bacon)
Picasso, Dalì e Francis Bacon sono tra i principali artisti del ‘900
che l’hanno molto apprezzato e che hanno rivisitato o si sono ispirati
a diverse sue note opere
F I N E
IL GRUPPO DEGLI ARTISTI E DI CHI AMA L’ARTE
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La cucitrice – National Gallery of Art – Washington D.C.
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