Ritengo che questa classica barzelletta sia sempre bella…
L’AVVOCATO
Un giovane avvocato ha appena aperto il suo studio.
Comunica dunque al portiere dello stabile che, nel caso in cui si presentasse qualche cliente, lo avvisasse in anticipo.
Dopo un po’ suona il citofono ed il custode:
– Avvocato… sta salendo una persona per voi!
– Va bene, va bene, grazie!
Allora l’avvocato socchiude la porta, si mette dietro la scrivania e fa finta di parlare al telefono per darsi un certo tono e una certa importanza.
Entra la persona e lui fa segno con la mano di accomodarsi, nel frattempo parla di cause risolte con un collega immaginario, e si dilunga nel discorso per far sentire al potenziale cliente di cosa lui è capace.
Dopo un po’ dice al collega immaginario:
– Ora ti devo salutare che ho qui una persona, ci risentiamo, fammi sapere per quella causa che aggiusto tutto io.
A questo punto l’avvocato si rivolge all’uomo seduto di fronte a lui:
– Prego, mi dica in cosa posso esserle utile! –
– sono il tecnico della Telecom, son venuto ad attaccare i fili del telefono… –

CIAO DA TONY KOSPAN
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Questa per me (ma non solo per me) è una delle poesie più belle di Mario Luzi…
notissimo poeta fiorentino scomparso da non molto tempo.
Essa è forse un po’ (solo un po’?) non semplice, anzi quasi criptica, misteriosa,
per cui mi limito a raccontare le sensazioni che ne traggo leggendola.
Chagall
I versi viaggiano in un’atmosfera rarefatta tra luci ed ombre…
in cui l’amore è presente come un mistero collocato tra passato e presente…
ed in un tempo fuori dal tempo.
Inoltre esso appare come un frutto di sogno
da cogliere nel cielo
ma a cui con il cuore ahimè gonfio di tristezza
talvolta si deve rinunciare.
Nonostante la rinuncia, però, esso resta lì, vivo in noi,
pur con le sue contrastanti emozioni,
ed anche contro il nostro stesso volere.
La poetica di Luzi sta, a mio avviso,
alla poesia classica
così come l’astrattismo sta all’arte figurativa.
Mario Luzi
(Castello di Firenze 20.10.1914 – Firenze 28.2.2005)
Le sue poesie hanno bisogno cioè di lettura e rilettura,
di conoscenza e approfondimento, non essendo quasi mai
facilmente ed immediatamente interamente comprensibili.
Magritte – Gli amanti
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A M A N T I
Mario Luzi
Che mi riserva rivederti, amore,
quale viaggio t’hanno dato i venti?
L’oscuro avvolge questi giorni chiari,
circola forse in questa luce densa
qui dove a macchie dondolanti o ferme
filtra oro ed il vino matura.
Spicco dal cielo questo frutto splendido,
chiudo gli occhi su quel che porta seco,
o lo stare sulle spine
o il dirsi addio a cuore gonfio,
questo tempo nel tempo senza fine
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Mi piacerebbe davvero conoscere il vostro parere.
CIAO DA TONY KOSPAN
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Nell’ambito dell’architettura…
molte sono le scale belle ed artistiche.
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La scala di accesso ai favolosi Musei Vaticani
è una di quelle davvero fantastiche ed eccezionali
ed è un ulteriore capolavoro
che si aggiunge alle mitiche opere d’arte lì presenti.
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La spettacolare e monumentale scala
a doppia spirale elicoidale
fu ideata da Giuseppe Momo ed inaugurata nel 1932.
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Vediamola in altre immagini
da varie angolazioni.
Non è di per sé una vera meraviglia
ed un capolavoro?
Ciao da Tony Kospan.
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Tutti abbiamo sentito parlare dei poeti maledetti
ma spesso ne abbiamo solo una vaghissima conoscenza.
Stavolta parleremo del poeta dalla faccia da bambino,
vero e proprio grande innovatore in poesia
attraverso l’esaltazione senza alcun limite
di ogni genere di emozioni e sensazioni.
Charleville 20.10.1854 – Marsiglia 10.11.1891
BREVE BIOGRAFIA
Arthur Rimbaud, il più maledetto dei poeti maledetti,
nacque a Charleville nel 1854 in una buona famiglia borghese
ma restò presto senza padre (scappato) e con una madre severissima.
Ebbe la classica educazione e ben presto,
già a 10 anni iniziò a scriver poesie.
Ma a 16 si rivoltò contro le forme tradizionali
della buona società iniziando a vagabondare per la città
e vivendo esperienze di ogni tipo
comprese quelle della droga, dell’alcool e del carcere
ma anche leggendo di tutto.
L’incontro con Paul Verlaine, di cui divenne amico,
rappresentò per lui un momento decisivo di consapevolezza
delle sue capacità poetiche e letterarie.
Nel 1870 fu ospitato a Parigi da Verlaine a casa sua
dove viveva con la moglie.
Verlaine e Rimbaud
Verlaine l’introdusse negli ambienti letterari parigini
(circolo di poeti parnassiani)
ed ecco come lo definì tal Léon Valade
«poeta terrificante e selvaggio più che timido».
In pratica il poeta dalla faccia di bambino
affascinava e addirittura sconvolgeva il circolo
per le capacità artistiche e per la sua incontenibile depravazione.
Henri Fantin Latour – I poeti maledetti – (Verlaine e Rimbaud a sinistra)
Proprio dal ’70 e per 5 anni scrisse tutte le sue opere letterarie
frequentando Verlaine, con cui fece dei viaggi a Londra e Bruxelles,
fino al 1873 quando l’amico poeta mise fine alla loro relazione
sparandogli un colpo di pistola e ferendolo.
Dopo di ciò abbandonò la poesia ed addirittura distrusse tutti i suoi scritti
iniziando una vita di avventure e peripezie in giro per il mondo.
Fece l’insegnante, lo scaricatore di porto, il mercenario,
il capomastro etc… ed infine il commerciante in Abissinia
Intanto Verlaine pubblicava le sue “Illuminazioni” nel 1886.
Tornato in Francia per curar un tumore al ginocchio
vi morì a soli 32 anni.
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LA SUA RIVOLUZIONARIA POETICA
Oscillando tra Victor Hugo ed i parnassiani ma soprattutto
volendo cambiare tutti i canoni preesistenti
perfino quelli degli innovatori prima di lui come Baudelaire
giunse ad una poesia detta della sensazione
ovvero delle emozioni totali senza filtri né controlli.
Nei suoi versi si uniscono pensieri, odori, musiche e colori
in modo talmente libero da farlo considerare assolutamente unico
e l’iniziatore dell’audacia assoluta in poesia.
ALCUNE SUE POESIE
SOGNATO PER L’INVERNO
Andremo, d’inverno, in un vagoncino rosa
con tanti cuscini blu.
Sarà dolce. Un nido di baci folli
posa nei cantucci molli.
Tu chiuderai gli occhi,
per non vedere dai vetri
smorfiare l’ombre delle sere,
la plebaglia di demoni e di lupi tetri,
mostruosità arcigne e nere.
Poi la tua guancia graffiare si sentirà…
un piccolo bacio, un ragno matto,
ti correrà sul collo…
Intanto tu mi dirai:
“Cerca!”, chinando a me la testa
prenderemo tempo a scovare quella bestia
che viaggia così tanto…
PRIMA SERATA
Ella era ben poco vestita
E degli alberi grandi e indiscreti
Flettevano i rami sui vetri
Con malizia, vicino, vicino…
Seduta sul mio seggiolone,
Seminuda, giungeva le mani.
Al suolo fremevano lieti
i suoi piccolissimi piedi.
Io guardavo, colore di cera,
un piccolo raggio di luce
sfarfallare nel suo sorriso
e sul suo seno, mosca al rosaio.
Le baciai le caviglie sottili.
Ebbe un ridere dolce e brutale
Che si sciolse in un limpido trillo,
Un ridere grazioso di cristallo.
I suoi piedini sotto la camicia
Si salvarono: “Beh, vuoi finirla?”.
La prima audacia era stata permessa,
Ma ridendo fingeva di punirla!
Baciai, palpitanti al mio labbro,
I suoi timidissimi occhi;
Lei ritrasse la sua testolina
Esclamando: “Ma questo è ancor meglio!…
Signore, ho qualcosa da dirvi…”
Tutto il resto gettai sul suo seno
In un bacio, del quale ella rise
D’un riso che fu generoso…
Ella era ben poco vestita
E degli alberi grandi e indiscreti
Flettevano i rami sui vetri
Con malizia, vicino, vicino…

Berthe Morisot – Giovane donna
SENSAZIONE
Nelle azzurre sere d’estate, andrò per i sentieri,
punzecchiato dal grano, a pestar l’erba tenera:
trasognato sentirò la frescura sotto i piedi
e lascerò che il vento mi bagni il capo nudo.
Io non parlerò, non penserò più a nulla:
ma l’amore infinito mi salirà nell’anima,
e me ne andrò lontano, molto lontano come uno zingaro,
nella Natura, lieto come con una donna.
Ma Boheme – Jean-Paul Surin
LA MIA BOHEME (Fantasia)
Me ne andavo, i pugni nelle tasche sfondate;
E anche il mio cappotto diventava ideale;
Andavo sotto il cielo, Musa! ed ero il tuo fedele;
Oh! quanti amori splendidi ho sognato!
I miei unici pantaloni avevano un largo squarcio.
Pollicino sognante, nella mia corsa sgranavo
Rime. La mia locanda era sull’Orsa Maggiore.
Nel cielo le mie stelle facevano un dolce fru-fru
Le ascoltavo, seduto sul ciglio delle strade
In quelle belle sere di settembre in cui sentivo gocce
Di rugiada sulla fronte, come un vino di vigore;
Oppure, rimando in mezzo a fantastiche ombre,
Come lire tiravo gli elastici
Delle mie scarpe ferite, un piede vicino al cuore!
F I N E
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