Archivio per 11 aprile 2022

NAT TATE.. ARTISTA ESPRESSIONISTA AMERICANO – La storia vera della più grande beffa dell’arte moderna   1 comment






NAT TATE… UN  ARTISTA AMERICANO

E’ il 1° aprile (già un segnale?) del 1998 quando presso l’atelier di Jeff Koons (noto artista pop americano) si tiene la presentazione, a cura della Casa Editrice dello scrittore David Bowie, di un libro monografico su di un artista poco noto alle masse ma che sembra meritevole di grande considerazione… Nat Tate.
All’evento, che si tiene a Soho, partecipano artisti, giornalisti, critici d’arte tra cui Gore Vidal, e tutto il bel mondo che gira intorno all’arte newyorchese.






David legge alcune pagine del suo libro, soprattutto quelle in cui descrive la precoce perdita per il mondo dell’arte del futuro astro della pittura americana da lui conosciuto quand’era giovane e da cui aveva anche comprato un dipinto ad olio.
Molti presenti non appaiono sorpresi ed alcuni dichiarano di averlo conosciuto o di aver visto sue opere e lo rimpiangono.
Ma andiamo con ordine.






NAT TATE – BIOGRAFIA DI UN ARTISTA AMERICANO

Quella di Nat era stata certo una vita difficile.
Nato nel New Jersey il 7 marzo 1928 non conobbe mai suo padre che aveva abbandonato la famiglia prima della sua nascita.
All’età di 8 anni perdeva, a causa di un incidente stradale, anche la madre che lavorava come domestica presso una ricca famiglia di Long Island.
Proprio questa famiglia adottava il ragazzo, che fattosi più grandicello, entrava in una scuola d’arte e poi nel mondo artistico del Greenwich Village, a Manhattan.



Jackson Pollock e Willem de Kooning



Qui all’epoca Jackson Pollock e Willem de Kooning erano i fari di una pittura astratta a cui si ispiravano giovani sperimentatori come Nat.
Successivamente, negli anni ’50, Nat approdava all’Espressionismo astratto con un certo successo.



Nat Tate



Non aveva però mai superato i traumi subiti per la perdita dei suoi veri genitori ed appariva sempre molto tormentato. 
Recatosi poi in Europa per migliorare la sua formazione artistica aveva conosciuto Picasso e Braque.



Braque e Picasso



Al ritorno in America la sua situazione psicologica si era aggravata non sentendosi in grado di creare opere dello stesso livello dei grandi artisti che aveva conosciuto ed ammirato.
Angosciato quindi dalla paura di essere solo un artista mediocre, nel gennaio del 1960 aveva prima bruciato quasi tutti i suoi dipinti e poi si era suicidato lanciandosi nel fiume dal traghetto di Staten Island davanti alla Statua della Libertà.



Nat Tate



LA DIFFUSIONE DELLA NOTORIETA’ DELL’ARTISTA SCOMPARSO

Dopo una seconda presentazione del libro, Nat Tate, emblema anche lui degli artisti maledetti e quale esponente della corrente dell’espressionismo astratto ancora di moda alla fine degli anni ’90, divenne famosissimo e di lui si occuparono giornali e riviste di tutto il mondo.



Nat Tate (1928 – 1960)



QUALCOSA PERO’ NON VA 

Sì perché Nat Tate non è mai esistito ed ovviamente nemmeno le sue opere, ma ormai è notissimo grazie alla beffa organizzata da organizzato da David Bowie e William Boyd supportati da Jeff Koons, Gore Vidal ed altri come la direttrice della Casa Editrice.







ORIGINE E STORIA DELLA BEFFA

Negli anni novanta William Boyd, già noto romanziere (ha scritto anche un capitolo della saga di James Bond) si appassiona al mondo dell’arte ed aumenta la sua frequentazione di artisti, critici e gallerie. 
E’ di quel periodo la sua collaborazione con Modern Painters, una delle maggiori riviste d’arte dell’epoca.
Nell’ambito di questa collaborazione Boyd conosce David Bowie (cantautore ed attore britannico) e quando la direttrice della rivista chiede a loro due una “fiction” lo scrittore, noto per la sua fantasia ed il suo sense of humoour, propone di “inventare un artista“.



David Bowie



Boyd si mette subito all’opera.
Innanzitutto sceglie il nome dell’artista, Nat Tate, prendendo le prime lettere della National Gallery e della Tate Gallery.
Poi cerca, e trova, vecchi dipinti e foto d’arte in alcuni polverosi negozietti ai quali aggiunge pure qualche suo disegno, dato che da giovane ha studiato arte.
In verità in questa prima fase l’intento era solo di prendere in giro il mito dell’autenticità… creando una finzione che si prendesse gioco dei circoli artistici e dei critici che all’epoca esaltavano artisti non eccelsi ma di gran moda.
A questo punto, completata la prima fase della creazione dell’artista, Boyd scrive una monografia con vita ed opere di Nat Tate che viene presentata, come detto all’inizio, il primo aprile del 1998 nell’atelier di Jeff Koons.






Ma tra tanti entusiastici consensi un giornalista inglese scopre che Nat Tate è un’invenzione ed allora la combriccola compra il suo silenzio.
Sarà proprio questo giornalista, David Lister, che durante l’evento mondano raccoglie, girando tra i presenti, gli incredibili commenti di artisti ed intellettuali che ricordavano con dolore il grande “artista” precocemente scomparso.
Dopo 2 giorni però sull’Indipendent (in prima pagina) esplode la notizia “Romanziere inglese beffa il mondo artistico” che fa ben presto il giro del  mondo.






FINITA LA BEFFA INIZIA IL BOOM DEL LIBRO CHE LA RACCONTA

Il libro, per l’originalità della storia e per la fluida penna di William Boyd, ottiene un successo clamoroso.
Lo scrittore però ad un certo punto si stanca della curiosità generale, morbosa e senza fine, per Nat Tate (c’erano perfino mitomani che dicevano di essere loro… Nat tate) ed
allora decide di vendere un dipinto dell’artista inesistente, in realtà una sua opera giovanile, al fine di chiudere la vicenda.



Il dipinto venduto



Il dipinto viene davvero venduto a una star televisiva per 7.500 sterline ed il ricavato versato in beneficenza e sembra che finalmente sia calato il silenzio su questa vicenda.
Nel 2016 però, alla morte dell’amico David Bowie, la storia torna a galla e lo scrittore si rende conto di aver perso ormai il controllo della sua “creatura“.
Il libro è stato ora pubblicato anche in ItaliaNat Tate. Un artista americano 1928-1960” da Neri Pozza.

Tony Kospan






Fonti: Siti vari
Copyright Tony Kospan




Totò con la sua “Preghiera del clown” ci svela la vera realtà dei comici – Testo della poesia e video   Leave a comment


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.I grandi artisti, quando sono davvero grandi,
non eccellono solo in una particolare arte ma
il loro genio spazia spesso in vari campi.

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TOTO’ POETA
– LA PREGHIERA DEL CLOWN –
a cura di Tony Kospan





Uno di questi è, per me, Totò (Antonio de Curtis)

che, accanto alla sua attività teatrale e cinematografica

di grande attore comico e non solo,

ha lasciato un segno indelebile

anche nel campo della musica e della poesia.

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Totò e Pasolini

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Ecco allora una sua poesia
in cui egli ci parla di sé in modo sorprendente
e che rivela l’acuto contrasto
tra la sua maschera… sorridente
e la sua realtà intima spesso triste.

Penso che possa farci riflettere un attimo
e ricordarci che dietro la maschera del clown
c’è una persona con i nostri stessi problemi.

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Ma ora leggiamola ascoltando, se ci va, 
prima una musica da clown
e poi guardando il video in cui lo stessoTotò,
recita questa poesia.




 Musica da circo

The sad clown – (autore non noto)



LA PREGHIERA DEL CLOWN
Antonio de Curtis

Più ho voglia di piangere
e più gli uomini si divertono,
ma non importa, io li perdono,
un po’ perché essi non sanno,
un po’ per amor Tuo
e un po’ perché hanno pagato il biglietto.
Se le mie buffonate servono
ad alleviare le loro pene,
rendi pure questa mia faccia
ancora più ridicola,
ma aiutami a portarla in giro
con disinvoltura.
C’è tanta gente
che si diverte
a far piangere l’umanità,
noi dobbiamo soffrire
per divertirla.
Manda, se puoi,
qualcuno su questo mondo,
capace di far ridere me
come io faccio ridere gli altri.



 Video di Totò che recita questa poesia






Ciao da Tony Kospan




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 PER CHI AMA LA STORIA.. I RICORDI E LE ATMOSFERE DI UN TEMPO
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Primo Levi.. lo scrittore che visse e narrò l’orrore dei lager – Breve ricordo anche con “SE QUESTO E’ UN UOMO”   Leave a comment

 

 

Doveroso ritengo, nell’anniversario della sua nascita,

tracciare un breve ritratto dell’uomo e dello scrittore che,

più e meglio di ogni altro,

è stato capace di narrare la tragica realtà dei lager

trasmettendola alla memoria nostra e delle future generazioni.

 

 

 

(Torino 31.7 .1919 – Torino 11.4.1987)

 

 

 

PRIMO LEVI
TESTIMONE SCRITTORE E… VERO UOMO

 

 

 

 

 
 
 
Nato a Torino da genitori di religione ebraica, fu brillante studente del liceo classico Massimo D’Azeglio e si laureò in modo encomiabile in Chimica con una tesi però di Fisica per l’ostracismo dei professori nei suoi confronti a seguito delle famigerate e vergognose Leggi Razziali.

Lavorava a Milano come chimico quando nel ’43 fu catturato dai Tedeschi che dopo un  pò lo trasferirono ad Auschwitz… luogo di cui lui (come gli altri prigionieri) ignorava tutto…

 
 
«Avevamo appreso con sollievo la nostra destinazione.
Auschwitz: un nome privo di significato, allora e per noi»
(P. Levi – Se questo è un uomo)
 
 
 


Primo Levi giovane con amici (ultimo a dx)

 

Essendo giovane e valido non scomparve subito nel nulla come i vecchi… le donne ed i bambini… ma assegnato ad una fabbrica di gomma.
 
Nonostante fosse rasato a zero, con vestito a righe, costretto a rigidissime regole e con un numero cucito sulla giacca…, il suo era 174517,  all’inizio non capiva quel che davvero stava accadendo.
 
In breve tempo però la tremenda realtà gli apparve chiara…
 
 
 

Primo Levi con la sorella Anna Maria nel 1947


 
 
 
Le sue conoscenze di tedesco e di chimica gli consentirono però di evitare lavori troppo duri ma l’esperienza vissuta nei campi di concentramento tra rapporti di grande amicizia tra prigionieri e per converso di incredibile violenza fisica e spirituale lo segnarono profondamente.
 
Fu liberato il 27 gennaio 1945 dai Russi, anche grazie a circostanze fortunate, (era stato spostato nel campo di Buna-Monowitz perché ammalato di scarlattina) ma riuscì a tornar in patria solo nell’ottobre successivo.
 
Primo Levi è stato dunque tra i pochissimi a tornare dai campi di concentramento.
 
 
 

 
 
 
In Italia, essendo stato testimone di tanta assurda e cieca violenza, sentì l’obbligo di rivelare al mondo quel che nessuno poteva immaginare e quindi nemmeno credere.
 
In questo modo poteva poi anche elaborare l’immenso dolore da cui non riusciva a liberarsi.
 
 
 

Primo Levi e Philip Roth


 
 
 Da ciò nacque l’ormai mitico libro  “Se questo è un uomo” che in un primo tempo piacque solo ai critici ma poi pian piano venne tradotto in diverse lingue ed apprezzato in tutto il mondo.
 
Con il libro “La Tregua” vinse la prima edizione del Premio Campiello.

Seguì negli anni la pubblicazione di tante altre sue opere.

 
Morì l’11 aprile del 1987.
 
Dirà di lui il letterato Claudio Toscani:
«L’ultimo appello di Primo Levi non dice “non dimenticatemi” ma “non dimenticate”».
 
 
 
 

 
 
Infine, come omaggio al suo ricordo, ecco questo notissimo suo poetico brano.

 
 
 

 

 
 
 

SE QUESTO E’ UN UOMO 
Primo Levi
 
«Voi che vivete sicuri
Nelle vostre tiepide case,
Voi che trovate tornando a sera
Il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo
Che lavora nel fango
Che non conosce pace
Che lotta per mezzo pane
Che muore per un sì o per un no.
Considerate se questa è una donna,
Senza capelli e senza nome
Senza più forza di ricordare
Vuoti gli occhi e freddo il grembo
Come una rana d’inverno.
Meditate che questo è stato:
Vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
Stando in casa andando per via,
Coricandovi, alzandovi;
Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
La malattia vi impedisca,
I vostri nati torcano il viso da voi».

 

 

 


 

 

Grazie… Primo

 

Tony Kospan

 
 
 

NON MI INTERESSA – Davvero interessanti e sagge queste riflessioni attribuite ai nativi americani   1 comment


 
 
 
Questa è una piccola raccolta
di brevi ma profonde riflessioni
che va per la maggiore nel web…






 
 

Ignoro se sia autenticamente espressione
della cultura degli indiani d’America o meno…
(ho grossissimi dubbi)
ma penso anche che, in ogni caso, questi pensieri
meritino senz’altro d’esser letti con attenzione.


 
 
 
 

 

 

 


FRAMMENTI DI SAGGEZZA INDIANA

 






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NON MI INTERESSA

 

 


Non mi interessa cosa fai per vivere,
voglio sapere per cosa sospiri,
e se rischi il tutto
per trovare i sogni del tuo cuore.

 

 

 

Non mi interessa quanti anni hai,
voglio sapere se ancora vuoi rischiare
di sembrare stupido per l’amore,
per i sogni, per l’avventura di essere vivo.

 

 


 

Non voglio sapere che pianeti minacciano la tua luna,
voglio sapere se hai toccato il centro del tuo dolore,
se sei rimasto aperto dopo i tradimenti della vita,
o se ti sei rinchiuso per paura del dolore futuro.

 

 

 

.

Voglio sapere se puoi sederti con il dolore, il mio o il tuo;
se puoi ballare pazzamente
e lasciare l’estasi riempirti fino alla punta delle dita
senza prevenirci di cautela,
di essere realisti, o di ricordarci le limitazioni
degli esseri umani.

 

 

Non voglio sapere se la storia
che mi stai raccontando sia vera.
Voglio sapere se sei capace di deludere un altro
per essere autentico a te stesso,
se puoi subire l’accusa di un tradimento e,
non tradire la tua anima.

 

 

Voglio sapere se sei fedele e quindi di fiducia.
Voglio sapere se sai vedere la bellezza
anche quando non è bella tutti i giorni
se sei capace di far sorgere la tua vita
con la tua sola presenza.

 

 

 

 

Voglio sapere se puoi vivere
con il fracasso, tuo o mio,
e continuare a gridare all’argento di una luna piena:

 SI!

 

 

Non mi interessa sapere dove abiti o quanti soldi hai,
mi interessa se ti puoi alzare dopo una notte di dolore,
triste o spaccato in due,
e fare quel che si deve fare per i bambini.

 

 

Non mi interessa chi sei,
o come hai fatto per arrivare qui,
voglio sapere se sapresti restare
in mezzo al fuoco con me,
e non retrocedere. 

 

 

 

.

Non voglio sapere cosa hai studiato,
o con chi o dove,
voglio sapere cosa ti sostiene dentro,
quando tutto il resto non l’ha fatto.

 

 

Voglio sapere se sai stare
da solo con te stesso,
e se veramente ti piace la compagnia
che hai nei momenti vuoti.

 

 

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Scritto da un’indiana della tribù degli Oriah (1890)


(Questi pensieri , con questa attribuzione,

li trovai nel web diverso tempo fa

ma confermo notevoli dubbi su questa paternità)

 

 

 

 

 

Ciao da Orso Tony della tribù degli Orsi Sognanti






.

.



Jacques Prevert.. grande poeta francese del ‘900 – Breve biografia ed alcune sue stupende poesie sociali e d’amore   4 comments

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Quasi tutti ricordano questo mitico poeta francese del ‘900
come uno dei grandi cantori dell’amore
(ricordo solo una sua poesia per tutte…
 la notissima Questo amore“)
ma in realtà la sua attività artistica e poetica
si svolse anche con altre tematiche e varie modalità.



BREVE BIOGRAFIA



Nasce in Bretagna in una famiglia piccolo-borghese e poi va a studiare a Parigi.

Fin da piccolo è attratto dalla lettura e dal mondo dello spettacolo.

A 15 anni già lavora ai grandi magazzini Le Bon Marché.

Dopo alcuni anni di frequentazione degli ambienti surrealisti inizia le sue prime pubblicazioni nel 1930…

Poco dopo inizia a lavorare in una compagnia teatrale e poi ad interessarsi di cinema scrivendo sceneggiature per dei film che raggiungeranno vere vette poetiche 

Ma si si diletta a scrivere testi per canzoni che saranno cantate da artisti come Juliette Greco, Yves Montand etc. e che diverranno molto popolari.

La sua è un’attività quindi intensa e variegata.







Il vero grande successo però giunge nel ’46 con la pubblicazione del suo primo libro “Paroles“.

La Francia ha trovato un nuovo grande poeta e se ne innamora.

Seguiranno diversi altri libri anche dopo il terribile incidente del ’47 per il quale finì in coma e si riprese solo dopo una lunga convalescenza.







Nello stesso anno sposa Janine Tricotet da cui aveva avuto la figlia Michèle.

Ormai è un poeta affermato e la sua attività artistica prosegue fino al 1977 quando muore per un cancro ai polmoni…

Le sue poesie e le canzoni nate dai suoi versi sono oggi più vive che mai.





.

.



TEMATICA E STILE DELLE SUE POESIE



Prevert, come accennavo su, non canta solo l’amore, ma anche la vita e gli umori della gente normale, quella che incontrava per strada, nei bar… etc. con i suoi dolori, le sue difficoltà, le sue speranze a volte con umorismo ed a volte polemizzando con il potere.

Ma quando parla di giustizia e di fraternità universale diventa dolce e sogna per tutti il diritto alla felicità.

I suoi versi non nascondono la notevole influenza del surrealismo.

Ama molto giocare con le parole e nascondervi simboli ma sempre con intelligenza ed ironia e sempre cercando un ritmo semplice e percepibile da tutti.

 
 
 
 
 
 
.

 

 
COME RICORDARLO?



 
Lo farò con 2 sue poesie d’amore
(non però con le sue solite notissime tipo la mitica “Questo amore)
e 2 di carattere sociale
ed infine con un’altra divenuta anche una magica canzone…
 
 
 .

 
 
(Neuilly-sur-Seine 4.2.1900 – Omonville-la-Petite 11.4.1977)



Per sentir e goder la bellezza di queste poesie
consiglio di leggerle e rileggerle.
 
 
Vi sembrerà di cogliere i profumi del mare, 
del giardino e dell’amore… dell’amore vero
e dunque della vera meraviglia della vita.
 
 
 
 
 
 

 
 
 
 
 
SABBIE MOBILI
 

Dèmoni e meraviglie
Venti e maree
S’è ritirato già il mare in lontananza
E tu
Come alga dolcemente dal vento accarezzata
Nelle sabbie del letto ti agiti sognando
Dèmoni e meraviglie
Venti e maree
Il mare s’è ritirato già in lontananza
Ma nei tuoi occhi socchiusi
Due piccole onde son rimaste
Dèmoni e meraviglie
Venti e maree
Due piccole onde per farmi annegare.
 
 
 
 

 
Norman Rockwell – Bacio

 
 
 
 
IL GIARDINO
 
Mille anni e poi mille
Non possone bastare
Per dire
La microeternità
Di quando m’hai baciato
Di quando t’ho baciata
Un mattino nella luce dell’ inverno
Al Parc Montsouris a Parigi
A Parigi
Sulla terra
Sulla terra che è un astro.

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
In queste altre 2 poesie invece ci parla
dell’incomunicabilità di coppia e dell’emarginazione… 
con parole semplici
che dipingono però in modo forte e colorito
tante, ahimé, note ed ancor oggi comuni realtà.
 
 
 
 
 

Hopper – Silenzio


 
  
 
PRIMA COLAZIONE
 
Lui ha messo
il caffè nella tazza
Lui ha messo
il latte nel caffè
Lui ha messo
lo zucchero nel caffellatte
Ha girato
il cucchiaino
Ha bevuto il caffellatte
Ha posato la tazza
senza parlarmi
S’è acceso
una sigaretta
Ha fatto
dei cerchi di fumo
Ha messo la cenere
nel portacenere
Senza parlarmi
Senza guardarmi
S’è alzato
S’è messo
sulla testa il cappello
S’è messo
l’impermeabile
perché pioveva
e se n’è andato
sotto la pioggia
senza parlare
senza guardarmi,
e io mi son presa
la testa fra le mani
e ho pianto.
 
 
 
 
 
 
 
 
LA DISPERAZIONE E’ SEDUTA SULLA PANCHINA
 
In un giardinetto su una panchina
C’è un uomo che vi chiama quando passate
Ha un binocolo un grigio vestito liso
Fuma un sigaretto ed è seduto
E vi chiama quando voi passate
O semplicemente egli vi fa un cenno
Non bisogna guardarlo
Non bisogna ascoltarlo
Conviene andare avanti
Fingere di non vederlo
Fingere di non sentirlo
Bisogna camminare affrettare il passo
Se voi lo guardate
Se voi l’ascoltate
Egli vi fa un cenno e niente e nessuno
Può impedirvi di andare a sedervi accanto a lui
Allora egli vi guarda e sorride
E soffrirete atrocemente
E l’uomo non la smette di sorridere
E voi sorriderete come lui
Esattamente
Più sorriderete e più soffrirete
Atrocemente
Più voi sorriderete e più soffrirete
Irrimediabilmente
E voi restate là
Seduto congelato
Sulla panchina sorridente
E fanciulli giocano vicino a voi
Passano i passanti
Tranquillamente
S’involano gli uccelli
Un albero lasciando
Per un altro
E voi restate là
Sulla panchina
E voi sapete voi sapete
Che mai più voi giocherete
Come quei fanciulli
Sapete che mai più voi passerete
Tranquillamente
Come quei passanti
Che mai più voi volerete
Un albero lasciando per un altro.


 
 
 
 
Prevert a Parigi 
 
 


Infine una sua famosa poesia, divenuta grande canzone,
LES FEUILLES MORTES, ma prima leggiamola in italiano.




LE FOGLIE MORTE

Oh! Vorrei tanto che tu ricordassi
i giorni felici quando eravamo amici.
La vita era più bella.
Il sole più bruciante.
Le foglie morte cadono a mucchi…
Vedi: non ho dimenticato.
Le foglie morte cadono a mucchi
come i ricordi e i rimpianti
e il vento del nord le porta via
nella fredda notte dell’oblio.
Vedi: non ho dimenticato
la canzone che mi cantavi.
è una canzone che ci somiglia.
Tu mi amavi
io ti amavo.
E vivevamo noi due insieme
tu che mi amavi
io che ti amavo.
Ma la vita separa chi si ama
piano piano
senza far rumore
e il mare cancella sulla sabbia
i passi degli amanti divisi.
Le foglie morte cadono a mucchi
come i ricordi e i rimpianti.
Ma il mio amore silenzioso e fedele
sorride ancora e ringrazia la vita.
Ti amavo tanto, eri così bella.
Come potrei dimenticarti.
La vita era più bella
e il sole più bruciante.
Eri la mia più dolce amica …
Ma non ho ormai che rimpianti.
E la canzone che cantavi
sempre, sempre la sentirò.
è una canzone che ci somiglia.
Tu mi amavi
io ti amavo.
E vivevamo noi due insieme
tu che mi amavi
io che ti amavo.
Ma la vita separa chi si ama
piano piano
senza far rumore
e il mare cancella sulla sabbia
i passi degli amanti divisi.



 
 
fre bia pouce     musicAnimata     (Andrea Bocelli)
 
 
 
 
 

CIAO DA TONY KOSPAN
 
 
 
 

 
 

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